marswallace
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giovedì 13 giugno 2013
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altro che dario argento!
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The butterfly Room è un ritorno all'horror vero, quello d'atmosfera, dove qualunque cosa è in grado di fare paura: un armadio, un corridoio, perfino una farfalla... Ci vuole talento, per fare un film di questo tipo e il regista ce l'ha: il risultato è un continuo alternarsi di visioni inquietanti, luoghi macabri e 'cose che speri non ti succedano mai'.
Se vi sentite orfani 'del Dario Argento che non esiste più', non perdetevi The butterfly Room: non resterete delusi.
La trama si snoda in avanti e indietro nel tempo, disorientando lo spettatore, che nella prima fase fatica a inquadrare la psicopatica di cui sta seguendo la vicenda, anche perché tale 'cattiva' ha davvero pochi film cui essere paragonata.
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The butterfly Room è un ritorno all'horror vero, quello d'atmosfera, dove qualunque cosa è in grado di fare paura: un armadio, un corridoio, perfino una farfalla... Ci vuole talento, per fare un film di questo tipo e il regista ce l'ha: il risultato è un continuo alternarsi di visioni inquietanti, luoghi macabri e 'cose che speri non ti succedano mai'.
Se vi sentite orfani 'del Dario Argento che non esiste più', non perdetevi The butterfly Room: non resterete delusi.
La trama si snoda in avanti e indietro nel tempo, disorientando lo spettatore, che nella prima fase fatica a inquadrare la psicopatica di cui sta seguendo la vicenda, anche perché tale 'cattiva' ha davvero pochi film cui essere paragonata.
Ma è proprio la scoperta di tale personaggio, un poco alla volta , il vero scopo di Butterfly Room.
Stiamo parando della signora Ann, impersonata dalla leggenda vivente Barbara Steele, che il regista ha convinto a tornare sullo schermo dopo tanti anni di assenza.
E' chiaro fin dall'inizio che siamo di fronte a una vera psicopatica, ma il film genera un legame di amore odio verso un personaggio che a differenza di molti altri, stavolta è reale, ed è proprio questa consapevolezza a disturbare tanto lo spettatore. Potreste davvero incontrarla per strada.
La Steele interpreta magistralmente – la sua sola performance merita tutto il film - una donna all'antica, molto protettiva, che vuole davvero amare ed essere amata di nuovo, ma stavolta sul serio -, e sebbene gran parte della sua personalità ci sembri materna - e lo spettatore sia perfino portato, qualche volta, a condividerne alcuni valori - in realtà sono stati proprio tali valori a farla diventare prima una madre fallita, poi una vera psicopatica.
E quando lo spettatore si accorge di empatizzare con i valori che l'hanno fatta diventare tanto psicopatica, è difficile non provare un certo disagio perché, come già detto, quella donna non è un Freddy Kruger come un altro: stavolta il cattivo è reale. E' una specie di Pacciani in versione donna. Dietro l'horror si nasconde una storia di cronaca nera, e saperlo inquieta lo spettatore a un livello molto più subdolo, esattamente come facevano i film di Hitchcock.
Nell'interpretarla, per la maggior parte del film la Steele ha un volto d'acciaio, eppure ogni tanto sfoggia questi incredibili barlumi di tenerissima maternità, nei quali forse l'attrice ha potuto finalmente togliersi i panni di regina dell'horror, ed essere un po' se stessa.
Ma sono veramente degli attimi: lo spettatore non ha mai tregua, durante il film.
Altro volto incredibile è quello della piccola Julia Putnam, giovanissima attrice di cui sentiremo sicuramente parlare ancora. La ragazzina incarna perfettamente tutta la crudeltà e il cinismo che a volte si nascondono in alcuni bambini, quando sono così giovani da non avere ancora capito bene la differenza tra il bene e il male. Una fase che spesso rimuoviamo, ma che esiste nell'infanzia di tutti noi. E di nuovo, è proprio la realtà del personaggio a ferire tanto lo spettatore.
L'unico difetto della regia, a volte, è di sottolineare un po' troppo certi momenti rivelatori che lo spettatore è in grado di capire facilmente anche da solo. Ma The butterfly room, pur nella non-linearità con cui viene raccontato, e nonostante qualche momento di pausa, ha un casting assolutamente fuori dal comune, è diretto alla perfezione, e il risultato lascia un segno pesante nella mente dello spettatore. E' un viaggio dentro la mente contorta di una donna serial killer tutta particolare, molto più reale dei suoi più famosi 'cugini' (i vari Lecter & co.), ed è proprio tanta realtà che disturba. Quando un personaggio è tanto realistico, si dice che 'potresti incontrarlo per strada'. Dopo avere visto The butterfly Room, non vi sembrerà più solo un modo di dire.
