storyteller
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venerdì 24 dicembre 2021
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quando procedere a ritroso è una scelta coraggiosa
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Ѐ difficile immaginare in quale forma si sarebbe concretizzato questo film con entrambe le sorelle Wachoswki al timone, ma sin dai primi minuti “Matrix Resurrections” esprime chiaramente un’aspirazione che va oltre il mero auto-citazionismo metareferenziale: mai come in questo universo fittizio la decisione di decostruire l’eredità consolidata nel corso delle iterazioni precedenti appare sensata e perfettamente in linea con lo spirito del capostipite.
La trilogia originale era una cosa, il quarto capitolo è ben altro – questo sembrano voler sottolineare i numerosi callback alle sequenze iconiche di "Reloaded" e "Resurrections".
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Ѐ difficile immaginare in quale forma si sarebbe concretizzato questo film con entrambe le sorelle Wachoswki al timone, ma sin dai primi minuti “Matrix Resurrections” esprime chiaramente un’aspirazione che va oltre il mero auto-citazionismo metareferenziale: mai come in questo universo fittizio la decisione di decostruire l’eredità consolidata nel corso delle iterazioni precedenti appare sensata e perfettamente in linea con lo spirito del capostipite.
La trilogia originale era una cosa, il quarto capitolo è ben altro – questo sembrano voler sottolineare i numerosi callback alle sequenze iconiche di "Reloaded" e "Resurrections".
Solo apparentemente nostalgica, provocatoriamente (e fintamente) passatista, la pellicola di Lana Wachowski è ben consapevole di aver trovato terreno fertile in un’epoca dove i grandi franchise sopravvivono traendo linfa vitale dalle spoglie dei propri antenati defunti – un po’ come accadeva agli infanti “coltivati” nei Campi delle Macchine –, un’epoca che spesso punisce le intuizioni creative (scommesse rischiose e spesso fallaci ma, ancorché imperfette, dotate di un’anima indipendente), un’epoca fatta di brand “resuscitati”, rimasticati, riproposti… e tuttavia, rifiuta in modo categorico di adeguarsi al corso dei tempi.
Il “nuovo” Matrix è, a conti fatti, un modello esplorativo sull’evoluzione dei rapporti umani – o piuttosto, sulla loro involuzione –, un teorema (un’equazione?) che tenta continuamente di definirsi (di bilanciare sé stessa?) rinunciando, per paradosso, ad assumere un’identità riconoscibile.
Tematicamente, e non senza accezioni positive, lo riassumeremmo in un ossimoro: un passo indietro, ma nella direzione giusta.
Laddove, infatti, la trilogia classica denunciava i pericoli futuri di una tecnologia troppo invasiva, uno spauracchio pericolosamente credibile ma offuscato dal muro divisorio del tempo, Resurrections si rivolge agli spettatori del presente, a chi vive nel Qui e nell’Ora, attuando una denuncia nemmeno troppo paternalistica (anzi, addirittura autoironica) delle app e dei social network.
Poco importa se le scene d’azione si rivelano competenti ma lontane dall’essere rivoluzionarie – pur potendo contare sulla dignitosa prestazione atletica, tra gli altri, del cinquasettenne Keanu Reeves – perché il fulcro dell’opera è, ancora una volta, il suo sottotesto filosofico (o meglio, antropologico): come anche l’anziana Niobe si ritrova costretta ad ammettere, quale significato può avere liberare una mente dal suo torpore digitale, se nessuna mente è più disponibile ad essere “salvata”?
Ciò che impedisce al film di tramutarsi in un glossario sovradimensionato, freddo e concettuoso, un artifizio puramente meccanico (alla "Tenet", per intenderci), è l’interpretazione degli attori principali, mai così autentici ed espressivi, quasi più calati in sé stessi che nella parte.
Certo, nemmeno un Matrix in salsa autarchica sfugge del tutto alla trappola della serialità, come ci conferma l’enigmatico finale, e l’inedita caratterizzazione dei vecchi protagonisti finisce per sottrarre minuti preziosi ai nuovi comprimari – alcuni dei quali appena abbozzati –, senza contare la presenza puramente simbolica del redivivo Morpheus… ma alla fine, il verdetto determinante non spetta ai critici specializzati né agli spettatori occasionali, bensì ai fan di vecchia data, quelli tanto propensi a rievocare con nostalgia "i bei tempi andati" quanto inclini a sacrificare l'onestà intellettuale per attribuire voti spropositati: un quinto Matrix sarebbe davvero giustificabile?
