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albert
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lunedì 13 gennaio 2025
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una recensione orribile
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Veramente una recensione offensiva. Si parte col noto magistrato che ? un vicequestore, errore imperdonabile. Si procede col dire che ? autobiografico, quando il regista aveva un anno, mente nel film ne ha 11. Almeno dirlo! Una roccia. Valerio si sente fisicamente inadeguato? Ma lei il film l'ha visto? Maschio materico? Ma se l'aggettivo materico ? riferito solo alla storia dell'arte? Il resto ? un omaggio obbligatoriamente dovuto a un gran brutto film
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albert
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sabato 11 gennaio 2025
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anni di piombo
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Film molto ambizioso perché si pone l'obiettivo di raccontare una fase degli anni di piombo, analizzandone gli avvenimenti seguendo lo sguardo di un bambino di 11 anni. Non si può parlare di vero e proprio film autobiografico, perché quando ci fu l'attentato al padre vicequestore era il 1976 ed il regista Claudio Noce era nato nel 1975, però si può, a buon diritto, affermare che ne abbia respirato l'aria soffocante. Ma dall'avere ottime intenzioni autoriali al metterle in pratica può risultare complicato. Protagonista del film è sicuramente il bambino che, a poco a poco, si rende conto della realtà. Ma a non rendersi conto della realtà è proprio lo spettatore che se la vede scivolare via, perché Noce dà vita ad un film del tutto soggettivo, in cui spesso la visione onirica supera quella reale e a risentirne è la sceneggiatura che, a volte, diviene farraginosa.
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Film molto ambizioso perché si pone l'obiettivo di raccontare una fase degli anni di piombo, analizzandone gli avvenimenti seguendo lo sguardo di un bambino di 11 anni. Non si può parlare di vero e proprio film autobiografico, perché quando ci fu l'attentato al padre vicequestore era il 1976 ed il regista Claudio Noce era nato nel 1975, però si può, a buon diritto, affermare che ne abbia respirato l'aria soffocante. Ma dall'avere ottime intenzioni autoriali al metterle in pratica può risultare complicato. Protagonista del film è sicuramente il bambino che, a poco a poco, si rende conto della realtà. Ma a non rendersi conto della realtà è proprio lo spettatore che se la vede scivolare via, perché Noce dà vita ad un film del tutto soggettivo, in cui spesso la visione onirica supera quella reale e a risentirne è la sceneggiatura che, a volte, diviene farraginosa. Che Favino sia un bravo attore è un dato quasi assodato, ma, in questo film non riluce più che in altri film. Ci sono scene suggestive, ma l'insieme dà una sensazione di artefatto che non può non creare stanchezza ed anche noia. Le musiche tralaltro spesso non si adattano al contesto in cui sono inserite.
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(di albert)
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martedì 4 gennaio 2022
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sono sgomento
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Ho scritto un commento e mi avete detto che lo avreste inviato sul mio email ma non l'ho ricevuto . Perché, perché era molto critico?
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martedì 4 gennaio 2022
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sgomento
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Sono sgomento. Difronte ad un articolo così, si suiciderebbero Fellini, Scola, Antonio i, Coppola, Wylier, Bergman, Truffaut, Bunuel ecc...o come minimo cesserebbero di fare cinema.
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felicity
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martedì 17 agosto 2021
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sospeso tra realtà e immaginazione
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Tratto dalla tragica vicenda dell’attentato al padre del regista, PADRENOSTRO è sospeso tra realtà e immaginazione e fa fatica a trovare un suo equilibrio.
Un evento tragico, avvenuto nell’estate del 1976, ha sconvolto la vita di Valerio, un ragazzino di quasi 11 anni; con i suoi occhi ha assistito all’attentato di un gruppo di terroristi nei confronti del padre. Da quel momento la sua famiglia, composta anche dalla madre e dalla sorella più piccola, ha spesso paura che ogni volta possa accadere qualcosa di brutto. Ciò avviene, per esempio, il giorno in cui Valerio scappa da scuola. Il ragazzino ha anche una fervida immaginazione. E proprio in quei giorni difficili conosce Christian, un ragazzino poco più grande.
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Tratto dalla tragica vicenda dell’attentato al padre del regista, PADRENOSTRO è sospeso tra realtà e immaginazione e fa fatica a trovare un suo equilibrio.
Un evento tragico, avvenuto nell’estate del 1976, ha sconvolto la vita di Valerio, un ragazzino di quasi 11 anni; con i suoi occhi ha assistito all’attentato di un gruppo di terroristi nei confronti del padre. Da quel momento la sua famiglia, composta anche dalla madre e dalla sorella più piccola, ha spesso paura che ogni volta possa accadere qualcosa di brutto. Ciò avviene, per esempio, il giorno in cui Valerio scappa da scuola. Il ragazzino ha anche una fervida immaginazione. E proprio in quei giorni difficili conosce Christian, un ragazzino poco più grande. Di lui si sa poco o nulla. Non si sa chi è la sua famiglia e da dove viene. Solitario e ribelle, spunta all’improvviso mentre Valerio è in Calabria con la sua famiglia a casa dei nonni.
