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L'aspetto più scadente di questo film è dovuto alla scelta di allargare in terminu apocalittici la spirale di morte iniziale, traducendo un eventuale messaggio circa il dramma della depressione e della perdita della voglia di vivere in una retorica condanna della tecnologia che imprigiona e snatura. Cimentarsi con tematiche tanto ambiziose può essere letale ad autori di ben altra caratura: basta pensare al flop di Stephen King, capace in altre occasioni di esiti davvero favolosi (e letterari = non solo da baracchino!), con quella polpetta incredibile e insulsa che s'intitola "Cell"... figuriamoci, allora, se ci riesce un tipo che si chiama Sonzero attorniato da un cast di bellocci insignificanti e inespressivi. L'horror giapponese non è declinabile in occidente: "The ring" è riuscito, ma a costo di modificare profondamente le tonalità narrative, e lo stesso dicasi di "Dark Water" (che si regge sul rapporto, davvero molto intenso, tra Jennifer Connelly e la bambina che interpreta sua figlia). Anche in "Pulse" c'è un tentativo di occidentalizzare la storia, ma dire che è scadente è ancora fargli un complimento.
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