Hitchcock

 Si può descrivere il brivido senza brivido? Narrare le vicende che portarono alla realizzazione di un film con il più alto tasso di suspance senza suspance?

Ebbene sì può, perché "Hitchcock" diSacha Gervasi non colpisce, non mette i brividi, non crea suspance, nonostante l’eccezionale cast da cui è composto e sembra non decollare mai.  

Siamo tra la fine del 1959 e gli inizi del 1960 eAlfred Hitchcock, soprannominato il maestro del brivido, è alle prese con il film Psycho (e con le varie difficoltà che il film comporta) che diverrà uno dei suoi più grandi successi. Rimasto colpito dall’omonimo romanzo di Robert Bloch, Hitchcock cambierà alcuni passaggi, grazie soprattutto alla supervisione della moglie Alma Reville, conferendo a questa storia un enorme successo.

Nel film, tutto ciò è raccontato dallo stesso Hitch in maniera molto piatta, uniforme, senza oscillazioni né di luci e ombre né di carattere emotivo che caratterizzano le opere hitchcockiane. Deboli i tentativi di dare un’immagine turbolenta al regista, con visioni oniriche che mancano l’obiettivo. Viene raccontata, su un unico piano descrittivo, la gelosia per la moglie e le difficoltà che il film trova nella sua realizzazione, accostamento che appare troppo forzato e con un finale prevedibile. Il film scorre veloce e sembra non soffermarsi su nulla in particolare, appare troppo romanzato e tende ad allontanarsi troppo dalla realtà. Sarebbe stato perfetto per la tv.

Manca ciò che un estimatore del Maestro avrebbe voluto vedere, l’organizzazione delle riprese da più punti di una stessa scena (come quella famosa della doccia con le sue 72 posizioni della camera); l’introspezione dei personaggi e di come lui si rapportava a loro (e qui sembrano quasi lasciati a se stessi). Manca il perché delle linee orizzontali e verticali che fanno di Psycho un capolavoro, il perché della casa stretta e alto e del motel largo in basso, il perché della sovrapposizione dell’immagine scheletrica al viso di Anthony Perkins nella scena finale....Tutto e molto altro ancora doveva esserci, si doveva spigare bene il lavoro certosino che Hitchcock ha fatto per questo film, si dovevano svelare i retroscena, i perché, appunto, ma il tutto appare come un racconto generico, svelto, conclusosi con l’avvenuto successo del film.

Certo non è un film di Hitchcock, ma è pur sempre un film che s’ispira (troppo idealmente forse) a un regista unico (ed egli stesso misterioso) e a uno dei periodi di più successo della sua carriera e pertanto un minimo di riguardo era necessario.