Nel dubbio, noi propendiamo per il sì.
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eugenio
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domenica 9 gennaio 2022
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vent''anni dopo
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Effetto saudade quello di Matrix che dopo venti anni riesce ancora a far parlare di se con un Keanu Reeves incanutito e con barbetta e capello lungo che ricordano i bravi hipster degli anni '60.
Un Neo/Keanu/Thomas Anderson che dopo i primi venti minuti, ritroviamo insieme a all'amore della sua vita, Trinity, ora donna sposata che chiaramente nulla si ricorda di lui.
A Frisco, il nostro Thomas non è più un programmatore che di notte fa l’hacker ma un game designer di fama mondiale, reso celebre dal gioco che ha creato, Matrix appunto. E' in crisi continua psicotica, la mente spesso vacilla, non distingue la realtà dalle sue fantasie, quelle che ha descritto nel suo gioco, cerca di trovare con l'aiuto di un'analista una cura dalla sua malattia ma ogni sforzo si rivela vano, le crisi sono sempre più frequenti.
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Effetto saudade quello di Matrix che dopo venti anni riesce ancora a far parlare di se con un Keanu Reeves incanutito e con barbetta e capello lungo che ricordano i bravi hipster degli anni '60.
Un Neo/Keanu/Thomas Anderson che dopo i primi venti minuti, ritroviamo insieme a all'amore della sua vita, Trinity, ora donna sposata che chiaramente nulla si ricorda di lui.
A Frisco, il nostro Thomas non è più un programmatore che di notte fa l’hacker ma un game designer di fama mondiale, reso celebre dal gioco che ha creato, Matrix appunto. E' in crisi continua psicotica, la mente spesso vacilla, non distingue la realtà dalle sue fantasie, quelle che ha descritto nel suo gioco, cerca di trovare con l'aiuto di un'analista una cura dalla sua malattia ma ogni sforzo si rivela vano, le crisi sono sempre più frequenti.
E così che nel pieno di una tempesta ipnotica, in cui l'allucinazione di quanto avvenuto in passato tende a soppiantare la realtà, che incontra una giovane donna, Bugs, la quale, già all'inizio del film, capiamo che ha scoperto che Anderson gestisce una simulazione modale, creata per sviluppare i personaggi del gioco e che essa sta eseguendo un vecchio codice in un loop, raffigurante il momento in cui Trinity trova Neo all'interno di Matrix.
Trinity e Neo sono i due poli amorosi entro cui Lana Wachwoski (uno dei fratelli ai tempi della saga ora sorelle), resuscita quel confronto tra libero arbitrio e realtà digitale frutto della fortunata saga. Che Resurrection, ben esemplifica con profonde analogie, una su tutte la presenza di Morpheus, capace di riaprire l'immaginario e porre Anderson/Neo dinanzi a delle scelte, a dei bivi in realtà indirizzati al ritrovamento del perduto amore, Trinity.
In due ore e mezza talune volte ridondati, ipercinetiche, colme di effetti speciali, kung-fu, lotte, oltre il mondo digitale della Matrice e quello reale delle macchine e degli umani non più schierati e divisi come prima ( i sopravvissuti umani si sono alleati con le macchine che hanno disertato per unirsi alla società umana scopriamo nello sviluppo) , Wachowski ci descrive confusamente l'alternarsi di un mondo reale, dove Thomas zoppica e uno digitale, il Matrix, in cui Neo gongola di visionarietà.
Con un richiamo a Brazil, Matrix resurrection, in uno sviluppo contorto che poteva ridursi di almeno un’ora evitando spiegoni pseudo-ambientalisti, avanza cadendo, alternando variabili sentimenti propri della psiche umana, e ponendo le basi per una riflessione amara sulla scelta forzata di appartenenza ad un mondo digitale fintamente scelto dove l'amore è sepolto dietro realtà parallele, cristallizzato in capsule anaffettive, che solo noi, col nostro sentimento, possiamo infrangere e finalmente stringere a noi.
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[+] il quarto matrix è l''ombra di ciò che era la serie
(di tom87)
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felicity
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lunedì 7 marzo 2022
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un film molto più anarchico di quanto non sembri
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Il primo livello di lettura di Matrix Resurrections è facile: in un’epoca in cui ogni grande Studio cerca di capitalizzare sulle sue storie più forti e amate, era difficile pensare che Matrix non venisse toccato, a maggior ragione ora che Warner Bros. ha lanciato la sua piattaforma di streaming, HBO Max, su cui arriveranno sequel, serie e spin-off di ogni tipo.
