eugen
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domenica 9 febbraio 2025
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molto bene. grande battiston
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"FInche'c'e'Prosecco c'e'speranza"(Antonio Padovan, dal romanzo di Fulivio Ervas, entrambi sceneggiatori, 2017)e'uno die milgiori film italiani degli ultgimi decenni, ma non e'stato -ingiustamente-.quasi mai ricordato: logihce dimercato opprimenti o boicotaggio a livello di produzione? Non si sa, non si puo'scegliere tra le due opzioni, forse valgono entrambe. Certo e'che questo thriller che vede contrapposti coltivazione biologica nelle collline trevigiane versus incenertiroi(clandestini, tra l0'altro)haa un senso profondo, ben lontano da quanto ci viene detto e raccontato anche da un'0informazione molte volte"truccata".
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"FInche'c'e'Prosecco c'e'speranza"(Antonio Padovan, dal romanzo di Fulivio Ervas, entrambi sceneggiatori, 2017)e'uno die milgiori film italiani degli ultgimi decenni, ma non e'stato -ingiustamente-.quasi mai ricordato: logihce dimercato opprimenti o boicotaggio a livello di produzione? Non si sa, non si puo'scegliere tra le due opzioni, forse valgono entrambe. Certo e'che questo thriller che vede contrapposti coltivazione biologica nelle collline trevigiane versus incenertiroi(clandestini, tra l0'altro)haa un senso profondo, ben lontano da quanto ci viene detto e raccontato anche da un'0informazione molte volte"truccata"., e il "venetian polar"(omettendo ma non del tutto la contrapposzione piu'che reale tra Veenezaia e Treviso)funziona molto bene, perche'basata su una solida sceneggiatura, un soggetto credibile quanto importante, ottimi interpreti((Battiston e'bravisismo, ma lo sono anche Teco Celio, Roberto Citran, Silvia d'Amirco etc.). Da vedere e rivedere quando si possa farlo, Eugen
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pasquiota
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venerdì 26 ottobre 2018
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atmosfera veneta - si può vedere
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Giallo ambientato nelle colline del trevigiano dove il prosecco la fa da padrone. Interessante anche per il ruolo diverso dal solito interpretato da Battiston.
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giovanni.
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lunedì 3 settembre 2018
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solo noia
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Che fatica riuscire a resistere fino alla fine bravo battiston ma il ritmo lentissimo è insopportabile e gli incassi al botteghino lo dimostrano questi neoregisti pensano tutti di essere Bergman
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totybottalla
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mercoledì 15 agosto 2018
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poliziesco noioso che non convince!
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Battiston un pò troppo appesantito ma sicuramente bravo ispettore nelle indagini di una serie di omicidi nelle terre venete, un giallo per la verità un pò noioso dai ritmi lenti che emoziona poco ma sono certo che Antonio Padovan, il regista all'esordio, farà certamente meglio in seguito, Battiston straordinario un anno prima in "Perfetti Sconosciuti" qui sembra annaspare in una sceneggiatura poco brillante e senza clima, mi dispiace dirlo ma il film non mi è piaciuto molto, due stelle d'incoraggiamento per il regista. Saluti.
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vepra81
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giovedì 28 giugno 2018
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frizzante ed emozionante
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Finalmente un film che non parla romano o meridionale. Un film italiano con una presa diretta decente. Un film documentario della bella Italia. Posti magici ripresi anche in una stagione dai mille colori e dalle mille sfumature. Inizio un pò lento, ma poi il film diventa interessante ed emozionante. Un bel finale che merita davvero di essere visto. Complimenti finalmente al cinema italiano.
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gabriella
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sabato 3 febbraio 2018
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tra filari e bollicine
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L'opera di esordio di Antonio Padovan è un lavoro pregevole e sincero, un film che si gusta volentieri come un buon bicchiere di prosecco, lavoro forse meno artigianale di quel che può sembrare,( l'uso dei droni per le riprese dall'ato delle colline trevigiane), ma che rispecchia l'anima e le atmosfere di un paesaggio dipanato nelle melanconiche nebbie che lo avvolgono come una coperta. Ci viene mostrata una porzione di Veneto, tra una delle più belle zone della regione, compreso un piccolo scorcio all'isola della Giudecca.
