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Un film di Saverio Costanzo. Con Lior Miller, Mohammad Bakri, Tomer Russo, Arin Omary, Hend Ayoub Drammatico, durata 90 min. - Italia 2004. uscita venerdì 14 gennaio 2005. MYMONETRO Private * * 1/2 - - valutazione media: 2,75 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

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di erika


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venerdì 11 marzo 2005

Dopo aver letto recensioni d'elogio e aver ascoltato un'intervista di Radiopopolare a M. Bakri, e soprattutto dopo essere stata in Palestina nell'agosto 2004, mi accingo a vedere il film con le migliori aspettative, che vengono però presto deluse.
Dalle prime battute colpiscono subito due cose: l'estrema affettazione dei dialoghi (sembravano estrapolati da una polite comedy all'inglese, sarà l'amore per Shakespeare da parte del protagonista..) e l'estrema stringatezza della spiegazione della questione palestinese, nel giro di due o tre frasi che più o meno suonavano così: i militari israeliani attaccano per difendere i coloni, e i palestinesi attaccano per difendere il proprio territorio. E il tutto per bocca di due personaggi palestinesi, per cui sorge il dubbio: a chi si rivolgevano?
Non si trattava certo di uno scambio di informazioni tra loro, di sicuro a conoscenza degli antecedenti storico-politici del loro paese e dell'esistenza di una colonia israeliana a pochi metri dalla propria abitazione. Si rivolgevano al pubblico italiano, troppo pigro e distratto per arrivarci da solo?
Passiamo sopra all'ingenuità e grossolanità dei mezzi (e modi) per rivelare il contesto in cui ci troviamo, e accettiamo la scelta dell'autore di relegare tutta la vicenda in due piani d'abitazione più giardino, divisi appropriatamente, come i Territori, in zona A a totale giurisdizione araba, B a discrezione e bontà israeliana, e C israeliana in toto. Scelta narrativa comunque discutibile data la gravità della situazione in Palestina, lo stato avanzato della "barriera di protezione" e l'indifferenza dei media e della gente. Ma comunque una scelta simbolica e narrativa.
Costanzo ha optato quindi per una descrizione degli interni (anche perché sarebbe stata complicata una ricostruzione del muro in Calabria, dove il film è stato girato per ragioni di sicurezza), descrizione degli interni di una casa come metafora dei Territori e della psiche dei protagonisti, del film e della Storia.
Ma possiamo parlare davvero di descrizione psicologica?
Tutto quello che ci è dato sapere di loro è che il padre è un oltranzista della non-violenza, non si sa se per convinzione o per aver fatto un rapido calcolo delle proprie forze e di quelle nemiche, alle prese con il tentativo di salvare capra e cavoli (casa e famiglia). Della figlia maggiore si precisa da subito l'indole ribelle nella ferma decisione di restare in Palestina nonostante la possibilità di studiare in Germania, per la travolgente voglia di lottare per il suo popolo e la sua terra. I momenti di maggior tensione del film sono proprio quelli in cui la ragazza infrange il divieto imposto dagli israeliani e dal padre di salire al piano superiore dove i militari sono alloggiati. La sua è un'aperta sfida allo strapotere ed all'arroganza militare, ma quello che fa trattenere il fiato è il reale pericolo che corre, nascosta dentro un armadio, per soddisfare la sua curiosità. Perché solo di questo si tratta, dato che la possibilità di venire a conoscenza delle intenzioni dei militari è preclusa dal fatto che non conosce la lingua israeliana. (Piccola parentesi: davvero non la conosce? Buona parte dei palestinesi ha preferito impararla per poter comunicare con gli israeliani ai check point, che concedono solo a noi occidentali il favore di parlare in inglese. Piccola parentesi che potrebbe togliere credibilità all'intero film..)
Dunque quest'azzardo incosciente ripetuto per ben quattro volte, che se forse ha poco senso logico e programmatico, può averne uno più impulsivo e uno quasi antropologico. Ma se il fine della ragazza era conoscere l'occupante-nemico, non avrebbe magari potuto farlo nei momenti in cui entrambi, israeliani e palestinesi, si trovavano nella cosiddetta zona B, il salone con cucina?
Sembrerebbe quasi che l'unico scopo di quella suspence fosse chiedere un'altra possibilità allo spettatore che fino a quel momento era stato mosso da forti spinte propulsive ad uscire di sala.

Dal punto di vista sociologico-politico, il film sembra proporre una facile soluzione alla questione israelo-palestinese, che può riassumersi nella formula "conosci te stesso e il tuo nemico", o detto altrimenti "impara a convivere".
Non sta certo ad un film come questo (banale, poco verosimile, poco sensato e documentato) pretendere o solo sperare di aver intravisto la luce della fine del conflitto, ed io direi neppure della sua comprensione.

Un'ultima chicca: il finale aperto sembra strizzare l'occhio alla moda, ormai non proprio ultima, del tutto può accadere, o dell'eterno ritorno, o del relativismo dell'ognuno la pensi come vuole.
Un finale da fiction che forse riesce ad accaparrarsi il favore popolare, ma che stona enormemente con l'argomento e con lo sguardo documentaristico con cui è trattato.
Un consiglio per Saverio Costanzo: ricomincia da capo.

[+] lascia un commento a erika »
simone di atene lunedì 18 luglio 2005
brava...
83%
No
17%

mi trovi pienamente d'accordo con te.acute e profonde le tue osservazioni.La mia stima.

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