nino pellino
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domenica 25 maggio 2025
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l''aspetto intimista di goliarda sapienza
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Il Cinema di Martone trae fondamento ed è stato sempre ispirato dalla storia e dalla cultura del nostro Paese e dalla capacità del regista di saper integrare tali elementi con aspetti sociologici e introspettivi che vanno a determinare interessanti spunti di riflessione, nonché un desiderio di scoperta. Così è avvenuto in passato con celebri pellicole come "Il giovane favoloso", "Qui rido io", dedicata alle vicende dei De Filippo, famosa famiglia di artisti napoletani e in tempi più recenti con "Nostalgia", caratterizzato da un finale che va necessariamente capito in quanto ne esprime tutta l'essenza della trama. Questa volta il regista con il suo ultimo lavoro "Fuori" ha deciso di riportare alla luce il valore umano e interiore di una grande scrittrice appartenuta al secolo scorso, Goliarda Sapienza.
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Il Cinema di Martone trae fondamento ed è stato sempre ispirato dalla storia e dalla cultura del nostro Paese e dalla capacità del regista di saper integrare tali elementi con aspetti sociologici e introspettivi che vanno a determinare interessanti spunti di riflessione, nonché un desiderio di scoperta. Così è avvenuto in passato con celebri pellicole come "Il giovane favoloso", "Qui rido io", dedicata alle vicende dei De Filippo, famosa famiglia di artisti napoletani e in tempi più recenti con "Nostalgia", caratterizzato da un finale che va necessariamente capito in quanto ne esprime tutta l'essenza della trama. Questa volta il regista con il suo ultimo lavoro "Fuori" ha deciso di riportare alla luce il valore umano e interiore di una grande scrittrice appartenuta al secolo scorso, Goliarda Sapienza. Una donna che è stata capace di scrivere un romanzo memorabille "L'arte della gioia", il cui riconoscimento e attenzione sono purtroppo arrivati solamente dopo la sua scomparsa. Chi si aspetta di vedere da questo film la classica storiella raccontata in maniera precisa e accademica sulla vita della scrittrice sicuramente ne rimarrà deluso. "Fuori" raccoglie e ci consegna sprazzi di vita vissuta di Goliarda Sapienza da cui ne sono scaturite le basi del suo pensiero intimista e la sua spinta osservatrice nei riguardi di un mondo "atavico", vuoto di profondi ideali e calcolatore, forse troppo calcolatore. "Fuori" ci descrive la storia di Goliarda e di alcune sue amiche conosciute durante il suo breve periodo di detenzione nel carcere di Rebibbia a causa di un furto da lei compiuto ai danni di una donna nei cui riguardi in precedenza vi era un rapporto contrastante. Il confronto tra la vita vissuta all'interno di un carcere che ha determinato la nascita di rapporti di sorellanza e di comuni ideali che Goliarda ha potuto sperimentare e invece, una volta scontata la pena, la sua successiva vita vissuta in un mondo esterno che le apparirà freddo e distaccato, faranno in modo che la scrittrice si rifugerà nella necessità affettiva di rincontrare le sue ex amiche. Il film alterna in maniera costante e frequente ricordi e situazioni passate della protagonista con un presente che invece si manifesta come asettico e immobile. A questo punto mi reputo davvero molto fortunato (è stata da parte mia una vera sorpresa) l'aver visto, in questi giorni, questo film al Cinema Filangieri di Napoli dove, alla fine della proiezione, sono intervenuti proprio il regista Mario Martone e l'attrice Valeria Golino a sintetizzare la trama e successivamente rispondere alle domande di noi spettatori in sala. Ebbene, sono rimasto particolarmente affascinato dalla spiegazione che Martone ha fatto di una scena del film, ossia quella che si è svolta all'interno della profumeria di una delle tre ex detenute. Luogo che simboleggia tutta la forza di condivisione e di intimità delle tre amiche e gli spazi ampliati del retrobottega del locale non sono altro che una metafora e una proiezione estetica degli aspetti interiori e psicologici delle tre donne. In merito alla bellezza di questa pellicola, mi sento di evidenziare naturalmente la bravura delle interpreti e la loro capacità di aver saputo coinvolgere e trasportare lo spettatore nei meandri interiori dell'universo femminile.
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rosalinda laurelli gaudiano
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mercoledì 28 maggio 2025
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uno sguardo acuto e profondo sulla vita...
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...non è un biopic sulla scrittrice scomparsa nel 1996, ma è uno sguardo acuto e profondo sullo spaesamento verso la vita stessa...
