loland10
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domenica 9 giugno 2019
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rapinare il sogno...
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“American Animals” (id., 208) è la seconda pellicola del regista-sceneggiatore londinese Bart Layton.
Quando la realtà dei personaggi si auto racconta nella finzione di attori alter ego. Cosa dire il finale filmico è quello reale nella voci minime dei parenti (e se stessi) dei quattro ragazzi
Questa storia non è tratta da una storia vera. Questa storia è vera. Ecco la differenza.
Questo film documento fa un distinguo. Noi vi raccontiamo i fatti come realmente sono accaduti.
Tra personaggi veri che si raccontano dando la palla agli attori che li raccontano.
Incipit e prima parte (venti minuti): suggestiva, emotiva e intrigante; tonica e sottosopra.
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“American Animals” (id., 208) è la seconda pellicola del regista-sceneggiatore londinese Bart Layton.
Quando la realtà dei personaggi si auto racconta nella finzione di attori alter ego. Cosa dire il finale filmico è quello reale nella voci minime dei parenti (e se stessi) dei quattro ragazzi
Questa storia non è tratta da una storia vera. Questa storia è vera. Ecco la differenza.
Questo film documento fa un distinguo. Noi vi raccontiamo i fatti come realmente sono accaduti.
Tra personaggi veri che si raccontano dando la palla agli attori che li raccontano.
Incipit e prima parte (venti minuti): suggestiva, emotiva e intrigante; tonica e sottosopra.
Seconda parte (un’ora circa): assemblata, mestierante, di rito e di attesa; accalorata.
Terza parte (quindici minuti): il giorno della rapina...ripetuto per errore, arraffato, ansiogeno e alla fine non molto coinvolgente (in cinema).
Ultima parte (venti minuti): didascalica, ruvida e forse troppo diluita.
Quindi un film-reale che parte benissimo (o forse che vuole promettere molto) e poi a mano a mano perde la via maestra e si districa in un moralismo semplice e senza spazi...con i vari percorsi dei nostri pazzi eroi e folli di mente...che oggi vivi e vegeti, stanno lì negli usa cercando di redimersi fuori dopo aver fatto sette anni di carcere.
Quindi passiamo da un otto....iniziale...ad un quasi sei...finale con un effetto di rinforzo sui personaggi veri e veri falsi che alla fine può dare fastidio (una certa ridondanza onirica-mente da sogno).
Si racconta la storia della rapina avvenuta alla Transylvania University nel Kentucky nel 2004 quando due studenti decidono di rubare dei libri rarissimi. Spencer e Warren vogliono cambiare la loro vita e studiano il piano per prelevare il ‘dodici milioni di dollari’ (‘Birds of America’ di John James Audubon ) e ‘L’origine delle specie’ di C. Darwin. Ecco i due folli ragazzi pensano di sradicare la loro vita rituale e portarla oltre il confine e sopra ogni limite. Per l’opera completa i due si uniscono insieme a Eric eChas: i quattro sono pronti per fuggire dal loro letargo inerme e inutile.
Purezza ingenua e pazzia surreale. Una rapina che scardina ogni logica; e poi a chi vendere la refurtiva eccellente? Come fare? Il gioco iniziale e di preparazione è suggestivo, il dunque diventa troppo complicato, il dopo assolutamente fuori di testa e senza un vero congegno.
‘Il sogno americano’ sembra finire sul nascere, e ciò che si vive tra racconto dei veri autori e le goffagini attoriali, come lo sguardo fisso e vitreo dei ricordi come le movenze in ballo, danno uno strano senso di divertimento angosciante e di escandescenze rudimentali nei modi di agire. La provincia che vuole espatriare e andare in alto, lo Stato del Kentucky simbolo di un ‘imperialismo’ mediocre e di una rapina ‘da prima pagina’. Gli stessi personaggi come i familiari assumono connotazioni tra lo sconcerto vero e il silenzio delle spiegazioni.
E la morale ‘vincente’ diventa un assolo senza ritorno, una vigliaccheria, un ritrovo di nausea tra giovani cazzeggianti e follie senza scampo.
Ecco che il paragone con un film recente “Museo. Folle rapina a Città del Messico” (2018) ha qualcosa di comune nel volersi accaparrare di oggetti, cose o libri di un valore che va oltre alle capacità mentali dei singoli. Ragazzi, studenti e menti che vanno oltre le loro possibilità. Tornare indietro non si può: il fuori di testa è redenzione senza senno. Il carcere per sette anni per i quattro studenti e poi il loro vivere odierno in un dimenticatoio che è solo vero (i lavori che eseguono sembrano il contraltare della tragicommedia). Dal gioco puerile, alla rapina fai da te, dalla fascinazione filmica allo strenuo desiderio di rinchiudersi. Ecco che la citazione de ‘Le iene’ di Tarantino arriva come segno di film nel real-film.
