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ivan il matto
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sabato 25 maggio 2024
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lezioni di cinema ☆☆☆☆☆
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Secondo Vittorio Zucconi (in vita storico inviato speciale di 'Repubblica' negli USA) chi è stato a New York, o comunque abbia visitato le due famose coste oceaniche statunitensi, non è mai stato in America. Per conoscere il "Grande Paese" bisogna lasciarsele alle spalle, inoltrarsi nella sconfinata zona centrale del Nord America, quasi a ripercorrere quel 'mito della frontiera' che ha così profondamente segnato l'immaginario di quanti vivono sotto la bandiera a stelle e strisce. Cantore di questa America profonda è il regista Alexander Payne (forse perché nato in quel "Nebraska" che ha celebrato nel suo film omonimo del 2013), originale, testardo e coerente nel raccontare le disavventure di personaggi ai margini della società, come già in "Sideways", "A proposito di Schmidt", "Paradiso amaro".
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Secondo Vittorio Zucconi (in vita storico inviato speciale di 'Repubblica' negli USA) chi è stato a New York, o comunque abbia visitato le due famose coste oceaniche statunitensi, non è mai stato in America. Per conoscere il "Grande Paese" bisogna lasciarsele alle spalle, inoltrarsi nella sconfinata zona centrale del Nord America, quasi a ripercorrere quel 'mito della frontiera' che ha così profondamente segnato l'immaginario di quanti vivono sotto la bandiera a stelle e strisce. Cantore di questa America profonda è il regista Alexander Payne (forse perché nato in quel "Nebraska" che ha celebrato nel suo film omonimo del 2013), originale, testardo e coerente nel raccontare le disavventure di personaggi ai margini della società, come già in "Sideways", "A proposito di Schmidt", "Paradiso amaro". Non fa eccezione il suo ultimo "The Holdovers" (letteralmente, quelli che sono trattenuti), nel quale tre personaggi, diversissimi per età, provenienza sociale, retaggio culturale, daranno vita ad un'improbabile famiglia le cui vicende segneranno la maturazione di ciascuno. Scenario di tutto questo, (in parte) claustrofobico e probabilmente 'classico' (ricordate "L'attimo fuggente" di Peter Weir), la Barton Academy School del New England, nella quale interagiscono i nostri protagonisti, durante le vacanze natalizie. L'anziano insegnante di lettere classiche (un Paul Giamatti da Oscar), cui vengono affidati gli studenti che non tornano a casa per le feste, lo studente ribelle Dominic Sessa (annotate il nome di questo giovane attore), la capocuoca Da vine Joy Randolph (vincitrice di Oscar e Golden Globe per questo ruolo da non protagonista). Ognuno di loro, nel nascondere segreti inconfessabili, lascia trasparire una latente malinconia per ferite mai completamente rimarginate. Lo sfondo è quello dagli anni settanta, perfettamente ricostruiti nella scenografia come nella colonna sonora (Artie Shaw, Cat Stevens, Temptations, Che Baker); nel riferimento alla guerra del Vietnam (la.cuoca di cui sopra ha appena perso il figlio nella "sporca guerra"), come nel linguaggio giovanile "di rottura". Il "Payne on the road" ha colpito ancora: sempre un viaggio, una misurata lentezza espositiva fra pause e dissolvenze, l'America che non t'aspetti, i consueti protagonisti "marginali" (Giamatti quasi un Robin Williams del XXI secolo nella citazione de "L'attimo fuggente". Alla fine cosa resta delle "Lezioni di vita" che i distributori italiani hanno voluto aggiungere al titolo originale?.....non molto rispetto ai "residui" metaforici di cui ci parla Payne...solamente una grande lezione di cinema!
