Spider-Man: No Way Home è un buon film di Spider-Man, ma ha molte fragilità nella scrittura, nella messa in scena, nel rapporto con la CGI quasi ossessivo e morboso e manca di un tono autoriale di qualsiasi sorta confermando come, ancora una volta, Marvel Studios faccia davvero fatica a investire seriamente sul suo personaggio più importante.
No Way Home è un film in cui non mancano l'ironia, la commedia e le battute sceme - alcune funzionano bene, altre molto meno - ma ha un insospettabile lato oscuro che emerge soprattutto nella seconda parte della pellicola, ma non solo. È Peter che deve fare davvero i conti con le conseguenze delle proprie azioni, conseguenze per le quali, a volte, non ci sono scappatoie, cinture di sicurezza o scintillanti miliardari in armatura.
Non abbiamo mai visto il ragno radioattivo mordere Tom Holland, ma è in questo film che il suo Peter Parker diventa veramente Spider-Man. In questo senso, No Way Home è una delle origin story più coraggiose e inusuali che abbiamo visto. No Way Home è uno Spider-Man insospettabilmente introspettivo che riesce a gestire con grande equilibrio un cast fondato solo in parte sulla conoscenza pregressa dello spettatore.
Jon Watts non è un regista geniale e le sue riprese sono abbastanza ordinarie, ma ha un ottimo senso per la spettacolarità e la dinamicità nelle scene d'azione, che sono fluide, chiare anche in notturno e sofisticate al punto giusto, complici effetti speciali d'eccellenza che mostrano il fianco solo nella computer grafica che riproduce le fattezze di Thomas Haden Church e Rhys Ifans nelle poche scene in cui assumono forma umana. Ma il regista ha già lavorato con gran parte del cast, che sembra particolarmente a suo agio in un po' tutte le scene. La chimica tra Holland e Zendaya è perfetta, forse perché i due giovani attori sono ora una coppia di fatto anche fuori dal set, e Benedict Cumberbatch resta un fantastico Steven Strange. Convincente anche l'Electro di Jamie Foxx, un villain che ruba la scena a tutti gli altri.
Spider-Man: No Way Home, per chi ha apprezzato i due precedenti film con Tom Holland per protagonista, è una conclusione pressoché perfetta di questa prima trilogia. Una porta spalancata verso il futuro e l'età adulta che, finalmente, ha raggiunto anche questo Peter Parker. Ma è anche un film che resta in riga e che non ha cambiato improvvisamente audience: è ancora una storia "young adult" che potrebbe far storcere il naso a chi cerca un cinecomic più serio o impegnato.
C'è anche una parte di questo autoreferenziale fattore nostalgia che funziona più per l'affetto di una certa parte del pubblico e per le sue ripercussioni creative e/o commerciali che per la sua effettiva riuscita in senso narrativo. Si aggrappa alla sospensione dell'incredulità anche più del solito, che per un cinecomic è già paradossale, ma in definitiva è ciò che i fan di Spider-Man volevano e hanno avuto. Quando le luci si accendono in sala, dopo le due immancabili scene post-credits, resta la consapevolezza che la storia non si ripeterà, ma il solo fatto di esserci stata significa molto per chi con l'Uomo Ragno cinematografico ci è cresciuto.
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