Titolo originale Zwartboek.
Guerra,
durata 135 min.
- Paesi Bassi, Gran Bretagna, Germania, Belgio 2006.
- DNC Entertainment
uscita venerdì 2febbraio 2007.
MYMONETROBlack Book
valutazione media:
3,37
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
A meta' film (peraltro di durata notevole), il sottoscritto si stava ancora chiedendo: ma Voerhoeven dove vuol andare a parare? E' cosi' scientemente iconoclasta da ridicolizzare la Resistenza e la Shoah con recitazione, coup de theatres e fotografia patinata degne dei peggiori blockbuster? Poi piu' mi avviavo verso la fine, piu' scoprivo (con qualche dubbio poi dissipato dalla ricerca post-proiezione) una storia assurdamente ma realmente controversa dell'Olanda occupata dai nazisti. I giochi da doppi si fanno tripli, gli Eroi si rivelano meschini aguzzini, come poteva l'Autore rappresentare tutto cio' dopo 50 anni di capolavori ormai classici? Il nostro sceglie la via piu' impervia ma tracciata secoli prima dal connazionale Erasmo, nell'Elogio della follia: l'iperbole, il paradosso, la caustica ironia, il grottesco ottenuti grazie ad un estetica che mischia lo splatter ai fumetti "Super Eroica", rinnovano una condanna senza appello per tutti i delitti compiuti da un umanita' alla deriva.
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A meta' film (peraltro di durata notevole), il sottoscritto si stava ancora chiedendo: ma Voerhoeven dove vuol andare a parare? E' cosi' scientemente iconoclasta da ridicolizzare la Resistenza e la Shoah con recitazione, coup de theatres e fotografia patinata degne dei peggiori blockbuster? Poi piu' mi avviavo verso la fine, piu' scoprivo (con qualche dubbio poi dissipato dalla ricerca post-proiezione) una storia assurdamente ma realmente controversa dell'Olanda occupata dai nazisti. I giochi da doppi si fanno tripli, gli Eroi si rivelano meschini aguzzini, come poteva l'Autore rappresentare tutto cio' dopo 50 anni di capolavori ormai classici? Il nostro sceglie la via piu' impervia ma tracciata secoli prima dal connazionale Erasmo, nell'Elogio della follia: l'iperbole, il paradosso, la caustica ironia, il grottesco ottenuti grazie ad un estetica che mischia lo splatter ai fumetti "Super Eroica", rinnovano una condanna senza appello per tutti i delitti compiuti da un umanita' alla deriva. La carrellata finale poi e' una pugnalata alla innocenza ebraica, ciononostante il messaggio non e' cinico, ma pieno di sofferenza e stoica voglia di riscatto.
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In un clima da fine impero, corrotto e corruttore, Verhoeven ambienta una storia di amore e morte che ruota intorno alla grazia (e alle grazie) di una giovane ebrea olandese. La ragazza vede la propria famiglia sterminata dai nazisti e nella sua fuga finisce invischiata in un gruppo di resistenti olandesi. Una volta infiltratasi tra i tedeschi, e innamoratasi di uno di loro, la sua storia precipita insieme a quella della Germania nazista. Lo sfondo storico offriva più di uno spunto ma al regista deve essere sembrato essenzialmente un pretesto. I tedeschi sono rappresentati in modo quasi caricaturale e Amsterdam, tolto qualche canale che si intravede di tanto in tanto, potrebbe essere una qualsiasi altra città nordeuropea.
