lizzy
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sabato 29 gennaio 2022
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evitabile.
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Onestamente trovo questo "Boys" un film che si poteva evitare (di girare).
Ho sperato fin dall'inizio di trovare una bella commedia corale, magari anche con qualche colpo di scena verso la fine (Il "Luca" del quale non si è trovato mai il corpo magari che ti spunta fuori come compagno della Russinova o come finanziatore occulto del progetto col trappista), ma nulla ha fatto ben sperare fino alla fine, scontata, piatta ed inutile, di un lavoro che non decolla mai.
A cominciare proprio dalla musica: quella che dovrebbe essere la vera protagonista del film qua non c'è proprio.
Tranne che qualcuno voglia spacciare per "rock" quelle nenie melense che saturano l'atmosfera del film.
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Onestamente trovo questo "Boys" un film che si poteva evitare (di girare).
Ho sperato fin dall'inizio di trovare una bella commedia corale, magari anche con qualche colpo di scena verso la fine (Il "Luca" del quale non si è trovato mai il corpo magari che ti spunta fuori come compagno della Russinova o come finanziatore occulto del progetto col trappista), ma nulla ha fatto ben sperare fino alla fine, scontata, piatta ed inutile, di un lavoro che non decolla mai.
A cominciare proprio dalla musica: quella che dovrebbe essere la vera protagonista del film qua non c'è proprio.
Tranne che qualcuno voglia spacciare per "rock" quelle nenie melense che saturano l'atmosfera del film.
Anche gli attori, costantemente sottotono, non si sforzano più di tanto di ravvivare qualcosa che ha più di uno zombie che di un vivente.
E non basta ricercare nel solito momento "on the road", andando perfino a rispolverare un vecchio pulmino vintage, uno sviluppo dinamico della faccenda.
Forse solo una delle battute finali, "Fa davvero tanta tristezza vedere dei vecchi che suonano il rock" da la misura giusta di questa pellicola: triste e patetica, col buonismo che trionfa sempre, con il solito sdoganamento di spinelli e droghette varie e con i protagonisti alla fine convinti di aver fatto "la figata".
(Chiariamo: ci sono persone anziane molto più "rock" di certi giovincelli, io mi riferivo, come tristezza, esclusivamente ai personaggi di questo film...).
Che poi se il cinema italiano non fa successo chiediamocene il perchè...
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jonnylogan
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martedì 12 ottobre 2021
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evaporati in una nuvola rock
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Carlo, Giacomo, Bobo e Joe sono gli ex componenti dei ‘The Boys’, gruppo rock che negli anni ’70 stava riscuotendo un buon successo prima che Luca, il loro bassista, si suicidasse in maniera inaspettata. Da quel momento i quattro hanno continuato a esibirsi più per passione che per lavoro mentre le rispettive vite si sono normalizzate. Questo fino a quando un giovane rapper li preme per acquistare i diritti di tutto il loro repertorio. I quattro iniziano a riflettere ma devono necessariamente sentire anche l’opinione di Anita, la cantante della quale hanno perso le tracce da più di quarant’anni.
Davide Ferrario, regista ma anche critico cinematografico, riesuma gli anni ’70 e ci offre quest’ ‘Ultimo Bacio’ in salsa agrodolce, dove ai trenta quarantenni che si guardano come la generazione di mezzo si sostituiscono un manipolo di quasi sessantenni che hanno vissuto la decade più psichedelica della nostra musica, e non solo della musica, agitando le proprie fender.
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Carlo, Giacomo, Bobo e Joe sono gli ex componenti dei ‘The Boys’, gruppo rock che negli anni ’70 stava riscuotendo un buon successo prima che Luca, il loro bassista, si suicidasse in maniera inaspettata. Da quel momento i quattro hanno continuato a esibirsi più per passione che per lavoro mentre le rispettive vite si sono normalizzate. Questo fino a quando un giovane rapper li preme per acquistare i diritti di tutto il loro repertorio. I quattro iniziano a riflettere ma devono necessariamente sentire anche l’opinione di Anita, la cantante della quale hanno perso le tracce da più di quarant’anni.
Davide Ferrario, regista ma anche critico cinematografico, riesuma gli anni ’70 e ci offre quest’ ‘Ultimo Bacio’ in salsa agrodolce, dove ai trenta quarantenni che si guardano come la generazione di mezzo si sostituiscono un manipolo di quasi sessantenni che hanno vissuto la decade più psichedelica della nostra musica, e non solo della musica, agitando le proprie fender. I quatto sono Marco Paolini, per una volta lontano dal teatro impegnato. Neri Marcorè, fratello minore del suicida Luca, e parte del gruppo proprio perché suo fratello, Giovanni, per questa volta senza Aldo e Giacomo e Giorgio Tirabassi. I quattro suonano per diletto ma anche per rimanere attaccati alla vita, mentre le rispettive esistenze sono esattamente come quella di molti di noi, con passioni ma anche con affetti, lavoro, vita vissuta e famiglie che si sfaldano o si sono sfaldate esattamente come può succedere alla salute, mentre i quattro cercano di trovare un bandolo mai del tutto smarrito, sia per quanto riguarda il gruppo ma anche per la loro pluriennale amicizia. Mauro Pagani, polistrumentista, ex membro della PFM e collaboratore di De André, offre alla pellicola parte dei suoi pezzi storici ma mai incisi e che per l’occasione fa cantare e suonare dai quattro componenti del gruppo. Alla fine si sorride e riflette, con una deriva on the road alla ricerca di Anita, Isabel Russinova e un finale conciliante e pieno di buoni sentimenti che però non inficia minimamente la qualità della pellicola.