PADRENOSTRO è ispirato a un evento realmente accaduto. Il padre del regista, il vicequestore Alfonso Noce, aveva infatti subito un attentato da parte dei NAP (Nuclei Armati Proletari) il 14 dicembre 1976. Diventa quindi un film personalissimo, in cui lo sguardo del cineasta è avvolto completamente dentro la storia che racconta. Dietro ciò che vede Valerio, sospeso tra realtà e immaginazione, c’è la ricostruzione dei ricordi del cineasta, che all’epoca aveva un anno e mezzo.
Sono film difficili quelli come PADRENOSTRO. Perché si avverte uno scarto tra le intuizioni e il risultato. Ed entra per forza in gioco l’elemento soggettivo. Dal nostro punto di vista, quel senso di paura, di smarrimento, è arrivato solo parzialmente. Forse perché da una parte in Italia è difficile ancora oggi fare film sul terrorismo.
Noce privilegia l’angolo soggettivo. Resta la visione de padre con una prova notevole e difficile da parte di Pierfrancesco Favino che di PADRENOSTRO è anche uno dei produttori. Meno convincente è l’interpretazione dei due ragazzini, Mattia Garagi e Franceco Ghegi nei panni rispettivamente di Valerio e Christian che appaiono a disagio soprattutto nel momento in cui sono come sospesi e proiettati in un altro mondo.
Inoltre la paura. Come si è detto attraversa tutto il film. Almeno dal nostro punto di vista, è stata percepita più dai dialoghi dei personaggi che visivamente.
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obaoap
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lunedì 18 gennaio 2021
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film noiosissimo
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Spero siano stati sprecati meno contributi pubblici possibili per fare un film così noioso
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no_data
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lunedì 11 gennaio 2021
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un film che emoziona e commuove
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Delizioso racconto sulla relazione tra un padre e un figlio durante un capitolo molto doloroso della nostra storia. Un film capace di raccontare non già le vicende stranote dei vili attentati dei terroristi a esponenti dello Stato, quanto il clima di terrore nel quale si ritrovavano a vivere le famiglie e tutti coloro che intorno a questi personaggi ruotavano. La narrazione riesce pienamente a coinvolgere lo spettatore nel clima di costante paura che vivono i personaggi coinvolti, evidente anche e soprattutto durante i pochi momenti di ricercata felicità e spensieratezza, nei quali si respira sempre l'aria densa e oppressiva della tensione e del timore che qualcosa di brutto stia per accadere.
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Delizioso racconto sulla relazione tra un padre e un figlio durante un capitolo molto doloroso della nostra storia. Un film capace di raccontare non già le vicende stranote dei vili attentati dei terroristi a esponenti dello Stato, quanto il clima di terrore nel quale si ritrovavano a vivere le famiglie e tutti coloro che intorno a questi personaggi ruotavano. La narrazione riesce pienamente a coinvolgere lo spettatore nel clima di costante paura che vivono i personaggi coinvolti, evidente anche e soprattutto durante i pochi momenti di ricercata felicità e spensieratezza, nei quali si respira sempre l'aria densa e oppressiva della tensione e del timore che qualcosa di brutto stia per accadere. Spettacolare l'interpretazione di Favino e, a mio avviso, anche di Mattia Garaci che interpreta il figlio. Una stupenda fotografia, con panorami mozzafiato, contribuisce a conferire un tono elegiaco e poetico al racconto.
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eugenio
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domenica 10 gennaio 2021
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il terrorismo dagli occhi di un bambino
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Inizia come nessuno se lo aspetta il nuovo film di Claudio Noce Padrenostro. Con una metropolitana che si muove tra le profondità della terra, all’interno della quale una persona preoccupata, tesa e nervosa si guarda intorno. Poi, un improvviso black-out spinge tutti a guadagnare presto l’uscita senza perdere troppo la calma, quella di cui il nostro misterioso protagonista inquadrato ne ignora il significato. Il nostro personaggio scende, si muove incerto fino a che qualcuno lo tocca alle spalle…
Un battito di ciglia, due minuti e nulla più. Poi torniamo indietro di diverso tempo, a metà degli anni settanta in quell’arco temporale genericamente definito come “anni di piombo”, in cui il rapimento di Moro avrebbe rappresentato il climax inevitabile di un’evoluzione violenta e armata.
