Guardando questo film all'epoca, avresti mai detto che lo stesso regista sarebbe stato in grado di girare in futuro 'Traffic' e 'Solaris?'".
Steven Soderbergh esordisce con questa pellicola nel lontano 1989, utilizzando la fine di un discusso decennio come base del suo film, mirato ad introdurre una velata e sottile critica sociale. Ma se è piuttosto facile dare una fredda analisi su quella che è (era) lo stile di vita rampante degli yuppie, mettendone in luce gli aspetti più meschini (non farsi scrupoli nel colpire alle spalle le persone, per esempio), 'Sesso, bugie e videotape' dopo questa introduzione si dimostra molto più di quello che sembra.
"Tutti abbiamo problemi" è una delle frasi su cui poggia il cuore del film, intenzionato - attraverso le vite dei protagonisti - a spaziare tra quelle che possono essere delle filosofie di comportamento relative alla sfera sentimentale e sessuale. C'è John (Peter Gallagher), appartenente alla schiera di quelli che sono gli ipocriti ; Ann (Andie Mc Dowell), tendente a tenersi dentro i pensieri, non esprimendoli se non tramite l'aiuto di una terapia, e Graham (James Spader), il più volenteroso nel trovare una maniera per tornare con la sua ex.Nel tentativo di riuscirci, Graham si impegna a fondo per cambiare rispetto alla persona - tanto simile a John - che era in gioventù e che ora tanto disprezza. Eppure, l'unico risultato che ha ottenuto è stato quello di passare il suo tempo masturbandosi guardando registrazioni di donne intervistate da lui a proposito delle loro più disparate esperienze sessuali.
Il compiacimento dei propri comportamenti ed azioni deve essere dettato prima di tutto dal sano equilibrio interiore, perché se non si sta bene con se stessi, è impensabile riuscire a star bene con gli altri. Perché l'esatto contrario non è altro che guardare e stare attenti insistentemente, come attraverso l'immobile occhio di una handycam, il mutamento della realtà che ci circonda senza badare al proprio; la conseguenza di una visione del genere è che qualsiasi buona intenzione o anche il sentimento più puro del mondo, cessa di essere tale per diventare ossessivo, morboso, sinonimo insomma di "malato", risucchiando la persona in una spirale d'insoddisfazione apparentemente inspiegabile.
La sceneggiatura, farcita continuamente di pause, controcampi ed espressioni d'imbarazzo, è di grande aiuto in questo complicato discorso, così come una grande Andie Mac Dowell, in questo film un po' imbruttita nel ruolo di repressa castigata, ma basta osservare soltanto la scena in cui si alza durante la notte e viene ripresa in piedi mentre fissa Graham nel sonno: ci si rende conto di come sia stata considerata tra le cinquanta donne più belle del mondo a quarantacinque anni suonati.
"Sesso, bugie e videotape" ha la peculiarità di non essere asfissiante nelle sue introspezioni e analisi, percorrendo con furbizia quei due binari paralleli del rapporto intimo tra due persone e che si chiamano amore e sesso. Soltanto in un altra occasione avevamo visto trattare i due argomenti in maniera così impeccabile, semplice e lineare, e si tratta di "American Beauty". Un paragone del tutto legittimo, perché entrambi i film vanno ad analizzare un disfacimento familiare in corso non banalizzandolo e coinvolgendo emotivamente lo spettatore con una delicatezza squisita. Ma se si pensa che "Sesso, bugie e videotape" sia stato girato una decina d'anni prima, è facile capire come possa essere stato premiato con la Palma d'oro al Festival di Cannes.
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