andrea
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martedì 28 maggio 2024
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aspettative alte ma totalmente deluse
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La storia di due ragazzi giovanissimi che si conoscono sin da bambini che tentanto di far carriera nel mondo del tennis. Inconteranno una loro coetanea, anch'essa tennista ( la sfascia famiglie) che giocherà con entrambi, re non a tennis, in un intrigo amoroso. Il film corre lungo scene tra passato e presente . Ambientato prettamente su un campo da tennis lascia un amaro in bocca soprattutto sul finale. Lo definirei senza infamia e senza lode.
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clara stroppiana
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mercoledì 15 maggio 2024
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partita a tre
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Tashi, Patrick e Art, i tre protagonisti di Challengers sono molto giovani, ma anche quando crescono e lo sono un po’ meno, grazie ai continui flashback possono fare dei balzi indietro temporali e ritrovarsi adolescenti. Piccoli miracoli cinematografici che portano lo spettatore dentro il sogno dell’eterna giovinezza. Quel tornare a qualche giorno prima, a mesi o addirittura anni ormai trascorsi fa comunque perno sul presente. Come dire che la palla vola da un giocatore all’altro al di qua e al di là della rete, ma alla fine cade sempre a terra. Guadagnino dunque ha scelto un campo da tennis come luogo sul quale far giocare la vita con le sue “variabili”, metafora esplicitata nell’affermazione di Tashi: “il tennis è una relazione”.
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Tashi, Patrick e Art, i tre protagonisti di Challengers sono molto giovani, ma anche quando crescono e lo sono un po’ meno, grazie ai continui flashback possono fare dei balzi indietro temporali e ritrovarsi adolescenti. Piccoli miracoli cinematografici che portano lo spettatore dentro il sogno dell’eterna giovinezza. Quel tornare a qualche giorno prima, a mesi o addirittura anni ormai trascorsi fa comunque perno sul presente. Come dire che la palla vola da un giocatore all’altro al di qua e al di là della rete, ma alla fine cade sempre a terra. Guadagnino dunque ha scelto un campo da tennis come luogo sul quale far giocare la vita con le sue “variabili”, metafora esplicitata nell’affermazione di Tashi: “il tennis è una relazione”. Parole uscite dalla sceneggiatura del talentuoso scrittore e youtuber Justin Kuritzkes che racchiudono il senso del film, diventeranno (forse) un’espressione del nostro quotidiano e tolgono ogni dubbio, a chi ancora ne avesse, che questo non è un film sul tennis sebbene i match non manchino. Sebbene il titolo giochi sull’ambiguità del doppio senso di Challengers che significa sì “sfidanti”, ma si riferisce anche ad un particolare tipo di torneo tennistico. E’ assente invece quel silenzio denso che unisce in una bolla atleti e spettatori. La musica irrompe e, inaspettata, “profana” la scena. Trent Reznor e Atticus Ross (già Oscar per The Social Network) mescolano elettronica e techno, ci percuotono con ritmi da thriller e ci immergono in una suspense adrenalinica. La storia è quella di Patrick (Josh O’Connor) e Art (Mike Faist), amici legatissimi fin dall’infanzia che, il giorno in cui vincono il doppio juniores del torneo US Open, conoscono la bellissima Tashi (Zendaya), con un futuro da campionessa per abilità sportiva e carattere. Da quel momento le loro tre vite ricevono una spinta verso il coming of age e prendono ad intrecciarsi negli anni, tra lontananze e riavvicinamenti, un lasciarsi e riprendersi che si ripetono, come nei loop della musica, in un triangolo amoroso sempre in bilico. Da quel punto in poi in campo saranno sempre in tre: Patrick e Art a disputarsi il set e Tashi nel ruolo di allenatrice di Art, dopo che un incidente ne ha interrotto la carriera. Saranno sempre in tre nell’altra partita, quella psicologica che vi si sovrappone e vi si incastra tra una soggettiva, un primissimo piano, un dettaglio sui muscoli tesissimi, le gocce di sudore, tra un rallenty esasperato, un’audace ripresa dal basso e l’uscita di scena di Tashi sulle sue gambe lunghissime, l’andatura di una felina e quel corpo perfetto da sembrare il disegno di un videogioco. Fragilità, amicizia, amore, ambizione, tradimenti, tenerezza, gelosia, dominio, successo, vittorie e sconfitte potrebbero far pensare agli ingredienti di un romance. Il regista al contrario ha una mano molto abile nel dosare; sceglie tre interpreti giusti, è attento a non superare il limite, accenna qualche strizzatina d’occhio e ne fa un film contemporaneo nel linguaggio, attuale nei contenuti e soprattutto sexy, con tante “x” come gli piace dire. Un film che si fa seguire con partecipazione emotiva e tensione come se fosse in gioco la nostra partita.