Goliarda e Roberta sono amiche molto particolari. La loro amicizia è nata nel carcere di Rebibbia. Goliarda Sapienza, scrittrice, è finita in carcere per aver rubato dei gioielli ad una sua amica intima e Roberta, eroinomane, per lotta armata e delinquenza incancrenita. Si sono cercate, ritrovate nella calda e assolata estate romana dove il quotidiano quasi si smaterializza e si fonde con i ricordi carcerari. Roma diventa con le due amiche “fuori” la terza protagonista, la città della storia eterna, soffocata da una luce straordinaria che quasi smaterializza le imponenze dei palazzi di quartiere . Goliarda, senza un soldo, ormai disillusa sulla pubblicazione del suo ultimo romanzo “La città della gioia”, è profondamente smarrita. Roberta è la materializzazione della malvivenza al quadrato. “Fuori” diretto da Mario Martone e sceneggiato insieme a Ippolita di Majo, liberamente tratto dalle opere di Goliarda Sapienza, non è un biopic sulla scrittrice scomparsa nel 1996, ma è uno sguardo acuto e profondo sullo spaesamento verso la vita stessa di queste due donne. L’esperienza carceraria è prepotente e come dirà la stessa Goliarda al marito Angelo Pellegrino, il suo “fuori” è sentirsi “dentro” quando è con le compagne di cella, e cosa più particolare è sentire dentro di sè un consolabile senso di libertà. Martone inserisce dettagli che sfuggono, sembrano inutili, ma che significano la narrazione. Ogni dettaglio, come un giornale ripiegato ben bene su un tavolo mette in mostra il titolo di un fatto di cronaca nera, o l’andirivieni dei ricordi carcerari nella mente frastornata di Goliarda. “ Le ore del nostro presente sono già leggenda”, una scritta su un cavalcavia che le due amiche leggono e fanno propria, nella ricerca costante di una loro collocazione nel mondo, virtualmente imprigionate consenzienti dietro quelle sbarre. E Martone richiama più volte nelle sequenze della narrazione questa dimensione carceraria, ma capovolge il significato ponendo le due donne in una sorta di luogo libero, consolatorio. Il regista , giocando sul fuori- dentro e dentro-fuori… dalla gabbia della vita, dirige un’opera cinematografica potente e magnifica, nel racconto di un sentire frastornato di una donna che passa il tempo “stronandosi”, scrivendo. Una donna per la quale il carcere ha accentuato e alla fine definito una rottura con il “fuori”, la quotidianità , l’organizzazione della vita stessa, quel carcere con la sua umanità rinchiusa, ma che a conti fatti le ha regalato anche un particolare senso di libertà. Magistrali le interpretazioni sia di Valeria Golino nella caratterizzazione di Goliarda Sapienza e di Matilde De Angelis nei panni di Roberta.
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fulviowetzl
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domenica 1 giugno 2025
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l''urgenza di capire
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Un film febbrile torrido e disperato, perfetto ritratto emotivo di una grande artista, con una voglia inesausta di capire e di esprimere e comunicare quanto ha capito attraverso la scrittura. Io stesso mi sono trovato impastato, invischiato nei colori desaturati e polverosi della fotografia di Paolo Carnera (autore anche della fotografia diversa ma complementare dell'altro capolavoro romanocentrico Città proibita di Gabriele Mainetti) , di questi non luoghi, resi metafisici, in un tentativo disperato di razionalizzazione del fascismo negli anni 30, dai lacerti di archi a perdifiato e tutto tondo dei fianchi mazzoniani di Termini, delle panchine e marciapiedi con marmi pregiati (portoro?); degli interni veri di Rebibbia, i cortili polverosi, dove menarsi, rotolarsi, infangarsi, per cercare di capire, entrare in contatto, mischiarsi e poi capire, attraverso lo sguardo assorbente, ma mai indagatore di Goliarda Valeria, e la umanissima profumiera Elodie, e l'anima ondivaga conturbante e perturbante di una meravigliosa Matilda de Angelis.
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Un film febbrile torrido e disperato, perfetto ritratto emotivo di una grande artista, con una voglia inesausta di capire e di esprimere e comunicare quanto ha capito attraverso la scrittura. Io stesso mi sono trovato impastato, invischiato nei colori desaturati e polverosi della fotografia di Paolo Carnera (autore anche della fotografia diversa ma complementare dell'altro capolavoro romanocentrico Città proibita di Gabriele Mainetti) , di questi non luoghi, resi metafisici, in un tentativo disperato di razionalizzazione del fascismo negli anni 30, dai lacerti di archi a perdifiato e tutto tondo dei fianchi mazzoniani di Termini, delle panchine e marciapiedi con marmi pregiati (portoro?); degli interni veri di Rebibbia, i cortili polverosi, dove menarsi, rotolarsi, infangarsi, per cercare di capire, entrare in contatto, mischiarsi e poi capire, attraverso lo sguardo assorbente, ma mai indagatore di Goliarda Valeria, e la umanissima profumiera Elodie, e l'anima ondivaga conturbante e perturbante di una meravigliosa Matilda de Angelis. Un film sporco sfilacciato frammentario ma purissimo in cui Martone nuota facendosi e facendoci stregare senza reticenze dalle sue attrici e dai suoi personaggi, stregati vieppiù dalla sottile voce arcana e disperata di Robert Wyatt, coeva ai tempi dell'azione ma mai cosi congrua al dettato del film. Un film che si pone come un dittico, insieme all'Arte della Gioia di Valeria Golino, perfetta trascrizione della sublimazione narrativa di Goliarda Sapienza. Come dire, è da questo contesto e da questa esperienza immersiva che è nato questo testo, reso meraviglioso dalla fotografia nitidissima, ma non patinatadi Fabio Cianchetti, e dall'interpretazione di un gruppo di attrici immolate nella parte, in primis La meravigliosa Tecla Insòlia.
