L'acclamato Nomadland ha un grosso problema di fondo: è sostanzialmente un documentario ma pretende di essere un film. Ogni scena è totalmente sconnessa dalla successiva ed è solo funzionale al racconto dello stile di vita di una nomade (Fern). Peccato che Fern sia la miliardaria Frances Mcdormand (non è un documentario, appunto).. se allora la regista, nel suo romanzo cinematografico, non è in grado di allestire una tela narrativa e/o di immagini che riescano a stimolare un interesse, un'emozione, beh non mi importa niente di quello che fa Fern durante il giorno.. anche perché avevo voglia di vedere un film e non un documentario sulla vita dei nomadi. Di certo non aiutano la pesantezza dei temi e dei toni, né le musichette strappalacrime di Einaudi. Nomadland, prossimo a conquistare l'Oscar al miglior film, è l'ennesimo prodotto di un cinema stanco, che sta esaurendo le idee e non sa rinnovarsi. Un cinema che usa il pretesto della "verità" cruda della vita delle minoranze per tentare di conferire un certo valore artistico a rappresentazioni aridissime, da dimenticare subito dopo i titoli di coda. Un cinema che in ultima analisi puzza molto spesso di ipocrisia.. ricchi borghesi che a 50 anni mollano tutto per fare i bisogni nei bidoni dell'immondizia.. ma quando mai? è questa la realtà? E poi, anche se lo fosse, non credo che dovremmo compiangere la scelta di questi nomadi (Fern e l'amico), come invece ci suggerisce la linea continua di piagnucolosità che regna a Nomadland.
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