tom cine
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martedì 3 ottobre 2023
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un horror intelligente e spiazzante
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La storia dell’horror cinematografico ha una caratteristica ricorrente: il meglio viene spesso da piccole produzioni che prendono vita da zone che sono geograficamente o produttivamente, anche se spesso le due cose coincidono, lontane dagli studios delle grandi case di produzione. Ci sono le eccezioni (“L’esorcista”, per esempio), ma spesso i cult di questo genere nascono così ed è quello che è avvenuto per “Talk to me”.
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La storia dell’horror cinematografico ha una caratteristica ricorrente: il meglio viene spesso da piccole produzioni che prendono vita da zone che sono geograficamente o produttivamente, anche se spesso le due cose coincidono, lontane dagli studios delle grandi case di produzione. Ci sono le eccezioni (“L’esorcista”, per esempio), ma spesso i cult di questo genere nascono così ed è quello che è avvenuto per “Talk to me”. Il film dei fratelli Philippou è una piccola produzione che viene, addirittura, dall’Australia. E da lì è andata alla carica negli Stati Uniti per poi arrivare, dopo aver sbancato i botteghini statunitensi, in Italia. A cosa si deve il motivo di tale riuscita? La risposta è semplice: sa avvincere e sa spaventare, perché è fatto molto bene e non ricorre, perché non ne ha bisogno, a facili stratagemmi. E sa fondere, come pochi, elementi che derivano da paure antiche (in questo caso, gli spiriti e l’inferno, di cui il film ci propone una visione fuggevole ma talmente raccapricciante che ci si augura davvero che un posto del genere non esista) con altri generatori di angosce più moderne (il cinismo con cui, a volte, vengono usate le chat). E c’è di più, molto di più: l’horror, quando è al suo meglio, è un genere che può diventare il termometro dei malesseri della società e questo film sa affrontare il tema della solitudine delle nuove generazioni affondando il coltello nella piaga con perizia quasi chirurgica. E lo fa mettendo, al centro della storia, la giovane Mia (la promettente Sophie Wilde). La ragazza, che ha perso la madre da un anno e ha un rapporto conflittuale con il padre, viene ospitata in casa di un’amica, Jade, che vuole aiutarla. Qui stringe amicizia anche con il fratellino di Jade, Riley. Le due ragazze vengono a sapere, tramite Internet, di una strana challenge (una sfida diffusa tramite dei video immessi nella Rete) promossa da una loro amica, Hayley, insieme ad un altro personaggio: una sorta di seduta spiritica che si svolge tramite un antico manufatto (una mano imbalsamata e ricoperta di ceramica) e in cui alcuni ragazzi si alternano per fare da medium. Un pò per cercare di confutare le dicerie sull’effettiva efficacia del rito, un pò per divertirsi (ma la sceneggiatura è sottile nel suggerire che Mia è mossa dal desiderio inconscio di rivedere la madre morta), le due ragazze (a cui si aggiunge Riley) decidono di prendere accordi con Hayley e di assistere di persona ad una delle sedute. Nel corso della serata, Mia decide di fare da cavia e si sottopone al contatto con il mondo degli spiriti. Accettata nel gruppo, Mia reitera la pericolosa esperienza insieme agli altri. Peccato, però, che il termine “spiriti” include anche la categoria dei demoni e quando una delle “presenze” si presenta spacciandosi per la madre della ragazza, le conseguenze saranno terrificanti e dolorose.