Lana Wachowski gioca apertamente con questa proposta arrivata dalla major: ambientato 60 anni dopo i fatti dei primi tre film, in Matrix Revolutions ritroviamo Neo nei panni di Thomas A. Anderson. L’inizio sembra molto simile a quello del 1999: un personaggio sembra addirittura abbattere la quarta parete e dire agli spettatori “conosciamo quella storia”.
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Il primo livello di lettura di Matrix Resurrections è facile: in un’epoca in cui ogni grande Studio cerca di capitalizzare sulle sue storie più forti e amate, era difficile pensare che Matrix non venisse toccato, a maggior ragione ora che Warner Bros. ha lanciato la sua piattaforma di streaming, HBO Max, su cui arriveranno sequel, serie e spin-off di ogni tipo.
Lana Wachowski gioca apertamente con questa proposta arrivata dalla major: ambientato 60 anni dopo i fatti dei primi tre film, in Matrix Revolutions ritroviamo Neo nei panni di Thomas A. Anderson. L’inizio sembra molto simile a quello del 1999: un personaggio sembra addirittura abbattere la quarta parete e dire agli spettatori “conosciamo quella storia”. Eppure molte cose sono cambiate: il signor Anderson ora è uno sviluppatore di videogiochi e la sua creatura più famosa è Matrix. Sta lavorando a un nuovo progetto, ma il suo socio in affari lo scoraggia: le persone preferiscono combattere l’ansia con la nostalgia, quindi è meglio dar loro un’altra dose della stessa medicina.
Assistiamo così a brainstorming in cui sembra di vedere la stessa Lana Wachowski parlare con Warner Bros.: sequel, prequel, remake, la vera Matrix ormai è Hollywood, che ci tiene buoni dandoci prodotti sempre uguali, allontanando l’angoscia della morte (e dei bassi incassi) spremendo il più possibile idee e personaggi.
In realtà questa è una lettura ingenua: in altre forme d’arte più antiche, come la tragedia e la musica, si è sempre fatto. Gli autori greci scrivevano sequel dei loro drammi, Bach scomponeva le sue opere letteralmente rimontando e ribaltando alcuni pezzi. Il cinema, essendo un’arte più giovane, ci è semplicemente arrivato più tardi. Lana Wachowski lo sa benissimo e ci gioca consapevolmente, anche in modo poco sofisticato: Trinity viene definita “milf” e il nuovo Morpheus non indossa più abiti scuri ma completi coloratissimi e dice la sua frase a effetto uscendo da un gabinetto.
In tutta questa ironia metacinematografica quelli smarriti sono proprio Neo e Trinity: i loro ricordi sono stati cancellati, non sanno più chi sono, soprattutto non si ricordano l’uno dell’altra.
I fantasmi della sua vita precedente sembrano però tornare a far visita all’Eletto: per riuscire a distinguere tra realtà e finzione Anderson va quindi dall’analista.
Non è un caso se dall’Architetto siamo passati all’Analista: a Lana Wachowski non interessa sconvolgere di nuovo il cinema, rivoluzionare lo stile dei film d’azione. In Matrix 4 si smonta la mitologia della saga, rileggendola attraverso tutto ciò che è successo nell’industria cinematografica in 20 anni.
Non solo: Lana Wachowski ragiona anche sui cambiamenti sociali. Centrale è il discorso sulle donne: c’è chi dice che “una volta le donne erano facili da controllare”. Oggi Trinity, risoluta come non mai, dimostra che essere padrone della propria storia e scegliersi da sole il nome è fondamentale.
Arriviamo quindi al livello più profondo di Matrix Resurrections, quello che lo rende un film molto più anarchico di quanto non sembri.
Lana Wachowski ha messo il suo vissuto anche dentro questo Matrix Resurrections, stavolta in modo molto più consapevole.
Nel film c’è la sua esperienza da regista che fa un film dettato dal marketing per Warner Bros., c’è l’artista che ha creato uno stile riconoscibile e ne prende le distanze con affetto e c’è la donna a cui ora interessa essere sempre più padrona della propria storia e delle proprie storie.
