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imperior max
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lunedì 12 febbraio 2024
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la famiglia più vera di quelle vere.
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Alzi la mano chi non ha mai avuto a scuola un docente stronzissimo. Bene, lo immaginavo!
E immaginatevi, in una circostanza non proprio fortuita, di essere costretti a trascorrere il periodo natalizio in collegio con questo docente che, tra le tante cose, ricambia la stessa avversione. Finirà tutto con lo scannarsi o magari nel conoscersi meglio? Ecco, questa è l’idea di THE HOLDOVERS-LEZIONI DI VITA. Non proprio del tutto originale, ma è lo sviluppo ad essere parecchio ben fatto.
Intanto la regia è ottima, adotta lo stile nuova Hollywood del 1970, anno della storia, delle buone musiche, un montaggio che dona un ritmo interessante alla storia e gli attori sono strabilianti con un Paul Giamatti al 101% calato nella parte che fa’ simpatia solo a guardarlo.
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Alzi la mano chi non ha mai avuto a scuola un docente stronzissimo. Bene, lo immaginavo!
E immaginatevi, in una circostanza non proprio fortuita, di essere costretti a trascorrere il periodo natalizio in collegio con questo docente che, tra le tante cose, ricambia la stessa avversione. Finirà tutto con lo scannarsi o magari nel conoscersi meglio? Ecco, questa è l’idea di THE HOLDOVERS-LEZIONI DI VITA. Non proprio del tutto originale, ma è lo sviluppo ad essere parecchio ben fatto.
Intanto la regia è ottima, adotta lo stile nuova Hollywood del 1970, anno della storia, delle buone musiche, un montaggio che dona un ritmo interessante alla storia e gli attori sono strabilianti con un Paul Giamatti al 101% calato nella parte che fa’ simpatia solo a guardarlo.
Per quanto riguarda la storia la forza sta’ tutta nei tre personaggi principali: l’istrionico e stronzo professore di lettere classiche “Occhio sbilenco” Paul Hunham della Burton Academy, tutto libri e citazioni greche-romane, costretto dal preside a supervisionare gli studenti a Natale, il brillante e ribelle studente Angus Tully che vede male Paul e costretto a rimanere in collegio per complicanze familiari e infine la cuoca nera Mary Lamb che da poco ha perso il figlio in guerra. Da qui partiranno peripezie divertenti, bisticci e battibecchi, battute taglienti e da humor abbastanza intellettuale, dialoghi azzeccati, situazioni sentimentali e confronti che porteranno a momenti toccanti. Tutti e tre sono ben caratterizzati e con una crescita personale profondissima.
Molto ben inseriti una critica alla guerra in Vietnam molto sottile, ma significativa, il voler mentire per buona causa e la costruzione di una famiglia fatta di persone molto diverse eppure con molta reciprocità che la rende più autentica di una famiglia vera. Inutile dire che le battute a sfondo sessuale, i tempi comici e il “non me ne frega un cazzo” di Giamatti mi han fatto partire l’applauso.
Se non fosse per una decisione da parte di Angus un po’ forzata e un paio di raccordi stordenti, direi che qui stiamo parlando di un mezzo capolavoro.
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francesca meneghetti
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domenica 4 febbraio 2024
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conosci te stesso e guarda altrove
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Non sarà un capolavoro, nel senso che montaggio, movimenti di macchina, fotografia sono molto classici e anche nelle tematiche ci sono dei dejàs vu, ma il film “The holdovers” (letteralmente i residui) è di piacevole visione emerita di essere visto. Siamo nel 1970 in un collegio esclusivo della Nuova Inghilterra, alla vigilia delle vacanze di Natale, innevate secondo la tradizione. I rampolli di ricche famiglie d’élite, “cappelloni” come vuole la moda, consumatori di musica rock, di qualche cicca e di qualche spinello, devono vedersela con un severo professore d’antan, Hunham, che ha introiettato l’etica e la saggezza degli antichi, delle cui letture si nutre. Avendo opposto rifiuto alla richiesta del preside – interessato a buoni rapporti con i suoi clienti paganti – di promuovere un ragazzo di scarso profitto, viene punito: è costretto, anziché andare in vacanza, a restare in collegio con cinque studenti scaricati dalla famiglia, che poi si ridurranno ad uno solo, Angus.