La vicenda vede protagonista l'ispettore Stucky ( un ottimo Giuseppe Battiston), metà persiano e metà veneziano che deve indagare su un suicidio/omicidio del conte Ancillotti, noto viticoltore della zona, amante del vino, delle donne, dei piaceri della vita senza freni, ma rigorosamente genuino sui valori della terra e della coltivazione dell'uva che prevedono tempi di attesa lunghi e pazienti.
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L'opera di esordio di Antonio Padovan è un lavoro pregevole e sincero, un film che si gusta volentieri come un buon bicchiere di prosecco, lavoro forse meno artigianale di quel che può sembrare,( l'uso dei droni per le riprese dall'ato delle colline trevigiane), ma che rispecchia l'anima e le atmosfere di un paesaggio dipanato nelle melanconiche nebbie che lo avvolgono come una coperta. Ci viene mostrata una porzione di Veneto, tra una delle più belle zone della regione, compreso un piccolo scorcio all'isola della Giudecca.
La vicenda vede protagonista l'ispettore Stucky ( un ottimo Giuseppe Battiston), metà persiano e metà veneziano che deve indagare su un suicidio/omicidio del conte Ancillotti, noto viticoltore della zona, amante del vino, delle donne, dei piaceri della vita senza freni, ma rigorosamente genuino sui valori della terra e della coltivazione dell'uva che prevedono tempi di attesa lunghi e pazienti. Stucky, personaggio un pò impacciato e goffo, alle prese con un superiore disilluso e cinico( sempre un piacere vedere Roberto Citran), a un passo dalla pensione che non vuole rogne alla fine della sua carriera, e un susseguirsi di altri inspiegabili omicidi, si muove nella leggerezza della sua mole con destrezza e abilità. Si trova così a conoscere un microcosmo di svariati e singolari personaggi, come il matto del villaggio che si reca puntualmente al cimitero del paese a togliere la ruggine dalle lapidi, emessa da un cementificio vicino , causa principale dei decessi, di osti loquaci, di confraternite del vino, di governanti e giocatori di biliardino nelle osterie fuori dal tempo.
L'ispettore stesso ha i suoi problemi irrisolti, la rielaborazione del lutto per la perdita dei genitori, specie del padre, la cui stanza deve rimanere com'è, nonostante i saggi consigli dello zio persiano con cui divide la casa. Riuscirà a far luce nella torbida vicenda il nostro eroe, affiancato alla fine anche dal suo capo, che in fondo è meno cinico di quello che sembra, e riuscirà anche a togliersi la sua , di ruggine, dei fantasmi del suo passato.
Per alcuni aspetti il film di Padovan ricorda un pò il cinema di Mazzacurati,non solo per la scelta degli interpreti tanto cari al regista padovano, ma perchè non manca mai il cuore, perchè c'è ironia, però garbata e senza eccessi. La differenza sta nel fatto che Padovan, come ha detto in un'intervista, tornato da New York ( dove vive e lavora), ha guardato i luoghi natii con l'occhio del turista e li ha scoperti nella sua autenticità e bellezza, mentre Mazzacurati ci è sempre rimasto dentro alla sua terra, ne ha sempre saputo cogliere il suo incanto e i suoi conflitti.
Forse per la gente veneta è più facile amare questo film, però per me è un ottimo lavoro, si guarda con piacere e ci fa sentire bene.
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sergiodalmaso
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sabato 13 gennaio 2018
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bollicine venete
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“Un spris: va ben. Do spris: stà tento. Tre spris: te si ciavà.” apertura del romanzo
Negli anni novanta uno spot di una banca veneta, oggi non più esistente, affermava che “per capire il Veneto bisogna esserci nati”. Magari non è proprio così. Con un po’ di pazienza e sensibilità si può comprendere qualsiasi cultura e tradizione. Per saperlo raccontare, il Veneto, serve invece qualcosa in più. Un grande affetto per questa terra, innanzitutto, unito alla sincerità e all’onestà di non nasconderne i problemi e le contraddizioni.
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“Un spris: va ben. Do spris: stà tento. Tre spris: te si ciavà.” apertura del romanzo
Negli anni novanta uno spot di una banca veneta, oggi non più esistente, affermava che “per capire il Veneto bisogna esserci nati”. Magari non è proprio così. Con un po’ di pazienza e sensibilità si può comprendere qualsiasi cultura e tradizione. Per saperlo raccontare, il Veneto, serve invece qualcosa in più. Un grande affetto per questa terra, innanzitutto, unito alla sincerità e all’onestà di non nasconderne i problemi e le contraddizioni.
