E’ una bella fiaba quella che ci racconta la regista polacca Agnieszka Holland nel film Pokot, che in Italia viene presentato come Spoor (traccia) -il sentiero. E’ una storia di lupi, di insetti e di animali selvatici, quella che si svolge nella valle solitaria dove l’anziana professoressa ex ingegnere civile Duszejko combatte una guerra personale contro bracconieri e cacciatori in genere; in quanto convinta animalista e persuasa che anche cani, cinghiali e volpi che dir si voglia sono figli di Dio; con la conseguenza che la loro uccisione comporta reato di omicidio come quello perpetuato ai danni di qualsiasi altro essere vivente. Una donna che non vuole essere chiamata per nome perché non vuole instaurare con gli abitanti del paese (salvo alcune eccezioni) nessun rapporto di intimità e che ha accettato di insegnare l’inglese ai bambini, per cercare di riuscire a trasmettere loro un messaggio universale.
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E’ una bella fiaba quella che ci racconta la regista polacca Agnieszka Holland nel film Pokot, che in Italia viene presentato come Spoor (traccia) -il sentiero. E’ una storia di lupi, di insetti e di animali selvatici, quella che si svolge nella valle solitaria dove l’anziana professoressa ex ingegnere civile Duszejko combatte una guerra personale contro bracconieri e cacciatori in genere; in quanto convinta animalista e persuasa che anche cani, cinghiali e volpi che dir si voglia sono figli di Dio; con la conseguenza che la loro uccisione comporta reato di omicidio come quello perpetuato ai danni di qualsiasi altro essere vivente. Una donna che non vuole essere chiamata per nome perché non vuole instaurare con gli abitanti del paese (salvo alcune eccezioni) nessun rapporto di intimità e che ha accettato di insegnare l’inglese ai bambini, per cercare di riuscire a trasmettere loro un messaggio universale.
Gli animali selvatici come giustizieri della notte, quindi, in un mondo dove la polizia non punisce gli assassini ma condivide malvagità e crudeltà del signorotto locale che non ha pietà nemmeno del messaggero di buone novelle. E se il rappresentante della Chiesa, lungi dall’annunciare la salvezza, predica che non è Dio che regna, bensì il fucile, (isaia 52,7). non ci sono che le fiamme dell’inferno per porre fine a superbia e cupidigia. Non è un caso, pertanto, ma una scelta coerente, se la protagonista, nel suo richiedere giustizia, si traveste proprio con il costume da lupo che il Messaggero le ha procurato. La lupa, infatti, nella Divina Commedia di Dante Alighieri, rappresenta la cupidigia: quel vizio che trionfalmente i cacciatori del luogo hanno manifestato, nella foto ricordo delle loro scorrerie nei boschi incontaminati. Straordinaria ed appropriata quindi la foto della locandina dove gli occhi del lupo riassumono in un unico sguardo il Vendicatore!
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