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ivan il matto
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sabato 25 maggio 2024
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lezioni di cinema ☆☆☆☆☆
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Secondo Vittorio Zucconi (in vita storico inviato speciale di 'Repubblica' negli USA) chi è stato a New York, o comunque abbia visitato le due famose coste oceaniche statunitensi, non è mai stato in America. Per conoscere il "Grande Paese" bisogna lasciarsele alle spalle, inoltrarsi nella sconfinata zona centrale del Nord America, quasi a ripercorrere quel 'mito della frontiera' che ha così profondamente segnato l'immaginario di quanti vivono sotto la bandiera a stelle e strisce. Cantore di questa America profonda è il regista Alexander Payne (forse perché nato in quel "Nebraska" che ha celebrato nel suo film omonimo del 2013), originale, testardo e coerente nel raccontare le disavventure di personaggi ai margini della società, come già in "Sideways", "A proposito di Schmidt", "Paradiso amaro".
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Secondo Vittorio Zucconi (in vita storico inviato speciale di 'Repubblica' negli USA) chi è stato a New York, o comunque abbia visitato le due famose coste oceaniche statunitensi, non è mai stato in America. Per conoscere il "Grande Paese" bisogna lasciarsele alle spalle, inoltrarsi nella sconfinata zona centrale del Nord America, quasi a ripercorrere quel 'mito della frontiera' che ha così profondamente segnato l'immaginario di quanti vivono sotto la bandiera a stelle e strisce. Cantore di questa America profonda è il regista Alexander Payne (forse perché nato in quel "Nebraska" che ha celebrato nel suo film omonimo del 2013), originale, testardo e coerente nel raccontare le disavventure di personaggi ai margini della società, come già in "Sideways", "A proposito di Schmidt", "Paradiso amaro". Non fa eccezione il suo ultimo "The Holdovers" (letteralmente, quelli che sono trattenuti), nel quale tre personaggi, diversissimi per età, provenienza sociale, retaggio culturale, daranno vita ad un'improbabile famiglia le cui vicende segneranno la maturazione di ciascuno. Scenario di tutto questo, (in parte) claustrofobico e probabilmente 'classico' (ricordate "L'attimo fuggente" di Peter Weir), la Barton Academy School del New England, nella quale interagiscono i nostri protagonisti, durante le vacanze natalizie. L'anziano insegnante di lettere classiche (un Paul Giamatti da Oscar), cui vengono affidati gli studenti che non tornano a casa per le feste, lo studente ribelle Dominic Sessa (annotate il nome di questo giovane attore), la capocuoca Da vine Joy Randolph (vincitrice di Oscar e Golden Globe per questo ruolo da non protagonista). Ognuno di loro, nel nascondere segreti inconfessabili, lascia trasparire una latente malinconia per ferite mai completamente rimarginate. Lo sfondo è quello dagli anni settanta, perfettamente ricostruiti nella scenografia come nella colonna sonora (Artie Shaw, Cat Stevens, Temptations, Che Baker); nel riferimento alla guerra del Vietnam (la.cuoca di cui sopra ha appena perso il figlio nella "sporca guerra"), come nel linguaggio giovanile "di rottura". Il "Payne on the road" ha colpito ancora: sempre un viaggio, una misurata lentezza espositiva fra pause e dissolvenze, l'America che non t'aspetti, i consueti protagonisti "marginali" (Giamatti quasi un Robin Williams del XXI secolo nella citazione de "L'attimo fuggente". Alla fine cosa resta delle "Lezioni di vita" che i distributori italiani hanno voluto aggiungere al titolo originale?.....non molto rispetto ai "residui" metaforici di cui ci parla Payne...solamente una grande lezione di cinema!
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felicity
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martedì 2 aprile 2024
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leggerezza, eleganza e profondità
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In The Holdovers la storia si svolge tra la fine del 1970 e l'inizio del 1971 e la regia dell'ottimo Payne, ne abbraccia completamente l'epoca, con un tocco quasi nostalgico nella scenografia, nella fotografia ed in molte immagini chiave del film, che si estende ad una azzeccatissima colonna sonora, perfetta e sublime nel commentare lo scorrere della narrazione.
