Lo Spietato

   
   
   

Non c''è due senza tre Valutazione 4 stelle su cinque

di Rescart


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domenica 11 luglio 2021

Il padre di Santo è un miracolato, perchè il suo sgarro da pecoraio calabrese non è stato punito con la morte ma con l’esilio a Milano ed in questa debolezza della criminalità organizzata s’inserisce il figlio, che, finito al carcere minorile Beccaria per un nonnulla in occasione dei festeggiamenti di un  capodanno meneghino di fine anni Sessanta, inizia la sua carriera di delinquente incallito e, a differenza dei veri ‘ndranghetisti’, spietato. Perche Santo è anche un bravo attore che sa fare il Vincenzo - quello “troppo stupido per vivere” della canzone di Fortis - e sa trattenere i “bollenti spiriti”, tranne quelli del maschio latino.
Ma iniziamo con ordine, che non segue la trama del film fatto piuttosto di ripetuti flashback. Il contesto è quello degli anni di piombo e pare normale fare soldi con le rapine alle casse dei negozi. Non c’è però alcuna motivazione ideologica, neanche nei rapimenti. Ma gabbare le forze dell’ordine e lasciare un rampollo della ricca borghesia milanese come una salsiccia frollata a suon di calci e pugni avvolto in un tappeto abbondonato in un cassonetto: priceless!
Il passo successivo sarà accreditarsi presso la ‘ndarngheta e per fare questo Santo deve accettare di fare l’ultima ruota del carro e subire umiliazioni alle quali reagirà a tempo debito, facendosi strada a suon di colpi di pistola ma sempre rimanendo esterno, non affiliato a nessun clan malavitoso.
In tal modo riesce a mantenere un’apparenza di normalità nelle vesti di imprenditore edile.
Ben presto però finirà in carcere una seconda volta e come la prima ne uscirà tutt’altro che riabilitato.
Ma non c’è due senza tre - come il numero di componenti della sua "storica" banda - e stavolta anche lo spiitato capisce che la sua carriera criminale è finita, probabilmente perchè a quel punto il passo successivo sarebbe stato fare le scarpe a qualcuno troppo in alto e non glielo avrebbero mai permesso. Non gli resta che vuotare il sacco ovvero, per usare un eufemismo, diventare collaboratore di giustizia e prendersi così l’ultima vendetta personale verso quel mondo che non lo ha mai voluto veramente accettare: la ‘ndrangheta calabrese. 

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