luca scialo
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lunedì 6 marzo 2023
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due assassini si pongono domande sull'esistenza
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Dopo i discreti successi come autore teatrale in Irlanda e Gran Bretagna, Martin McDonagh esordisce alla regia con un film che già anticipa diversi temi che si rivedranno nelle sue pellicole successive. Ray e Ken sono due sicari spediti nella ridente Bruges dopo che il primo ha ucciso erroneamente un bambino nell'omicidio di un prete. Ray non ama assolutamente quel posto, mentre Ken ne apprezza il romanticismo e la magia. Inoltre Ray ripensa continuamente a quel bambino ucciso, tanto che vorrebbe farla finita. Tuttavia, viene anche condannato a morte dal suo capo. Il destino però per lui ha in serbo altro. Pur con qualche pecca e debolezza, siamo dinanzi a una pellicola interessante.
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Dopo i discreti successi come autore teatrale in Irlanda e Gran Bretagna, Martin McDonagh esordisce alla regia con un film che già anticipa diversi temi che si rivedranno nelle sue pellicole successive. Ray e Ken sono due sicari spediti nella ridente Bruges dopo che il primo ha ucciso erroneamente un bambino nell'omicidio di un prete. Ray non ama assolutamente quel posto, mentre Ken ne apprezza il romanticismo e la magia. Inoltre Ray ripensa continuamente a quel bambino ucciso, tanto che vorrebbe farla finita. Tuttavia, viene anche condannato a morte dal suo capo. Il destino però per lui ha in serbo altro. Pur con qualche pecca e debolezza, siamo dinanzi a una pellicola interessante. Con degli interrogativi sul senso della vita e della morte posti da chi decide per quelle degli altri.
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carloalberto
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domenica 31 ottobre 2021
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una interpretazione psicoanalitica
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McDonagh fa un cinema concettuale, alla Bergman, prende in prestito per il plot gli stilemi filmici di Tarantino e per i dialoghi l’umorismo nero dei Cohen. Il risultato è un film stratificato, che si offre ad una duplice fruizione, introspettiva o estetica, per un pubblico superficiale e non.
Di primo acchito una divertente black comedy, genere scelto stilisticamente per una sceneggiatura che aspira ad essere una riflessione sul dolore della perdita, sul senso di colpa e sulla morte del SuperIo, intesa come estrema possibilità di riscatto dell’individuo.
Le storie dei tre protagonisti, interpretati da Farrell, Gleeson, Fiennes, si svolgono su un duplice piano; uno narrativo, superficiale, intervallato da siparietti comici ed articolato per dialoghi surreali tra i due improbabili killer, inviati a Bruges per compiere un omicidio, l’altro, sotterraneo, inconscio, espresso per metafore, allusioni, rimandi interni ed esterni, incastri ed associazioni di immagini.
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McDonagh fa un cinema concettuale, alla Bergman, prende in prestito per il plot gli stilemi filmici di Tarantino e per i dialoghi l’umorismo nero dei Cohen. Il risultato è un film stratificato, che si offre ad una duplice fruizione, introspettiva o estetica, per un pubblico superficiale e non.
Di primo acchito una divertente black comedy, genere scelto stilisticamente per una sceneggiatura che aspira ad essere una riflessione sul dolore della perdita, sul senso di colpa e sulla morte del SuperIo, intesa come estrema possibilità di riscatto dell’individuo.
Le storie dei tre protagonisti, interpretati da Farrell, Gleeson, Fiennes, si svolgono su un duplice piano; uno narrativo, superficiale, intervallato da siparietti comici ed articolato per dialoghi surreali tra i due improbabili killer, inviati a Bruges per compiere un omicidio, l’altro, sotterraneo, inconscio, espresso per metafore, allusioni, rimandi interni ed esterni, incastri ed associazioni di immagini.
Bruges, architettonicamente ideale ambientazione per una favola allegorica, da locandina turistica si trasforma in tetro scenario gotico per la lotta tra eros e thanatos. Elementi ancestrali si scontrano in un dramma interiore che coinvolge in modo parallelo entrambe i sicari fino a renderli aspetti di una sola persona, l’Io e l’Es, che, rispettivamente, attraverso la fruizione dell’arte, quale sublimazione della libido, o, più direttamente, mediante la tensione alla soddisfazione erotica, fuggono ai fantasmi del passato, la moglie assassinata di Gleeson, il bambino ucciso per errore da Farrell, mentre genuflesso in sagrestia si pente dei suoi peccati infantili scritti su un foglietto: essere capriccioso, non essere bravo in matematica, essere triste.
In una piazza di Bruges si gira un film. Nelle parole di una addetta al set, oggetto del desiderio di Farrell ed al contempo simbolo incarnato della sua parte femminile, l’Anima, che si dimostra da subito speculare al suo Animus, è contenuta per inciso la dichiarazione di intenti dell’autore di voler fare un film che tratti del dolore causato dalla perdita. Quel film è un pastiche, un omaggio o meglio una citazione di A Venezia... un dicembre rosso shocking di Roeg, incentrato sulla sofferenza psicologica di una madre che ha perso il figlio.