La storia si snoda con leggerezza, eleganza e profondità e ci racconta di come sia possibile trovare una famiglia dove meno te lo aspetti.
Un umorismo malinconico la pervade dall'inizio alla fine.
Ogni attore porta la propria eccellenza sullo schermo, creando un ensemble che è più di una semplice somma delle sue singole parti.
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In The Holdovers la storia si svolge tra la fine del 1970 e l'inizio del 1971 e la regia dell'ottimo Payne, ne abbraccia completamente l'epoca, con un tocco quasi nostalgico nella scenografia, nella fotografia ed in molte immagini chiave del film, che si estende ad una azzeccatissima colonna sonora, perfetta e sublime nel commentare lo scorrere della narrazione.
La storia si snoda con leggerezza, eleganza e profondità e ci racconta di come sia possibile trovare una famiglia dove meno te lo aspetti.
Un umorismo malinconico la pervade dall'inizio alla fine.
Ogni attore porta la propria eccellenza sullo schermo, creando un ensemble che è più di una semplice somma delle sue singole parti.
Le performance sono una sinfonia di emozioni, delicate e potenti nel contempo, ironiche e tragiche all'unisono, che si stringono l'una all'altra esaltandosi a vicenda piuttosto che annullarsi, lasciando lo spettatore mai sazio, eppure appagato.
La superba interpretazione di Giamatti spicca altissima. Un personaggio che viene definito per sottrazione, non tanto da ciò che ha ottenuto dalla vita quanto da tutto quello che non ha fatto o da quanto la vita stessa gli ha negato o tolto.
Esattamente come per gli altri due protagonisti. Il giovane studente Angus, per esempio, interpretato da un talentuoso Dominic Sessa, membro di una famiglia disfunzionale che lo rende vittima di un continuo e costante senso di abbandono.
O l'ancor più grave e dolente situazione di Mary, la cuoca afro-americana dell'istituto scolastico, disposta ad eccettare un lavoro in un contesto difficile, frequentato quasi esclusivamente dai rampolli di razza bianca di famiglie ricche e privilegiate, solo per permettere anche a suo figlio di poter studiare in quell'istituto.
L'allievo più scapestrato, un professore burbero e la cuoca della scuola: quante probabilità ci sono che diventino amici?
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eugenio
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domenica 10 marzo 2024
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vivi e lascia vivere
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Tre personaggi: un professore intransigente strabico, uno studente ribelle, una cuoca che ha perso il figlio in Vietnam costretti a convivere durante le vacanze di Natale, nell’esclusivo collegio maschile nei pressi di Boston destinato a formare i futuri studenti della Ivy League, e quindi la futura classe dirigente degli Stati Uniti d’America.
Cosa ottieni? Un attimo fuggente alla Weir? Un breakfast club?
Se è Payne il regista, allora un film curato girato con stile rigorosamente anni 70, programmatico e mai noioso nelle sue due ore e passa. Una commedia di convivenza nel suo scontro dialettico, che fa bene al cuore.
Da vedere quantomeno per l'ottimo doppiaggio di Paul Giamatti opera di Franco Mannella.
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Tre personaggi: un professore intransigente strabico, uno studente ribelle, una cuoca che ha perso il figlio in Vietnam costretti a convivere durante le vacanze di Natale, nell’esclusivo collegio maschile nei pressi di Boston destinato a formare i futuri studenti della Ivy League, e quindi la futura classe dirigente degli Stati Uniti d’America.
Cosa ottieni? Un attimo fuggente alla Weir? Un breakfast club?
Se è Payne il regista, allora un film curato girato con stile rigorosamente anni 70, programmatico e mai noioso nelle sue due ore e passa. Una commedia di convivenza nel suo scontro dialettico, che fa bene al cuore.
Da vedere quantomeno per l'ottimo doppiaggio di Paul Giamatti opera di Franco Mannella.
