figliounico
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mercoledì 15 marzo 2023
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una barzelletta a carnevale
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Da una costola della saga dell’horror distopico nasce un apocalittico politicamente confusionario più che visionario, diretto da uno sconosciuto Everardo Gout, che sembra voler contestare addirittura il modello di società americano, se non fosse che l’attacco suoni falso perché mosso in un racconto futuristico palesemente fantastico dove gli Usa sono governati dai Padri fondatori ed è consentito spararsi addosso impunemente una volta all’anno. Una carnevalata in cui tutte le critiche al sistema sono quindi lecite e le grandi colpe reali, storiche ed attuali, dell’America, lo sterminio dei nativi, il razzismo, le diseguaglianze sociali, la diffusione di armi d’assalto, il muro messicano, sono retoricamente enunciate e di fatto banalmente ridicolizzate dal contesto.
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Da una costola della saga dell’horror distopico nasce un apocalittico politicamente confusionario più che visionario, diretto da uno sconosciuto Everardo Gout, che sembra voler contestare addirittura il modello di società americano, se non fosse che l’attacco suoni falso perché mosso in un racconto futuristico palesemente fantastico dove gli Usa sono governati dai Padri fondatori ed è consentito spararsi addosso impunemente una volta all’anno. Una carnevalata in cui tutte le critiche al sistema sono quindi lecite e le grandi colpe reali, storiche ed attuali, dell’America, lo sterminio dei nativi, il razzismo, le diseguaglianze sociali, la diffusione di armi d’assalto, il muro messicano, sono retoricamente enunciate e di fatto banalmente ridicolizzate dal contesto. Emblematica è l’assenza di qualsiasi accenno critico alla politica imperialista e guerrafondaia degli States nel mondo, forse perché indicibile anche in una farsa come questa. L’unico pregio del film è di aver introdotto una innovazione alla prolifica serie del La notte del giudizio, ambientata di solito nelle megalopoli, trasferendo il set in un ranch tra cavalli, cowboy e paesaggi da western moderno. Tuttavia lo sviluppo del plot riconduce il manipolo di eroi ben presto nella usuale giungla d’asfalto, dove è in corso l’ennesima guerra di tutti contro tutti, nello scontro finale contro i suprematisti bianchi, i veri cattivi da combattere, a capo di una rivolta che all’inizio era partita dall’invidia di classe dei poveri contro i ricchi, con la sovrapposizione tra i postcomunisti ed i razzisti che può essere soltanto frutto di una estemporanea farneticazione di uno sceneggiatore fantasioso o della sistematica propaganda hollywoodiana conservatrice a favore dello status quo. Vittima innocente dell’invidia sociale, non a caso, è il volto buono del capitalismo paternalista, messo in pericolo dalle orde di fanatici degli opposti estremismi, interpretato da Will Patton, l’unico attore degno di menzione in un cast di attori anonimi. Tutti i topoi del politically correct, il vecchio indiano saggio, l’uomo di colore generosamente altruista, la messicana onesta che ha combattuto i cartelli del narcotraffico, sono rappresentati da personaggi stereotipati, figure di cartapesta più che uomini e donne, che aggiungono un ulteriore elemento di colore a questo fumetto per adolescenti che alimenta la confusione mentale distogliendo, come sempre, le masse dalla gravità del momento storico che in Occidente, America in testa, stiamo vivendo. L’esito paradossale della vicenda, con l’emigrazione al contrario dagli Usa in Messico, più che un finale surreale che dovrebbe far riflettere sulla disumanità delle barriere di cemento erette tra i popoli sembra piuttosto una barzelletta raccontata tra amici al bar.
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jagofilm
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venerdì 22 aprile 2022
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tradimento!
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L'idea della saga The Purge è: concentriamo tutta la violenza in una notte, per poter vivere in pace 364,5 giorni all'anno. E quest'idea ha dato vita non certo a dei capolavori, ma sicuramente a una serie di film molto godibili, per coloro i quali amano la violenza pura senza limiti. In effetti, si tratta di un gioco, la cui regola è: dalle 19 alle 7 puoi fare qualsiasi cosa, ma dopo le 7, guai a torcere un capello a chicchessia!
Questi dementi di Everardo Gout & Co. hanno avuto la pensata di... trasgredire la regola! Da oggi si può ammazzare chiunque 365 giorni all'anno: e allora? Fine del gioco. Fine della saga. Ci troviamo difronte ad un western qualunque, particolarmente violento, senza né capo né coda.
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L'idea della saga The Purge è: concentriamo tutta la violenza in una notte, per poter vivere in pace 364,5 giorni all'anno. E quest'idea ha dato vita non certo a dei capolavori, ma sicuramente a una serie di film molto godibili, per coloro i quali amano la violenza pura senza limiti. In effetti, si tratta di un gioco, la cui regola è: dalle 19 alle 7 puoi fare qualsiasi cosa, ma dopo le 7, guai a torcere un capello a chicchessia!
Questi dementi di Everardo Gout & Co. hanno avuto la pensata di... trasgredire la regola! Da oggi si può ammazzare chiunque 365 giorni all'anno: e allora? Fine del gioco. Fine della saga. Ci troviamo difronte ad un western qualunque, particolarmente violento, senza né capo né coda. Perdipiù noioso... Era meglio non farlo!
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felicity
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lunedì 20 dicembre 2021
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western che attacca la mitologia americana
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La notte del giudizio per sempre trasla le atmosfere distopiche della saga dal contesto del thriller metropolitano a quelle di un western carpenteriano assolato e allucinato, perfettamente consonante con l’immaginario grottesco del franchise, una scelta, questa che rappresenta un coraggioso attacco frontale agli estremismi all’America contemporanea attraverso uno dei generi fondativi della sua mitologia.