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Non sarà un capolavoro, nel senso che montaggio, movimenti di macchina, fotografia sono molto classici e anche nelle tematiche ci sono dei dejàs vu, ma il film “The holdovers” (letteralmente i residui) è di piacevole visione emerita di essere visto. Siamo nel 1970 in un collegio esclusivo della Nuova Inghilterra, alla vigilia delle vacanze di Natale, innevate secondo la tradizione. I rampolli di ricche famiglie d’élite, “cappelloni” come vuole la moda, consumatori di musica rock, di qualche cicca e di qualche spinello, devono vedersela con un severo professore d’antan, Hunham, che ha introiettato l’etica e la saggezza degli antichi, delle cui letture si nutre. Avendo opposto rifiuto alla richiesta del preside – interessato a buoni rapporti con i suoi clienti paganti – di promuovere un ragazzo di scarso profitto, viene punito: è costretto, anziché andare in vacanza, a restare in collegio con cinque studenti scaricati dalla famiglia, che poi si ridurranno ad uno solo, Angus. Per cui, a restare nella struttura sono in tre, perché al prof e ad Angus si deve aggiungere la cuoca Mary, nera. Le prospettive sono tristissime, anche se - va detto – la sceneggiatura prevede una raffica di battute e di situazioni umoristiche. Ad ogni modo, all’approssimarsi del Natale, i tre holdovers, o superstiti, hanno modo di conoscersi, di scoprire di essere uno lo specchio dell’altro quanto a solitudine: Hunham perché non ha famiglia e si è giocato la carriera per un’intemperanza giovanile, Angus perché la madre, dove aver rinchiuso il padre in manicomio, ha un nuovo compagno e rifiuta il figlio; Mary perché ha perso nella guerra del Vietnam il suo unico figlio, che era riuscita a far studiare con sacrificio nella stessa scuola in cui lavora. Naturalmente l’avvicinamento delle tre persone, indotto dalle circostanze, le induce a scoprirsi, a uscire dai ruoli e dalle maschere, a realizzare un viaggio a Boston, che metterà a repentaglio la carriera scolastica di Angus, col il rischio di esser dirottato al collegio militare e da lì in Vietnam. Si intrecciano quindi nel film il tema della formazione (che riecheggia inevitabilmente L’attimo fuggente), con il tema sociale e razziale: i bianchi ricchi si salvano dal Vietnam. Chi ci rimette sono i poveri e i neri. L’interpretazione dei tre personaggi è notevole, a partire dal prof Huntam (Paul Giamatti), che, con il suo strabismo e il fisico respingente, anche per l’odore che emana, sembra ricordare il Mattia Pascal pirandelliano, che, anche se non pare, guarda oltre il mondo a cui appartiene e anela, in fondo, alla libertà
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tina
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domenica 4 febbraio 2024
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per cinefili, ma non del genere ''impegnato''
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Insegnante a fine carriera ritrova le proprie motivazioni nel crearsi di un rapporto con un proprio studente;. Equilibrato e dai sentimenti sobri, una inaspettata storia sulle relazioni di crescita.
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jonnylogan
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sabato 3 febbraio 2024
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i buoni maestri
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Il Natale del 1970 non sarà ricordato come uno dei più incredibili del XX secolo, ma di certo tornerà alla memoria di chi lo ha trascorso in compagnia del professor Paul Hunham, come una di quelle circostanze capace di formarne il carattere. Almeno crediamo che il giovane Angus Tully si ricorderà di questa esperienza in bilico fra Breakfast Club (id.,1985) nel quale John Huges narrava un sabato di cinque studenti indisciplinati costretti a trascorrere assieme una giornata di punizione e L'attimo fuggente (Dead Poets Society.,1989) in cui le vicende si svolgono fra le mura della Welton Academy la cui qualità didattica e gli ambienti sembrano la copia di quelli della Barton.
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Il Natale del 1970 non sarà ricordato come uno dei più incredibili del XX secolo, ma di certo tornerà alla memoria di chi lo ha trascorso in compagnia del professor Paul Hunham, come una di quelle circostanze capace di formarne il carattere. Almeno crediamo che il giovane Angus Tully si ricorderà di questa esperienza in bilico fra Breakfast Club (id.,1985) nel quale John Huges narrava un sabato di cinque studenti indisciplinati costretti a trascorrere assieme una giornata di punizione e L'attimo fuggente (Dead Poets Society.,1989) in cui le vicende si svolgono fra le mura della Welton Academy la cui qualità didattica e gli ambienti sembrano la copia di quelli della Barton. Parliamo in entrambi i casi di college maschili necessari a formare le nuove generazioni di leader degli States ed entrambi dotate di un corpo docente inflessibile. Ma se fra le aule della Welton si aggirava l'anticonformista professor John Keating, fra quelle ingessate della Barton è il Professor Hunham che si permette di fare la voce grossa. Odiato da tutto il corpo insegnanti e allievi, deriso per l'aspetto fisico e temuto da tutti per la sua grande intransigenza.