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In un clima da fine impero, corrotto e corruttore, Verhoeven ambienta una storia di amore e morte che ruota intorno alla grazia (e alle grazie) di una giovane ebrea olandese. La ragazza vede la propria famiglia sterminata dai nazisti e nella sua fuga finisce invischiata in un gruppo di resistenti olandesi. Una volta infiltratasi tra i tedeschi, e innamoratasi di uno di loro, la sua storia precipita insieme a quella della Germania nazista. Lo sfondo storico offriva più di uno spunto ma al regista deve essere sembrato essenzialmente un pretesto. I tedeschi sono rappresentati in modo quasi caricaturale e Amsterdam, tolto qualche canale che si intravede di tanto in tanto, potrebbe essere una qualsiasi altra città nordeuropea. Al film interessano le reazioni umane nei momenti in cui tutto crolla e ognuno cerca di afferrare e di afferrarsi a qualcosa. La visione è cupa. Avidità, paura, meschinità, doppi e tripligiochisti: pochi dei personaggi emergono dalla miseria e anche la fine della guerra, con la vittoria degli alleati, si porta dietro un carico di ambiguità. Verhoeven non santifica neppure il suo personaggio principale. La ragazza ebrea non è un'eroina nel senso tradizionale della parola: reagisce agli eventi solo in modo istintivo, per paura e per amore. Il risultato è convincente? Sì, pur con alcuni limiti. Vi è qualche compiacimento di troppo nelle scene più crude e la caricatura dei tedeschi è alle volte insopportabile. Ma Verhoeven, con sincerità, lascia quasi sempre il giudizio allo spettatore e guida in modo convincente gli attori (per noi quasi sconosciuti) in scene complesse e spettacolari. Le due ore abbondanti della pellicola, alla fine, scorrono senza annoiare e con momenti di forte coinvolgimento emotivo. Un pensiero finale alla van Houten, solare e inquieta, capace di riempire le inquadrature come poche sue colleghe. Il tempo dirà se sia stato un merito del regista o il talento dell'attrice.
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Il revisionismo storico è un ingrediente accattivante con cui condire un film di ambientazione bellica; Verhoeven non è certo il primo ad utilizzarlo, e lo fa con la spregiudicatezza alla quale è abituato. In Black Book il regista olandese prestato a Hollywood ci presenta dei ritratti in cui il male è divenuto bene e viceversa, e la malvagità del partigiano non lascia spazio a sfumature, così come la bontà dell'ufficiale innamorato. La bella protagonista attraversa le drammatiche vicende dell'ultimo periodo di occupazione nazista esibendosi in una sorta di scalata sociale (da umile operaia a spia infiltrata nei ricevimenti sfarzosi del nemico) e trovando il tempo di innamorarsi del nazista più buono della storia del cinema; parallelamente si osserva come nell'eroica resistenza dei partigiani si insinuino tradimenti e doppi giochi.
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Il revisionismo storico è un ingrediente accattivante con cui condire un film di ambientazione bellica; Verhoeven non è certo il primo ad utilizzarlo, e lo fa con la spregiudicatezza alla quale è abituato. In Black Book il regista olandese prestato a Hollywood ci presenta dei ritratti in cui il male è divenuto bene e viceversa, e la malvagità del partigiano non lascia spazio a sfumature, così come la bontà dell'ufficiale innamorato. La bella protagonista attraversa le drammatiche vicende dell'ultimo periodo di occupazione nazista esibendosi in una sorta di scalata sociale (da umile operaia a spia infiltrata nei ricevimenti sfarzosi del nemico) e trovando il tempo di innamorarsi del nazista più buono della storia del cinema; parallelamente si osserva come nell'eroica resistenza dei partigiani si insinuino tradimenti e doppi giochi. Alla fine della guerra la resa dei conti con i collaborazionisti fa emergere la melma del rancore e della crudeltà di chi fino a ieri era l'oppresso innocente. I personaggi che contornano la nostra eroina sono eccessivamente in bianco e nero, troppo buoni o troppo cattivi, ma la sensazione del "grigio" è tangibile nelle ambientazioni buie e negli indecifrabili personaggi di contorno; di solito le scene di festa per la fine dell'occupazione coincidono con il sollievo dello spettatore, mentre in questo caso si intuisce l'angosciosa attesa della vendetta. Sicuramente a sessant'anni dalla fine della guerra una riflessione anche sulle colpe di vincitori è lecita; qualunque sia l'opinione dello spettatore non si può accusare il regista di vilipendio alla resistenza, visto che la legittimità della lotta agli invasori non è mai messa in discussione. Quello che è interessante è la proposta di verità inedite e scomode, come ad esempio lo strisciante antisemitismo presente anche fra i partigiani. Per il resto la narrazione è troppo orientata sul versante dell'azione, che scorre parallela alla poco credibile passione tra nemici, e il conflitto che sconvolge il paese lascia il posto al conflitto che divide Rachel tra "dovere" e amore. Lo stampo di Verhoeven è ancora quello di Robocop, seppur mitigato dal ritorno in patria, e le vicende scivolano verso il termine con la consueta raffica di colpi di scena, il cui utilizzo eccessivo nel cinema di questi tempi ha reso scontati e prevedibili. Ma queste due ore non sono tempo perso, come per ogni film che riesce a farci riflettere con prospettive differenti su vicende che pensavamo di conoscere. Voto 7
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In corso alla sessantatreesima Mostra del Cinema di Venezia, il film è frutto di un lavoro di ricerca durato vent’anni, che ha consentito al regista di tornare a girare nella sua Olanda per mostrarne un volto inedito e duro.