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pensierocivile
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giovedì 20 giugno 2013
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finalmente bis!
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Se oggi si può urlare che il fascino della nostra serie B, del nostro cinema bis, non morirà mai, lo dobbiamo a Jonathan (non più Gionata) Zarantonello! THE BUTTERFLY ROOM è una lezione di cinema, di scrittura, di intelligenza legata alle disponibilità, che il cinema horror o thriller americano ci può solo invidiare. Altro che LA MADRE, o LA CASA (Alvarez), lo sguardo di Barbara Steele, cancella tanti mesi di delusioni. Al film di Zarantonello non manca nulla, una sceneggiatura nerissima, tesa, cattiva, morbosa, mai esagerata, tenuta sul filo da un mistero "certo" ma invisibile, in costante rincorsa col presente altrettanto inquietante e da timori futuri prevedibili. Barbara Steele regge al meglio un ruolo a rischio caricatura, mai fuori controllo, straordinaria nella sua folle corsa fuori casa all'inseguimento della "sua" bambina.
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Se oggi si può urlare che il fascino della nostra serie B, del nostro cinema bis, non morirà mai, lo dobbiamo a Jonathan (non più Gionata) Zarantonello! THE BUTTERFLY ROOM è una lezione di cinema, di scrittura, di intelligenza legata alle disponibilità, che il cinema horror o thriller americano ci può solo invidiare. Altro che LA MADRE, o LA CASA (Alvarez), lo sguardo di Barbara Steele, cancella tanti mesi di delusioni. Al film di Zarantonello non manca nulla, una sceneggiatura nerissima, tesa, cattiva, morbosa, mai esagerata, tenuta sul filo da un mistero "certo" ma invisibile, in costante rincorsa col presente altrettanto inquietante e da timori futuri prevedibili. Barbara Steele regge al meglio un ruolo a rischio caricatura, mai fuori controllo, straordinaria nella sua folle corsa fuori casa all'inseguimento della "sua" bambina. Bambine con volti cinematografici straordinari soprattutto Julia Putnam, una bambola folgorante. Persino negli errori c'è un "riguardo" da bis: con l'omicidio della escort con una sola gamba un po' pacchiano, o la "leggerezza" senza troppa cura negli omicidi della protagonista o l'oblio sulle cause che danno vita alla vicenda, nulla al confronto dei tanti pregi incoronati da un finale astuto e perfido.
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donni romani
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mercoledì 12 giugno 2013
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le farfalle di ann, mamma baby jane
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Una Baby Jane contemporanea si aggira armata di qualsivoglia attrezzo e stermina chiunque si metta fra lei e una bambina cui è affezionata. Detta così la trama del film di Zarantonello può far pensare ad un thriller venato di horror, ed in parte di questo si tratta anche se il tentativo, non del tutto riuscito, è di dare spessore ad un anima spezzata, a tante anime spezzate ognuna infilzata al muro - proprio come le farfalle che la protagonista colleziona nella stanza da cui il titolo - dal proprio passato, da un presente frustrato, da un vuoto affettivo o da un'inquietudine senza motivo.
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Una Baby Jane contemporanea si aggira armata di qualsivoglia attrezzo e stermina chiunque si metta fra lei e una bambina cui è affezionata. Detta così la trama del film di Zarantonello può far pensare ad un thriller venato di horror, ed in parte di questo si tratta anche se il tentativo, non del tutto riuscito, è di dare spessore ad un anima spezzata, a tante anime spezzate ognuna infilzata al muro - proprio come le farfalle che la protagonista colleziona nella stanza da cui il titolo - dal proprio passato, da un presente frustrato, da un vuoto affettivo o da un'inquietudine senza motivo. Ann è una elegante signora che per caso incontra Alice, una bambina che finge di essere stata derubata della propria bambola da un gruppo di coetanei cattivi per spingere a compassione ricche signore ed entrare nelle loro vite vuote, diventandone amica e confidente e facendosi dare un po' di soldi inventando scuse su una madre invalida. Ann si affezione alla bambina credendo di essere la sua unica "amica del cuore", ma quando scopre il gioco della ragazzina si scatena in lei un odio furibondo per chiunque possa sottrarle l'affetto della bambina. E dato che nell'appartamento accanto al suo abita un'altra bambina a cui Ann si affeziona non fatichiamo ad immaginare come andrà a finire... in tutto questo si inserisce anche un passato tragico in cui era coinvolta la figlia di Ann che torna nella vita della madre per gridarle tutto il suo odio per ciò che le ha fatto subire da piccola... Flashback, personaggi destinati a soccombere fra schizzi di sangue e urla lancinanti nel giro di pochi minuti - o addirittura secondi - sguardi allucinati e musiche preparatorie, alla pellicola di Zarantonello non manca nessuno dei parametri classici di una pellicola chiaramente di genere, e fortunatamente la protagonista Barbara Steele regge il ruolo con algida eleganza e regale indifferenza agli orrori che perpetra, ma al di là della innegabile eleganza stilistica e di una atmosfera alto borghese magnificamente fotografata, il plot resta distante da un vero coinvolgimento emotivo e manca qualche vero colpo di scena - perchè il finale certo non lo è così metaforicamente psicanalitico - per essere un thriller davvero originale e avvincente, pur lasciandosi seguire docilmente nell'ora e mezza scarsa della sua durata.