La storia rimanda inevitabilmente ad altri famosi triangoli amorosi che si sono consumati sugli schermi. Tutti abbiamo pensato al Jules e Jim di Truffaut che nel 1962 apparve così scandaloso da essere vietato ai minori di anni 18. Altra pietra dello scandalo con problemi di censura The dreamers (2003)di Bertolucci riproposto di recente (2024) nella versione restaurata in 4K dalla Cineteca di Bologna e uscito nelle sale col divieto ai minori di 14. Storie dalla componente drammatica molto forte che sfociano nella tragedia o nella disillusione. Guadagnino al contrario ci regala un finale aperto, ma ricco di energia e di possibilità future. Un momento di positive visioni per il quale lo ringraziamo.
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stefano
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venerdì 10 maggio 2024
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challengers
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stefano
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mercoledì 8 maggio 2024
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challengers
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domenica 5 maggio 2024
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guadagnino fa sfoggio di tecnica e originalità
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Un film che non lascia nulla se non un fastidio per il continuo inseguirsi di pulsioni e repulsioni che non giustificano né chiariscono la fragile storia. Dietro una fragile sceneggiatura e dialoghi stancamente scontati la regia si impreziosisce per l'uso chiassoso ma affascinante della musica, di qualche inquadratura ostinatamente originale e della splendida protagonista. Insomma una noia quasi mortifera
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ludovico morandi
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venerdì 3 maggio 2024
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un giro completo sulla forza delle relazioni
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Luca Guadagnino torna a dirigere dopo Bones and All, cambiando genere ma mantenendo il suo sguardo indagatore sulla forza della passione, decidendo di mostrarcela a colpi di racchetta, i quali durante tutta la pellicola ci sbatteranno tra il passato e il presente dei protagonisti.
Lo fa con un' ottima regia a cui non mancano spunti e che non si lascia mai al caso. I continui linguaggi espressi con la macchina da presa insieme ad un più che incalzante montaggio, dicono anche da soli quello che succede sotto gli occhi di una splendida Zendaya (come suggerito dalla copertina) con trovate registiche che colpiscono e arrivano senza troppi sotterfugi.
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Luca Guadagnino torna a dirigere dopo Bones and All, cambiando genere ma mantenendo il suo sguardo indagatore sulla forza della passione, decidendo di mostrarcela a colpi di racchetta, i quali durante tutta la pellicola ci sbatteranno tra il passato e il presente dei protagonisti.
Lo fa con un' ottima regia a cui non mancano spunti e che non si lascia mai al caso. I continui linguaggi espressi con la macchina da presa insieme ad un più che incalzante montaggio, dicono anche da soli quello che succede sotto gli occhi di una splendida Zendaya (come suggerito dalla copertina) con trovate registiche che colpiscono e arrivano senza troppi sotterfugi. Il prima citato montaggio rende questo film un' eterna finale dove l'autore vuole portarci a chiedere quale sia la vittoria che sia noi che i protagonisti vogliamo. Merito della sceneggiatura di Justin Kuritzkes, che sà già di essere vincente grzie alla creazione di personaggi ben delineati, dai quali emergono varie sfumature, brillanti dei colori sulle loro diversità e affinità, e cerca di far emergere quello che va oltre le nostre differenze, in quanto la vittoria sta proprio nel metterle in relazione, elemento che viene trattato in un modo originale e che ad ogni colpo fatto sul campo di gioco colpisce sempre di più.
E' una regia fatta per lo più di inquadrature frontali, una regia che schiaccia e và sempre più a fondo con bei movimenti macchina, catturanti primi e primissimi piani, e che in alcune inquadrature ricorda gli anime giapponesi, tra tutti "The First Slam Dunk" di Inoue. La fotografia di Mukdeeprom non delude come nelle precedenti collaborazioni e resta coerente nei vari salti temporali.
