Titolo originale | Misa mi |
Anno | 2003 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Svezia |
Durata | 80 minuti |
Regia di | Linus Torell |
Attori | Kim Jansson, Lena Granhagen, Per Nijlas Svendsen Sara, Magnus Krepper, Sverre Porsanger Sara Margrethe Oskal, Anna Maria Blind, Tomas Kärrstedt, Sannamari Patjas, Henrik Gustavsson, Pierre Lindstedt, Mikael Odhag, Hakim Jakobsson, Anton Raukola, Ingemar Raukola, Jessica Forsberg, Rolf Sundberg. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 5 ottobre 2011
Il film ha ottenuto 1 candidatura al Festival di Giffoni,
CONSIGLIATO N.D.
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Misa, sentendosi abbandonata dal padre che, dopo la morte della moglie, ha deciso di risposarsi, decide di rifugiarsi a casa della nonna, nella lapponia svedese. Qui Misa stringe amicizia con Gustaf, un bambino lappone, e la sua famiglia venendo in contatto con l'antica cultura nomade e la loro fede nell'aldilà.
In seguito alla morte della madre, Misa è una bambina persa, non riesce a dormire, a trovare serenità. Il dolore scaturisce in lei dall’abbandono, e dal non sapere dove la madre sia finita, cosa le sia successo dopo la morte, dall’impossibilità di comprendere il mistero della morte. Prima di morire, la madre le ha detto che sarebbe andata in un misterioso altro mondo: Misa si domanda dove sia questo mondo e se realmente esista. Nella incapacità e impossibilità di comprendere la morte, all’inizio Misa si volge a un materialismo scettico, che vede nella fine dell’esistenza terrena il termine di tutto, e che nega l’esistenza dell’ultraterreno, dell’anima, dello spirito, di misteri che coinvolgano il religioso, il sacro, il soprannaturale. Il dolore spinge Misa a fuggire nel luogo delle origini, in Lapponia, dove la madre ha vissuto la sua giovinezza, e dove vive la nonna materna: abbiamo così il luogo d’origine della madre e la persona che l’ha generata. La madre di Misa è giunta alla fine del suo percorso terreno, e Misa torna al principio di tale percorso: per comprendere la fine, cerca l’inizio. In questo viaggio alle origini di colei che l’ha generata, e quindi alle origini di se stessa, Misa, bambina di città, incontra la diversità del popolo di montagna dei Saami: fa la conoscenza di un suo coetaneo, Gustav, e della nonna di lui, Akku, la quale l’aiuta a capire che non tutto può essere ricondotto al razionalismo. La credenza (irrazionale) come pensiero e potenza dell’impensabile sostituisce il sapere (razionale) come potenza del pensiero, esplica la vanità di qualsiasi tentativo di totalizzazione del pensiero nelle forme razionalizzate del sapere. All’irrazionalità dell’impensabile corrisponde l’irrazionalità dell’invisibile, di ciò che non si può vedere, toccare, spiegare. Il passo successivo alla credenza nell’invisibile è la credenza nel mondo in cui viviamo. Si tratta di passare attraverso la fede nel mondo altro per arrivare alla fede nel nostro mondo. La credenza sostituisce veramente il sapere solo quando si fa credenza in questo mondo così com’è. Questa credenza nel nostro mondo si dà nel film attraverso la visione degli incontaminati paesaggi lapponi: dinanzi a Misa si mostra la natura, il nostro mondo nella sua purezza originaria. Di nuovo, Misa, per comprendere il mistero della fine, cerca di entrare in contatto con l’origine. È ricorrente nel film il confronto tra la grandiosità della natura e la piccolezza, dinanzi ad essa, dell’uomo. È ciò che Kant chiama sublime matematico. Dinanzi ai grandi paesaggi naturali, nell’uomo nasce uno stato d’animo ambivalente: da una parte proviamo un dispiacere, perché la nostra immaginazione non riesce ad abbracciare tali grandezze; dall’altra parte proviamo un piacere, perché la nostra ragione, attraverso quelle grandezze, si innalza all’idea dell’infinito, in rapporto alla quale anche le immensità della natura appaiono piccole. Il dispiacere dell’immaginazione si converte in un piacere della ragione, perché qualcosa di grande, ma comunque finito, come il paesaggio naturale, risveglia in noi l’idea dell’infinito, superiore a ogni realtà e immaginazione sensibile. Scoprendoci portatori dell’idea dell’infinito, proviamo una commozione profonda, che trasforma l’iniziale senso della nostra piccolezza fisica in una finale coscienza della nostra grandezza spirituale. Comprendiamo così che il vero sublime non è tanto nei paesaggi, quanto in noi stessi. Il miracolo della fede si apre in Misa nella natura, soprattutto con il lago in cui, secondo le leggende, si recano uomini e animali che abbandonano la vita terrena: il mondo altro si afferma nei luoghi del nostro mondo: non è fuori dal nostro mondo, è dentro di esso e attraverso di esso si presenta. Figura centrale del film è la lupa, in cui Misa rivede la figura materna. Quando la lupa muore, Misa si assume il compito di fare da madre ai cuccioli: al fine di ritrovare se stessa e la pace perduta, dapprima cerca le origini della madre, poi si fa lei stessa madre. Tutto si risolve con l’arrivo del lupo-padre. Dopo la morte della lupa, anche la famiglia dei lupi, come quella di Misa, manca di un elemento portante, quello materno, ma anche così è possibile raggiungere l’unità e l’armonia. Il lupo-padre torna e si riunisce ai suoi cuccioli; il padre di Misa torna e si riunisce a sua figlia. Misa ha trovato la pace nel credere che la madre continui a vivere in un altro mondo, e attraverso questa fede ha trovato la credenza in questa vita, nel nostro mondo: ora può riabbracciare il padre, e dormire.