mario scafidi
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venerdì 15 febbraio 2008
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magnifique
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Da una piece di James Goldman, pure autore dello script. Enrico II Plantageneto (Peter O’Toole) riunisce i figli Riccardo (un giovanissimo Anthony Hopkins), Goffredo e Giovanni, la moglie Eleonora d’Aquitania (Katharine Hepburn) e l’amante Alice (Jane Merrow), in occasione del Natale, per procedere alla designazione dell’erede al trono; ne conseguiranno liti furibonde e complotti maledetti, una vera e propria guerra fratricida combattuta tra le pareti domestiche. La famiglia non è un rifugio, ma una camera di tortura. La miglior sceneggiatura mai scritta per un film: incalzante, provocatoria e sostenuta su serrati dialoghi taglienti. Il film gioca sul tavolo di costanti dualismi: realismo e teatralità, alternanza di linguaggio aulico e gergale, doppiezza stilistica nella regia (la compulsava alternanza tra primissimi piani e le inquadrature di ampio spettro).
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Da una piece di James Goldman, pure autore dello script. Enrico II Plantageneto (Peter O’Toole) riunisce i figli Riccardo (un giovanissimo Anthony Hopkins), Goffredo e Giovanni, la moglie Eleonora d’Aquitania (Katharine Hepburn) e l’amante Alice (Jane Merrow), in occasione del Natale, per procedere alla designazione dell’erede al trono; ne conseguiranno liti furibonde e complotti maledetti, una vera e propria guerra fratricida combattuta tra le pareti domestiche. La famiglia non è un rifugio, ma una camera di tortura. La miglior sceneggiatura mai scritta per un film: incalzante, provocatoria e sostenuta su serrati dialoghi taglienti. Il film gioca sul tavolo di costanti dualismi: realismo e teatralità, alternanza di linguaggio aulico e gergale, doppiezza stilistica nella regia (la compulsava alternanza tra primissimi piani e le inquadrature di ampio spettro). Il tutto riflette il bene e il male, senza giudizio, che coabitano in ciascuno dei personaggi e nella vicenda stessa, l’ambizione criminale e le rivendicazioni affettive. La pellicola fu candidata all’Oscar come Miglior film (premio che quell’anno avrebbe meritato, mentre vinse “Oliver!” di Carol Reed), ed ottenne tre riconoscimenti più che dovuti: miglior musica (bellissima, opera di John Barry), miglior sceneggiatura e miglior attrice protagonista Katharine Hepburn (che quell’anno ottenne la statuetta ex aequo con la – contestatissima – Barbra Streisand di “Funny Girl”).
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samanta
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domenica 17 luglio 2022
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due titani in lotta. recensione
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Il leone d'inverno non è un sequel ma potrebbe essere considerato una prosecuzione del film Becket e il suo Re in cui Re Enrico II d'Inghilterra lottava contro il suo amico Becket divenuto avversario come Arcivescovo di Canterbury e della cui uccisione se non il mandante fu il sobillatore: Il regista è Anhony Harvey conosciuto soprattutto come montatore.
Sono passati 13 anni siamo nel 1183 e a Natale si riunisce la famiglia di Re Enrico (Peter O'Toole): la moglie Eleonora (Katharine Hepburn) duchessa di Acquitania grande e ricco feudo in Francia dove la Corona inglese ha altri feudi (Maine, Bretagna, Guascogna ...) un territorio maggiore di quanto governato dal Re di Francia il giovane Filippo II (Timothy Dalton) che è stato invitato, sono presenti anche i 3 figli del Re e di Eleonora: Riccardo (Anthony Hopkins), Goffredo (John Castle) e Giovanni (Nigel Terry) di 16 anni.
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Il leone d'inverno non è un sequel ma potrebbe essere considerato una prosecuzione del film Becket e il suo Re in cui Re Enrico II d'Inghilterra lottava contro il suo amico Becket divenuto avversario come Arcivescovo di Canterbury e della cui uccisione se non il mandante fu il sobillatore: Il regista è Anhony Harvey conosciuto soprattutto come montatore.
Sono passati 13 anni siamo nel 1183 e a Natale si riunisce la famiglia di Re Enrico (Peter O'Toole): la moglie Eleonora (Katharine Hepburn) duchessa di Acquitania grande e ricco feudo in Francia dove la Corona inglese ha altri feudi (Maine, Bretagna, Guascogna ...) un territorio maggiore di quanto governato dal Re di Francia il giovane Filippo II (Timothy Dalton) che è stato invitato, sono presenti anche i 3 figli del Re e di Eleonora: Riccardo (Anthony Hopkins), Goffredo (John Castle) e Giovanni (Nigel Terry) di 16 anni. Alla riunione partecipa Alice (Jane Merrow) sorella di Filippo che a 7 anni fu data dal padre Re Luigi come ostaggio ed allevata alla corte di Francia, adesso è diventata l'amante del Re devota ed appassionata è sua convivente, anche perché da 10 anni Eleonora è prigioniera in un castello.