Cast (attori): ben scelti e in parte divertiti; da Evan Peters (Warren), Barry Keoghan (Spencer), Blake Jenner (Chas), Jared Abrahamson (Eric).
Regia di Bart Layton di presa diretti, camera fissa, movimenti pop e senso documentaristico.
Voto: 7/10 (***½).
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felicity
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lunedì 3 febbraio 2020
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mix tra film e documentario, tra realtà e parodia
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Già dalle prime immagini compare l’ambiguità attorno alla quale è costruito il film. Il trucco come imposizione di una maschera, accostata ad una dichiarazione di totale veridicità.
L’immagine e la parola, per quanto potenzialmente oggettive, restano espressioni arbitrarie.
Così come lo sono i concetti di rappresentazione e di messinscena, che nel film ritornano insistentemente.
Ecco che i criminali attuali – 14 anni più vecchi dopo aver scontato le loro pene – appaiono in camera per commentare ciò che accade sullo schermo in aneddoti che sono tanto convincenti quanto contraddittori.
Costruito attorno al rapporto tra vero e falso nella rappresentazione, American Animals si fa racconto di strade che si aprono in più direzioni, di scelte di vita e dei conseguenti gesti umani, buoni o cattivi, volontari o involontari che siano.
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Già dalle prime immagini compare l’ambiguità attorno alla quale è costruito il film. Il trucco come imposizione di una maschera, accostata ad una dichiarazione di totale veridicità.
L’immagine e la parola, per quanto potenzialmente oggettive, restano espressioni arbitrarie.
Così come lo sono i concetti di rappresentazione e di messinscena, che nel film ritornano insistentemente.
Ecco che i criminali attuali – 14 anni più vecchi dopo aver scontato le loro pene – appaiono in camera per commentare ciò che accade sullo schermo in aneddoti che sono tanto convincenti quanto contraddittori.
Costruito attorno al rapporto tra vero e falso nella rappresentazione, American Animals si fa racconto di strade che si aprono in più direzioni, di scelte di vita e dei conseguenti gesti umani, buoni o cattivi, volontari o involontari che siano.
Un tema che rimanda inevitabilmente anche alla giovane età dei protagonisti, adolescenti che affrontano situazioni più grandi di loro e che attraverso piccoli gesti e e piccole decisioni entrano sempre più in un mondo soffocante e in dinamiche incontrollabile.
I buchi nella sceneggiatura sono fastidiosi perché rendono il film magro quando speri che abbia un bel po’ di carne sulle ossa.
Troppi sono anche i minuti, 116, sicché andando avanti American Animals si stiracchia, si sfilaccia, e perde progressivamente d’interesse: la storia va a rotoli insieme al colpo, le trovate di regia si spengono, e i personaggi non trovano empatia alcuna, sicché a poco a poco li abbandoniamo a loro stessi.
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carloalberto
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mercoledì 10 febbraio 2021
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vittime ingenue del sogno americano
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Questo American animals di Bart Layton ricorda molto un altro film,Museo - Folle rapina a Città del Messico del 2018, ispirato analogamente ad una storia vera incentrata su di un colpo eclatante organizzato da giovani studenti, in quel caso ai danni di un museo. Questa volta si tratta di un furto in una biblioteca e l’oggetto di cui impossessarsi, in un modo che risulterà rocambolesco, sebbene in teoria pianificato nei minimi dettagli, sono dei libri antichi, ovvero dei tomi del diciottesimo secolo, che per noi europei è come dire l’altro ieri, ma per gli americani si colloca nella preistoria del loro paese, tra cui una raccolta di illustrazioni di un pittore e ornitologo, James Audubon, raffiguranti fauna selvatica, soprattutto volatili.
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Questo American animals di Bart Layton ricorda molto un altro film,Museo - Folle rapina a Città del Messico del 2018, ispirato analogamente ad una storia vera incentrata su di un colpo eclatante organizzato da giovani studenti, in quel caso ai danni di un museo. Questa volta si tratta di un furto in una biblioteca e l’oggetto di cui impossessarsi, in un modo che risulterà rocambolesco, sebbene in teoria pianificato nei minimi dettagli, sono dei libri antichi, ovvero dei tomi del diciottesimo secolo, che per noi europei è come dire l’altro ieri, ma per gli americani si colloca nella preistoria del loro paese, tra cui una raccolta di illustrazioni di un pittore e ornitologo, James Audubon, raffiguranti fauna selvatica, soprattutto volatili.