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gabriella
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lunedì 26 febbraio 2024
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uno sguardo tutt''altro che sbilenco
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The holdovers ha tutti gli ingredienti per essere un perfetto crowd pleaser, basta guardare gli spettatori in sala, un pubblico eterogeneo per età, in cui tutti hanno la possibilità di confrontarsi e immedesimarsi,e sopratutto emozionarsi grazie a un cast ispirato capeggiato da un sempre più bravo Paul Giamatti. Siamo all’inizo anni 70 in un college nel New England , la prestigiosa Burton Academy ( che un po' ricorda “ L’attimo fuggente”anche per il paesaggio innevato), dove si cerca d’impartire quel livello d’istruzione e di educazione degne a forgiare i giovani studenti a un ruolo all’altezza del loro rango sociale.
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The holdovers ha tutti gli ingredienti per essere un perfetto crowd pleaser, basta guardare gli spettatori in sala, un pubblico eterogeneo per età, in cui tutti hanno la possibilità di confrontarsi e immedesimarsi,e sopratutto emozionarsi grazie a un cast ispirato capeggiato da un sempre più bravo Paul Giamatti. Siamo all’inizo anni 70 in un college nel New England , la prestigiosa Burton Academy ( che un po' ricorda “ L’attimo fuggente”anche per il paesaggio innevato), dove si cerca d’impartire quel livello d’istruzione e di educazione degne a forgiare i giovani studenti a un ruolo all’altezza del loro rango sociale. La vicenda si svolge durante le vacanze di Natale, il burbero e pedante professore Paul Hunham ha l’ingrato compito di rimanere al college per fare da supervisore, nonché da balia agli studenti che non possono riunirsi alla famiglia per le festività. Angus (un sorprendente Dominic Sessa al suo esordio), finisce per essere l’unico “ holdover”, in quanto la madre , divorziata e risposata, è in luna di miele con il nuovo marito e non vuole il figlio tra i piedi, al campus rimane anche la cuoca Mary Lamb, che ha appena perso l’unico figlio in Vietnam. Un terzetto improbabile ma accomunato da profonda solitudine, che si manifesta nella ribellione e nelle intemperanze del giovane Angus, nella rigidità e scontrosità di Paul e nella malcelata sofferenza di Mary, la vicinanza forzata aprirà ferite mai rivelate, fallimenti sopiti e senso di inadeguatezza mascherato da sfrontatezza. Ed è qui che pulsa il cuore del film di Payne, penetra quello sguardo che pian piano allarga i suoi orizzonti e si apre alla fiducia e allo scambio, esplora in primi piani densi e profondi i conflitti del giovane Angus e che troverà una sorte di famiglia nei suoi compagni di sventura. La cornice limitante ma rassicurante del campus ben si addice al professore , esiliato nelle sue certezze , che trova rifugio tra i testi di Marco Aurelio ( insegna storia antica), di cui dispensa soporifere citazioni , fanno sorridere i suoi maldestri tentativi di essere normale, come quella di regalare a Mary ed Angus un libro che non interessa a nessuno, però è un primo passo, prima di sfondare la barriera e oltrepassare il cancello, una gita a Boston, uscire dalle proprie paure ed esporsi alla vita. Sarà un viaggio di rinascita, di riscoperta, di confidenza e riflessione, che aiuterà i nostri protagonisti a spogliarsi dalle scomode convenzioni ed essere finalmente sé stessi, liberi di dare sfogo al trattenuto e soffocante rigore formale. Alexandre Payne firma un’opera dolcemente malinconica , venata da umorismo e delicatezza, che raggiunge il meglio quando inizia il viaggio, così come è stato in “ Sideways” e il risvolto inaspettato tra una degustazione e l’altra di vini tra le colline californiane, uscire dalla depressione sorso dopo sorso, anche in quest’ultimo lavoro si concede la parte alcolica, ristoro alle tragedie della vita riparo dal freddo della solitudine, rappresentata dalla neve, presente in tutto il film, le gelide temperature e il bisogno di scaldarsi, come il tepore di una coperta che viene condivisa tra padre e figli in “ Paradiso amaro”. I colori vintage, la colonna sonora nostalgica e dolce, lo stile narrativo lineare ci portano a quegli anni, anche se scrittura moderna e contemporanea, fluida , che entra nei sentimenti con decisione, accompagna i suoi personaggi maschili e li affida alla figura femminile, la più in disparte, ma che sa prendersi la scena ma senza dominarla, anzi, permettendo a Paul e Angus di aprirsi, scardinarsi, ricomporsi, una coppia che impariamo ad amare nelle loro sfaccettature, e che ci indica quale occhio dobbiamo guardare per avere la giusta prospettiva.
