Carlo Maria Martini secondo Olmi. Ma era realmente così?
Ne parlavo con la mia compagna di cinema e lei mi diceva che si sentiva troppo che era visto da “dentro”, cioè da un cattolico credente. Mi è sembrato un Martini smussato. Mi sembrava di ricordare che il Cardinale fosse molto più combattivo. Molte sono state le sue prese di posizioni anche dure rispetto l’establishment chiesastico, basti ricordare la sua presa di posizione nel caso di Piergiorgio Welby distinguendo l’accanimento terapeutico dall’eutanasia (questo il film lo evita).
Non sono certo una specialista ma ho dei dubbi che la figura di Martini molto osannata dalla sinistra fosse tutta qui, così come presentata da Olmi e Garzonio.
Carlo Maria Martini nasce a Torino nel 1927, in una famiglia agiata, il padre era un ingegnere di Orbassano la madre Olga Maggia. A soli diciassette anni è novizio nella Compagnia di Gesù di Cuneo, si laurea nel 1958 in teologia all’Università Gregoriana. Continuò i suoi studi presso il Pontificio Istituto Biblico dove prima insegnò poi divenne Rettore nel 1969.
Nonostante le sue tendenze allo studio e alla speculazione filosofica, viene nominato Arcivescovo di Milano nel 1979 (fino al 2002).
Il Cardinale è stato sicuramente una figura calda, molto umana, con una grande attenzione a poveri (a cui comunque portava il vangelo e non da mangiare…) ai sofferenti, ai carcerati, ai credenti e ai non credenti, contrario ai vuoti formalismi, amante della teologia ma anche della partecipazione e della democrazia.
Il Cardinal Martini credeva fermamente nell’importanza del dialogo. Parlò con tutti dai politici e intellettuali ai rappresentanti altre religioni e culture, dai terroristi alle persone comuni. Quando era Rettore ha iniziato degli scvambi con l’Università di Gerusalemme, dove ha anche vissuto per alcuni anni. Proprio lì molti anni dopo, gli hanno conferito una laurea ad honoris in Filosofia all’Università Ebraica nel 2006 (neanche questo è nel film). Ha chiamato gli ebrei i “fratelli maggiori” (assente nel film). Ha subìto il fascino di questa città che, evitando di schierarsi, chiama la “città della preghiera”: venerdì i mussulmani, sabato gli ebrei la domenica i cattolici.
Nell’estate del 2012 Carlo Maria Martini muore all’Alosianum di Gallarate e da lì, e dalla sua stanza, inizia il film.
In fondo, Carlo Maria Martini è stato l’apripista di un nuovo modo di essere della Chiesa, quella che oggi è praticata da Papa Francesco. La sua eredità oggi è un patrimonio prezioso specialmente, e finalmente, per gli alti prelati.
Con la voce fuori campo dello stesso regista e con il contributo del figlio, Olmi mette insieme parecchio materiale di repertorio con le interviste da lui stesso condotte e ci fa, in un’ora e mezza, una lezione di storia del “secolo breve”. Sempre secondo Olmi.
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