Tutte doti che non mancano all’esordiente regista trevigiano Antonio Padovan e allo scrittore Fulvio Ervas, autore dell’omonimo romanzo a cui è ispirato Finché c’è prosecco c’è speranza. Come afferma lo stesso regista, tornato a casa dopo dieci anni vissuti a New York, il film è una lettera d’amore ai luoghi dell’infanzia, con i suoi splendidi vigneti collinari, i borghi antichi e le vecchie osterie.
Pian piano i bizzarri personaggi al centro della storia svelano l’anima di un territorio tenace e orgogliosamente legato alle proprie tradizioni, ma anche ferito, accecato dall’avidità e dall’invadenza della produzione vinicola massiva. I tempi lenti del vino e la sostenibilità della terra mal si accompagnano all’insensata fretta del business e della conquista dei mercati mondiali.
Sofferente ai ritmi della viticultura moderna è il saggio conte Desiderio Ancillotto, vero custode dell’antica tradizione del prosecco, arcigno vignaiolo che preferisce tenere ogni anno un ettaro incolto per farlo riposare, per rispetto della terra, giusto “per non chiederle più di quello che può dare”.
Oramai isolato dalla comunità dei produttori il conte viene trovato morto, apparentemente suicida. Il caso viene affidato dal timoroso questore di Treviso al corpulento neoispettore Stucky. A prima vista goffo e sgraziato, Stucky si dimostra invece tenace e determinato, polenton sì, ma miga mona.
E c’è bisogno di tutto il suo intuito e della sua perseveranza perché la storia si complica a dismisura. Dopo il ritrovamento del cadavere del conte avvengono altri omicidi, tutti inspiegabilmente legati da un filo rosso proprio al defunto Desiderio Ancillotto. La matassa invece che sbrogliarsi si ingarbuglia.
Lo scenario della vicenda si popola di personaggi eccentrici e strambi, come la figlia del conte che torna dall’Argentina per l’eredità o il matto del paese che intuisce prima degli altri il torbido della storia. Personaggi stravaganti, certo, ma mai eccessivi. Mantengono quel tono garbato e lieve che caratterizza il film, senza mai diventare invadenti o macchiette. Finché c’è prosecco c’è speranza è un giallo atipico, per nulla inquietante né ansiogeno, risulta piuttosto soave, fresco e a tratti frizzante come le bollicine del prosecco. Le risate non mancano. Merito senza dubbio di un gruppo di attori affiatati e impeccabili, a partire dal formidabile Giuseppe Battiston, che rappresenta in modo esemplare l’umanità tipicamente veneta dell’ispettore Stucky. Non meno azzeccati gli altri personaggi, in particolare il conte interpretato dal grande Rade Serbedzija, il pavido commissario da Roberto Citran e il matto del paese reso brillantemente da Teco Celio.
Vero protagonista resta aaperò il territorio, con la sua ancestrale cultura del vino e le magnifiche colline dai vigneti scoscesi e ordinati che vanno da Conegliano fino a Valdobbiadene, magnificamente riprese con un drone e fotografate con grazia da Massimo Moschin.
Con i dovuti distinguo la regia di Padovan ricorda per molti aspetti il cinema di Carlo Mazzacurati: il profondo affetto per la terra natia e la lucida leggerezza nel raccontarla del rimpianto cineasta padovano li ritroviamo nell’esordio di Padovan. Tra l’altro anche Mazzacurati aveva esordito, trent’anni fa, con un giallo ambientato nel Veneto, lo splendido Notte italiana.
Una scommessa vinta quella del produttore Nicola Fedrigoni e della K2 di Verona, sorprendente soprattutto se considerati i mezzi limitati e la scarsa attenzione di buona parte delle istituzioni culturali locali. Peccato, perché Finché c’è prosecco c’è speranza, presentato alla Festa del Cinema di Roma e in molti festival in tutto il mondo, ben rappresenta la cultura di questa regione.
Senza supponenza, con il rispetto e l’orgoglio con cui il nonno del conte diceva al nipotino “ricordati che quanto questa terra sarà tua, anche tu sarai suo.”
