Il mucchio selvaggio

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Un film di Sam Peckinpah. Con William Holden, Ernest Borgnine, Warren Oates, Robert Ryan, Edmond O'Brien.
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Titolo originale The Wild Bunch. Western, durata 134 min. - USA 1969. MYMONETRO Il mucchio selvaggio * * * * - valutazione media: 4,25 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

il più grande western di tutti i tempi Valutazione 5 stelle su cinque

di Marv89


Feedback: 10471 | altri commenti e recensioni di Marv89
martedì 15 novembre 2011

 San Rafael, Stati Uniti anno 1914. Un gruppo di ragazzini tra le rotaie si diletta a far combattere tra loro scorpioni e formiche mentre cinque militari a cavallo si accingono ad entrare nella cittadina diretti verso la stazione ferroviaria. E' una tranquilla giornata di sole nell'agglomerato a sud degli USA, un festivo che i cittadini si apprestano a commemorare ignari dell'apocalisse che si sta per scatenare su di loro: i cinque infatti non sono militari ma banditi travestiti pronti a fare il colpo della vita, i cinque sono il famigerato “mucchio selvaggio”.

Comincia così il capolavoro di Sam Peckinpah datato 1969, quel “IL MUCCHIO SELVAGGIO” considerato dalla critica moderna uno dei pilastri della storia del cinema.

Tra le tante storie del vecchio West quella del “Wild Bunch” è forse la più epica, sicuramente la più moderna, senza ombra di dubbio la più travolgente. Il mucchio fù la più grande banda criminale a calpestare il suolo ad ovest del Mississipi portando avanti la più grossa striscia positiva di rapine a banche della storia americana a cavallo tra il 1989 e il 1905. Il film narra di vicende mai accadute, ma non per questo lontane da quella che era la realtà del mucchio, impresse su celluloide da una delle figure più controverse ed enigmatiche della storia di Hollywood.

Sam Peckinpah fu un regista di origine indiana,definito da più parti “regista della violenza”, che focalizzò il suo cinema, quasi totalmente, sul genere western. Figlio dell'America contemporanea, alcolizzato e tossicodipendente trascorse tutta la vita all'insegna dell'autodistruzione facendone una sorta di filosofia di vita; per farla breve parliamo di un genio/folle (fate voi) che vedeva la violenza e tutte le forze distruttive dell'uomo come le uniche strade da percorrere per meglio sopportare la vita, della quale negava ogni fatalità e aspetto positivo,un uomo che si pente di non aver potuto partecipare ad un operazione bellica, che descrive il “sogno americano” come “imballato” e che intrinsecamente sfruttò il cinema come valvola di sfogo del suo essere pagandone inevitabilmente le spese.Samuel Goldwyn diceva che essere folli aiuta a fare cinema ma nel caso di Sam i suoi eccessi lo costrinsero ad una carriera da gregario, forse Peckinpah rappresentava per il suo tempo un modello troppo forte, forse era l'uomo giusto nel momento sbagliatissimo.

Siamo negli anni 60 fino ad allora il western aveva due nomi: John Ford e Howard Hawks, i quali con le loro opere caratterizzarono completamente il genere fissandone i canoni cardine che vigevano del 1939 anno di “Ombre Rosse” un film-manifesto. Parliamo dell'epopea western fatta di eroi senza macchia che difendevano i deboli contro il criminale o l'indigeno amerindo, dove tante erano le morti, ma mai si vedeva del sangue, insomma epico ma poco reale. Nella linea temporale del genere il film in questione si colloca negli anni del revisionismo, accompagnato dall'ascesa degli spaghett-western di Leone, ma a differenza di questi non si limita al riproporre nuovi canoni ma a distruggerli, rinnegando il positivismo Fordiano a favore del concetto di “uomo-animale”. Il tema centrale è la violenza:onnipresente, avvolte eccessiva, mai irrealistica; non risparmia i bambini che si divertono nel far combattere gli insetti e sempre presenti nelle scene più cruente, non ha riguardo per la giovane mamma che tiene in braccio il neonato con il caricatore a tracolla, esplode con scoppi improvvisi in bagni di sangue “tarantiniani”. La violenza è nell'uomo, ogni soggetto secondo Peckinpah è un assassino potenziale, la cattiveria è il risultato della sua ribellione alla vita. Nel suo film non c'è spazio per gli eroi, gli stessi protagonisti sono pistoleri sul viale del tramonto che non trasmettono niente di costruttivo, tanto meno per i vincitori, a trionfare è sempre e solo la morte che l'uomo cerca e ottiene con le sue mani come fa il mucchio selvaggio nella famosa scena finale.

Tecnicamente il film è perfetto: conta il maggior numero di inquadrature fino ad allora utilizzate in una pellicola, fa un uso ripetuto del rallenty e del flash accuratamente allocati dal regista, il dialogo è veloce, freddo e mai banale, gli attori immensi (prevedibile visto il calibro), la camera da presa di Peckinpah si muove con “grazia” anche tra i corpi macellati, la fotografia è magistrale.

Accolto in malo modo dalla critica del tempo, ottenne solo due candidature agli oscar, è oggi considerato tra i dieci più grandi western della storia tanto da meritarsi la preservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, a quasi trent'anni dalla sua morte la figura di Peckinpah è ancora oggetto di discussione, mentre il suo cinema continua ad influenzare molti cineasti moderni come Scorsese, Tarantino e John Woo.

Insomma siamo di fronte ad un capolavoro, una prova tangibile di settima arte che accende la discussione sulla sua posizione socio-politica, una pietra miliare dopo la quale il cinema non sarà più lo stesso. Un film sulla fine, di che cosa decidetelo voi.

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chriss mercoledì 27 giugno 2012
scopiazzato...
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78%

Scusa, ma hai scopiazzato un po' da tutte le recensioni su Internet, specialmente quella di Massimo Versolatto, Ondacinema. Facevi piu' bella figura a scriverla tu...Scusa, ma ci voleva. Chriss...

[+] non ho scopiazzato (di marv89)
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