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luciano sibio
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lunedì 26 febbraio 2024
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3 personaggi soli che si riscattano
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Film ben fatto che mette insieme tre personaggi in un "college" americano del 1971. Hanno tutti in comune una grave mancanza che li rendi soli e abbandonati : c'è la cuoca del "college" che ha perso il figlio, uno studente che ha una famiglia che lo ha abbandonato e un professore di mezza età single odiato dalla totalità dei suoi studenti per essere estremamente rigido e inflessbile con loro ai limiti del cinismo. Si ritrovano
insieme nell'istitutito scolastico rimasto deserto per le festività dato che tutti loro non hanno nessuno con cui condividere questa festa di unione e fratellanza che è il Santo Natale.
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Film ben fatto che mette insieme tre personaggi in un "college" americano del 1971. Hanno tutti in comune una grave mancanza che li rendi soli e abbandonati : c'è la cuoca del "college" che ha perso il figlio, uno studente che ha una famiglia che lo ha abbandonato e un professore di mezza età single odiato dalla totalità dei suoi studenti per essere estremamente rigido e inflessbile con loro ai limiti del cinismo. Si ritrovano
insieme nell'istitutito scolastico rimasto deserto per le festività dato che tutti loro non hanno nessuno con cui condividere questa festa di unione e fratellanza che è il Santo Natale.Ma alla fine vedrete che riusciranno lo stesso a rendere indimenticabile per ognuno di loro e fondante questo incontro. Voto al film 8/10, da vedere.
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luciano sibio
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lunedì 26 febbraio 2024
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3 personaggi soli che si riscattano
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Film ben fatto che mette insieme a che li rendi soli e abbandonati : c'è la cuoca del "college" che ha perso il figlio, uno studente che ha una famiglia che lo ha abbandonato e un professore di mezza età single odiato dalla totalità dei suoi studenti per essere estremamente rigido e inflessbile con loro ai limiti del cinismo. Si ritrovano
insieme nell'istitutito scolastico rimasto deserto per le festività dato che tutti loro non hanno nessuno con cui condividere questa festa di unione e fratellanza che è il Santo Natale.Ma alla fine vedrete che riusciranno lo stesso a rendere indimenticabile per ognuno di loro e fondante questo incontro.
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Film ben fatto che mette insieme a che li rendi soli e abbandonati : c'è la cuoca del "college" che ha perso il figlio, uno studente che ha una famiglia che lo ha abbandonato e un professore di mezza età single odiato dalla totalità dei suoi studenti per essere estremamente rigido e inflessbile con loro ai limiti del cinismo. Si ritrovano
insieme nell'istitutito scolastico rimasto deserto per le festività dato che tutti loro non hanno nessuno con cui condividere questa festa di unione e fratellanza che è il Santo Natale.Ma alla fine vedrete che riusciranno lo stesso a rendere indimenticabile per ognuno di loro e fondante questo incontro.
Voto al film 8/10, da vedere.
