filippo catani
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mercoledì 9 novembre 2016
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invisibili
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Una giovane donna medico decide di non aprire la porta del suo ambulatorio a uno sconosciuto che ha suonato il campanello decisamente fuori orario. L'indomani si scoprirà che era una donna ritrovata cadavere poco distante dall'ambulatorio.
Il nuovo dramma dei Dardenne si misura sul problema dell'immigrazione e sui tanti invisibili che popolano le nostre città e di cui fatalmente ci accorgiamo (?) solo quando esce una notizia di cronaca. La pellicola però ha anche una bella riflessione su quello che è fare il medico con tutti i suoi pro e contro. Difficile prendere sempre la decisione giusta e non lasciarsi coinvolgere dai casi. La giovane medico pensava di essere così ma poi questa dolorosa esperienza l'avvicinerà a quelle che erano le posizioni del suo giovane tirocinante.
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Una giovane donna medico decide di non aprire la porta del suo ambulatorio a uno sconosciuto che ha suonato il campanello decisamente fuori orario. L'indomani si scoprirà che era una donna ritrovata cadavere poco distante dall'ambulatorio.
Il nuovo dramma dei Dardenne si misura sul problema dell'immigrazione e sui tanti invisibili che popolano le nostre città e di cui fatalmente ci accorgiamo (?) solo quando esce una notizia di cronaca. La pellicola però ha anche una bella riflessione su quello che è fare il medico con tutti i suoi pro e contro. Difficile prendere sempre la decisione giusta e non lasciarsi coinvolgere dai casi. La giovane medico pensava di essere così ma poi questa dolorosa esperienza l'avvicinerà a quelle che erano le posizioni del suo giovane tirocinante. Il suo viaggio nei bassifondi è anche un viaggio nella sua e nostra coscienza civica in tutte quelle occasioni in cui molto semplicemente decidiamo di voltare lo sguardo da un'altra parte per non vedere quello che abbiamo sotto gli occhi. E così alla fine il gesto di cercare in tutti i modi di dare un nome e una sepoltura a un essere umano finisce per essere un grandissimo gesto di presenza di spirito.
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pintaz
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domenica 6 novembre 2016
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lento come la solitudine del rimorso
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Jenny Davin è una dottoressa molto stimata tanto che l'ospedale della città in cui vive, Liegi, ha deciso di offrirle un incarico di rilievo. Con il suo ambulatorio di medico conosce Julien, uno studente in medicina, che diventa stagista. Una sera, un'ora dopo la chiusura, qualcuno, che poi risulta essere una giovane ragazza di colore, suona al campanello e Jenny decide di non aprire poichè l'ambulatorio risultava chiuso da oltre un'ora. Il giorno dopo la polizia chiede di vedere la registrazione del video di sorveglianza dello studio perché una la donna è stata trovata morta nelle vicinanze. Si tratta di colei a cui Jenny non ha aperto la porta. Sul corpo non sono stati trovati documenti. A questo punto, tormentata dai sensi di colpa, Jenny decide di scoprire l'identità della ragazza, per poterle dare almeno una degna sepoltura.
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Jenny Davin è una dottoressa molto stimata tanto che l'ospedale della città in cui vive, Liegi, ha deciso di offrirle un incarico di rilievo. Con il suo ambulatorio di medico conosce Julien, uno studente in medicina, che diventa stagista. Una sera, un'ora dopo la chiusura, qualcuno, che poi risulta essere una giovane ragazza di colore, suona al campanello e Jenny decide di non aprire poichè l'ambulatorio risultava chiuso da oltre un'ora. Il giorno dopo la polizia chiede di vedere la registrazione del video di sorveglianza dello studio perché una la donna è stata trovata morta nelle vicinanze. Si tratta di colei a cui Jenny non ha aperto la porta. Sul corpo non sono stati trovati documenti. A questo punto, tormentata dai sensi di colpa, Jenny decide di scoprire l'identità della ragazza, per poterle dare almeno una degna sepoltura.
I fratelli Dardenne, nonostante la trama possa coinvolgere, non danno spunto allo spettatore di avere, nel corso delle indagini, un minimo di pathos. Pellicola di una lentezza sbalorditiva tanto che, d'acchito, pensavo di assistere a uno di quei film francesi, tra l'altro ben fatti, ma risalenti agli anni settanta sperando, almeno, di veder spuntare Alain Delon piuttosto che Simon Signoret.