A contribuire all'alto agonismo espressivo del film sono le interpretazioni degli attori, dove brillano particolarmente Zendaya (Tashi) che conferma il suo talento e trova il suo punto di forza nel mostrare una freddezza che cela un emotività nascosta, come ad esempio in "Malcolm e Marie" di Sam Lavinson . Dà spessore ad alcuni punti chiave che sembrano ormai essere di sua propietà, avendoli presi con forza.
Josh O connor (Patrick) non è da meno e ci regala un'altra interprezione di alto livello dopo quella dell'anno scorso con "La chimera". Si cala perfettamente nei panni del personaggio senza sbaffare di una virgola, tanto da far sfigurare un poco Mike Faist (Art) che ci offre comunque un'ottima prova della sua bravura, riuscendo ad oscillare splendidamente tra sensibilità e durezza.
Le musiche non catturano fin da subito e a volte risultano un pò forzate, ma trovano il loro percorso nel passare dei minuti e dimostrano anche loro di far parte di questa partita, incalzandola e cambiando registro nei momenti giusti.
Altra piccola pecca sono alcune cadute registiche per un comparto che, come detto prima, risulta d'autore e si mette in gioco, ma scade in scelte di evidente origine commerciale, e non si parla di marchi o pubblicità di essi, bensì di un uso intelligente dell'immagine, che punta più ad una facciata d'estetica ritrovabile in uno spot di profumi più che in un'opera cinematografica, ma ne sono veramente poche e non intaccano il risultato finale, lasciandoci anche il dubbio su chi possa aver preso queste scelte.
Nel complesso è un ottimo film, la storia di una partita tra tre tennisti, che ad ogni match cercano di scoprire o riscoprire l'origine di una passione e di quello stimolo che permette di esprimere al meglio noi stessi, dimostrandoci che in tutto vi è una relazione, e se quella non vive, non conviene arrivare al matchpoint.
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cristiano
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giovedì 2 maggio 2024
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poco più che penoso
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Una roba davvero penosa, dialoghi penosi, doppiaggio penoso, trama inverosimile. Si vede proprio che il livello culturale é diventato bassisimo. volete trame oniriche? guardate Gondry. Volete riflettere? Kiarostami.
Qui non c'è nulla: né tennis, né amore, né verità né sogno. E non c'é nemmeno un po' di sana trasgressione. Un film inutile
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athos
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martedì 30 aprile 2024
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guadagnino guascone
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Guadagnino è un regista genialoide e un po' guascone perchè racconta storie che lasciano sempre un po' perplessi. Mi piace anche per questo. Qui ha azzeccato un attore (Josh O'Connor) e il finale. Il resto è troppo ripetitivo, troppi ralenti, troppe botte a quella maledetta pallina. Zendaya mi sembra fuori ruolo. Infine, sarei curioso di conoscere le espressioni dopo la visione di chi si sentiva schifato dal precedente Bones and All.
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imperior max
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lunedì 29 aprile 2024
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a furia di battere le palle in campo me le hanno rotte...
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Per quanto mi riguarda Luca Guadagnino è un bravo regista, la tecnica non gli manca e non si risparmia di intensificare le scene a livello emotivo e concettuale. Questo gli riesce bene soprattutto nell’horror e nel thriller e lo fa’ in maniera elegante e pulita senza mai essere volgare o kitsch.
Ma quando quei due generi non li tocca solitamente c’è da farsi il segno della croce… CHALLENGERS con Zendaya, Josh O’Connor e Mike Faist. Nell’arco di tredici anni si intrecciano le vite di due amici molto stretti con quella di Tashi Duncan tra partite di tennis professionistico, triangoli amorosi, discussioni e rivalità. Tali rapporti si plasmeranno fino a migliorare o peggiorare i caratteri e la chimica tra i tre arrivando ad un finale sentimentalmente ambiguo.
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Per quanto mi riguarda Luca Guadagnino è un bravo regista, la tecnica non gli manca e non si risparmia di intensificare le scene a livello emotivo e concettuale. Questo gli riesce bene soprattutto nell’horror e nel thriller e lo fa’ in maniera elegante e pulita senza mai essere volgare o kitsch.
Ma quando quei due generi non li tocca solitamente c’è da farsi il segno della croce… CHALLENGERS con Zendaya, Josh O’Connor e Mike Faist. Nell’arco di tredici anni si intrecciano le vite di due amici molto stretti con quella di Tashi Duncan tra partite di tennis professionistico, triangoli amorosi, discussioni e rivalità. Tali rapporti si plasmeranno fino a migliorare o peggiorare i caratteri e la chimica tra i tre arrivando ad un finale sentimentalmente ambiguo.