Le motivazioni del gesto apparentemente folle, sono simili. Sia in Messico che negli Usa i giovani figli di papà della piccola e media borghesia vogliono avere tutto e subito e realizzare il sogno americano prima che sia troppo tardi, perché il rischio è quello di invecchiare e morire senza aver combinato nulla di veramente eccezionale. Chi semina vento raccoglie tempesta. Tuttavia, nella fattispecie, per fortuna si trattava di bravi ragazzi che non avrebbero fatto del male a una mosca, ma non sempre il messaggio viere raccolto o, meglio frainteso da anime candide.
Intramezzato da interviste ai protagonisti reali della vicenda, il film, ibrido riuscito a metà strada tra documentario e thriller d’azione, scorre velocemente con un buon ritmo narrativo, spostando l’attenzione ora sull’uno ora sull’altro ragazzo, approfondendo in modo particolare la vita familiare ed il vissuto di uno dei quattro, interpretato efficacemente da Barry Keoghan. Le versioni contrastanti dei quattro, su come si siano effettivamente svolti i fatti, portano il dramma fuori dalla scena e lo proiettano nella vita reale.
Di solito siamo abituati a vedere i veri protagonisti della storia nelle ultime sequenze, prima dei titoli di coda, quando appaiono nelle foto che li ritraggono come sono ora o come erano all’epoca dei fatti con le immancabili didascalie sovraimpresse che ci informano sulla vita che attualmente conducono. Bart Layton, innovando parzialmente, mescola i piani, alternando realtà e rappresentazione scenica, e facendo seguire poi in modo classico le notizie sugli sviluppi esistenziali dei quattro negli ultimi fotogrammi.
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jonnylogan
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martedì 10 settembre 2019
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american idiots
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Quattro uomini anziani a metà di una mattina qualunque entrano nella biblioteca di un college del Kentucky, s’impossessano di alcuni libri preziosi e fuggono. Quella che a prima vista pare la scena di un film d’azione, tra le mani del regista Bart Layton, che a sei anni di distanza da “L’impostore”, finto documentario sulla scomparsa di un tredicenne e sul suo ritorno a casa, diventa un nuovo tassello per raccontare in modo differente la storia di una delle più strane, ma reali, rapine del secolo. Alternando la presenza in scena di attori e reali protagonisti, ingaggiati nel ruolo di voci e di presenze narranti, Layton narra le decisioni che spinsero quattro studenti del medesimo college, apparentemente irreprensibili, al solito di buona famiglia e dall’aspetto quasi del tutto insignificante, di prendere la decisione di sottrarre libri d’arte raffiguranti animali del nuovo continente e dal valore di molti milioni di dollari.
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Quattro uomini anziani a metà di una mattina qualunque entrano nella biblioteca di un college del Kentucky, s’impossessano di alcuni libri preziosi e fuggono. Quella che a prima vista pare la scena di un film d’azione, tra le mani del regista Bart Layton, che a sei anni di distanza da “L’impostore”, finto documentario sulla scomparsa di un tredicenne e sul suo ritorno a casa, diventa un nuovo tassello per raccontare in modo differente la storia di una delle più strane, ma reali, rapine del secolo. Alternando la presenza in scena di attori e reali protagonisti, ingaggiati nel ruolo di voci e di presenze narranti, Layton narra le decisioni che spinsero quattro studenti del medesimo college, apparentemente irreprensibili, al solito di buona famiglia e dall’aspetto quasi del tutto insignificante, di prendere la decisione di sottrarre libri d’arte raffiguranti animali del nuovo continente e dal valore di molti milioni di dollari. I quattro, portati sullo schermo da attori che per fattezze sono molto somiglianti agli originali, e fra i quali spiccano Evan Peterse Barry Keoghan, visti anche in blockbuster recenti fra i quali la serie tv “American horror story” e “Dunkirk”, di Christopher Nolan, confessano fin dalle prime scene il desiderio nemmeno troppo recondito di dare una svolta a vite che paiono trascorrere all’interno di una bolla, al punto di decidere di sfruttare le loro conoscenze cinematografiche e le veloci ricerche su Internet per portare a segno il loro colpo del secolo’, non per vera necessità economica ma per il semplice gusto del brivido e nonostante le controindicazioni e difficoltà che progressivamente gli si pareranno contro materializzandosi causa ingenuità e inesperienza. Pellicola che si sorseggia in maniera non certo anonima, imbevuta di molte citazioni cinematografiche frutto delle numerose ricerche necessarie alla riuscita della rapina, decisamente certosino il montaggio finale. Un film quindi, seppur passato inosservato nelle nostre sale, da recuperare soprattutto se siete veri amanti della settima arte.
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