ashtray_bliss
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domenica 3 marzo 2019
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storie di degrado nella detroit degli 80s.
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Dopo i tumultuosi fatti dell'Irlanda del '71 nel bellissimo e indelebile capolavoro di Demange ci spostiamo di dieci anni avanti e cambiamo contesto e continente, ritrovandoci nella Detroit degli anni '80 in America. Anni anch'essi turbolenti, violenti e segnati da una senza precedenti lotta alle droghe. In questa decadente cittadina, dove vige e impera il degrado più assoluto, la povertà e l'emarginazione sociale, gli abitanti prevalentemente neri trovano le loro valvole di sfogo e riscatto nel commercio di droga, nella vita da strada e nella formazione di bande in rapida ascesa. In questo disturbante contesto generale troviamo anche il protagonista del film, e di questa incredibile vicenda, Rick.
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Dopo i tumultuosi fatti dell'Irlanda del '71 nel bellissimo e indelebile capolavoro di Demange ci spostiamo di dieci anni avanti e cambiamo contesto e continente, ritrovandoci nella Detroit degli anni '80 in America. Anni anch'essi turbolenti, violenti e segnati da una senza precedenti lotta alle droghe. In questa decadente cittadina, dove vige e impera il degrado più assoluto, la povertà e l'emarginazione sociale, gli abitanti prevalentemente neri trovano le loro valvole di sfogo e riscatto nel commercio di droga, nella vita da strada e nella formazione di bande in rapida ascesa. In questo disturbante contesto generale troviamo anche il protagonista del film, e di questa incredibile vicenda, Rick. Un ragazzino disadattato e disorientato che cresce in una delle tante broken homes, dove la madre è totalmente assente, la sorella maggiore fugge via insieme al fidanzato (ma con l'intenzione di consumare droga lontana dagli occhi del genitore) e con un fallito benchè amorevole padre che si barcamena tra piccole attività illegali come il commercio di armi da fuoco. Il vuoto sentimentale e il disagio sociale padroneggiano in ogni inquadratura e si intuisce che nessuno dei protagonisti avrà un lieto fine. Presto infatti, la polizia contatterà Rick proponendogli di lavorare come infiltrato nelle bande che commerciano droga, in cambio della libertà del padre più volte catturato nel pieno delle sue attività. Il ragazzo non può rifiutare l'offerta ed entra a far parte di quel mondo oscuro e sotterraneo che si anima nei sottoboschi, nei club, nei garage e ovviamente nelle strade e nei vicoli. Unico membro bianco in una comunità diffidente e chiusa che detiene il monopolio del traffico di cocaina e crack White Boy Rick verrà accettato alla pari e guadagnandosi la fiducia dei suoi amici inizierà il suo doppio lavoro di trafficante e infiltrato per l'FBI aiutando questi ultimi in quella che rappresentava una piccola frangia della War on drugs. Mantenendo rigorosamente il tutto all'oscuro del problematico e disperato padre, incarnato da un sempre eccellente MacConaughey, troppo impegnato a procurare dei soldi in casa e rimettere insieme i pezzi di una famiglia disfunzionale e scoppiata.
Le cose iniziano a prendere una piega alquanto diversa quando Rick subisce un grave incidente e ciò lo spingerà nuovamente nel business della droga, stavolta però, come vero e proprio trafficante col beneplacito dell'onnipresente padre che continua a sperare, e sognare, un futuro dignitoso per i suoi figli. La droga, quindi, sembra essere l'unica speranza per costruirsi un futuro migliore e garantirsi una vita dignitosa in un ambiente sociale fortemente disagiato ed emarginato. Ma le cose non andranno per il verso giusto e il resto è soltanto storia. La storia di un ragazzo condannato a 30 anni di reclusione, abbandonato da quegli stessi poteri che se ne erano serviti appena qualche anno prima, ignorato dalla società e dal sistema di giustizia americano. La sua fu la più lunga condanna per un reato non violento dello stato del Michigan ma nessuno si è mai preoccupato di assumersi le proprie responsabilità e ristabilire un briciolo di giustizia e verità. Rick era l'esca perfetta, vittima e carnefice contemporaneamente, una pedina incastrata egregiamente in un gioco molto più grande, e contorto, di lui. Una vittima del sistema e del destino ma anche artefice predestinato della sua rovina. Perchè se vivi in un contesto di emarginazione, povertà, disagio dove regna solo violenza e criminalità, e dove la popolazione si suddivide tra falliti e boss criminali, tra anime perse nella droga e lords del crinime, quali altre aspettative o speranze possono fiorire se non quella, unica, di soccombere sotto il peso di una fine preannunciata.
Ma White Boy Rick è una pellicola intensa e amara che non si sofferma soltanto sull'aspetto dello spaccio e traffico di droga ma che si concentra, esaltandone, sul potere della famiglia. In questo senso, primeggia la figura di questo tormentato padre che nutre profondo amore per i suoi figli, proteggendoli e sostenendoli anche durante i momenti più bui e dolorosi. Come si fa, dunque, a non commuoversi dinanzi allo sforzo di questo padre che si fa carico della figlia tossicodipendente, portandola a casa letteralmente in braccio e aiutandola a disintossicarsi? Come si può non ammirare la tenacia e la forza morale di quest'uomo che vede la sua vita e la sua famiglia andare in frantumi ma resta sempre accanto ai suoi figli, senza abbandonarli, senza arrendersi. McConaughey risulta quindi il vero baricentro del film, la collona portante e l'incarnazione di un uomo stremato che non smette mai di provare a costruire un domani migliore per se stesso e i propri figli. Attore di grande spessore che fortunatamente si è riscattato da ruoli mediocri e di dubbio spessore, riesce a dare prova della sua bravura e intensità specialmente in ruoli di personaggi problematici, dei reietti ed emarginati, tormentati dai fallimenti e dagli insuccessi sia famigliari che professionali. Interessante, altresì la prova dell'emergente Merritt che seppur abbastanza monoespressivo incanala bene i sentimenti contrastanti e discordanti di un ragazzino che deve crescere e maturare molto prima del tempo, abituandosi al doppio ruolo di spia e trafficante, ritrovandosi coinvolto in un giro di droga e violenza molto arduo, e pericoloso, da gestire per i suoi 16 anni.