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paola d. g. 81
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giovedì 22 luglio 2021
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nostalgico e poetico
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Un bellissimo film, delicato e poetico che piacerà ai romanticoni nostalgici amanti del rock classico.
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roberto gambrosier
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sabato 10 luglio 2021
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imbarazzante
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Tenuto conto degli attori mi aspettavo un film gradevole non particolarmente originale dato che l'argomento ( anni 70, musica rock, sogni, fallimenti , etc ) era già stato trattato .
vai a vedere un film del genere con la stessa modalità con cui compri un disco che hanno già edito più volte.
conosci il contenuto ma speri sempre in qualche nuova bonus track.
Invece qui non c'è nulla ma proprio nulla . La sceneggiatura è inesistente, gli attori poco convinti a tratti goffi e ridotti a macchiette. Il finale è l'apoteosi del nulla , prevedibile , scontato , imbarazzante.
unica consolazione : sapere che la Russinova è ancora una bella donna .
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Tenuto conto degli attori mi aspettavo un film gradevole non particolarmente originale dato che l'argomento ( anni 70, musica rock, sogni, fallimenti , etc ) era già stato trattato .
vai a vedere un film del genere con la stessa modalità con cui compri un disco che hanno già edito più volte.
conosci il contenuto ma speri sempre in qualche nuova bonus track.
Invece qui non c'è nulla ma proprio nulla . La sceneggiatura è inesistente, gli attori poco convinti a tratti goffi e ridotti a macchiette. Il finale è l'apoteosi del nulla , prevedibile , scontato , imbarazzante.
unica consolazione : sapere che la Russinova è ancora una bella donna .
non credo sia un motivo sufficiente per andare a cinema a vedere questo film .
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francesca meneghetti
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sabato 3 luglio 2021
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seventies forever
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Chi ha attraversato (o è stato attraversato da) gli anni Settanta ne porta impronte indelebili. Possono essere segni visibili (nel vestire, occhieggiando all’ hippy style, negli accessori, dagli occhiali agli stivaletti, dalle collanine alle sciarpe indiane; oppure nell’acquisto, per chi può, del furgoncino Volkswagen, magari decorato a fiori). Oppure segni interiori: un certo modo di sentire, un po’ fricchettone, tendenzialmente non allineato, l’amore per la libertà, l’amore, soprattutto, per una cultura musicale che ha raggiunto vette molto alte in quegli anni, tanto da apparire inarrivabile da parte di esperienze postume. C’è da stupirsi allora se esistono delle band di sessantenni o settantenni che suonano con la stessa passione dell’adolescenza delle cover seventy di tutto rispetto, sdegnando tutto quello che è arrivato dopo? Dopo la svolta degli anni ’80, in cui tutto, musica, televisione, cinema, politica, é diventato marketing… Nel film Boys si racconta la storia di una band che non esegue cover, ma musica e testi autoprodotti, solo che il frontman non ha retto a quel passaggio epocale markettaro e si è suicidato, lasciando il posto al fratello.
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Chi ha attraversato (o è stato attraversato da) gli anni Settanta ne porta impronte indelebili. Possono essere segni visibili (nel vestire, occhieggiando all’ hippy style, negli accessori, dagli occhiali agli stivaletti, dalle collanine alle sciarpe indiane; oppure nell’acquisto, per chi può, del furgoncino Volkswagen, magari decorato a fiori). Oppure segni interiori: un certo modo di sentire, un po’ fricchettone, tendenzialmente non allineato, l’amore per la libertà, l’amore, soprattutto, per una cultura musicale che ha raggiunto vette molto alte in quegli anni, tanto da apparire inarrivabile da parte di esperienze postume. C’è da stupirsi allora se esistono delle band di sessantenni o settantenni che suonano con la stessa passione dell’adolescenza delle cover seventy di tutto rispetto, sdegnando tutto quello che è arrivato dopo? Dopo la svolta degli anni ’80, in cui tutto, musica, televisione, cinema, politica, é diventato marketing… Nel film Boys si racconta la storia di una band che non esegue cover, ma musica e testi autoprodotti, solo che il frontman non ha retto a quel passaggio epocale markettaro e si è suicidato, lasciando il posto al fratello. Così Carlo (Giovanni Storti), Joe (Marco Paolini, un po’ troppo ingessato alle tastiere), Bobo (Giorgio Tirabassi) e Giacomo (Neri Marcorè) proseguono il loro cammino, per pura passione, e con spirito di amicizia, anche se i problemi della vita e dell’invecchiamento (prostata in primis) non li risparmiano. A rompere il loro tran tran è la proposta dell’agente di un rapper (che più volgare e buzzurro nel suo falso lusso non si può): chiede i diritti di tutte le loro canzoni (composte da Mauro Pagani, per altro) per farne una cover trendy. I soldi che si prospettano sono molti, ma mancherebbe la firma della bella cantante del tempo, sparita nel nulla. Inizia così un viaggio (l’on the road non poteva mancare), alla ricerca di questa donna che non è ritornata nell’Est, da cui proveniva, ma è finita a Capracotta, nel Molise. Sempre bella, affascinante e amichevole. Non dico come va a finire. Mi sembra però che le intenzioni di Davide Ferrario, nonostante la qualità del cast, siano migliori dei risultati, che non sono tuttavia scadenti. Non so se è una questione di ritmo, di montaggio o altro. Va detto però che in quei 97’ si ride, ci si diverte, si alimenta l’avversione verso il rapping, che, di per sé, è nato povero tra gli afro, mentre viene sempre di più cavalcato da personaggi orripilanti che ti fanno dire: Manneskin for ever!
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