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Ma quanti di noi conoscono la storia delle BR ?di Christian LuongoFeedback: 606 | altri commenti e recensioni di Christian Luongo |
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domenica 19 aprile 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Prima di esprimere un giudizio sul lungometraggio di Pannone, mi premeva di fare una piccola premessa... Ma quanto di noi conoscono realmente la storia delle Brigate Rosse ? La domanda mi sorge spontanea perchè dei giudizi così sommari e lapidari espressi in questo forum mi lasciano molto perplesso. Io ho 43 anni e le BR e gli anni di piombo hanno contrassegnato la mia adolescenza. Ricordo benissimo quel periodo e quell'aria tetra che si respirava a casa piuttosto che a scuola o nei cortili dove ci aggregavamo. L'eversione è un fenomeno connaturato alla storia dello sviluppo asincronico di questo paese così come, seppure con modalità differenti, la RAF in Germania piuttosto che l'ETA in Spagna. Non mi sembra che Pannone esalti o giustifichi le BR. Con sguardo disincantato vuole, invece, mettere in risalto le situazioni e le contraddizioni della linea poltica del PCI di quegli anni che hanno spinto persone come Franceschini, Curcio o la Cagol, ad abbandonare università e sezioni di partito per scegliere una modalità di lotta eversiva basata sulla clandestinità. Ed è illuminante quel che Franceschini dice quando afferma che il loro obiettivo non era quello di prendere il potere tout-court con una sorta di putch ma di far esplodere le contraddizioni interne che laceravano il PCI che era, ad un tempo, partito di lotta e di governo ; di far esplodere le contraddizioi di chi, in nome di Lenin, accaparrava denaro e creava delle vere e proprie strutture di potere (Le Coop rosse che, ancora oggi prosperano e sono un serbatoio elettorale formidabile dell'area che oggi fa capo al PD); di porre la questione, allora forse troppo avverinistica, delle SIM (Stato Imperialista delle Multinazionali) poichè le loro analisi sull'andamento delle stutture di potere in Italia erano molto all'avanguardia ; sui licenziamenti di massa in nome dello spostamento delle attività produttive in paesi a basso costo di manodopera... oggi la chiamano delocalizzazione ed è una prassi consolidata. Insomma le domande che questi eversori ponevano erano, forse, più attuali oggi che negli anni 70... Ovvio che, a mio avviso, la loro risposta sia da biasimare tout-court, senza appello. Ma chiudere gli occhi di fronte alle domande che essi ponevano significa essere completamente ciechi. E Pannone, con questo lungometraggio che è a metà tra il film e il documentario, ha avuto il merito (per molti il torto) di aver provato ad aprire questi occhi senza retorica o pregiudizio. Coloro che hanno evocato lo spettro della censura (che di fatto c'è stata ma applicata in modo più sottile e subdolo con il sabotaggio della distrtibuzione della pellicola) in nome del rispetto delle vittime del terrorismo lo han fatto in assoluta malafede. Mi preoccupa molto, invece, l'indignazione della gente comune perchè se questo sdegno venisse riservato anche a chi specula sui materiali edili impiegati per costruire appartamenti fatiscenti piuttosto che contro manager super pagati che fanno allegri tagli sul personale mandando sul lastrico centinaia di famiglie e operando veri e propri "crimini di mercato" unicamente per far aumentare il valore delle azioni del gruppo in borsa piuttosto che per aumentare gli utili rimpiazzando con personale meno qualificato ed interinale impiegati che hanno il solo torto di avere ancora contratti collettivi tutelati dalla legislazione del lavoro sarebbe certo più coerente e più rassicurante
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