Paul Giamatti, nei panni di Paul Hunham, offre una prova in bilico fra la didattica e la sensibilità dell'uomo maturo capace di fare, nel breve volgere di qualche giorno, da guida per il ribelle ma dotato Angus, il ventunenne Dominic Sessa, esordiente incredibilmente convincente e scelto quasi per caso al termine di centinaia di provini. Ai due si aggiunge l'attrice e cantante Da’Vine Joy Randolph, inserviente della Barton, segnata da un lutto capace di annientare chiunque, ma anche in grado di far avvicinare due poli all'apparenza respingenti come il giovane allievo e il burbero professore.
Payne riporta il proprio cinema pieno di minimalismo e vita quotidiana, al centro della prossima notte degli Oscar, con la possibilità concreta di aggiungere nuovi titoli alle due statuette vinte per la sceneggiatura non originale sia nel 2005, con Sideways - In viaggio con Jack (Sideways; 2004), del quale fra i protagonisti appariva Giamatti, sia nel 2012 con Paradiso Amaro (The Descendants; 2011). Lo fa ancora una volta con uno stile fatto di storie comuni e grazie a un una solida sceneggiatura, scritta da David Hemingson, che funziona come un orologio in perenne bilico fra la reclusione dei protagonisti e un viaggio on the road che li porterà a completare la scoperta reciproca, creando una narrazione che oltre che debitrice degli anni '80 lo è ancor di più nei confronti del cinema dei '70, ricostruiti in maniera perfetta sia da un punto di vista di ambientazione, sia in termini di riprese, nonostante la pellicola sia stata girata in digitale. E a film concluso ci sentiamo di consigliare il recupero e la riscoperta delle precedenti pellicole di un regista che come pochi altri sa descrivere quel mondo a parte che definiamo America.
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rob
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mercoledì 31 gennaio 2024
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piacevole
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Pur nella sua semplicità profondo. Le vite diverse dei protagonisti, i loro caratteri, le loro speranze e aspirazioni, le loro delusioni…e tutto quello che viene fuori quando entrano forzatamente in contatto.
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william dollace
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sabato 27 gennaio 2024
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the holdovers
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I residuati, gli oppressi di Camus, i rimasti, che brillano nelle loro esistenze quotidiane dis/graziate, con le toppe sulle giacche sulle ginocchia o con il cuore rammendato da un filo ordinario, con un occhio solo o troppi ricordi, con le sabotate pareti delle nostre menti, le cicatrici argentate che le compongono, ed è ciò che fa alexander payne, mettere insieme tutto questo e consegnarci l’ennesimo bicchiere di vino d’annata da versare in un bicchiere di carta per le sere solitarie, centro nevralgico della cura della bellezza negli “oppressi”, oh miei capitani, che sanno sempre cosa significa essere se stessi a proprie spese, che vediamo, solo se nella sottrazione miope delicata, che non contraddistingue il nostro tempo.
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montefalcone antonio
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giovedì 25 gennaio 2024
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quando ad essere trattenuta è la propria vita...
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Payne ritrova il suo stile migliore e realizza il suo film più personale, attraverso un racconto di formazione dai toni agrodolci e dalla tenerezza e sensibilità della sua messinscena.
L’opera, che dosa con equilibrio dramma e commedia, ha il suo grande pregio nella dolente umanità trasmessa dagli eccellenti e convincenti attori (Paul Giamatti e Da’Vine Joy Randolph sono da Oscar, ma anche l’esordiente Dominic Sessa è bravissimo), nella sensibilità della messinscena, nella cronaca di vite rimosse, mai vissute. Payne lavora su tematiche complesse (il conflitto generazionale, l'orrore della guerra, la misantropia, la solitudine, il lutto, la depressione), scandaglia emozioni trattenute, si sofferma su cieli plumbei, e indaga nelle pieghe dell’anima e di ciò che essa (ci) nasconde.
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Payne ritrova il suo stile migliore e realizza il suo film più personale, attraverso un racconto di formazione dai toni agrodolci e dalla tenerezza e sensibilità della sua messinscena.
