anamorfo
|
venerdì 2 novembre 2018
|
stupefacente
|
|
|
|
John Ford diceva che per fare cinema non serve imparare un'arte, quella è semplice, basta invece guardare negli occhi gli attori. E piazzare la cinepresa sui loro occhi. Lì c'è tutto il film. I registi di oggi - diceva - anziché guardare gli attori guardano la macchina da presa.
Le ereditiere è un film capolavoro. Lo si guarda come se fosse il semplice gesto di aprire una finestra su un mondo, un mondo che si fa fatica a pensare possa essere (RI)costruito, tanto è naturale il suo apparire. Ogni personaggio diventa persona, nemmeno un documentario può aspirare a tanto. Con pochi tratti, sei di fronte a qualcuno che è semplicemente vero e non solo veritiero.
[+]
John Ford diceva che per fare cinema non serve imparare un'arte, quella è semplice, basta invece guardare negli occhi gli attori. E piazzare la cinepresa sui loro occhi. Lì c'è tutto il film. I registi di oggi - diceva - anziché guardare gli attori guardano la macchina da presa.
Le ereditiere è un film capolavoro. Lo si guarda come se fosse il semplice gesto di aprire una finestra su un mondo, un mondo che si fa fatica a pensare possa essere (RI)costruito, tanto è naturale il suo apparire. Ogni personaggio diventa persona, nemmeno un documentario può aspirare a tanto. Con pochi tratti, sei di fronte a qualcuno che è semplicemente vero e non solo veritiero.
Contemporaneamente, chi sa guardare anche alla regia, si accorgerà che tutto è estremamente stilizzato. La macchina da presa è sempre su cavalletto, e non è mai diretta sulle cose, creando una complessa stratificazione di spazi, spesso disorientando lo spettatore contravvenendo con una sapienza inuosuale a tutte le regole della continuity.
Solo quando il film conosce il suo climax, a conferma della sapienza registica, la macchina da presa si muove, si sgancia dal cavalletto, pedina il personaggio principale, alle sue spalle o in semi soggettiva. Sino all'epilogo, quando torna a fermarsi e si chiude, perché quei momenti erano di sofferenza, mentre la libertà conquistata è serena.
Stupefancente. Ancor più sapendo che è opera prima, di un paese senza tradizione cinematografica. Vorrei saperne di più, perché non credo ai miracoli.
Consigliatissimo
[-]
|
|
[+] lascia un commento a anamorfo »
[ - ] lascia un commento a anamorfo »
|
|
d'accordo? |
|
flyanto
|
martedì 23 ottobre 2018
|
una nuova esistenza
|
|
|
|
A volte nella vita accadono dei fatti che, per quanto negativi, si dimostrano poi utili, per non dire addirittura necessari, a fare comprendere chiaramente le situazioni. Ed è proprio ciò che succede nel film “Le Ereditiere” del regista paraguaiano Marcelo Martinessi dove la protagonista, una donna di circa 65 anni, in seguito all’arresto per truffa della sua compagna con cui vive insieme da decenni, è costretta a ricostruirsi una propria vita da sola. Nei tre mesi di detenzione dell’amica, la donna in pratica scoprirà una nuova esistenza e capirà che quella che conduceva stancamente ed in maniera routinaria sino al momento attuale, non la soddisfa più.
[+]
A volte nella vita accadono dei fatti che, per quanto negativi, si dimostrano poi utili, per non dire addirittura necessari, a fare comprendere chiaramente le situazioni. Ed è proprio ciò che succede nel film “Le Ereditiere” del regista paraguaiano Marcelo Martinessi dove la protagonista, una donna di circa 65 anni, in seguito all’arresto per truffa della sua compagna con cui vive insieme da decenni, è costretta a ricostruirsi una propria vita da sola. Nei tre mesi di detenzione dell’amica, la donna in pratica scoprirà una nuova esistenza e capirà che quella che conduceva stancamente ed in maniera routinaria sino al momento attuale, non la soddisfa più. Attraverso l’attività di accompagnare in macchina, dietro retribuzione come se fosse un taxi, le amiche e conoscenti nei vari posti, la protagonista comincia piano piano ad assaporare l’indipendenza ed il piacere che le procura questa sua nuova attività, in aggiunta alle nuove conoscenze che nel frattempo acquista. Cosicchè, quando la compagna uscirà di prigione, la donna non sarà ormai più la stessa di prima e non accetterà più la quotidianità di sempre.