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ralphscott
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venerdì 23 febbraio 2024
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l'america che non c'é più
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Ad una prima parte francamente un po' tediosa fa seguito un film più interessante, dove il bravo Dominic Sessa - insolita faccia da cinema - si sviluppa abbandonando il bozzolo per prendere il volo. Le belle, rilassanti musiche e la placida vita quotidiana della provincia americana nell'anno 1970 affascinano e toccano le corde della nostalgia.
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fabriziog
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domenica 18 febbraio 2024
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film morbido e profondo
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“The Holdovers - Lezioni di vita” di Alexander Payne, vincitore di due Golden Globes, è un film morbido ed intenso, profondo e acuto. Gli ambienti lignei e le atmosfere sabaude della prestigiosa high school americana Burton ricordano quelli di “Scent of woman” e dell’”Attimo fuggente”, anche se, a differenza di quest’ultimo, il protagonista (Paul Giamatti) non ricopre affatto il ruolo del professore fuori le righe, antesignano di un modello educativo che cozza con le metodologie tradizionali della scuola dove insegna, non è certamente un Monna Lisa Smilein in pantaloni, ma un parruccone antipatico ai colleghi e agli studenti.
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“The Holdovers - Lezioni di vita” di Alexander Payne, vincitore di due Golden Globes, è un film morbido ed intenso, profondo e acuto. Gli ambienti lignei e le atmosfere sabaude della prestigiosa high school americana Burton ricordano quelli di “Scent of woman” e dell’”Attimo fuggente”, anche se, a differenza di quest’ultimo, il protagonista (Paul Giamatti) non ricopre affatto il ruolo del professore fuori le righe, antesignano di un modello educativo che cozza con le metodologie tradizionali della scuola dove insegna, non è certamente un Monna Lisa Smilein in pantaloni, ma un parruccone antipatico ai colleghi e agli studenti. Nel Natale innevato lungo il crepuscolo del 1970, in pieno conflitto del Vietnam, la solitudine di sette holdovers (cinque studenti rimasti sventuratamente a scuola, una capo cuoca obesa e che ha perso il figlio in guerra e il famigerato docente) porterà ad un cambiamento, specie quando a rimanere solo con l’insegnate è Angus, interpretato dal bravissimo Domenic Sessa.
La storia serve per costruire il presente scrutandolo con una diversa lente di ingrandimento. Gli incontri servono per scoprire l’altro, per rendersi conto che il destinatario del proprio disprezzo non lo si conosceva affatto, nascendo il disprezzo proprio dalla sconoscenza della persona.
È una pellicola incantevole, candidata a quattro Premi Oscar, sulla solitudine che conduce le persone ad allontanarsi le une dalle altre per giungere ad odiarsi e sulle relazioni, che invece disvelano l’altro mostrandolo in un’altra luce che ne innova la fisionomia interiore.
Nel silenzio soffice della neve che immerge i personaggi in un particolare lucore, il loro “rinnovamento” sarà fatale.
Fabrizio Giulimondi
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clara stroppiana
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mercoledì 14 febbraio 2024
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una lezione di vita per tutti
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“Ecco il film che potrà diventare il classico da mandare in TV a Natale sostituendo Capra. Ecco l’erede di It’s a wonderful life”. Questo mi è venuto da pensare dopo una mezz’ora di THE HOLDOVERS. La storia si ambienta in quel periodo dell’anno con il freddo che punge e arrossa le guance, la neve che ammorbidisce il paesaggio, gli abeti scintillanti di lucine e tutto quello che, volenti o nolenti, atei o credenti, fa parte di un immaginario che ci si è incollato sotto la pelle fin dall’infanzia. Già l’atmosfera delle prime sequenze ci immerge in quelli che saranno il tono e il ritmo del film, tra esterni bianchi e silenziosi e l’esuberanza rumorosa dei ragazzi che si preparano a lasciare la scuola.