Nella visita al Groeningemuseum, i quadri fiamminghi, inquadrati in un ordine non casuale, La morte e l’avaro di Jan Provoost, Il Giudizio di Cambise di Gerard David ed Il Giudizio universale di Bosch,indicano il percorso spirituale dei due, dapprima condotti dall’avidità a dare la morte per denaro, poi a soffrire il senso di colpa, paragonato alla scarnificazione del condannato a morte per scuoiamento, infine, l’esito escatologico nella resa dei conti finale dell’anima al cospetto dell’Assoluto.
La crescita verso la consapevolezza è interrotta dal SuperIo, Fiennes, che condanna a morte entrambi per aver violato, l’uno il precetto del buon killer, non fare vittime collaterali, e l’altro per non aver ubbidito al comando, sacrificando, come novello Abramo l’ignaro Isacco.
In una delle sequenze finali, rinvio suggestivo a La donna che visse due volte di Hitchcock, la duplice ascesa alla vetta del campanile, rappresenta le due fasi successive dell’individuazione junghiana dell’Io, il confronto dialettico col SuperIo, con il riconoscimento della sua funzione ed il contestuale distacco, e la catarsi, mediante sacrificio, che liberando le potenzialità represse dell’Es, giunge alla consapevolezza del Sé. Farrell, dopo aver rivissuto, nella parte della vittima, la scena traumatica della violenza che ha originato il senso di colpa che lo affligge, rinuncia agli impulsi suicidi immaginando per sè una nuova vita guidata dalla sua Anima.
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antonioca
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sabato 26 dicembre 2020
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tentativo non riuscito
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Bello lo scenario di Bruges. Ma oltre a questo il film risulta un tentativo non riuscito: una storia debole con dialogi banali, molti momenti di stanca e un finale con varie crudeltà.
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antonio baldini
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domenica 5 luglio 2020
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bah
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L'idea forse era buona; il thriller in un'ambientazione inusuale, Bruges che diventa la metafora del purgatorio
Il risultato però è mediocre
La recitazione e i personaggi non convincono (assolutamente poco credibile colin farrel che in una scena sembra un deficiente che fa battute di cattivo gusto, nell'altra dovrebbe essere profondamente afflitto per aver ucciso un bambino); la trama abbozzata e dai risvolti banali (cit:"lui è giovane, merita una seconda possibilità")
vorrebbe atteggiarsi a dark comedy dall'ironia pungente in stile cohen e tarantino e allo stesso tempo portare significati profondi e commuovere; non riesce nè in l'uno nè nell'altro
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tommy
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domenica 7 luglio 2019
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troppo bello
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Ecco uno di quei film che certamente non può non essere visto. Apparentemente e inizialmente potrebbe sembrare lento e vacuo, e per questo motivo stavo per metterlo da parte e relegarlo tra i film mediocri, ma pian piano l'interesse aumentava sempre di più fino a venir fuori una forte carica emozionale. Continuate a vederlo imperterriti fino alla fine e non ve ne pentirete. NON POTETE PERDERLO! Come minimo meritava 4 stelle.
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laurence316
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venerdì 12 ottobre 2018
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geniale, un esordio imperdibile ed esilarante
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Primo lungometraggio di McDonagh, rinomato commediografo, fratello di quel John Michael regista di The Guard (Un poliziotto da happy hour), In Bruges merita di essere inserito in un'ideale classifica dei migliori esordi cinematografici del decennio.
Assolutamente irresistibile, fra dialoghi taglienti e umorismo nero graffiante, inseriti nell'affascinante cornice della città di Bruges, Venezia del Nord che diventa ben più di un semplice paesaggio grazie al regista, è un film fortemente teatrale ma non per questo meno appassionante o movimentato.
Grazie al brio degli interpreti e della sceneggiatura, In Bruges fuga le perplessità di quello che poteva rivelarsi quale un banalissimo prodotto eccentrico e derivativo, e mette in moto una vicenda se non originale quantomeno trattata in modo originale.
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Primo lungometraggio di McDonagh, rinomato commediografo, fratello di quel John Michael regista di The Guard (Un poliziotto da happy hour), In Bruges merita di essere inserito in un'ideale classifica dei migliori esordi cinematografici del decennio.
Assolutamente irresistibile, fra dialoghi taglienti e umorismo nero graffiante, inseriti nell'affascinante cornice della città di Bruges, Venezia del Nord che diventa ben più di un semplice paesaggio grazie al regista, è un film fortemente teatrale ma non per questo meno appassionante o movimentato.
Grazie al brio degli interpreti e della sceneggiatura, In Bruges fuga le perplessità di quello che poteva rivelarsi quale un banalissimo prodotto eccentrico e derivativo, e mette in moto una vicenda se non originale quantomeno trattata in modo originale.