La riunione ha anche come scopo decidere chi sarà il successore di Enrico che vorrebbe Giovanni da lui ritenuto affidabile mentre è un vile inetto, mentre Eleonora vorrebbe Riccardo il primogenito grande guerriero (Cuor di Leone) mentre il Re lo teme. Da questa vicenda partono una grande quantità di intrighi, menzogne, ribaltimento delle posizionie, tradimenti, nell'intreccio interviene anche Re Filippo che sebbene giovane si mostra un mestatore di prim'ordine, riesce a nascondere i 3 pretendenti nella sua camera fatti entrare una alla volta in modo che ognuno riveli le sue intenzioni e poi fa entrare anche il Re smascherando le sue bugie. Viene Natale vengono scambiati i doni, con un nulla di fatto tutti partono via ed Eleonara ritorna prigioniera scambiando con il Re l'arrivederci alla prossima festa (Pasqua).
Il film dipana per 2 ore la vicenda che è girata praticamente quasi tutta in pochi interni non particolarmente ben realizzati (migliore l'ambientazione di Beccket e il suo Re), criticabile la scelta di mostrare un Medio Evo rozzo (mai esistito altrimenti chi avrebbe realizzato Chiese e palazzi che ancora adesso destano meraviglia?) e anche sguaiato (e l'amor cortese?), con i cani che nelle sale si rotolano nella paglia. Il difetto principale del film è l'eccessiva verbosità e la ripetività dei discorsi: i 5 protagonisti (il Re, Eleonora e i 3 figli) non fanno che congiurare ciascuno contro tutti gli altri, alla fine sono sempre le stesse combinazioni per cui il film appare lento e noioso, l'intervento di Re Filippo aumenta la confusione alleandosi di volta in volta con i 5 protagonisti. La povera Alice che intanto va a letto con Enrico, è promessa a tutti e subisce anche un falso matrimonio. Un pò più di vigore avrebbe giovato al film.
Invece appare superba l'interpretazione di Katharine Hepburn (ricevette l'Oscar) e quella di Peter O'Toole (a cui fu negato l'Oscar che venne dato a Clift Robertson per I due mondi di Charly: figuriamoci!) due eccezionali contendenti, bravissimo Anthony Hopkins, discreta la recitazione di John Castle(Blow Up). Se qualcuno è curioso come finisce storicamente la vicenda: Riccardo si solleva nel 1188 sconfigge il padre che muore l'anno dopo e finalmente diventa Re.
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asdf
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mercoledì 15 agosto 2007
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superata
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Dispiace dirlo, la ma recensione di Moravia appare veramente datata. Che il Leone d'inverno sia un film che maschera conflitti moderni in una cornice storica è una cosa evidente e apprezzabile, ma per Moravia il cinema storico dovrebbe invece avere un carattere pedagogico e mostrarci come era "veramente" quell'epoca. Un fine irrealizzabile perchè, è questo il pubblico moderno lo sa benissimo e meglio di Moravia, il cinema è finzione e dunque non potrà mai raccontare la vera realtà. E allora, se deve essere finzione, tanto vale togliere quegli elementi di attualità che distraggono e, con una cornice storica, sottolineare solo i rapporti umani. Il Leone d'Inverno è un film di conflitto e racconta quello.
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Dispiace dirlo, la ma recensione di Moravia appare veramente datata. Che il Leone d'inverno sia un film che maschera conflitti moderni in una cornice storica è una cosa evidente e apprezzabile, ma per Moravia il cinema storico dovrebbe invece avere un carattere pedagogico e mostrarci come era "veramente" quell'epoca. Un fine irrealizzabile perchè, è questo il pubblico moderno lo sa benissimo e meglio di Moravia, il cinema è finzione e dunque non potrà mai raccontare la vera realtà. E allora, se deve essere finzione, tanto vale togliere quegli elementi di attualità che distraggono e, con una cornice storica, sottolineare solo i rapporti umani. Il Leone d'Inverno è un film di conflitto e racconta quello.
A parte il fatto che, anche in una visione marxista, Moravia avrebbe dovuto apprezzare il carattere quasi brechtiano della messa in scena della distanza tra i principi borghesi e le macchinazioni sotto di essi.
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(di arnaco)
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