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“Ecco il film che potrà diventare il classico da mandare in TV a Natale sostituendo Capra. Ecco l’erede di It’s a wonderful life”. Questo mi è venuto da pensare dopo una mezz’ora di THE HOLDOVERS. La storia si ambienta in quel periodo dell’anno con il freddo che punge e arrossa le guance, la neve che ammorbidisce il paesaggio, gli abeti scintillanti di lucine e tutto quello che, volenti o nolenti, atei o credenti, fa parte di un immaginario che ci si è incollato sotto la pelle fin dall’infanzia. Già l’atmosfera delle prime sequenze ci immerge in quelli che saranno il tono e il ritmo del film, tra esterni bianchi e silenziosi e l’esuberanza rumorosa dei ragazzi che si preparano a lasciare la scuola. Le riprese sono state realizzate effettivamente in quei giorni d’inverno e tutte on locations. Eigil Bryld, che ha firmato la fotografia, ha conferito alle immagini un leggero effetto grana come nelle pellicole degli ultimi anni ’60 e i primi ’70 perché THE HOLDOVERS è, anche, un omaggio al cinema della New Hollywood tanto amato da Alexander Payne che ha voluto girare un film come l’avrebbe fatto in quel passato in cui per motivi anagrafici non ha potuto. David Hemingson, autore del soggetto e della sceneggiatura (meritata candidatura agli Oscar 2024), colloca le vicende nel 1970 nel New England in un Istituto per i figli dei ricchi, durante le vacanze di Natale. Dunque tutti a casa a festeggiare con le famiglie. No, non proprio tutti. Resta Angus, uno studente dotato ma refrattario alle regole, la cui madre all’ultimo minuto fa sapere di essere in luna di miele con il suo secondo marito. Resta il professor Paul Hunham, al quale è toccato il compito di sorvegliarlo. Insegnante intransigente, uomo introverso e solitario, scapolo. Infine, deve restare per provvedere ai pasti, Mary la capocuoca, una vedova che ha perso in guerra l’unico figlio. Tre vite difficili per tre interpreti tutti all’altezza dei loro ruoli: l’esordiente Dominic Sessa che rende bene rabbia, ribellione, paure e fragilità di un adolescente, senza mai strafare. Paul Giamatti che si è guadagnato una candidatura agli Oscar come attore protagonista in una delle migliori interpretazioni della sua carriera, forse la migliore, tra momenti drammatici e raffinata ironia. Da’Vine Joy Randolph anche lei candidata tra le attrici non protagoniste.
Tre holdovers nell’America di Nixon e della guerra del Vietnam, attraversata dalle contestazioni giovanili contro l’autorità dei padri e dello Stato, e dai movimenti per l’uguaglianza razziale. Contenuti che non entrano direttamente nel film ma arrivano allo spettatore attraverso le inquietudini che agitano i personaggi: la dura elaborazione del lutto da parte di Mary che non smette di pensare che se non fosse stata povera e nera forse suo figlio sarebbe ancora vivo. La difficoltà per il professore di continuare a indossare la maschera dietro la quale nasconde inadeguatezze e frustrazioni. La ribellione di Angus ed il suo smarrimento così ben interpretato dallo sguardo che ci ricorda quello di Dustin Hoffman in The Graduate (1967). E non sarà un caso se Payne sceglie di mandare i due protagonisti a vedere Little big man, che in USA uscì il 23 dicembre del 1970, e di mostrarcene una breve scena con un primo piano di Hoffman.
Così, durante una quotidianità condivisa per obbligo, un po’ alla volta le dinamiche tra i personaggi si modificano, le reciproche diffidenze si smussano fino a quando “fuggono” in auto alla volta di Boston come in un road movie liberatorio. Intanto ognuno cambia una parte di sé per salutarci diverso da come l’avevamo incontrato. Racconto di formazione dunque per il giovane Angus, ma lezione di vita per tutti. Film ironico, vivace, autentico e profondo. Un film che emoziona, commuove e fa sorridere in un equilibrio perfetto tra le sue varie anime. Molto più di un film “buono” solo per Natale.
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