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noia1
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sabato 27 febbraio 2016
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film piccolino, comunque un punto per l'italia
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Una bambina fa la conoscenza di una vecchietta … con una storia interessante da non raccontare!
Che Gionata Zarantonello abbia fatto qualcosa per questo film non c’è dubbio data la distanza tra questo e tutti gli altri film. Non parlo solo dell’impostazione americana quanto più per l’amore per i dettagli, per una sceneggiatura dove ciò non detto si completa con intuizioni quasi sovrannaturali. Per una trama ben definita che scava più che costruire. Già, qui mi sa che il regista si è fatto un bel viaggio all’estero per farsi un po’ di cultura in più su questo mestiere.
Tutto sommato non c’è niente di rivoluzionario anche se, già di per sé, già rivoluzionario lo è in quanto a film italiano per una volta non banale o insipido.
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Una bambina fa la conoscenza di una vecchietta … con una storia interessante da non raccontare!
Che Gionata Zarantonello abbia fatto qualcosa per questo film non c’è dubbio data la distanza tra questo e tutti gli altri film. Non parlo solo dell’impostazione americana quanto più per l’amore per i dettagli, per una sceneggiatura dove ciò non detto si completa con intuizioni quasi sovrannaturali. Per una trama ben definita che scava più che costruire. Già, qui mi sa che il regista si è fatto un bel viaggio all’estero per farsi un po’ di cultura in più su questo mestiere.
Tutto sommato non c’è niente di rivoluzionario anche se, già di per sé, già rivoluzionario lo è in quanto a film italiano per una volta non banale o insipido. Un buon thriller all’italiana che non mi sarei aspettato: un thriller per una volta senza il ritmo esasperato e rintronato proprio dell’America (malgrado abbia comunque tante suggestioni provenienti da quelle parti); un thriller per una volta senza la sciatteria inglese dove tutto perde progressivamente di spessore; senza la cupezza e l’amore per il raccapricciante francese; senza il grottesco spagnolo; in poche parole, un film nostro finalmente, qualcosa di sentito, di profondo, di angosciante.
Trama cupissima dove fin dall’inizio viene da chiedersi dove tutto voglia andare a parare, una storia per raccontare un’altra storia. Tutto è tesissimo, come in ogni istante potesse accadere qualcosa da far saltare sulla sedia, come ogni dettaglio fosse fondamentale. Forse il segreto è l’abbandonare la solita impostazione da film d’autore, o da film troppo banale, finalmente un film nostrano che si presenta per quello che è.
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fabal
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martedì 2 maggio 2017
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barbara steele, una strega anacronistica
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Un breve flashback introduce un inquietante episodio capitato alla figlia di Ann, allora pre-adolescente, nella vasca da bagno di casa. Poi vediamo la stessa madre anni dopo, ormai non più giovane, vivere in solitudine e con l'hobby di collezionare farfalle dopo averle incorniciate. Le cose cambiano quando Ann comincia a prendersi cura della figlia della vicina di casa, la piccola Julia, perché la madre è spesso via o per lavoro o per frequentare il suo nuovo compagno. Ma i numerosi flashbacks ci spiegano di un'altra ragazza, conosciuta ancora prima: la giovane Alice, incontrata in un centro commerciale mentre, in lacrime, chiedeva aiuto ad Ann. Tra le due è iniziata una frequentazione, ricalcante il rapporto madre/figlia: ambiguo l'atteggiamento da parte della ragazza, morboso da parte della donna.
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Un breve flashback introduce un inquietante episodio capitato alla figlia di Ann, allora pre-adolescente, nella vasca da bagno di casa. Poi vediamo la stessa madre anni dopo, ormai non più giovane, vivere in solitudine e con l'hobby di collezionare farfalle dopo averle incorniciate. Le cose cambiano quando Ann comincia a prendersi cura della figlia della vicina di casa, la piccola Julia, perché la madre è spesso via o per lavoro o per frequentare il suo nuovo compagno. Ma i numerosi flashbacks ci spiegano di un'altra ragazza, conosciuta ancora prima: la giovane Alice, incontrata in un centro commerciale mentre, in lacrime, chiedeva aiuto ad Ann. Tra le due è iniziata una frequentazione, ricalcante il rapporto madre/figlia: ambiguo l'atteggiamento da parte della ragazza, morboso da parte della donna. E con Julia la situazione sembra ripetersi.
