m.barenghi
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lunedì 29 febbraio 2016
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... per svegliare l'orso berlinese dal letargo
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Orso d'oro a Berlino, tanto per lavarsi un po' la coscienza dalla colpevole miopia dimostrata dall'Europa negli anni recenti, di cui è felicissima metafora "l'occhio debole" di Samuele Pucillo, il giovane lampedusano protagonista di "Fuocoammare". Un anno di vita in Lampedusa per raccogliere il materiale filmico -poi mirabilmente montato- servito per questo documentario, apparentemente slegato, in realtà perfetto nel definire le singole componenti che stanno partecipando alla tragedia di quest'isola.
Da un lato gli isolani, gente di mare che da sempre rispetta in modo sacrale ciò che dal mare le proviene.
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Orso d'oro a Berlino, tanto per lavarsi un po' la coscienza dalla colpevole miopia dimostrata dall'Europa negli anni recenti, di cui è felicissima metafora "l'occhio debole" di Samuele Pucillo, il giovane lampedusano protagonista di "Fuocoammare". Un anno di vita in Lampedusa per raccogliere il materiale filmico -poi mirabilmente montato- servito per questo documentario, apparentemente slegato, in realtà perfetto nel definire le singole componenti che stanno partecipando alla tragedia di quest'isola.
Da un lato gli isolani, gente di mare che da sempre rispetta in modo sacrale ciò che dal mare le proviene. E si sforza di proseguire la propria vita nonostante siano circondati sopra e sotto la superficie marina dai segni tangibili della tragedia migratoria. E nonostante la radio locale si ostini a prediligere la messa in onda di canzoni folkloristiche (fra cui appunto "Fuocoammare" del titolo) a gentile richiesta dei radioascoltatori piuttosto che i notiziari, che assomiglierebbero sempre di più a veri e propri bollettini di guerra. Come in "Terraferma" di Crialese, la scelta è PER la vita: ce lo dice la stupenda (e vera!!) figura del medico Dr. Bartolo, acclamato come una star a Berlino sul palco delle premiazioni, dove l'ha voluto a tutti i costi lo stesso regista. Un uomo che deve confrontarsi quotidianamente in prima persona con la morte e il dolore (ancora il "fuocoammare" nella immagine del ragazzino nero ustionato dal carburante). E ancora ce lo dice lo stesso Samuele nella stupenda sequenza in cui compare l'unico uccellino del film, cui il ragazzo sceglie di non tirare con la fionda ma di coccolarlo carinamente con un bastoncino. Alla fine del film, sul pontile, Samuele sparerà ancora al nulla con il suo "braccio-mitragliatore" ma finalmente questo gesto assumerà la valenza di un gioco, come tirare ai barattoli con la fionda, e non di uno scarico di aggressività.
Dall'altro lato i migranti, e non solo quelli che sopravvivono alla traversata: la sequenza in cui la camera scende "agli inferi" nella stiva dell'ultima scialuppa soccorsa, immergendosi coraggiosamente in mezzo a veri cadaveri, è una delle scene più shoccanti e commoventi mai viste al cinema! Quelli che sopravvivono, però, vogliono anch'essi continuare a far parte della vita, piangendo i propri defunti, raccontando la propria tragedia migratoria (nella lamentazione del nigeriano sembra di rivivere le pagine africane del bellissimo "Bilal", di Fabrizio Gatti), o organizzando nel Centro di prima accoglienza uno pseudocampionato di calcio per nazioni, che li aiuti ad ingannare un tempo che si sta facendo lunghissimo.
Così come avviene nella realtà della vita isolana, i due mondi restano però separati, come da paratie stagne. Trapela l'umanità delle persone coinvolte nelle operazioni di salvataggio e assistenza: "nessuno può chiamarsi uomo se non accorre in aiuto delle persone che ne hanno bisogno" è la frase che pronuncia con voce strozzata dal pianto il Dr. Pietro Bartolo, il cui dolore nella sequenza più toccante del film è addirittura palpabile.
Da non perdere!!!!
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howlingfantod
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mercoledì 2 marzo 2016
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lampedusa per la pace
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Forse dopo aver visto questo film, incontrando qualcuno dei tanti nostri fratelli dal colore della pelle diversa nelle nostre città si penserà che siano dei miracolati o dei frutti della selezione naturale, pensando a quello che hanno passato per essere sopravvissuti. Non è un docu-film che ci rischiara la vista, ci ripulisce o che ci serve da politically correct come dispensatore di facili assoluzioni, è una cosa scomoda che ci può solo disturbare, la schiettezza documentaristica del racconto aggiunge un senso di immedesimazione sparuto eppure tenero e umanissimo nello sguardo dei personaggi, il bambino, il medico, la donna. Da ultimo ma non per ultimo è un doveroso omaggio alla splendida gente di Lampedusa alla quale si spera venga davvero assegnato il meritatissimo Nobel per la pace che dovrebbe essere riconosciuto a costoro che da anni sono testimoni della tragedia che accade davanti a loro e della quale si rendono compartecipi con i loro sforzi di solidarietà e umanissima pietà, un premio vivo e vegeto e purtroppo attuale e doveroso, prima che magari che per un qualche intervento divino, non credo purtroppo umano, questo olocausto di esseri umani che muoiono davanti alle loro spiagge non abbia fine e che rimanga, questo sì come probabile prodotto umano, solamente il giro turistico sull’isola di Lampedusa a Cala Ponente ed agli altri luoghi dei naufragi come in un qualsiasi supermarket.
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Forse dopo aver visto questo film, incontrando qualcuno dei tanti nostri fratelli dal colore della pelle diversa nelle nostre città si penserà che siano dei miracolati o dei frutti della selezione naturale, pensando a quello che hanno passato per essere sopravvissuti. Non è un docu-film che ci rischiara la vista, ci ripulisce o che ci serve da politically correct come dispensatore di facili assoluzioni, è una cosa scomoda che ci può solo disturbare, la schiettezza documentaristica del racconto aggiunge un senso di immedesimazione sparuto eppure tenero e umanissimo nello sguardo dei personaggi, il bambino, il medico, la donna. Da ultimo ma non per ultimo è un doveroso omaggio alla splendida gente di Lampedusa alla quale si spera venga davvero assegnato il meritatissimo Nobel per la pace che dovrebbe essere riconosciuto a costoro che da anni sono testimoni della tragedia che accade davanti a loro e della quale si rendono compartecipi con i loro sforzi di solidarietà e umanissima pietà, un premio vivo e vegeto e purtroppo attuale e doveroso, prima che magari che per un qualche intervento divino, non credo purtroppo umano, questo olocausto di esseri umani che muoiono davanti alle loro spiagge non abbia fine e che rimanga, questo sì come probabile prodotto umano, solamente il giro turistico sull’isola di Lampedusa a Cala Ponente ed agli altri luoghi dei naufragi come in un qualsiasi supermarket.
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