Con il riassunto della trama, mi fermo qui perché i colpi di scena non mancano e sono anche costruiti bene. “Talk to me” è un film spiazzante e lo spunto di partenza è sviluppato splendidamente e senza tentennare nei momenti di paura più intensa, chiamando in causa il malessere sociale e una caratterizzazione credibile dei personaggi che non sono statici e hanno tutti delle evoluzioni coerenti e verosimili. Sono tutti soltanto apparentemente uniti, perché sono immersi nelle loro solitudini, amplificate dall’uso delle chat e degli smartphone e questo permette al film di compiere brillantemente un feroce giro di boa a metà della narrazione, accelerandone anche il ritmo. Dopo un prologo molto violento (e su cui non si dovrebbe sapere nulla prima della visione), il film si presenta come il classico horror-movie per teenager: ci sono i giovani immaturi e quindi irresponsabili, l’elemento soprannaturale, le feste, la goliardia, il rapporto problematico con i genitori, eccetera. Si assiste perfino aduna parentesi ironica, quasi al limite della parodia, con le varie possessioni girate e montate come un videoclip. Perfino le presenze soprannaturali non inquietano più di tanto. Ma poi prende una piega inaspettatamente cupa e drammatica, dove la violenza grafica non è molta (ma le scene sanguinose ci sono e, anche se sono pochissime, sono piuttosto forti), ma dove impera quella psicologica e dove a creare disagio non sono soltanto le presenze diaboliche, che oltre ad essere visivamente laide agiscono anche con abnorme perfidia, ma soprattutto l’isolamento emotivo che stringe i personaggi e, ovviamente, la protagonista in particolare che rimane da sola con i suoi rimorsi, le sue insicurezze e le sue paure. Isolamento che viene reso magnificamente dalla fredda fotografia del film e dalla regia che sa creare un’atmosfera che lo amplifica anche attraverso le location che altro non sono se non fredde e anonime periferie urbane. “Talk to me”, come tutti gli horror davvero riusciti, usa il fantastico per parlare di qualcosa di molto più reale: apparentemente racconta soltanto una storia di spiriti diabolici, di possessioni e di sedute spiritiche, ma dice anche qualcosa sulle fragilità, usando le figure demoniache come pretesti. E lo fa magnificamente bene: quindi, tanto di cappello!
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[+] ben oltre di un teen-horror soprannaturale
(di antonio montefalcone)
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luca percival
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domenica 22 ottobre 2023
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la nuova wave
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La totale (o quasi) assenza di paura chimica scaturita da jumpscare privi di senso e una regia indovinata e tecnicamente ricercata, portano questo "piccolo" film ad una consistenza inaspettata. La prima metà è praticamente perfetta nella costruzione narrativa e nell'introduzione alla storia, senza mai fornire il classico spiegone che tranquillizza lo spettatore, ma nemmeno propina con superficialità personaggi e storyline. Anzi, nella figura della protagonista Mia, si condensano molti temi delicati affrontati con un certo riguardo dal renderli espliciti, ma di facile comprensione per occhi allenati. Le scene intense che lo sbattono nella categoria horror, funzionano grazie ad un girato interessante e con scelte stilistiche che oggettivamente si vede escano da due registi appena trentenni.
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La totale (o quasi) assenza di paura chimica scaturita da jumpscare privi di senso e una regia indovinata e tecnicamente ricercata, portano questo "piccolo" film ad una consistenza inaspettata. La prima metà è praticamente perfetta nella costruzione narrativa e nell'introduzione alla storia, senza mai fornire il classico spiegone che tranquillizza lo spettatore, ma nemmeno propina con superficialità personaggi e storyline. Anzi, nella figura della protagonista Mia, si condensano molti temi delicati affrontati con un certo riguardo dal renderli espliciti, ma di facile comprensione per occhi allenati. Le scene intense che lo sbattono nella categoria horror, funzionano grazie ad un girato interessante e con scelte stilistiche che oggettivamente si vede escano da due registi appena trentenni. Ottime le interpretazioni e il supporto sonoro, sibillino nella presenza senza assillare mai. Montaggio sonoro centillinato. Sia chiaro, non è assolutamente esente da difetti: la seconda parte cala in ritmo e lascia qualche situazione abbandonarsi a se stessa, ma funziona nel complesso con un finale leggermente sbrigativo ma che chiude il cerchio in modo soddisfacente in stile "Nightmare Alley" di Guillermo del Toro. Un plauso sincero alla scelta della mano come sorta di mcGuffin e ad alcune scene (Mia quando entra in casa poco prima che il padre legga la lettera della madre, il piede succhiato, la possessione di Riley e la prima di Mia su tutte) che sono un chiaro esempio di come per il genere, ci sia ancora una vivida speranza di rinnovarsi. Consigliato, sarà un futuro cult.
