Il tè nel deserto |
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Un film di Bernardo Bertolucci.
Con Debra Winger, John Malkovich, Campbell Scott, Veronica Lazar, Nicoletta Braschi.
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Titolo originale The Sheltering Sky.
Drammatico,
durata 138 min.
- Italia, Gran Bretagna 1990.
MYMONETRO
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Tra repulsione e sconfinata solitudine
di IlaSkywalkerFeedback: 2093 | altri commenti e recensioni di IlaSkywalker |
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lunedì 30 gennaio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Trasposizione dell'omonimo romanzo di Paul Bowles, questa pellicola di Bertolucci è la perfetta reificazione della solitudine e di una vasta landa sconfinata ed assolata. Le vacanze in Africa (a partire da Tangeri) rappresentano un viaggio di formazione per Kit e Port, che provano a riscoprire sé stessi ed il loro rapporto. Ad una prima parte caratterizzata dalla stasi dello straniamento (circondati da personaggi della loro stessa nazionalità, ma invadenti ed equivoci) segue una seconda, di apice emotivo (consumata in una dimensione duale ed in una stanza spoglia), che involve fino a raggiungerne il grado zero, quello della rassegnazione e dell'abbandono interiore dopo l'abbandono altrui (la donna, rimasta sola dopo aver accudito il marito morente di tifo, si unisce passivamente ad una carovana tuareg). I problemi comunicativi della coppia di coniugi trovano uno spazio per sciogliersi all'interno del problema comunicativo con l'esterno-estero: ciò che è straniero è infido ma anche seduttorio, come dimostra un curioso ed annoiato John Malkovich irretito dalla sensualità-simbolo di una prostituta africana, la quale però tenta di derubarlo. Il posto altro, fuori da noi, è molesto e 'malato' corporalmente, cosparso di mosche, organismo quasi in putrefazione da un lato (repulsione); asettico e sconfinato dall'altro (possibilità di ricostruire 'dal nulla', di ricominciare daccapo, nel deserto). Il deserto non è solo sfondo ma vero e proprio spazio scenico che nell'economia della storia veste un ruolo fondamentale di lontananza-vuotezza e soprattutto a livello scenografico: la fotografia di Vittorio Storaro (tre volte vincitore Oscar e spalla fissa di Bertolucci) è visivamente tangibile, veicolo di solitudine, basilare: il film stesso è una fotografia.Tuttavia il titolo originale prevede non il deserto ma il cielo: The Sheltering Sky, il cielo che offre riparo, altro elemento primigenio ed assoluto. Appare quindi evidente la condizione dell'essere umano che si stacca dalla compagnia (amorosa o amicale) e si annulla nel nulla di terra e cielo. La famosa colonna sonora di Ryuichi Sakamoto (che vinse il Golden Globe nel '91) chiude come un nastro questa confezione di rarefatta bellezza e suggestione, che si conclude nella solitudine con cui era cominciata e con le parole dello stesso Paul Bowles narratore onnisciente seduto al tavolino di un bar affollato: "Poiché non sappiamo quando moriremo, siamo portati a credere che la vita sia un pozzo inesauribile. Però tutto accade solo un certo numero di volte, un numero minimo di volte [...] eppure tutto sembra senza limite.” Non è un caso che l'amore rinasca e muoia dove tutto nasce: l'Africa, origine della specie.
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