Tristano e Isotta |
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Un film di Kevin Reynolds.
Con James Franco, Sophia Myles, Rufus Sewell, Henry Cavill, David O'Hara.
continua»
Titolo originale Tristan + Isolde.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 125 min.
- Gran Bretagna, USA 2005.
uscita venerdì 7 aprile 2006.
MYMONETRO
Tristano e Isotta ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Tristano e Isotta: d’amore, una storia
di PFFeedback: |
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domenica 9 aprile 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La pellicola mi rispolvera la memoria ed offre occasione per riflettere sul grande tema dell’amore e sugli impatti che la concezione dell’amore ha sulla storia. Temi apparentemente lontani tra loro, se non fosse che il film “Tristano e Isotta”, tra i boschi della Cornovaglia e le spiagge dell’isola di fronte, crea un palinsesto unico per leggere e capire amore e storia; se non fosse appunto che il film mi riporta alla mente una lettura del liceo. Ricordo allora che tra amore e storia (la scenografia del film) il collegamento è la società; e che fondamento di questa è la famiglia. Relazioni ci sono in ogni caso: con lo sfondo della cultura cattolica e di quella protestante. Denis de Rougemont, con L’Amore e L’occidente (1937), apre la mente ad una lettura straordinaria del mito di Tristano ed Isotta. Al punto che la vibrante introduzione al libro, ad opera di Armanda Guiducci non è soltanto “un assaggio del saggio” ma un inno. Il film che si proietta nelle sale rievoca la storia e quindi il mito di Tristano e Isotta, dell’amore impossibile, tra dovere, amore esternalizzato ed amore per l’amore. Un amore forte e sentito ma per certi versi fine a sé stesso, che riconduce all’amore cortese di provenzale memoria. Amore dell’essere in contrasto a quello dell’avere, che diventa nei secoli amore consumistico (industriale: amore a modello della cosmesi, del rotocalco, di merendine per famiglie felici a colazione, …). Amore che perde il suo significato di tensione alla realizzazione umana, e diventa amore infelice perché svuotato; un amore wagneriano definito amore “morte” (che muore rispetto al suo fine: De Rougemont è esemplare anche nella sua onestà intellettuale, perché da protestante amico degli eretici discute seriamente il tema del Fine dell’amore. E spesso e volentieri indulge sostanzialmente ad un credo di cattolicissimo sentire).Tristano ed Isotta, sia nel film che nella lirica interpretazione di De Rougemont, ci fanno salire sulla loro barca di sofferenze e ci invitano a riflettere avanti ed indietro tra Irlanda ed Inghilterra ai tempi delle tribù, dopo il crollo dell’ impero Romano. Il loro amore beffato dal destino, ed in particolare quello di Tristano che ama ma non coglie l’attimo se non in senso edonistico, ci propongono una onesta riflessione: l’amore è per l’amore (domanda posta in tempi e linguaggio dolce stil novo), è per il sesso (domanda posta in linguaggio e temi di oggi) o è invece strumento per qualcos’altro? Nei secoli, da Beatrice a Marilyn, cantando l’amore innamorato dell’amore (più che dell’amata) abbiamo trasformato l’amore in un esercizio mentale e poi fisico, in un sentimento che non è più ricerca dell’ umanizzazione ma diventa occasione di massificazione. L’amore degradato a prodotto aumenta la distanza psichica tra la donna vivente e quella idealizzata dalla pubblicità. E qui si infrange l’istituto del matrimonio: che non può durare perché basato sull’amore impossibile, privato del vero amore, assoggettato alla cultura del telecomando (habitus culturale così mirabilmente definito da don Bruno Fasani: per un istante mi piaci, sennò faccio zapping, con la moglie come con il videogioco). De Rougemont già nel 1937 sostenne che l’effetto è paradossale: i modelli proposti ci inducono a fondare l’istituto del matrimonio sull’etica della passione, avventura, romanzesco, adulterio, su un mito-modello di amore per sua natura distruttivo, che nega il valore della convivenza-condivisione (nella buona e nella cattiva sorte)
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