McDonagh si afferma fin da subito abilissimo sceneggiatore e costruisce una trama che, pur nella generale ironia, non manca di confrontarsi con temi importanti.
Corredato da un'intera galleria di personaggi di contorno memorabili (dal nano razzista al boss moralista), In Bruges ha il grande pregio di non perdere nulla in tensione nonostante la quasi totale assenza di scene d'azione (e quando, nella conclusione, finalmente l'azione arriva è qualcosa che sicuramente riuscirà a mantenersi ben impresso nella memoria degli spettatori).
Finale aperto alle più libere e disparate interpretazioni.
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venerdì 5 agosto 2016
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piacevolmente sorpreso
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Film piacevole con ottimi dialoghi
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loburz
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venerdì 13 marzo 2015
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l'inferno in terra
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Dopo aver ucciso per errore un bambino in chiesa il killer Ray (Colin Farrell) viene mandato nel piccolo borgo medievale di Brugge in Belgio assieme al suo complice Ken (Brendan Gleeson). I due devono attendere istruzioni da Harry, il loro capo, interpretato da Ralph Finnies. La città non è gradita a Ray che continua a lamentarsi con Ken, il quale al contrario apprezza molto le bellezze storiche e artistiche del luogo che possono ricordare al visitatore uno di quei villaggi magici popolati da creature fantastiche e fiabesche. In seguito però l'intento abilmete studiato del regista Martin McDonagh prende forma, e lo scenario si trasforma in un luogo di sofferenza degno delle Malebolge della Divina Commedia.
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Dopo aver ucciso per errore un bambino in chiesa il killer Ray (Colin Farrell) viene mandato nel piccolo borgo medievale di Brugge in Belgio assieme al suo complice Ken (Brendan Gleeson). I due devono attendere istruzioni da Harry, il loro capo, interpretato da Ralph Finnies. La città non è gradita a Ray che continua a lamentarsi con Ken, il quale al contrario apprezza molto le bellezze storiche e artistiche del luogo che possono ricordare al visitatore uno di quei villaggi magici popolati da creature fantastiche e fiabesche. In seguito però l'intento abilmete studiato del regista Martin McDonagh prende forma, e lo scenario si trasforma in un luogo di sofferenza degno delle Malebolge della Divina Commedia. La presenza di edifici costruiti in stile gotico con enormi statue di diavoli, uniti alla visita in un museo dell'opera il "Giorno del Giudizio" di Hieronymus Bosch, famoso per la presenza di soggetti surreali come mostri, persone deformi, malati mentali e animali demoniaci, vengono riflessi nell'incontro da parte di Ray e Ken con dei personaggi buffi e grotteschi, come un gruppo di tre americani decisamente "Over Size" definiti da Ray "Branco di elefanti", di un nano che sta girando un film, di un canadese pallido con cui Ray attacca rissa, per finire con l'ultima scena sul set del film del nano assieme a personaggi mascherati in modo pauroso con teste da topo e corna sul capo. Questi elementi rendono Brugge una sorta di limbo, un'anticamera dell'inferno dove Ray è consapevole di aver commesso l'unica cosa a cui nella vita non si può rimediare, l'uccisione di un innocente. Il tutto culmina con l'arrivo in città di Harry, paragonabile alla discesa sulla terra di un demone irascibile il cui scopo è porre fine alla vita di Ray per l'errore commesso. I dialoghi grotteschi, le scene tragicomiche, la bellezza di Brugge, vengono amalgamate insieme in un calderone diabolico dove al centro troviamo vicissitudini amare e una rappresentazione delle virtù più maligne dell'uomo, facendo di questo film una geniale messa in scena teatrale, ricca di umorismo, drammaticità e bellezze artistiche senza tempo.
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rebaldone
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mercoledì 4 dicembre 2013
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vero humour inglese
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Il film è ricco di humour nero, per intenderci quello che noi italiani non abbiamo, perciò vedo che pochi hanno notato questo che per me che amo questo tipo di humour è il pregio principale del film. All'humour si abbina a volte il grottesco, o il "non sense" che è tipicamente anglosassone. Insomma, nel suo campo un film da vedere e da gustare fino in fondo...
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stefano bruzzone
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lunedì 11 novembre 2013
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bellissimo
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In Bruges è un bellissimo film ambientato nella città di Bruges la quale è talmente bella, affascinante e adatta al set da sembrare, appunto, un set costruito a misura per questo film. un cast ricco e importante con il solito Colin Farrell, sempre a suo agio in ruoli schizzofrenici, un bravissimo B.Gleeson e un insolito R.Fiennes. nel cast anche il nano più famoso del mondo Jordan Prentice sempre bravo nei suoi ruoli. ironico e drammatico allo stesso tempo affascina lo spettatore per la storia curiosa ed insolita, diverte per le battute, alcune esilaranti, e rapisce per ambientazioni e fotografia.
Voto: 8
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