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cardclau
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giovedì 12 giugno 2025
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la marginalizzazione
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Il film ci presenta la storia di Goliarda Sapienza e delle sue compagne di vita, recluse a Rebibbia e poi rilasciate (nel nulla), in un mondo femminile inquieto, instabile, insicuro, fragile, privo di una figura maschile della quale fidarsi e affidarsi, incompleta anch’essa, dove l’esperienza carceraria ha la doppia valenza di proteggerle dalla durezza della vita per chi non è nata con la camicia, e di privarle del bene supremo della libertà sottoponendole agli abusi (piccoli o grandi) dell’ambiente carcerario dove la solidarietà fra secondine e carcerate è cosa rara. Quando sei marchiato come cattivo dalla società lo sei per sempre, non c’è nessuna possibilità di redenzione, e l’unica possibilità è quella di rimanerne disperatamente ai margini finché la vita ti dà fiato.
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Il film ci presenta la storia di Goliarda Sapienza e delle sue compagne di vita, recluse a Rebibbia e poi rilasciate (nel nulla), in un mondo femminile inquieto, instabile, insicuro, fragile, privo di una figura maschile della quale fidarsi e affidarsi, incompleta anch’essa, dove l’esperienza carceraria ha la doppia valenza di proteggerle dalla durezza della vita per chi non è nata con la camicia, e di privarle del bene supremo della libertà sottoponendole agli abusi (piccoli o grandi) dell’ambiente carcerario dove la solidarietà fra secondine e carcerate è cosa rara. Quando sei marchiato come cattivo dalla società lo sei per sempre, non c’è nessuna possibilità di redenzione, e l’unica possibilità è quella di rimanerne disperatamente ai margini finché la vita ti dà fiato. È indubbio che la funzione carceraria è quella di allontanare i disturbatori, di solito poveri e con storie di importante deprivazione alle spalle, da quel mondo idilliaco, bucolico, dei borghesi benpensanti che credono di vivere nell’ordine e nel prevedibile, e dove non la Giustizia ma la Legge è di casa. Basta vedere la situazione sotto questi occhi nella “democrazia” ridotta al lumicino, degli Stati Uniti. Le attrici che danno un volto alle protagoniste reali (Valeria Golino, Matilda De Angelis, Elodie, …) sono tutte bravissime: lo smarrimento femminile, con le sue innumerevoli versioni, e con i suoi tragici sviluppi quando il periodo magico e spensierato della giovinezza si è conclusa, è potente. Ci può indurre ad una imprevedibile riflessione.
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(di valentina)
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goldy
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sabato 24 maggio 2025
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film di nicchia senza pathos
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Un regista meno attento a preservare le proprie cifra estetica e più desideroso di arrivare al sentire del pubbloico avrebbe dovuto iniziare il film partendo dalla fine , da quella l meravigliosa quanto impopolare intervista alla scrittrice Goliarda Sapienza sul . suo vissLe carcerario che raggiunge un grado di verità che può scaturire solo da chi ha vissuto l'esperienza.
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Un regista meno attento a preservare le proprie cifra estetica e più desideroso di arrivare al sentire del pubbloico avrebbe dovuto iniziare il film partendo dalla fine , da quella l meravigliosa quanto impopolare intervista alla scrittrice Goliarda Sapienza sul . suo vissLe carcerario che raggiunge un grado di verità che può scaturire solo da chi ha vissuto l'esperienza. Goliarda ha colto una realtà che sfugge a chi ha pensato al carcere come luogo di punizione. La quotidianità condivisa sviluppa sorprendenti scoperte di sè derivate dal confronto e dalla condivisione di espeienze comuni. E' il luogo dove poter sviluppare la fantasia e scoprire aspetti della propria individualità che nella vita "fuori" non hanno modo di affermarsi dove tutto si consuma. Presupposti qiuesti che conducono a stabilire rapporti veri e profondi tra indivi . Come volontaria in un carcere milanese, posso confermare ogni parola pronunciata da Golairda davcanti a un Enzo Biagi comprensibilmente scettico riluttante.
IL film parla infatti di quattro persone conosciutesi in carcere ma privato da questo presupposto fondamentale si dipana lentamente, senza coinvolgere lo spettatore in una narrazione ellittica che non emoziona mentre dovrebbe indurre al contrario. La relazione che si sviluppa tra le protagomiste è davvero vera, credibile e profonda ma rimane tutto nell'indistinto , nel vago risollevandosi solo con un finale originale e di grande impatto, Rimane il solito film di nicchia. Peccato
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