Nel film si dice che “Matrix ti mette rumore in testa”: possiamo interpretarlo come Hollywood, i social, la politica poco interessata ai diritti civili, i pregiudizi della gente. Tutto ciò che affievolisce la nostra speranza e fa aumentare la nostra disperazione. L’Analista lo dice: “la speranza e la disperazione hanno un codice quasi identico”. Come si fa quindi a preservare il codice della speranza? Attraverso le storie e le emozioni che sanno trasmettere. L’emozione è uno strumento potentissimo: fatti e finzione possono essere facilmente confusi e manipolati se si sanno gestire le emozioni. È quello che fa un bravo narratore, ma anche un leader politico. Bisogna quindi capire da che parte stare. Sì, capire, non scegliere: in Matrix Resurrections si dice forte e chiaro che “la scelta è un’illusione: sai già cosa devi fare”. È proprio chi non conosce se stesso, chi non sa chi è, chi continua a ragionare in termini binari – “pillola rossa e pillola blu”, “maschio e femmina”, “giusto e sbagliato”, “noi contro di loro” – che può provocare disastri. E soprattutto che vive in una bugia. Alla fine la risposta di questo Matrix è semplicissima, ma non per questo meno efficace: la risposta è l’amore. Non soltanto quello romantico, ma sopratutto un amore accogliente, che abbraccia ogni forma, colore, volontà di espressione. L’amore che fa pensare in termini di “noi e loro”, che cerca di far evolvere e migliorare il mondo, invece che distruggerlo e mantenerlo immobile.
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jaylee
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domenica 23 gennaio 2022
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neo ritorna alla tana del bianconiglio
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Il film che ha definito il mood degli anni a cavallo del secolo, torna sugli schermi con un quarto episodio, ben 19 anni dopo il suo terzo. Alla regia torna Lana Wachovsky, una dei due fratelli Wachowski al tempo (ora sorelle – e questo è il mood degli anni attuali).
A dire la verità il primo Matrix rimane anche un gran bel film, fantastico mix di fantascienza, kung fu, filosofia. Molto meno il secondo (soprattutto) e il terzo, dove in realtà entrambi i protagonisti morivano, dando spunto al fatto che, forse una trilogia doveva essere e stop. Invece, le leggi di mercato pesano, soprattutto in un periodo dove di idee nuove al cinema latitano (vedi anche l’ultimo Spiderman).
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Il film che ha definito il mood degli anni a cavallo del secolo, torna sugli schermi con un quarto episodio, ben 19 anni dopo il suo terzo. Alla regia torna Lana Wachovsky, una dei due fratelli Wachowski al tempo (ora sorelle – e questo è il mood degli anni attuali).
A dire la verità il primo Matrix rimane anche un gran bel film, fantastico mix di fantascienza, kung fu, filosofia. Molto meno il secondo (soprattutto) e il terzo, dove in realtà entrambi i protagonisti morivano, dando spunto al fatto che, forse una trilogia doveva essere e stop. Invece, le leggi di mercato pesano, soprattutto in un periodo dove di idee nuove al cinema latitano (vedi anche l’ultimo Spiderman). Ed ecco invece il tocco originale: Il film inizia con Neo/Thomas Anderson che è un cinquantenne autore di videogame, anzi il videogame più di successo di tutti i tempi, The Matrix per l’appunto; il suo capo gli impone di iniziare a lavorare su un nuovo (il quarto) episodio di questo videogioco. Titubante, Anderson si rimette al lavoro, attraversando la sua vita è insoddisfatto, ogni tanto ha delle immagini di una vita che non sembra sua, tanto che è in cura dallo psicologo che gli prescrive delle Pillole Blu per tenere a bada queste immagini… Fino a che trova/ritrova una persona che lo fa tornare di tanti anni addietro, a quella che vita che forse è meno immaginata di quello che pensa: il suo nome è Tiffany, ma gli ricorda la co-protagonista di The Matrix, Trinity.
Dire di più rovinerebbe il resto del film, ma abbiamo apprezzato come siano riusciti a dare senso ad un episodio (probabilmente esso stesso imposto dalla Warner – la regista aveva la scelta se farlo o meno, ma avrebbero comunque trovato un sostituto – quasi un metafilm, questo), senza farne l’ennesimo reboot e magari togliere quello che ne è stato uno dei motivi del successo, ovvero Keanu Reeves, un po’ come il Luke Skywalker/Mark Hamill di Star Wars . anche con vent’anni di più, il suo Neo rimane “cool”, anzi, stavolta con Trinity/Carrie Ann Moss con un ruolo più importante a dargli una mano (e sempre affascinante); è “cool” rimangono le immagini e il design, aggiornate ma sempre raffinatissime come lo erano nel 1999, sia il mondo di Matrix, che quello reale (anche se un po’ troppo accennato… forse si sono lasciati la porta aperta per altri episodi?). Insomma, il parallelismo con Alice Nel Paese delle Meraviglie, regge ancora.