L’opera, che dosa con equilibrio dramma e commedia, ha il suo grande pregio nella dolente umanità trasmessa dagli eccellenti e convincenti attori (Paul Giamatti e Da’Vine Joy Randolph sono da Oscar, ma anche l’esordiente Dominic Sessa è bravissimo), nella sensibilità della messinscena, nella cronaca di vite rimosse, mai vissute. Payne lavora su tematiche complesse (il conflitto generazionale, l'orrore della guerra, la misantropia, la solitudine, il lutto, la depressione), scandaglia emozioni trattenute, si sofferma su cieli plumbei, e indaga nelle pieghe dell’anima e di ciò che essa (ci) nasconde.
Il personaggio interpretato da Paul Giamatti (l’attore era già stato diretto vent’anni prima dal regista in “Sideways - In viaggio con Jack”), è un burbero professore di una scuola americana, costretto a rimanere nel campus durante la pausa natalizia per seguire un gruppo di studenti che non ha un luogo dove passare le feste. In modo inatteso crea un legame speciale con uno di loro – un cervellotico combina guai (l’esordiente Dominic Sessa) — e con la responsabile della cucina della scuola, che ha appena perso un figlio in Vietnam (Da’Vine Joy Randolph).
Questa umanistica e toccante vicenda (della quale Alexander Payne ha avuto l’idea dopo aver visto il film “Vacanze in collegio (Merlusse)” diretto da Marcel Pagnol nel ’35) racconta l’unione (prima forzata, poi condivisa) di tre estranei e viene trattata come quella di una famiglia (con le sue varie disfunzionalità), anche se ogni personaggio sembra un fantasma o un residuo di ciò che rimane di se stessi.
Attraverso sequenze che si spostano tra spazi chiusi, desolati e viaggi on the road (è il quinto film di Payne a presentare un viaggio come punto centrale della trama, gli altri includono “A proposito di Schmidt”, “Paradiso amaro”, “Sideways” e“Nebraska”), il regista ci mostra ancora una volta il volto dell’America profonda, le lotte e le immobilità, le malinconie del passato e i rimpianti, i traumi e i desideri individuali e collettivi mai concretizzati, ma anche le vulnerabilità e le contraddizioni del suo presente; invitando lo spettatore a riflettere sull’importanza della condivisione tra persone, soprattutto quando costoro sono caratterialmente distanti e diverse fra loro. Nel prossimo si potrà trovare qualcosa di davvero utile e prezioso per noi. Si potrà (ri)scoprire di più e meglio se stessi, prima ancora di chi si ha vicino; e soprattutto si potrà non soltanto conoscere come superare i propri limiti, ma anche imparare a guardare al futuro con uno sguardo completamente nuovo.
La verità umana dei personaggi scaturisce nello stesso modo sia dai loro pregi che dai loro limiti e difetti. C'è tutta la poetica del cinema di Payne in “The Holdovers”, il malessere esistenziale dell’individuo, la lotta quotidiana per accettare i propri difetti e comprendersi l'un l'altro. Un cinema umanista e soprattutto empatico verso chi viene lasciato indietro ma resiste nella forza di affrontare le piccole o grandi tragedie.
Insomma, “The Holdovers” è un film godibile e coinvolgente, convenzionale ma incisivo nello stile e dalla trama interessante ed efficace. E’ un dramma di spessore e ricco di potenza emotiva.
Un inno cinematografico e poetico sulla solidarietà che nasce dalla sofferenza, e, per mezzo dei suoi personaggi (perdenti loro malgrado, sfiancati dalle sorti avverse), ci regala divertimento e commozione, suggerendoci riflessioni importanti e non scontate. Assolutamente da non perdere.
Una curiosità: sebbene l’opera ha un suggestivo ed affascinante look cinematografico che ricorda in modo molto significativo i film degli anni ’70 (per l’ambientazione, la pellicola 35 mm nel formato 1.66:1, il taglio delle inquadrature, i colori pastosi della fotografia, la grafica dei titoli di coda), è stata interamente girata in digitale con una ARRI Alexa Mini. Tutti i tratti distintivi della pellicola di celluloide, come la grana, l’alone, lo sporco e la tessitura del film, sono stati aggiunti in post-produzione.
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athos
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martedì 23 gennaio 2024
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Bella commedia con un Paul Giamatti in gran forma che interpreta un professore rigido e dai principi molto radicati. Forse un tantino lunga è un guardare rilassato e con qualche risata ironica.
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sabato 20 gennaio 2024
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ma scrivere recensioni comprensibili no eh!
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Perché arzigogolarsi in incomprensibili e criptiche recensioni ? Non si capisce nulla, c'è la costante ricerca di elucubrazioni linguistiche e citazioni di film sconosciuti. Forse dovreste confrontarvi solo tra voi critici divertendovi a parlare difficile e non per i comuni mortali lettori.
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