Una presa di coscienza lucida ma anche molto coraggiosa, data l’età non più giovane della protagonista, che Martinessi ben rappresenta sullo schermo, creando un’opera molto delicata, intimistica e quanto mai realistica. L’evoluzione che piano piano avviene dentro la donna è dal regista analizzata nelle varie fasi della sua trasformazione: una trasformazione lenta ma imponente in quanto necessita per la protagonista l’accettazione od il rifiuto, senza mezze misure, di un cambiamento radicale in una quotidianità ricca di punti fermi che l’hanno sempre sostenuta. Un film dolente e dai ritmi lenti che perfettamente scandiscono la graduale presa di coscienza della donna, che ben si distingue nel panorama delle pellicole cinematografiche attuali. Le attrici sono a noi ancora sconosciute ma, professionalmente parlando, si dimostrano tutte assai convincenti nei loro ruoli.
Davvero un piccolo gioiello consigliabile a chi apprezza principalmente le storie ‘sommesse’ e poco eclatanti.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a flyanto »
[ - ] lascia un commento a flyanto »
|
|
d'accordo? |
|
flyanto
|
martedì 23 ottobre 2018
|
una nuova esistenza
|
|
|
|
A volte nella vita accadono dei fatti che, per quanto negativi, si dimostrano poi utili, per non dire addirittura necessari, a fare comprendere chiaramente le situazioni. Ed è proprio ciò che succede nel film “Le Ereditiere” del regista paraguaiano Marcelo Martinessi dove la protagonista, una donna di circa 65 anni, in seguito all’arresto per truffa della sua compagna con cui vive insieme da decenni, è costretta a ricostruirsi una propria vita da sola. Nei tre mesi di detenzione dell’amica, la donna in pratica scoprirà una nuova esistenza e capirà che quella che conduceva stancamente ed in maniera routinaria sino al momento attuale, non la soddisfa più.
[+]
A volte nella vita accadono dei fatti che, per quanto negativi, si dimostrano poi utili, per non dire addirittura necessari, a fare comprendere chiaramente le situazioni. Ed è proprio ciò che succede nel film “Le Ereditiere” del regista paraguaiano Marcelo Martinessi dove la protagonista, una donna di circa 65 anni, in seguito all’arresto per truffa della sua compagna con cui vive insieme da decenni, è costretta a ricostruirsi una propria vita da sola. Nei tre mesi di detenzione dell’amica, la donna in pratica scoprirà una nuova esistenza e capirà che quella che conduceva stancamente ed in maniera routinaria sino al momento attuale, non la soddisfa più. Attraverso l’attività di accompagnare in macchina, dietro retribuzione come se fosse un taxi, le amiche e conoscenti nei vari posti, la protagonista comincia piano piano ad assaporare l’indipendenza ed il piacere che le procura questa sua nuova attività, in aggiunta alle nuove conoscenze che nel frattempo acquista. Cosicchè, quando la compagna uscirà di prigione, la donna non sarà ormai più la stessa di prima e non accetterà più la quotidianità di sempre.
Una presa di coscienza lucida ma anche molto coraggiosa, data l’età non più giovane della protagonista, che Martinessi ben rappresenta sullo schermo, creando un’opera molto delicata, intimistica e quanto mai realistica. L’evoluzione che piano piano avviene dentro la donna è dal regista analizzata nelle varie fasi della sua trasformazione: una trasformazione lenta ma imponente in quanto necessita per la protagonista l’accettazione od il rifiuto, senza mezze misure, di un cambiamento radicale in una quotidianità ricca di punti fermi che l’hanno sempre sostenuta. Un film dolente e dai ritmi lenti che perfettamente scandiscono la graduale presa di coscienza della donna, che ben si distingue nel panorama delle pellicole cinematografiche attuali. Le attrici sono a noi ancora sconosciute ma, professionalmente parlando, si dimostrano tutte assai convincenti nei loro ruoli.
Davvero un piccolo gioiello consigliabile a chi apprezza principalmente le storie ‘sommesse’ e poco eclatanti.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a flyanto »
[ - ] lascia un commento a flyanto »
|
|
d'accordo? |
|
cardclau
|
domenica 21 ottobre 2018
|
le donne e il desiderio
|
|
|
|
Il film paraguaiano Le ereditiere di Marcelo Martinessi ci mette di fronte ad un mondo diverso dal nostro, ma pieno di cose in comune col nostro sentire. Perché è un film sull’umanità e sul desiderio. La storia si snoda lentamente. Chela [Patricia Abente] e Chiquita [Margarita Irun] convivono da tempo nella casa dove Chela è nata, sono ora donne di mezza età. Non abbiamo elementi per dirlo ma sono probabilmente lesbiche; però la loro relazione attuale appare essere diventata piuttosto tiepida: non si scambiano mai, durante il film, alcun segno di intimità.
