nerone bianchi
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venerdì 6 novembre 2015
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cinema 2 d
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In questo film d'animazione siamo lontani anni luce dalle patinate immagini 3D a cui negli ultimi anni la cinematografia di genere ci ha abituato, soprattutto quella americana. I disegni sono la parte migliore del coraggioso film brasiliano, realizzati con inesauribile fantasia, pastelli e colori a cera, creano nella loro elementarissima struttura delle immagini davvero suggestive ed evocative. Il tratto prevalente è quello del disegno di un bambino, il protagonista stesso (il bambino per l'appunto) è stupefacente, nella sua maglietta fatta di quattro strisce rosse orizzontali, gli occhi lunghi come finestre e somigliante vagamente ad una lampadina, geniale il treno, l'aereo, le navi\cigno e le grandi scene di massa come la raccolta del cotone o il carico dei container, bellissima la sequenza delle navi che si posizionano sopra le città sospese per poi rilasciare le loro merci che verranno lavorate e rimandate alle navi stesse, o le immagini della fabbrica dove il cotone viene lavorato, che richiamano "Metropolis" di Fritz Lang, ed anche la grande città con le strade piene di traffico.
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In questo film d'animazione siamo lontani anni luce dalle patinate immagini 3D a cui negli ultimi anni la cinematografia di genere ci ha abituato, soprattutto quella americana. I disegni sono la parte migliore del coraggioso film brasiliano, realizzati con inesauribile fantasia, pastelli e colori a cera, creano nella loro elementarissima struttura delle immagini davvero suggestive ed evocative. Il tratto prevalente è quello del disegno di un bambino, il protagonista stesso (il bambino per l'appunto) è stupefacente, nella sua maglietta fatta di quattro strisce rosse orizzontali, gli occhi lunghi come finestre e somigliante vagamente ad una lampadina, geniale il treno, l'aereo, le navi\cigno e le grandi scene di massa come la raccolta del cotone o il carico dei container, bellissima la sequenza delle navi che si posizionano sopra le città sospese per poi rilasciare le loro merci che verranno lavorate e rimandate alle navi stesse, o le immagini della fabbrica dove il cotone viene lavorato, che richiamano "Metropolis" di Fritz Lang, ed anche la grande città con le strade piene di traffico. In sintesi, il film presenta spunti di altissimo livello poetico ed è realizzato in maniera eccellente, purtuttavia, nella durata non indifferente di un'ora e mezzo, lascia sul campo vistosi segni di stanchezza che si manifestano in chiari movimenti delle palpebre verso una lenta chiusura. Fare un film d'animazione senza il supporto della parola e della narrazione, con una musica bella quanto ipnotica e pensare di reggerlo per tanto tempo con le sole immagini, ben fatte che siano, è stato forse un atto di presunzione. Mi chiedo, e sarei curioso di verificarlo, come reagiranno i bambini di fronte ad un'opera così suggestiva e lunga per il loro tempo di attenzione.
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riccardo tavani
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venerdì 25 novembre 2016
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opera d'arte su un filo di silenzio e di matita
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Ci troviamo davanti a una vera opera d’arte. Ci andate per accompagnare un figlio piccolo, un nipotino e rimanete stupiti molto più di lui per la semplicità, la vertiginosa bellezza, poesia e drammaticità dei disegni e del racconto. La colonna sonora, poi – intesa come musica e rumori delle cose che scorrono sullo schermo –, è un piccolo capolavoro a parte. Non ci sono dialoghi ma solo, ogni tanto, suono di parole indistinguibili, tanto per accennare al fatto che due o più persone parlino. Il film d’animazione ha vinto – meritatamente – una serie di premi internazionali. Ci sono voluti cinque anni di lavoro al regista brasiliano Alê Abreu per ricondurre i tratti della matita e dei pastelli a quelli di un bambino e traslarli in pura arte cinematografica.
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Ci troviamo davanti a una vera opera d’arte. Ci andate per accompagnare un figlio piccolo, un nipotino e rimanete stupiti molto più di lui per la semplicità, la vertiginosa bellezza, poesia e drammaticità dei disegni e del racconto. La colonna sonora, poi – intesa come musica e rumori delle cose che scorrono sullo schermo –, è un piccolo capolavoro a parte. Non ci sono dialoghi ma solo, ogni tanto, suono di parole indistinguibili, tanto per accennare al fatto che due o più persone parlino. Il film d’animazione ha vinto – meritatamente – una serie di premi internazionali. Ci sono voluti cinque anni di lavoro al regista brasiliano Alê Abreu per ricondurre i tratti della matita e dei pastelli a quelli di un bambino e traslarli in pura arte cinematografica. In Italia è distribuito dalla Cineteca di Bologna.
O Menino, ossia il bambino come è nel titolo originale, vive in campagna con la madre e il padre, in un perfetto stato di natura. Come un dio Pan il padre suona il flauto e il figlio anche da lontano può seguirlo, catturare le sue note come fossero petali di fiori. Poi, un giorno, il papà deve salire su un treno e andare in città a cercare lavoro. Il paradiso originario è perduto, non c’è niente che possa riportare il piccolo allo stato di felicità iniziale. I ricordi gli si parano davanti agli occhi come scene reali del padre che lo abbraccia, che suona il suo strumento, ma sono solo illusioni che svaniscono proprio quanto sembrano materializzarsi. Il Menino va, parte anche lui, sul carretto di un vecchio raccoglitore di cotone, alla ricerca del padre, alla scoperta do mundo. È la scoperta dell’inferno dell’agricoltura industrializzata prima, delle fabbriche e delle grandi metropoli poi. Il ritmo narrativo è incalzante ma poetico, sintetico insieme. Abreu riesce davvero con pochi tratti di matita e guazze di colore a esprimere sentimenti umani profondissimi, universali, senza età.
La macchina di produzione che spezza tragicamente l’Eden originario è anche uno spietato ingranaggio di omologazione sociale e dittatura politica. Il regista fa un riferimento a quella militare che ha schiacciato il Brasile negli anni ’70-80 del secolo scorso, ma il significato va molto più in là. Lo vediamo nella scena straziante nella quale il bambino vede finalmente tornare il padre con il treno, ma dai vagoni, uno alla volta, scendono uomini tutti uguali, coniati, clonati, annullati nella loro precipua individualità psicofisica La forza combinatoria del disegno e del colore alterna situazioni e stati d’animo in un’incessante progressione cine-musicale, squarciando verso il finale un collage di immagini, foto, spezzoni di pellicola ritagliati dalla realtà presente. Una stratificazione di significati che può essere colta dal bambino come dall’adulto, sì su piani sfalsati diversi, ma allo stesso tempo compenetrata da emozioni che si spalancano su una vertiginosa sensibilità comune. Con o senza l’alibi di accompagnarci una propria bambina o bambino, accompagnateci intanto quello immutato che è restato nascosto o negato in voi. Riscoprirà l’Eden originario dei sentimenti.
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