A distrarre da una sceneggiatura piuttosto ingarbugliata ci pensa Barbara Steele, personaggio totem della pellicola, forza centrifuga e centripeta immediatamente dichiarata sin dalla prima scena. Una dark lady che convoglia tutte le attenzioni dello spettatore per via del suo sguardo naturalmente indemoniato e del suo autorevole background nel cinema horror.
La sua figura, crudele e dalle note quasi fiabesche, benché condita da una recitazione di spessore, segna subito un solco troppo profondo tra Ann e tutti gli altri personaggi, come se una strega di Biancaneve si catapultasse negli States cercando di integrarsi anacronisticamente con la gente normale. Che dunque Ann sia il perno di tutto il male che capita in The Butterfly room appare scontato troppo presto,e così tutti i colpi scena diventano sordi e perdono gran parte del loro potenziale.
L'unico personaggio che riesce a tenere testa alla Steele, almeno per un po', è l'ambigua Julia Putnam nei panni di Alice, che con i suoi sorrisetti maligni bilancia per qualche momento lo strapotere della protagonista e sembra accennare alla possibilità di un capovolgimento tra vittima e carnefice. Ma questa possibilità si dissolve ben presto, facendo tornare tra i ranghi lo spargimento di sangue in cui Ann ha sempre la meglio, e gli altri soccombono senza dimostrare, a dire il vero, un'onorevole furbizia.
La vicenda, e con essa tutti i personaggi, perdono della necessaria credibilità per funzionare fino in fondo e sfociano in alcuni momenti semplicemente caricaturali. Anche la Steele resta ingabbiata nella farsa, compiaciuta di questa di novella Baby Jane (alcune espressioni ricordano esplicitamente gli sguardi di Bette Davis) che si trova ad interpretare, ma in cui la sua bravura diventa pressoché autoreferenziale.
La regia di Zarantonello funziona, invece, molto meglio della sua sceneggiatura, ricercando il particolare potenzialmente nocivo o mostrando scampoli di ambienti tra spioncini e buchi nell'armadio. Citando spesso e volentieri Dario Argento, soprattutto quando accompagna la foga omicida con una musica invasiva, ma con un po' meno sangue e un po' più entro le righe.
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dandy
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lunedì 20 novembre 2017
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the butterfly effect?
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Dopo il trascurabile "Uncut-Member Only",il regista adatta il proprio romanzo e si ispira ad un proprio cortometraggio(entrambi dal nome "Alice dalle 4 alle 5").Un thriller horrorifico con reminiscienze anni 60-70,sia per gli echi di "Che fine ha fatto Baby Jane?" sia per il cast di glorie dell'horror di una volta(Heather Langenkamp;Adrienne King;P.J. Soles;Camille Keaton;Ray Wise),dove svetta una Steele sempre ottima.Se i temi affrontati(il rapporto malato madre-figlia;la disgregazione della famiglia vista come culla di morte)e lo svolgimento non sono innovativi,l'atmosfera malata c'è,e il livello di crudeltà è abbastanza sostenuto,sebbene la violenza vera e propria sia quasi assente.
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Dopo il trascurabile "Uncut-Member Only",il regista adatta il proprio romanzo e si ispira ad un proprio cortometraggio(entrambi dal nome "Alice dalle 4 alle 5").Un thriller horrorifico con reminiscienze anni 60-70,sia per gli echi di "Che fine ha fatto Baby Jane?" sia per il cast di glorie dell'horror di una volta(Heather Langenkamp;Adrienne King;P.J. Soles;Camille Keaton;Ray Wise),dove svetta una Steele sempre ottima.Se i temi affrontati(il rapporto malato madre-figlia;la disgregazione della famiglia vista come culla di morte)e lo svolgimento non sono innovativi,l'atmosfera malata c'è,e il livello di crudeltà è abbastanza sostenuto,sebbene la violenza vera e propria sia quasi assente.Riuscita anche l'analisi della provincia degradata,dove la protagonista è quasi più simpatica delle madri snaturate delle bambine con cui ha a che fare.Funzionano meno la costruzione a flashback e sbalzi temporali,e certe inverosimiglianze come il fatto che aldifuori dei personaggi sembra non abitarci nessun altro nel condominio.E l'ultima sorpresa nel finale è banalotta.Un bel prodotto di genere con un bel cast,non memorabile ma non disprezzabile,nulla più.Particina per Joe Dante nel ruolo de tassista.James Karen è il commesso.Uscito da noi nel 2013,e visto da pochissimi.
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