Allora, tecnicamente Guadagnino col suo montaggio alternato tra passato e presente, tra un posto e l’altro e tra un personaggio e l’altro ha un approccio narrativo particolare, come se l’intero film fosse un’intera partita a tennis. A volte anche un intero rapporto sessuale, ma a tre. In più le dinamiche sportive e sentimentali sono molto intrecciate seppur si tenti di usare il tennis come pretesto per raccontare le storie dei protagonisti. I personaggi li ho trovati ben scritti, uno più sfaccettato e tridimensionale dell’altro, le musiche sono anche belle e le partite sono ben girate. La storia riesce, almeno nei rapporti tra i personaggi, ad intrigare e ad incollare allo schermo per capire come andrà a finire.
Però il film non mi è piaciuto. L’ho trovato molto pachidermico, retorico, barocco e kitsch. In certi punti è tremendamente rallentato in sequenze da videoclip e spot pubblicitari e rallenty anche ben girati, ma molto superflui. In altri invece ci sono dialoghi sì interessanti, alcuni dove il linguaggio non verbale è azzeccato, ma sfociano in un retorico stucchevole. In più la musica, seppur bella, è troppo presente e scassatimpani. Vi giuro, c’è un pezzo techno music che per tutto il film è ripetuto infinite volte come riempitivo di immagini ferme e interminabili e altre dinamiche. Si poteva lavorare sui silenzi, anche con un andamento lento, ma con tante cose che accadono e invece no. Oltretutto la durata diventa troppa, almeno mezz’ora di meno avrebbe giovato. Gli attori se la cavano anche, Zendaya un po’ meno con espressioni tra bulldog/statua dell’Isola di Pasqua e la bimbaminkia ammiccatrice.
Un vero peccato, per una volta dove finalmente macismo e girlpower vanno di pari passo senza demeriti e dunque annullandosi bene, il tutto viene pasticciato da un regista che trasforma la tensione e le pause in noia e discoteca.
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antoniettadimarzo
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lunedì 29 aprile 2024
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il paragone con match point è d’obbligo ma quello di guadagnino è tutt’altro eros
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In Challengers Luca Guadagnino ci dà una lezione stupenda e insolita di come il cinema possa trattare quella materia incandescente che è l’eros. Senza mai esibire ma al contrario nascondendo – i suoi amanti non si mostrano mai integralmente nudi – i suoi incontri amorosi sono spesso incontri interrotti o rinviati e l’eros trova strade non banali per mandare i suoi segnali – stupenda la scena in cui i due tennisti si ritrovano al bar dell’Università e battibeccando amichevolmente si rubano a morsi la merenda. Il paragone con il film Match point di Woody Allen è d’obbligo sia per la parte che il gioco del tennis ha nel film di entrambi – per l’uno e per l’altro metafora di qualcos’altro – sia perché il film di Allen come quello di Guadagnino sono anche una riflessione sull’eros e il suo posto nella nostra società.
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In Challengers Luca Guadagnino ci dà una lezione stupenda e insolita di come il cinema possa trattare quella materia incandescente che è l’eros. Senza mai esibire ma al contrario nascondendo – i suoi amanti non si mostrano mai integralmente nudi – i suoi incontri amorosi sono spesso incontri interrotti o rinviati e l’eros trova strade non banali per mandare i suoi segnali – stupenda la scena in cui i due tennisti si ritrovano al bar dell’Università e battibeccando amichevolmente si rubano a morsi la merenda. Il paragone con il film Match point di Woody Allen è d’obbligo sia per la parte che il gioco del tennis ha nel film di entrambi – per l’uno e per l’altro metafora di qualcos’altro – sia perché il film di Allen come quello di Guadagnino sono anche una riflessione sull’eros e il suo posto nella nostra società. Una riflessione però diametralmente opposta. In Match point Allen con la leggerezza che gli è propria ci parla, come in una tragedia greca, degli effetti devastanti che la passione erotica rischia di mettere in moto se non imbrigliata, regolata dentro le convenzioni sociali. Guadagnino al contrario ci dice la nostra società del calcolo, della performance, del risultato rischia di spegnersi se non fa spazio ad Eros. Anche quando - o forse soprattutto quando – eros segue strade diverse da quelle che avevamo pianificato per la nostra vita e si manifesta in modi imprevedibili, saltando al di qua della rete dove pensavamo di esserci trincerati.
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