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ellebi
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venerdì 15 dicembre 2017
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un inno all'andare piano
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Con gli occhi immersi nelle affascinanti colline del prosecco ho visto svolgersi una storia che, velata di sottile ironia, mi ha coinvolta nel recupero di ritmi piacevolmente lenti, dilatati, in cui ogni personaggio mi ha a poco a poco conquistata per il suo esserci senza grandi clamori, regalandomi sensazioni di pacata intensità...
Particolarmente suggestiva anche la colonna sonora, fra le note deliziosamente "sinistre" di Teho Teardo e la vocalità profondamente empatica di Diego Mancino...
La sua "avere ragione" , che scorre sui titoli di coda, è una vera "chicca d'ascolto...
Una frase, ad inizio film, mi ha particolarmente colpita : "per ogni cosa sbagliata ci sono i responsabili, non bisogna aver paura di odiare".
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Con gli occhi immersi nelle affascinanti colline del prosecco ho visto svolgersi una storia che, velata di sottile ironia, mi ha coinvolta nel recupero di ritmi piacevolmente lenti, dilatati, in cui ogni personaggio mi ha a poco a poco conquistata per il suo esserci senza grandi clamori, regalandomi sensazioni di pacata intensità...
Particolarmente suggestiva anche la colonna sonora, fra le note deliziosamente "sinistre" di Teho Teardo e la vocalità profondamente empatica di Diego Mancino...
La sua "avere ragione" , che scorre sui titoli di coda, è una vera "chicca d'ascolto...
Una frase, ad inizio film, mi ha particolarmente colpita : "per ogni cosa sbagliata ci sono i responsabili, non bisogna aver paura di odiare"...
Parole forti le ultime, con quel verbo che di base non appartiene al mio sentire...
a ben pensarci , però, in realtà credo che sia l'altra faccia dell'amore che emerge prepotente quando viene ingiustamente tradito, e quindi , in questo caso, del tutto in sintonia con il sentimento che ha originato la storia raccontata ...
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flyanto
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lunedì 13 novembre 2017
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una serie di strane morti
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Compare nelle sale cinematografiche con i film "Finchè c'è Prosecco c'è Speranza" la figura dell'ispettore Stucky, personaggio inventato ed a cui ha dedicato svariati libri sulle sue indagini lo scrittore Fulvio Ervas. Il suddetto personaggio deve qui indagare su alcuni delitti di persone legate alla figura di un anziano conte, morto suicida, proprietario di immensi ettari di terreno coltivati per la produzione del Prosecco ormai assai inquinati dai rifiuti tossici di una fabbrica vicino. Attraverso le sue ricerche l'ispettore riuscirà a giungere alla verità ed a risolvere brillantemente il caso.
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Compare nelle sale cinematografiche con i film "Finchè c'è Prosecco c'è Speranza" la figura dell'ispettore Stucky, personaggio inventato ed a cui ha dedicato svariati libri sulle sue indagini lo scrittore Fulvio Ervas. Il suddetto personaggio deve qui indagare su alcuni delitti di persone legate alla figura di un anziano conte, morto suicida, proprietario di immensi ettari di terreno coltivati per la produzione del Prosecco ormai assai inquinati dai rifiuti tossici di una fabbrica vicino. Attraverso le sue ricerche l'ispettore riuscirà a giungere alla verità ed a risolvere brillantemente il caso.
Antonio Padovan si cimenta per la prima volta nella regia cinematografica e, sebbene la sua opera sia di tutto rispetto e, in linea generale, ben diretta, egli però non riesce, purtroppo, a consegnare una pellicola che si discosti dal semplice sceneggiato televisivo. Il film appare un pò senza verve, senza quella forza necessaria ad intrigare completamente lo spettatore perchè, man mano che la storia si dispiega, la pellicola diviene quasi scontata e, pertanto, parecchio prevedibile. Un vero peccato perchè la figura dell'ispettore Stucky è invece molto ben interpretata dall'attore Giuseppe Battiston la cui presenza, anzi, si rivela fondamentale ad innalzare il valore di quest'opera cinematografica. Molto belli e suggestivi, inoltre, sono anche i luoghi in cui la vicenda è ambientata, e cioè le verdi colline del Veneto immerse in un'atmosfera tranquilla e pacata in cui perdersi.
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