Anche da parte della polizia si è puntato non tanto al desiderio di trovare il colpevole quanto alla spasmodica ricerca del nome della donna. La voglia di Jenny nel cercare la verità fine a se stessa, ma soprattutto una collocazione anagrafica, rende il personaggio stesso asettico, apatico e, pur commiserevole nei confronti dei pazienti, sempre distaccato per evitare coinvolgimenti emotivi. Il paesaggio, volutamente plumbeo, e l'assenza di musiche di sottofondo rendono tutto sotto la linea di godibilità. L'inverosimilità di alcune scene, tra cui i due inseguimenti, non fa altro che appesantire la pellicola, che a tratti (volutamente?) sembra un 8 mm, cercando di arrivare al termine.
Il finale, scontato, non aggiunge e toglie niente. Strenua nos excertia inertia: anche per la dottoressa la frustrazione costante, al tramonto della storia, l'ha logorata...
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angelo umana
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giovedì 3 novembre 2016
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la jodie foster dei dardenne
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I Dardenne hanno fatto un film poliziesco, come sempre con un misfatto in premessa, o piccoli misfatti della “bassa società” verso la quale essi hanno lodevolmente sempre rivolto lo sguardo, quella di classi e quartieri poveri, di immigrati e piccola-grande malavita.
La “poliziotta” della vicenda è la giovane medico (di famiglia) Jenny, la 27enne Adele Haenel. Non ha aperto una sera il suo studio ad una ragazza disperata che bussava per fuggire da qualcuno un’ora dopo la chiusura e che viene trovata morta il mattino seguente. Jenny non può accettare che la seppelliscano senza sapere il suo nome, a parziale compensazione, forse, del suo senso di colpa.
Ne deriva una personale ricerca dell’omicida e di chi questa ragazza fosse.
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I Dardenne hanno fatto un film poliziesco, come sempre con un misfatto in premessa, o piccoli misfatti della “bassa società” verso la quale essi hanno lodevolmente sempre rivolto lo sguardo, quella di classi e quartieri poveri, di immigrati e piccola-grande malavita.
La “poliziotta” della vicenda è la giovane medico (di famiglia) Jenny, la 27enne Adele Haenel. Non ha aperto una sera il suo studio ad una ragazza disperata che bussava per fuggire da qualcuno un’ora dopo la chiusura e che viene trovata morta il mattino seguente. Jenny non può accettare che la seppelliscano senza sapere il suo nome, a parziale compensazione, forse, del suo senso di colpa.
Ne deriva una personale ricerca dell’omicida e di chi questa ragazza fosse. E’ avvenente, brava medico, sopporta gli scontri e le minacce che questa “inchiesta” le procura, venendo a contatto con chi la conosceva o di chi si era servito di sue prestazioni sessuali retribuite, individui male intenzionati o gente semplice della suburbia. E’ proprio in gamba, sembrano dire i Dardenne, ricorda la Jodie Foster del Silenzio degli Innocenti. Non c’è l’azione che c’era in quel film ma la trama e cosa sta dietro quell’omicidio sono ugualmente complicati.
I fratelli registi mettono nel film tante cose rendendolo un po’ pesante: l’incomprensibile presenza di un giovane praticante medico, Julien, che la brava Jenny deve istruire e che convince a riprendere gli studi di medicina, scelti perché suo padre lo picchiava da ragazzo; le difficoltà di gente normale nei cui problemi lei entra; un occhio all’immigrazione; storie private di famiglie che le fanno conoscere la violenza del territorio e i suoi nuovi utenti. Infine c’è il solito “dolcificante” salvifico dei Dardenne (coi loro tre soliti attori feticcio, Olivier Gourmet, Jérémie Renier e Fabrizio Rongione): i buoni e i cattivi nella giusta fila di appartenenza, Jenny che scopre il vero autore dell’omicidio e che ha vinto la sua privata indagine psicologica, la protagonista proprio buona bella (la macchina da presa è sul suo viso per buona parte dei 113 minuti del film) e brava, ma come fa?!
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