Sempre ambigua e incisiva J. Jason Leigh pur ricoprendo un ruolo decisamente minore. White Boy Rick si vanta sicuramente di una buona regia, asciutta e lineare ma anche cruda e cinica quanto basta a ricreare la vera storia non solo di un ragazzino, ma di un'intera città e società che viveva all'ombra del degrado e della criminalità. La fotografia supporta in maniera nitida questo esasperante e malinconico quadro sociale, con le sue tonalità grigie e sfumate.
Un affresco amaro che sicuramente non dista molto dalla situazione attuale, in certe periferie americane, dove la legge della criminalità domina su qualsiasi altro aspetto della vita e dal quale pare difficile uscire e riscattarsi in modo onesto e pulito. Da vedere per conoscere una storia vera e per riflettere sui fatti attuali. In attesa del prossimo lavoro del promettente Demange. 3/5.
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lucio di loreto
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giovedì 14 febbraio 2019
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una storia vera che brucia l’anima
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Yann Demange al secondo lungometraggio ripercorre un tema spesso ricorrente nei film drammatici ed evidentemente a lui caro, quello dell’affetto paterno “sbagliato” e criminale; il genitore underdog, fallito e senza più possibili aperture verso il mondo normale e reale che cerca di redimere “a modo suo” l’erede preferito. Ruolo riuscito alla perfezione a un Matthew McConaughey ormai consacrato nell’olimpo di Hollywood come attore di spessore e realismo. Da Killer Joe in poi la sua carriera è entrata nello step più alto che ci possa essere, e questa pellicola ne è l’ennesima prova.
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Yann Demange al secondo lungometraggio ripercorre un tema spesso ricorrente nei film drammatici ed evidentemente a lui caro, quello dell’affetto paterno “sbagliato” e criminale; il genitore underdog, fallito e senza più possibili aperture verso il mondo normale e reale che cerca di redimere “a modo suo” l’erede preferito. Ruolo riuscito alla perfezione a un Matthew McConaughey ormai consacrato nell’olimpo di Hollywood come attore di spessore e realismo. Da Killer Joe in poi la sua carriera è entrata nello step più alto che ci possa essere, e questa pellicola ne è l’ennesima prova. Il suo Richard Sr si industria quotidianamente per migliorare la non migliorabile esistenza di suo figlio, stringendolo a sé e ai suoi loschi interessi e traffici cercando di tenerselo stretto per non perderlo, come avvenuto invece con figlia drogata e moglie fuggita. Saranno proprio le sue idee sul modo di trovare sempre una via d’uscita alla delinquenza, al contrabbando e al dramma la fine dei sogni giovanili del proprio figlio. Il pianto accorato finale tra i due per via telefonica e divisi dal vetro del carcere è un pugno nello stomaco che ci fa male, così come vedere l’uomo nel lato sbagliato dell’inquadratura, quella della libertà, chiedere all’infinito “scusa” e “mi dispiace” per quello che è inconsciamente riuscito a fare alla persona più importante della sua vita: distruggerlo per sempre. Il film è ambientato a metà degli anni ottanta quando un quattordicenne diventa informatore sotto copertura per i federali, dopo essere stato “avviato” dal padre ad attività illegali sulla vendita di armi. Successivamente “White Boy Rick” si affermerà come spacciatore di rilievo, conquistando la fiducia dei boss locali fino a quando, trovato con 20 kg di cocaina, concluderà la sua doppia vita abbandonato dalla narcotici e passando il resto degli anni in prigione. La location, poco raccomandabile, è la Detroit anni 80, stracolma di violenza e illeciti, in un periodo storico per la lotta agli stupefacenti negli Stati Uniti. Richie Merritt, all’esordio, si fa trasportare dall’esperto asso al suo fianco in un’interpretazione convincente (per merito soprattutto dello spiccato accento Midwest) dove riesce a impersonificare tutti gli umori che un adolescente avrebbe potuto provare in quella situazione: spericolatezza, inconscio, brivido, sogni giovanili, paura e disperazione! Jennifer Jason Leigh, Bruce Dern, Eddie Marsan e Piper Laurie sono gli altri pezzi da 90 che aumentano lo spessore del dramma. Il regista francese da seguito al crudo e bellissimo ‘71, racconto della solitaria notte di un soldato britannico nella focosa Belfast protestante, film che lo lanciò ai Bafta e Bifa come director emergente e in rampa di lancio. Con questo spaccato di vita reale e quotidiana Demange fa riflettere amaramente su quanto l’esistenza in certi sobborghi sia dura e segnata per alcuni ragazzi senza alcuna via di scampo e redenzione; la società e il sistema a lei annesso, qui rappresentato da polizia, fbi e narcotici, giocano inoltre su queste disgrazie approfittando spesso della situazione disperata dei soggetti, impossibilitati dalla comunità a riprendersi e a trovare rifugio in scuole, amicizie per bene o lavori sicuri, promettendo loro un futuro migliore e ripudiandoli nel momento del bisogno. Un film duro, crudo e violentemente concreto, un pezzo di grande cinema di cui avevamo veramente bisogno!!
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