[+]
Il film paraguaiano Le ereditiere di Marcelo Martinessi ci mette di fronte ad un mondo diverso dal nostro, ma pieno di cose in comune col nostro sentire. Perché è un film sull’umanità e sul desiderio. La storia si snoda lentamente. Chela [Patricia Abente] e Chiquita [Margarita Irun] convivono da tempo nella casa dove Chela è nata, sono ora donne di mezza età. Non abbiamo elementi per dirlo ma sono probabilmente lesbiche; però la loro relazione attuale appare essere diventata piuttosto tiepida: non si scambiano mai, durante il film, alcun segno di intimità. Cominciano ad avere difficoltà economiche, e a vendere progressivamente i beni di famiglia, litigando perché Chela ha l’impressione di contribuire maggiormente in questa avventura. Chela è piuttosto riservata nel mostrare gli affetti, con una tendenza ovviamente depressiva, dipinge. Chiquita fuma, è più intraprendente, insomma decide lei, e finisce ad avere un ruolo più materno. Ma Chiquita cade nella rete della banca, viene da questa accusata di truffa, e finisce per un po’ di tempo in carcere. Questo da spazio a Chela che avendo l’auto di suo padre, sebbene senza patente, si improvvisa autista, raggranellando qualche soldo trasportando delle vecchiette appassionate di burraco. Durante queste occasioni Chela conosce una bella e interessante mora, piuttosto vivace, Angy [Ana Ivanova Villagra] che le chiede di portare sua madre, una volta alla settimana, fuori città, percorrendo un tratto di autostrada incredibilmente trafficata, per fare la chemioterapia. La progressiva conoscenza delle due donne, Chela e Angy, le avvicina a tal punto che una rapporto intimo risulta assai possibile. Chela però viene presa dall’ansia di quella improvvisa manifestazione del desiderio, da rinunciare a quello che, per noi, sarà il loro primo incontro. Chela riuscirà, alla fine, ad impedire a Chiquita di vendere l’auto che l’aveva così vivificata. Ad arricchire: la sequenza dolcissima del canto della vecchia signora durante la festa, in un improvvisato karaoke, che ricorda il canto di Lucky [Harry Dean Stanton] nell’omonimo film; tenerissima dell’atto di Chela che ci fa capire che il desiderio non è morto e sepolto; il baccano travolgente dell’ambiente carcerario femminile, umanissimo.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a cardclau »
[ - ] lascia un commento a cardclau »
|
|
d'accordo? |
|
goldy
|
sabato 20 ottobre 2018
|
non amo i narcisi
|
|
|
|
Una storia di ordinaria convivenza tra due donne che si sono amate e hanno convissuto un’esistenza apparentemente priva di sussulti significativi. La temporanea incarcerazione di una delle due per una piccola truffa fa scoprire all’altra, aspetti di sé mai emersi . Costretta dalla necessità si arrabatta a guadagnare qualche soldo improvvisandosi taxista pur non avendo neanche la patente.. Inizialmente senza allontanarsi troppo da casa e poi invece, rassicurata, spingendosi verso luoghi più lontani raggiungibili con l’autostrada. . E’ pacatamente sorpresa da sé, della sua capacità di osare e di assaporare una libertà mai esercitata in precedenza.
[+]
Una storia di ordinaria convivenza tra due donne che si sono amate e hanno convissuto un’esistenza apparentemente priva di sussulti significativi. La temporanea incarcerazione di una delle due per una piccola truffa fa scoprire all’altra, aspetti di sé mai emersi . Costretta dalla necessità si arrabatta a guadagnare qualche soldo improvvisandosi taxista pur non avendo neanche la patente.. Inizialmente senza allontanarsi troppo da casa e poi invece, rassicurata, spingendosi verso luoghi più lontani raggiungibili con l’autostrada. . E’ pacatamente sorpresa da sé, della sua capacità di osare e di assaporare una libertà mai esercitata in precedenza. E così senza cercarlo si avvia su un percorso di emancipazione liberandosi dalla passività e sottomissione.
E’ apprezzabile la sottile osservazione sui comportamenti tra individui resa tuttavia con una scelta stilistica non nuova che ha fatto il suo tempo .. Il film è anche metafora di un certo clima di sonnolenza probabilmente presente nel paese (Paraguay) e magari l’intento del regista è quello di invitare la propria gente a scrollarsi da dosso una certa rassegnazione optando per un cambiamento. Non mi spiego quindi perché scegliere di stringere l’obiettivo della macchina da presa solo sui personaggi e non allargarlo a comprendere un panorama più ampio. Sono portata a concludere che il regista abbia voluto porre maggiormente attenzione a sottolineare la propria originalità narrativa rendendo il film cupo, scuro, lento e non granché comunicativo. Forse una linearità narrativa più esplicita e coinvolgente avrebbe giovato a promuovere il messaggio alla propria gente.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a goldy »
[ - ] lascia un commento a goldy »
|
|
d'accordo? |
|
|