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dandy
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lunedì 29 gennaio 2024
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dare una mano non sempre giova...
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Debutto del duo australiano,youtubers già noti in patria per i loro corti e co-produttori di "Babadook".Un horror che a dispetto dello spunto non approfondito a dovere ed un tantino forzato non solo trova in esso innegabile fascino e la capacità di rinnovare il classico tema della possessione e dei pericoli dell'aldilà,ma sorprende anche per la cupezza davvero inusitata con cui tratteggia la vicenda.Emerge un ritratto ben poco accomodante di una gioventù irresponsabile e superficiale,dove un potere nefasto è utilizzato come becero passatempo e la protagonista nella smania di accettazione e di voler far luce a tutti i costi su una tragedia personale diventa causa scatenante del male contro chi la circonda.
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Debutto del duo australiano,youtubers già noti in patria per i loro corti e co-produttori di "Babadook".Un horror che a dispetto dello spunto non approfondito a dovere ed un tantino forzato non solo trova in esso innegabile fascino e la capacità di rinnovare il classico tema della possessione e dei pericoli dell'aldilà,ma sorprende anche per la cupezza davvero inusitata con cui tratteggia la vicenda.Emerge un ritratto ben poco accomodante di una gioventù irresponsabile e superficiale,dove un potere nefasto è utilizzato come becero passatempo e la protagonista nella smania di accettazione e di voler far luce a tutti i costi su una tragedia personale diventa causa scatenante del male contro chi la circonda.L'atmosfera opprimente con pochi (ma ben assestati)momenti shock ricordano "Herditary" e i registi(anche sceneggiatori) gestiscono bene sia la storia(notevole il prologo ed azzeccato il finale tragico e sospeso allo stesso tempo)che la confezione.Discreto successo sia in patria che altrove(quasi 100 milioni di incasso per un budget di 4 e mezzo)che pare abbia spinto i registi a realizzarne sia un prequel che un sequel.Speriamo non si tarpino le ali subito dopo aver spiccato il volo,perchè questo rappresenta un inizio degno di rispetto e sarebbe davvero un peccato rovinare tutto...
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figliounico
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venerdì 17 maggio 2024
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la mano della gloria
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Esordio alla regia dei fratelli australiani Danny e Michael Philippou. Horror adolescenziale che esce fuori dai canoni tipici del sottogenere grazie alla scelta del casting di ragazzi dalla faccia normale come protagonisti piuttosto che i soliti ragazzotti bellocci e le piccole fotomodelle in erba. Per il resto, la Mano della Gloria al posto della tavoletta Ouija per stabilire un contatto con l’aldilà e questa sarebbe la novità rispetto alle decine di film demoniaci sfornati ogni anno da Hollywood. La differenza però la fa il canguro agonizzante per strada difficile da trovare negli States ed il trucco, sia digitale che classico, dei giovani attori posseduti. Impressionante il volto, già strano, di Joe Bird dopo gli atti di autolesionismo.
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Esordio alla regia dei fratelli australiani Danny e Michael Philippou. Horror adolescenziale che esce fuori dai canoni tipici del sottogenere grazie alla scelta del casting di ragazzi dalla faccia normale come protagonisti piuttosto che i soliti ragazzotti bellocci e le piccole fotomodelle in erba. Per il resto, la Mano della Gloria al posto della tavoletta Ouija per stabilire un contatto con l’aldilà e questa sarebbe la novità rispetto alle decine di film demoniaci sfornati ogni anno da Hollywood. La differenza però la fa il canguro agonizzante per strada difficile da trovare negli States ed il trucco, sia digitale che classico, dei giovani attori posseduti. Impressionante il volto, già strano, di Joe Bird dopo gli atti di autolesionismo. Finale a loop prevedibile ma simpatico, da vedere.
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