Basato su eventi realmente accaduti, ma artificiosamente romanzati secondo le necessità della sceneggiatura, il film, realistico e provocatorio, racconta la storia di Rachel Steinn, cantante ebrea sopravvissuta all’olocausto e soggetto attivo della resistenza antinazista.
La storia è violenta e cruda, pervasa da molte scene di sesso dirette con eleganza, con l’evoluzione psichica della protagonista in primo piano: Rachel, da fragile e seduttiva giovane ebrea, diventerà una spietata e controversa spia della resistenza olandese.
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In corso alla sessantatreesima Mostra del Cinema di Venezia, il film è frutto di un lavoro di ricerca durato vent’anni, che ha consentito al regista di tornare a girare nella sua Olanda per mostrarne un volto inedito e duro.
Basato su eventi realmente accaduti, ma artificiosamente romanzati secondo le necessità della sceneggiatura, il film, realistico e provocatorio, racconta la storia di Rachel Steinn, cantante ebrea sopravvissuta all’olocausto e soggetto attivo della resistenza antinazista.
La storia è violenta e cruda, pervasa da molte scene di sesso dirette con eleganza, con l’evoluzione psichica della protagonista in primo piano: Rachel, da fragile e seduttiva giovane ebrea, diventerà una spietata e controversa spia della resistenza olandese.
Siamo ben lontani dall’appiattimento dei ruoli e delle responsabilità tra nazisti e resistenza, in nome di un revisionismo che mette in luce come la guerra possa condurre ad azioni e reazioni, spesso estreme e prive di moralità, in grado di appartenere a tutti.
Il film presenta un rovesciamento dei ruoli tra persecutori e perseguitati, fornendo un ritratto della lotta partigiana non privo di zone oscure, in cui è facile rintracciare motivazioni riconducibili a meschinità e avidità.
Un incrocio molto vorticoso tra melodramma, spy-story, thriller, action-movie, ma soprattutto un’idea di cinema come detonatore di emozioni profonde, che Verhoeven dimostra di saper abilmente padroneggiare
CLIO PEDONE.
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Storia di collaborazionismo nell'Olanda della Seconda Guerra Mondiale.
In un primo momento potrebbe sembrare un film ambiguo, in realtà racconta di come possano essere ambigui e ipocriti i comportamenti degli esseri umani, indipendentemente dalle idee che abbracciano. Questa, purtroppo, è una verità scomoda e antipatica, tant'è che suscita clamore e indignazione ancora oggi, a più di sessant'anni dalla fine del conflitto in questione.
Il film è molto bello, ma ha alcune pecche: in alcuni momenti ha un sapore televisivo più che cinematografico e, in più, dà per scontato che lo spettatore conosca già tutto del nazismo e delle ideologie totalitariste in generale.
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Storia di collaborazionismo nell'Olanda della Seconda Guerra Mondiale.
In un primo momento potrebbe sembrare un film ambiguo, in realtà racconta di come possano essere ambigui e ipocriti i comportamenti degli esseri umani, indipendentemente dalle idee che abbracciano. Questa, purtroppo, è una verità scomoda e antipatica, tant'è che suscita clamore e indignazione ancora oggi, a più di sessant'anni dalla fine del conflitto in questione.
Il film è molto bello, ma ha alcune pecche: in alcuni momenti ha un sapore televisivo più che cinematografico e, in più, dà per scontato che lo spettatore conosca già tutto del nazismo e delle ideologie totalitariste in generale.
Comunque, è un'ottima prova di cinema impegnato e commerciale al tempo stesso, e c'è un buon cast di attori. [-]
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No, non ci si annoia nelle due ore e passa del film "Black book", opera che segna il ritorno in patria dell'olandese Paul Verhoeven dopo una lunga e redditizia stagione hollywoodiana. Per l'occasione, Verhoeven rispolvera tutto l'armamentario caro ai film di ambientazione nazista e non ci risparmia nulla, dalle brutalità delle torture inflitte ai partigiani, alle sevizie riservate ai collaborazionisti, dalla figura del gerarca più trucido fino alla colonna sonora che ingloba la celeberrima "Ich bin die fesche Lola", già cavallo di battaglia della divina Marlene. Eppure, nonostante la confezione da mélo di genere e l'uso eccessivo di trovate granguignolesche, il film funziona e mai, neppure per un attimo, viene meno l'attenzione dello spettatore, che segue il dipanarsi dell'odissea di Rachel Steinn, alias Ellis De Vries, con crescente partecipazione e sbigottito stupore per i continui rovesciamenti di fronte della sceneggiatura.