Everardo Goud opta per un approccio ambivalente: asciutto ma al contempo capace di inattesi guizzi visivi e particolarmente ambizioso in termini concettuali.
Quello de La notte del giudizio per sempre è un western che procede per frammenti e improvvise fiammate e pronto a esplorare i propri miti e a ribaltarne i caratteri essenziali, tra Messicani che diventano cowboy senza macchia e possidenti borghesi che si ricredono delle loro idee razziste.
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La notte del giudizio per sempre trasla le atmosfere distopiche della saga dal contesto del thriller metropolitano a quelle di un western carpenteriano assolato e allucinato, perfettamente consonante con l’immaginario grottesco del franchise, una scelta, questa che rappresenta un coraggioso attacco frontale agli estremismi all’America contemporanea attraverso uno dei generi fondativi della sua mitologia.
Everardo Goud opta per un approccio ambivalente: asciutto ma al contempo capace di inattesi guizzi visivi e particolarmente ambizioso in termini concettuali.
Quello de La notte del giudizio per sempre è un western che procede per frammenti e improvvise fiammate e pronto a esplorare i propri miti e a ribaltarne i caratteri essenziali, tra Messicani che diventano cowboy senza macchia e possidenti borghesi che si ricredono delle loro idee razziste.
Il turning point del franchise è tutto qui: in un racconto che esce lucidamente dalla sua comfort zone e piuttosto che essere soltanto un atlante delle paranoie dell’America contemporanea, raccoglie fattivamente spunti e idee per contrastare l’Eta Oscura Trumpiana, usando il western per riattraversare l’America fino a trasformare una distopia in un’utopia.
Ma il film soffre di un pericoloso andamento a due velocità. Se da un lato il discorso sull’immaginario è centrato e solido alcuni aspetti della scrittura sembrano annaspare nell’ambiziosa struttura concettuale. Il salto cercato da La notte del giudizio per sempre, è quindi riuscito a metà.
Per risultare veramente efficace, il film avrebbe dovuto liberarsi di alcune intrinseche superficialità del franchise, legate alla gestione dell’intreccio, dei personaggi oltreché ad un eccessivo didascalismo. Quello instaurato con lo spettatore è quindi un dialogo incompiuto, impantanato tra una struttura da lucido blockbuster d’autore ed un passo da pamphlet iperpop che semplifica eccessivamente le linee tensive della politica contemporanea, forse apparendo per la prima volta, proprio a causa degli ambiziosi obiettivi concettuali che si propone, come un progetto al contempo riuscito ma straniante per chi si ferma al tono con cui sceglie di raccontare la sua storia.
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lunedì 20 dicembre 2021
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western che attacca la mitologia americana
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La notte del giudizio per sempre trasla le atmosfere distopiche della saga dal contesto del thriller metropolitano a quelle di un western carpenteriano assolato e allucinato, perfettamente consonante con l’immaginario grottesco del franchise, una scelta, questa che rappresenta un coraggioso attacco frontale agli estremismi all’America contemporanea attraverso uno dei generi fondativi della sua mitologia.
Everardo Goud opta per un approccio ambivalente: asciutto ma al contempo capace di inattesi guizzi visivi e particolarmente ambizioso in termini concettuali.
Quello de La notte del giudizio per sempre è un western che procede per frammenti e improvvise fiammate e pronto a esplorare i propri miti e a ribaltarne i caratteri essenziali, tra Messicani che diventano cowboy senza macchia e possidenti borghesi che si ricredono delle loro idee razziste.
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La notte del giudizio per sempre trasla le atmosfere distopiche della saga dal contesto del thriller metropolitano a quelle di un western carpenteriano assolato e allucinato, perfettamente consonante con l’immaginario grottesco del franchise, una scelta, questa che rappresenta un coraggioso attacco frontale agli estremismi all’America contemporanea attraverso uno dei generi fondativi della sua mitologia.
Everardo Goud opta per un approccio ambivalente: asciutto ma al contempo capace di inattesi guizzi visivi e particolarmente ambizioso in termini concettuali.
Quello de La notte del giudizio per sempre è un western che procede per frammenti e improvvise fiammate e pronto a esplorare i propri miti e a ribaltarne i caratteri essenziali, tra Messicani che diventano cowboy senza macchia e possidenti borghesi che si ricredono delle loro idee razziste.
Il turning point del franchise è tutto qui: in un racconto che esce lucidamente dalla sua comfort zone e piuttosto che essere soltanto un atlante delle paranoie dell’America contemporanea, raccoglie fattivamente spunti e idee per contrastare l’Eta Oscura Trumpiana, usando il western per riattraversare l’America fino a trasformare una distopia in un’utopia.
Ma il film soffre di un pericoloso andamento a due velocità. Se da un lato il discorso sull’immaginario è centrato e solido alcuni aspetti della scrittura sembrano annaspare nell’ambiziosa struttura concettuale. Il salto cercato da La notte del giudizio per sempre, è quindi riuscito a metà.
Per risultare veramente efficace, il film avrebbe dovuto liberarsi di alcune intrinseche superficialità del franchise, legate alla gestione dell’intreccio, dei personaggi oltreché ad un eccessivo didascalismo. Quello instaurato con lo spettatore è quindi un dialogo incompiuto, impantanato tra una struttura da lucido blockbuster d’autore ed un passo da pamphlet iperpop che semplifica eccessivamente le linee tensive della politica contemporanea, forse apparendo per la prima volta, proprio a causa degli ambiziosi obiettivi concettuali che si propone, come un progetto al contempo riuscito ma straniante per chi si ferma al tono con cui sceglie di raccontare la sua storia.
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