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Film in cui si narra di un uomo (Colin Firth) il quale decide, in seguito a molte delusioni personali e ad una vita conseguentemente poco soddisfacente, di cambiare radicalmente la propria esistenza, arrivando a costruirsi, simulando addirittura un suicidio, una nuova identità, col nome appunto di Arthur Newman. Nel corso del suo viaggio verso una nuova città, egli incontra una giovane donna sbandata (Emily Blunt) di cui all'inizio si prende cura e con cui poi decide di condividere le proprie giornate. Tale strano rapporto, che sfocerà poi in un sincero e profondo amore, insegnerà pian piano ad entrambi quanto sia impossibile e poco costruttivo cancellare definitivamente il proprio passato scomodo e quanto invece sia necessario, al fine di iniziare una nuova e reale esistenza su basi più solide, riprenderlo e sistemarlo. Il tema di questa pellicola risulterebbe in sè molto interessante da sviluppare ma la sua realizzazione pratica lo è molto meno. Essa denuncia le incertezze dell' opera prima come regista di lungometraggi da parte del regista pubblicitario Dante Ariola e così tutta la vicenda si snoda in maniera un pò prolissa, poco approfondita e nonchè poco credibile, e con dei dialoghi piuttosto banali che non vengono affatto in supporto ad una migliore realizzazione. Colin Firth è bravo nel suo ruolo ma qui non dà il meglio di sè come invece in altre sue performances precedenti in quanto tutta la struttura e la realizzazione del film non glielo permette. La sua spalla inoltre, Emily Blunt, si rivela molto banale nella sua interpretazione e pertanto egli risulta come l'unico elemento degno di nota in tutta la realizzazione dell'opera. Peccato: un'occasione sprecata!
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