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No, non ci si annoia nelle due ore e passa del film "Black book", opera che segna il ritorno in patria dell'olandese Paul Verhoeven dopo una lunga e redditizia stagione hollywoodiana. Per l'occasione, Verhoeven rispolvera tutto l'armamentario caro ai film di ambientazione nazista e non ci risparmia nulla, dalle brutalità delle torture inflitte ai partigiani, alle sevizie riservate ai collaborazionisti, dalla figura del gerarca più trucido fino alla colonna sonora che ingloba la celeberrima "Ich bin die fesche Lola", già cavallo di battaglia della divina Marlene. Eppure, nonostante la confezione da mélo di genere e l'uso eccessivo di trovate granguignolesche, il film funziona e mai, neppure per un attimo, viene meno l'attenzione dello spettatore, che segue il dipanarsi dell'odissea di Rachel Steinn, alias Ellis De Vries, con crescente partecipazione e sbigottito stupore per i continui rovesciamenti di fronte della sceneggiatura. Verhoeven coniuga le esigenze dello spettacolo con quelle della rilettura storica (ha dichiarato di aver approfondito per vent'anni la storia della resistenza olandese) e il risultato, per quanto esegeticamente imperfetto, dà tuttavia l'impressione di essere stato furbescamente rielaborato per approdare ad un filmone comunque spettacolare. Per riuscire nell'operazione il regista ha scelto di contornarsi di attori dal robusto mestiere, da noi pressoché sconosciuti, ma dal sicuro avvenire: su tutti, i due protagonisti, che il gossip vuole folgorati da fulminea passione al di là delle esigenze di copione, la luminosa Carice van Houten e il gentile Sebastian Koch, quasi un Sebastiano Somma (assonanza del nome!) in versione più crucca.
Il film scorre che è un piacere, diverse le scene che rimangono impresse per potenza visiva; non si può dire che Verhoeven tralasci qualcosa per imprimere ritmo alla storia, è un film urlato che non presta il fianco alle sottolineature delicate. Nessun intento moralistico, la messa in scena è un cupio dissolvi da caduta degli dei e i resistenti non sempre sono eroi, anche Ellis sbanda e si perde più volte cercando la redenzione in un'epoca storica che aveva completamente smarrito i punti di riferimento etici. Qui non si rappresentano santi o demoni, semplicemente va in scena la vita.
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[+] piaciuto tantissimo anche a me!!! (di eles)[ - ] piaciuto tantissimo anche a me!!!
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Guerra in Europa all'inizio e guerra nel kibbutz nel finale. Paul Verhoeven, regista laureato in matematica e fisica, ha girato un film che è sicuramente l'emblema della razza umana: odio - violenza - morte.
Secondo me, mostrando le peripezie della giovane ebrea spia, in un mondo di falsi eroi e finti cattivi, Verhoeven nasconde un messaggio di pessimismo, forse un allarme. Di certo, non si è alzato la mattina dicendo: <>
Basta osservare un po' la filmografia di Verhoeven e sono sicuro che capirete.
Un brutto mondo è questo, secondo Verhoeven. Si tratti di Europa, è ben giustificato da più di due ore, si tratti di Palestina, bè, mi bastano quegli ultimi minuti e poi i titoli di coda.
[+] commerciale (di luciana)[ - ] commerciale
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C'è un documentario del 2005 di Mildred van Leeuwaarden e Dick Rijneke che si chiama Nou, dat was het dan! / That's It!!!: Paul Verhoeven, nato nel 1938, è intervistato al Festival di Cannes a 67 anni suonati, e la sua lucidità politica, resa ancor più contagiosa dall'irresistibile e riconoscibilissima parlata, è impressionante. Non fa sconti a nessuno, a maggior ragione oggi, dopo la trasferta americana e ritorno.
Come il suo cinema, d'altronde, che di sconti non ne ha mai fatti. Dopo i fasti di Robocop, Atto di forza e Basic Instinct, Hollywood ha cominciato a maltrattarlo.
