Il filosofo ignoto

   
   
   

La telecamera che ruba l'anima Valutazione 4 stelle su cinque

di babagi


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giovedì 9 aprile 2015

 “La telecamera ruba l’anima” così sembra aver risposto a Fellini Guido Ceronetti di fronte all’intenzione del grande regista italiano di dedicargli un documentario.

A distanza di anni da quel tentativo mancato esce nelle sale Il filosofo ignoto, un documentario che sembra volerci far avvicinare alla complessa figura di Ceronetti in punta di piedi, per cercare di capire, per farci compiere un percorso che parte da lontano, da un uomo che si autodefinisce “in esilio dal 1929”, e arriva a tangerlo senza invadere lo spazio altrui, quello antistante la telecamera ma anche quello dello spettatore che, forse troppo spesso, è costretto a vedere lo schermo attraverso “binari visivi” che riducono le libere interpretazioni ma non di certo i dubbi.

ll “caso Fogliotti” è però un’altra storia quella iniziata con una domanda giusta che lo ha portato insieme al collega Pertichini, alla realizzazione, dopo due intensi anni di lavorazione, di un accurato omaggio ad un uomo che nel suo essere “molti” – scrittore, traduttore, filosofo, poeta, marionettista, drammaturgo, teatrante e giornalista – è rimasto “uno”, quel Guido Ceronetti che mantiene l’anima salda ad un pensiero che esprime con forza una filosofia che si dice ignota ma lascia il dubbio fuori dal suo personale palcoscenico.

La sua vita di artista finemente eccentrico viene così messa in scena con un rispetto raro, quello che si percepisce quando al centro c’è l’uomo e non l’idea che si è costruita su quell’uomo. E mentre i minuti passano sembra che i registi non abbiano mai smesso di tenerci la mano durante questo viaggio, come se la scoperta di questa complessa personalità avvenisse insieme, senza pregiudizi, né formalità ma attraverso un disegno in itinere che appare del tutto spontaneo.

Molti i temi trattati attraverso i dialoghi, la lettura di testi tratti dalla letteratura e dalle sue traduzioni, fino agli spezzoni derivati dagli spettacoli messi in scena dal Teatro dei sensibili, da lui fondato insieme alla moglie nel 1970. L’importanza della parola, la sua personale ricerca spirituale attraverso la traduzione di testi sacri come il Qoelet, l’alienazione umana, la sofferenza, la poesia come deterrente per gli assassini che scoraggia dal compiere atti violenti, l’importanza della donna come il solo contatto con la vita ma anche l’uomo, ricco di contraddizioni e immerso nel tragico e ineluttabile quotidiano.

Un documentario che sottrae tempo regalando spazio ai pensieri, alla cultura, al teatro, alle voci, alla strada, agli amici, alla gioventù, al ricordo, ad una vita speciale che doveva essere portata sullo schermo, per chi ha avuto la fortuna di conoscere il “Ceronetti scrittore” e non il privilegio di abbracciare “il Ceronetti uomo”.


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