Black Book |
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Un film di Paul Verhoeven (II).
Con Carice van Houten, Thom Hoffman, Halina Reijn, Sebastian Koch, Christian Berkel.
continua»
Titolo originale Zwartboek.
Guerra,
durata 135 min.
- Paesi Bassi, Gran Bretagna, Germania, Belgio 2006.
- DNC Entertainment
uscita venerdì 2 febbraio 2007.
MYMONETRO
Black Book
valutazione media:
3,37
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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polpetta avvelenatadi doctor LoveFeedback: 0 |
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lunedì 26 febbraio 2007 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il revisionismo storico è un ingrediente accattivante con cui condire un film di ambientazione bellica; Verhoeven non è certo il primo ad utilizzarlo, e lo fa con la spregiudicatezza alla quale è abituato. In Black Book il regista olandese prestato a Hollywood ci presenta dei ritratti in cui il male è divenuto bene e viceversa, e la malvagità del partigiano non lascia spazio a sfumature, così come la bontà dell'ufficiale innamorato. La bella protagonista attraversa le drammatiche vicende dell'ultimo periodo di occupazione nazista esibendosi in una sorta di scalata sociale (da umile operaia a spia infiltrata nei ricevimenti sfarzosi del nemico) e trovando il tempo di innamorarsi del nazista più buono della storia del cinema; parallelamente si osserva come nell'eroica resistenza dei partigiani si insinuino tradimenti e doppi giochi. Alla fine della guerra la resa dei conti con i collaborazionisti fa emergere la melma del rancore e della crudeltà di chi fino a ieri era l'oppresso innocente. I personaggi che contornano la nostra eroina sono eccessivamente in bianco e nero, troppo buoni o troppo cattivi, ma la sensazione del "grigio" è tangibile nelle ambientazioni buie e negli indecifrabili personaggi di contorno; di solito le scene di festa per la fine dell'occupazione coincidono con il sollievo dello spettatore, mentre in questo caso si intuisce l'angosciosa attesa della vendetta. Sicuramente a sessant'anni dalla fine della guerra una riflessione anche sulle colpe di vincitori è lecita; qualunque sia l'opinione dello spettatore non si può accusare il regista di vilipendio alla resistenza, visto che la legittimità della lotta agli invasori non è mai messa in discussione. Quello che è interessante è la proposta di verità inedite e scomode, come ad esempio lo strisciante antisemitismo presente anche fra i partigiani. Per il resto la narrazione è troppo orientata sul versante dell'azione, che scorre parallela alla poco credibile passione tra nemici, e il conflitto che sconvolge il paese lascia il posto al conflitto che divide Rachel tra "dovere" e amore. Lo stampo di Verhoeven è ancora quello di Robocop, seppur mitigato dal ritorno in patria, e le vicende scivolano verso il termine con la consueta raffica di colpi di scena, il cui utilizzo eccessivo nel cinema di questi tempi ha reso scontati e prevedibili. Ma queste due ore non sono tempo perso, come per ogni film che riesce a farci riflettere con prospettive differenti su vicende che pensavamo di conoscere. Voto 7
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