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C'è un documentario del 2005 di Mildred van Leeuwaarden e Dick Rijneke che si chiama Nou, dat was het dan! / That's It!!!: Paul Verhoeven, nato nel 1938, è intervistato al Festival di Cannes a 67 anni suonati, e la sua lucidità politica, resa ancor più contagiosa dall'irresistibile e riconoscibilissima parlata, è impressionante. Non fa sconti a nessuno, a maggior ragione oggi, dopo la trasferta americana e ritorno.
Come il suo cinema, d'altronde, che di sconti non ne ha mai fatti. Dopo i fasti di Robocop, Atto di forza e Basic Instinct, Hollywood ha cominciato a maltrattarlo. E lui, senza cedimenti né conciliazioni di sorta, se ne ritorna in patria, in quell' Olanda sculacciata un tempo col filo spinato da capolavori come Spetters e Il quarto uomo. Se possibile, l'età matura l'ha reso ancor meno accomodante. Verhoeven sa bene d'essere stato tacciato di fascismo e di revisionismo. Ma Starship Troopers non è passato invano.
E per la storia di Black Book, in una terra calpestata dall'occupazione nazista, torna a calcare la mano su una morale dell'ambiguità che è prisma sociale, culturale, "di visione", e che molti purtroppo continuano a scambiare per cialtronaggine qualunquista. Per fortuna però il cinema di Verhoeven non si ferma.
Nel suo raccontare classico e "pulito", Black Book possiede un ritmo interno pazzesco, che tracima da se stesso travolgendo avventura e spettatori. I quali restano a bocca aperta di fronte a un'eroina ebrea che sta col nemico, perché l'opportunismo alligna da entrambe le barricate, ma l'occhio non è abituato a distinguere il vero dal falso (per non dire il bene dal male). Difatti, Rachel/Ellis è Catherine Tramell; e a un certo punto, quando meno te lo aspetti, Black Book (ri)diventa Basic Instinct, e non soltanto per la dinamica dell'improvvisa e sconvolgente sequenza del doppio omicidio: allora capisci che lo sguardo di Verhoeven mantiene un rigore filosofico (oltre che stilistico) da fare invidia. Finisce tutto sulle sponde di un lago, come fossimo dalle parti di Hitchcock: dovremmo meravigliarci? [-]
[+] lascia un commento a andyflash77 »[ - ] lascia un commento a andyflash77 »
La seconda guerra mondiale, il nazismo, la persecuzione contro gli ebrei ecc. è stata una notevole fonte per attingere storie da portare sullo schermo.
Il movimento partigiani è stato al centro di tante vicende vere o fantastiche.
L’Italia, la Francia, la Polonia sono state le nazioni che hanno fornito il maggior numero di storie, sia vere che frutto di fantasia. Sono tanti che per non far torto a nessuno non se ne nomina nessuno. Questa volta la vicenda si svolge in Olanda poco prima della fine del conflitto. Occupata dai Nazisti ancora e sempre in gran forma, nelle loro curate divise piene di mostrine a mostrare il valore provato più nei salotti e bordelli che in campo di battaglia, si fan forti per il gran coraggio nel perseguitare i deboli ed indifesi.
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La seconda guerra mondiale, il nazismo, la persecuzione contro gli ebrei ecc. è stata una notevole fonte per attingere storie da portare sullo schermo.
Il movimento partigiani è stato al centro di tante vicende vere o fantastiche.
L’Italia, la Francia, la Polonia sono state le nazioni che hanno fornito il maggior numero di storie, sia vere che frutto di fantasia. Sono tanti che per non far torto a nessuno non se ne nomina nessuno. Questa volta la vicenda si svolge in Olanda poco prima della fine del conflitto. Occupata dai Nazisti ancora e sempre in gran forma, nelle loro curate divise piene di mostrine a mostrare il valore provato più nei salotti e bordelli che in campo di battaglia, si fan forti per il gran coraggio nel perseguitare i deboli ed indifesi. Ma come se non bastasse si avvalgono di traditori, di gente che fa il doppio gioco,spie e contro spie. Il film girato molto bene, con delle buone fotografie ed una eccellente ricostruzione ambientale mostra una Amsterdam accogliente in ogni senso.