A volte la trama fa un po’ acqua, come del resto nel secondo e terzo episodio, e i nuovi volti di questo episodio, sono tutti un po’ anonimi, soprattutto il nuovo Smith (allora c’era Hugo Weaving, ora Jonathan Groff), e il nuovo Morpheus (allora Lawrence Fishburn, ora Yahya Abdul-Mateen II), che ne erano dei cardini; ed il nuovo cattivo, l’Analista (Neal Patrick Harris), sembra poco incisivo.
Ma insomma, ne è valsa la pena? Riaprire una trilogia mitica, ma conclusa, intendiamo. Chissà. Però, al di là dell’effetto nostalgia, ci è piaciuto il nuovo rapporto tra Neo e Trinity, molto più reale ed emotivo, che racconta un nuovo messaggio di fondo: pericoloso non vivere il presente, nel ricordo di un passato glorioso. E le nuove opportunità si perseguono in compagnia di altri, infondendosi reciprocamente coraggio. Old New Age. (www.versionekowalski.it)
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pierfrancesco pan
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martedì 25 gennaio 2022
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non più l''architetto ma l''analista
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il primo matrix non era un capolavoro da oscar ma con effetti speciali originali ed idee comunque semplici nelle loro complessità filosofica era piaciuto e lanciato mode.
Poi con reloaded e revolution tutto questo si era un po' perso arrivando a complessità come i superpoteri nella vita reale mischiate ad altrettante complessità date dai videogiochi, i comics e la serie animatrix ed a tal proposito il secondo rinascimento di animatrix faceva intravedere la possibilità di un Neo interconnesso anche nella vita reale e da qui i suoi poteri come da molte teorie reperibili su internet.
Venti anni dopo tutto questo condito di ironia lo vediamo in matrix resurrection e vedendolo in quest'ottica può piacere, l'architetto sostituito dall'analista (psicologo) a sua volta interconnesso con il suo gatto (a tal proposito non perdetevi l'ultima scena dopo gli infiniti titoli di coda) Neo e Trinity che si risvegliano una seconda volta come risorti perchè precedentemente morti (o quasi), il bullet time che viene nominato più volte durante il film ed usato dall'analista come arma contro il suo vero creatore (Neo).
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il primo matrix non era un capolavoro da oscar ma con effetti speciali originali ed idee comunque semplici nelle loro complessità filosofica era piaciuto e lanciato mode.
Poi con reloaded e revolution tutto questo si era un po' perso arrivando a complessità come i superpoteri nella vita reale mischiate ad altrettante complessità date dai videogiochi, i comics e la serie animatrix ed a tal proposito il secondo rinascimento di animatrix faceva intravedere la possibilità di un Neo interconnesso anche nella vita reale e da qui i suoi poteri come da molte teorie reperibili su internet.
Venti anni dopo tutto questo condito di ironia lo vediamo in matrix resurrection e vedendolo in quest'ottica può piacere, l'architetto sostituito dall'analista (psicologo) a sua volta interconnesso con il suo gatto (a tal proposito non perdetevi l'ultima scena dopo gli infiniti titoli di coda) Neo e Trinity che si risvegliano una seconda volta come risorti perchè precedentemente morti (o quasi), il bullet time che viene nominato più volte durante il film ed usato dall'analista come arma contro il suo vero creatore (Neo). Mi sarebbe piaciuto a questo punto un sottile velo di ironia anche sulla matrix levitation (cercatela su internet, è diventata un must tra i prestigiatori) o sul cucchiaino di Uri Geller, rimane ad ogni modo l'ironia sul volo alla matrix ed è divertente anche se collegato a pseudo tentativi di suicidio.
In tutta questa complessità matrix resurrection mostra altri aspetti del mondo Wachowsky, una nuova storia anche se è difficile creare qualcosa di nuovo, Neo e Trinity che da sconosciuti si rinnamorano e forse accade più sentimentalmente rispetto agli altri film, in fondo si sapeva che la vera forza degli umani che sbilanciava ogni equazione era l'amore e matrix resurrection conferma questo aspetto.
Il gatto dèjà-vu di matrix merita un discorso a parte ed in aggiunta a quanto mostrato nei film fino ad arrivare alla scena oltre i titoli di coda di matrix resurrection vorrei far notare che tra i laser commerciali quello a diodo verde è l'unico visibile al buio anche lungo la sua traiettoria.
I gatti vedono al buio ed i gatti amano i laser.
Ne parlano alla fine del film:
Catrix
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