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Inizia come nessuno se lo aspetta il nuovo film di Claudio Noce Padrenostro. Con una metropolitana che si muove tra le profondità della terra, all’interno della quale una persona preoccupata, tesa e nervosa si guarda intorno. Poi, un improvviso black-out spinge tutti a guadagnare presto l’uscita senza perdere troppo la calma, quella di cui il nostro misterioso protagonista inquadrato ne ignora il significato. Il nostro personaggio scende, si muove incerto fino a che qualcuno lo tocca alle spalle…
Un battito di ciglia, due minuti e nulla più. Poi torniamo indietro di diverso tempo, a metà degli anni settanta in quell’arco temporale genericamente definito come “anni di piombo”, in cui il rapimento di Moro avrebbe rappresentato il climax inevitabile di un’evoluzione violenta e armata. Ed è proprio due anni prima del tragico evento, nel 1976, che inizia “realmente” il film. Dalla radio di casa e alcune incursioni in terrazzo, Valerio, il giovane protagonista della pellicola (intepretato da un convincente Mattia Garaci), guarda il mondo muoversi inesorabilmente inghiottito in una spirale di violenza, permeato dall’agnizione della madre che enigmaticamente svicola ogni giustificazione alle misteriose assenze del papà Alfonso (Pierfrancesco Favino), vice questore a Roma. Fino all’inevitabile tragedia in cui Valerio assisterà direttamente, non visto, al ferimento del padre in un attentato armato mosso dai nuclei armati proletari che si concluderà con la morte di uno dei “nappisti” Montanari e del poliziotto della scorta.
A tali eventi il “non più bambino” cercherà di appellarsi, sfruttando il potere più grande e bello che crescendo tende a scomparire ovvero la fervida immaginazione e soprattutto la curiosità che accompagnerà il giovane ad una maturità sofferta. Una maturità che riuscirà a palesarsi durante l’estate, in un periodo di sospensione dagli affanni, meta di scoperte ma anche di conoscenze in Calabria, a Riace, luogo di origine del padre. Qui, in un mondo incantato e quasi atavico, supportato da una maggiore “presenza fisica” del padre, Valerio vivrà le sue prime esperienze da “adulto”, convivendo con la paura e la vulnerabilità che si percepiscono sempre più minacciose a casa, confrontandosi, finalmente, con la figura di un “padre eroe” integro e “gigante buono” invincibile, erodendone labilmente i confini.
L’intento di Noce, in Padrenostro, non è la rievocazione didascalica di un periodo estremamente cupo della storia italiana come le lotte armate di fine anni settanta quanto l’analisi a misura di bambino di un’esplosione pedagogica di vita vissuta come trauma. Il film è ambizioso: Noce traduce un evento drammatico appunto come il ferimento e la morte violenta, in una struggente ricerca di una corrispondenza d’amorosi sensi tra un padre ritrovato e un figlio lentamente cosciente.
Valerio, imperterrito spirito solitario, troverà proprio nel padre l’innocenza perduta e in Christian, enigmatico ragazzino di quattordici anni poco più grande di lui, apparso dal nulla, l’amicizia. Segni, appunto che permetteranno ai giovani “uomini” di rielaborare in qualche modo il dolore, lasciando esplodere la creatività in disegni e sinistre fisionomie umane tracciate col gessetto sull’asfalto di Roma e tuffi nell’acqua limpida e cristallina per uscirne nuovi scoprendo sulla loro pelle la violenza degli adulti, ma anche la forza dell’amicizia.
Padrenostronelle sue due ore, non annoia mai. La fotografia nitida, la scenografia di un territorio quasi mitico tra montagna e mare, boschi vergini (la Sila del Lago Arvo) e scogliere a picco, rendono la pellicola struggente, capace di spaziare e rendere persino poetico il dramma, oltrepassando la gretta meschinità del realismi visti da un buco della serratura o tra grate come prigionieri di una casa stantia.
E Noce lo fa aprendo il suo film, tra campi di grano simil Io non ho paura di Ammaniti, cauterizzando le profonde ferite dell’anima in un redde rationem con un abbraccio profondamente consolatorio e felice con qualche lacrima di gioia che fa sempre bene. Vincitore della coppia Volpi per la migliore interpretazione maschile a Pierfrancesco Favino al Festival del Cinema di Venezia 2020.
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menzio
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lunedì 26 ottobre 2020
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per carità!
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Non andate a vederlo ! una bufala
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menzio
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lunedì 26 ottobre 2020
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padrenostro
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Regia scadente, interpreti mediocrim, soprattutto l'effemminato viso di sto ragazzino mezza-ina tipo svedese, poco bravo... inquadature di primi piani fasulli, pure la musica di Vivaldi fuori luogo. lo stesso Favino non ci è piaciuto. Una delusione
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