Le donne si offrono liberamente ai feldmarescialli, agli ufficiali delle SS come ai soldati, durante abbondanti pranzi in ricchi saloni. C’è chi canta per chi conta, chi offre le sue grazie, grazie alla libertà di costumi a cui ha portato la guerra. Costumi di cui si può fare a meno in privato ed in pubblico.
La giovane cantante ebrea Rachel Steinn riesce a fuggire da Berlino per rifugiarsi in Olanda, entra a far parte di un gruppo di partigiani che le affidano l’incarico di avvicinare il generale tedesco Muntze per carpire importanti segreti.
I due personaggi sono affidati alla brava, ma ancor più bella e generosa
Carice van Houten e al bravo e gaudente Sebastian Koch. L’intricata storia narrata in oltre due ore va vista perché è ricca di avvenimenti, di sorprese, come di tradimenti e morti. La guerra spesso induce, anche chi non dovrebbe, a tradire non solo l’amore, ma anche la famiglia e la Patria. Il dio denaro ed il sesso governano le azioni, basta guardarsi attorno anche nelle più recenti vicende che ci hanno occupato.
Devo dire che nel suo insieme il film può essere classificato ottimo, sebbene gli manchi qualcosa di indefinito, forse Rachel Steinn canta poco, però Carice van Houten si spoglia tanto; anche nei film storici di questo genere l’occhio vuole la sua parte. Non si può assistere impotenti soltanto a torture, a scene di sangue, di bare vere o finte, di entusiasmo per la liberazione,occorre anche mettere a nudo la verità e con essa anche il corpo se occorre.chibar22@libero.it
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[+] lascia un commento a luigi chierico »[ - ] lascia un commento a luigi chierico »
La visione fantastica di Paul Verhoeven, che si adatta alla perfezione al suo Starship Troopers - Fanteria dello spaziodel 1997, sembra invece stonare nel racconto di fatti di guerra, torture di prigionieri ed eccidi di ebrei, fino a risultare disturbante e irrispettosa o quanto meno inappropriata rispetto alla tragicità degli eventi narrati. Ma questa è la cifra della sua arte.
I personaggi sono eroi da fumetti, tratteggiati a grandi linee, come in una strip a colori, si muovono meccanicamente secondo logiche semplici, in un’atmosfera irreale a contrasto con quanto accade sulla scena, che si ispira a eventi drammatici realmente avvenuti nell’Olanda occupata dai nazisti e di cui Verhoeven ha fatto esperienza sebbene fosse ancora un bambino.
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La visione fantastica di Paul Verhoeven, che si adatta alla perfezione al suo Starship Troopers - Fanteria dello spaziodel 1997, sembra invece stonare nel racconto di fatti di guerra, torture di prigionieri ed eccidi di ebrei, fino a risultare disturbante e irrispettosa o quanto meno inappropriata rispetto alla tragicità degli eventi narrati. Ma questa è la cifra della sua arte.
I personaggi sono eroi da fumetti, tratteggiati a grandi linee, come in una strip a colori, si muovono meccanicamente secondo logiche semplici, in un’atmosfera irreale a contrasto con quanto accade sulla scena, che si ispira a eventi drammatici realmente avvenuti nell’Olanda occupata dai nazisti e di cui Verhoeven ha fatto esperienza sebbene fosse ancora un bambino.
L’apparente complessità della trama con una serie di contraddizioni, che è inutile evidenziare, riproduce la complessità delle vicende umane su di un piano puramente immaginario, in un rivissuto onirico che non si può raffrontare con quella che volgarmente viene definita realtà.
A Paul Verhoeven non interessa la realtà e nemmeno la verosimiglianza e mentre trascrive su celluloide i sogni o meglio gli incubi della sua infanzia la fantasia dell’artista prende il sopravvento trasformando i ricordi o le storie ascoltate in un’opera di pura fantasia in cui il gusto del colore e del movimento predominano sulle motivazioni e sull’introspezione psicologica dei personaggi fino ad annullarne l’umanità.
Così gli eroi di Fanteria dello spazio ritornano sotto altre vesti ed al posto dei mostri alieni ci sono i nazisti, oppure nel’97 erano i mostri alieni a rappresentare simbolicamente la ferocia disumana dei nazisti.
Ottimo il cast e perfettamente a loro agio, nella parte di fumetti tridimensionali, i due protagonisti, Carice van Houten e Sebastian Koch, quest’ultimo destinato a impersonare nuovamente un ufficiale nazista in Opera senza autore del 2018. [-]
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