Un noir duro e credibile - di fattura e di gusto tipicamente francesi -, e tuttavia di non agevole assimilazione. Il focus narrativo si dipana a partire da un antefatto illecito e per nulla inconsueto nel mondo del teatro: l’incauto e avventato sfruttamento dell’oggetto di un furto d’arte.
“Corpo del reato” è nella fattispecie un copione vergato in veneranda età da un letterato decadente e pederasta, sottrattogli post-mortem con ingenua disinvoltura dall’attendente personale. Titolo del copione: “Parole d’ordine”. Stop. Stacco temporale.
Il racconto riprende con l’ingresso ufficiale in scena di Bertrand - quasi irriconoscibile nei panni dell’attendente -, giovane scrittore giunto alla celebrità grazie ad una pièce teatrale intitolata - guarda caso - “Parole d’ordine”, la quale riscuote - invero - un notevole successo di pubblico; ha raggiunto una buona posizione sociale ed economica grazie anche all’amore per la facoltosa Caroline, ma le forti pressioni subite da parte del suo supervisore per la stesura di un nuovo capolavoro, ed un palese senso di inadeguatezza - che ben si amalgama con la verosimile provenienza del suo “essudato” - lo conducono rapidamente in un vortice distruttivo. Nemmeno l’incontro casuale con Eva, enigmatica e solo apparentemente diabolica escort, sembra offrire allo sciagurato scrittore una concreta opportunità di riscatto professionale, nel momento in cui egli decide di attrarla a sé con ogni mezzo, riversando passo passo il percorso di conquista in quella pièce che dovrebbe rilanciarlo nell’Olimpo dell’arte. L’impresa non si rivela del tutto fallimentare - quantunque molto dispendiosa: 500 euro “in nero” nel noleggio della bella signora per una cena con “dopocena”; millequattrocentoquattro euro “fatturati” per cena - condita di un vasto assortimento di pregiati effluvi - e pernottamento (pernottamento…) -, ma una serie di imperdonabili errori lo conducono alla perdita della fidanzata – in tragiche circostanze, non troppo credibili, e a lui indirettamente imputabili -, di Eva e del lavoro. A questo stadio della narrazione si ha la vivida impressione di trovarsi di fronte ad un mostro e si è indotti a desiderarne il peggio.
L’epilogo rivela in ogni caso la sostanziale positività dell’insieme e della escort in particolare, che interrogata da un’amica sull’identità del giovane, casualmente incontrato a distanza di tempo in precarie condizioni, risponde con glaciale distacco “nessuno”. Ecco, il quel “nessuno” - che sgomenta lo spettatore, confermando nel contempo l'attenta caratterizzazione psicologica del personaggio, già in precedenza palesatasi – giacciono il sale della vita e il germoglio della speranza dei quali è concessa, ad ognuno di noi, la più ampia e libera facoltà di prefigurazione.
Irishcoffee'74
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