vanessa zarastro
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mercoledì 5 ottobre 2016
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nostalgia di epoche e amori lontani
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La contrapposizione New York-California è sempre un tema avvincente per Woody Allen fin dai tempi di Annie Hall del 1977. Un altro elemento che stimola le fantasie di Allen è il periodo del New Deal, quello della seconda metà degli anni Trenta, di ripresa economica dopo la Grande Crisi. Il mito di Hollywood e della celebrity culture, attrae molta popolazione che sogna il successo, anche se non è ben chiaro in che campo si voglia emergere. Hollywood è il “luogo” della ricchezza per antonomasia, mitopoietico e costruttore dello star system. Così anche il giovane Bobby Dorfman (un bravissimo Jessie Eisenberg) cresciuto in una modesta famiglia ebrea nel Bronx, sbarca a Los Angeles a cercare fortuna per non proseguire il lavoro del padre (artigiano orafo) né quello del fratello Ben – implicato con bande gangster.
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La contrapposizione New York-California è sempre un tema avvincente per Woody Allen fin dai tempi di Annie Hall del 1977. Un altro elemento che stimola le fantasie di Allen è il periodo del New Deal, quello della seconda metà degli anni Trenta, di ripresa economica dopo la Grande Crisi. Il mito di Hollywood e della celebrity culture, attrae molta popolazione che sogna il successo, anche se non è ben chiaro in che campo si voglia emergere. Hollywood è il “luogo” della ricchezza per antonomasia, mitopoietico e costruttore dello star system. Così anche il giovane Bobby Dorfman (un bravissimo Jessie Eisenberg) cresciuto in una modesta famiglia ebrea nel Bronx, sbarca a Los Angeles a cercare fortuna per non proseguire il lavoro del padre (artigiano orafo) né quello del fratello Ben – implicato con bande gangster. A fare cosa? Bobby non lo sa. Lì ha lo zio Phil (il fratello della madre) che ha avuto successo come agente dei divi e va da lui a chiedere lavoro, uno qualsiasi. Così, passo dopo passo, da fattorino personale dello zio passa a essere lettore di sceneggiature, fino a che si trova innamorato di Vonnie (una deliziosa KristenJ Stewart) una dolcissima ragazza che è la segretaria dello zio, e con cui passerà molto tempo. Purtroppo la ragazza ha un fidanzato di cui si sa poco, forse un giornalista sempre in viaggio perché non ha molto tempo da passare con Vonny, e solo a metà film Bobby capirà che la sua dolce fanciulla è l’amante di suo zio che, a sua volta, lascerà moglie e figli per sposarla.
Deluso in generale dell’ambiente californiano e, in particolare, per la sua decisione di preferirgli lo zio, Bob ritorna a New York, dove lavorerà come direttore nel night club, appena aperto dal fratello Ben con altri loschi amici.
Lì miete successi, trasforma il locale in un Café Society di grande successo che attrae tutti i VIP dagli attori ai politici, dai nobili europei al mondo della moda.
Bobby conoscerà lì Veronica, una giovane attraente con cui intreccia una relazione e, una volta rimasta incinta, la sposerà. Ma il suo cuore è rimasto legato a Vonny che poi rincontrerà nel suo locale al braccio dello zio.
Attorno a questa vicenda, come sempre Woody Allen costruisce mini-storie. Il fratello Ben, diventato un vero e proprio criminale, finirà processato e giustiziato per omicidio oltre a truffe, associazione per delinquere e quant’altro.
I genitori sempre in polemica tra loro sono divisi tra l’ammirazione per chi ha successo (il fratello di lei Phil o il figlio) e chi, al contrario, si comporta da bravo e onesto ebreo.
La sorella di Bob ha sposato un mite intellettuale, un po’ sognatore, che spera di poter cambiare le persone con il dialogo e non con la violenza come fa suo cognato.
Fotografata in modo magistrale da Vittorio Storaro, la prima parte del film presenta una carrellate di ville da favola, non tanto quelle degli attori sfarzose ma convenzionali, quanto quella ricca ma più minimalista della scena iniziale al bordo della piscina, che è un incrocio tra un progetto di Richard Neutra e un altro di Richard Meyer. La prima metà del film è avvincente e anche divertente, man mano dopo il rientro di Bob a New York la tensione e il ritmo calano, l’insistere sui sentimenti della malinconia e del rimpianto per le scelte affettive sbagliate, alla lunga si rivela un po’ noioso. “La vita è una commedia scritta da un sadico commediografo” - fa dire al suo avatar Bobby.
Comunque Café Society è un film decisamente migliore agli ultimi fatti da Allen (Midnight in Paris, 2011, To Rome with Love, 2012, Magic in the Moonlight, 2014, Irrational Man, 2015); si vede che di nuovo a New York lo riporta nel suo ambiente naturale.
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maurizio meres
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sabato 1 ottobre 2016
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così come allen avrebbe vissuto gli anni trenta
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Woody Allen,genio cinematografico,consacrato ormai da tutti il più grande commediografo degli ultimi quarant'anni,scrive e dirige ciò che immagina,immune da ogni influenza sociale che possa incidere negativamente nei suoi lavori,il suo set rasenta la perfezione,tutto è perfettamente reale nella finzione cinematografica.
Questa volta il suo pensare ci riporta negli anni trenta,questo periodo importantissimo,perché è il confine tra il vecchio e il nuovo.
Una storia d'amore esasperata come suo solito,dialoghi accattivanti,paranoici dove una tremenda ansia sicuramente personale viene trasmessa agli attori,attraverso dei sogni forse irreali ,così come lui è,questa è la grande abilità professionale,qualsiasi attore sotto la sua regia da il meglio di se stesso,l'attore Jesse Eisenberg,bravissimo sembra il suo alter ego.
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Woody Allen,genio cinematografico,consacrato ormai da tutti il più grande commediografo degli ultimi quarant'anni,scrive e dirige ciò che immagina,immune da ogni influenza sociale che possa incidere negativamente nei suoi lavori,il suo set rasenta la perfezione,tutto è perfettamente reale nella finzione cinematografica.
Questa volta il suo pensare ci riporta negli anni trenta,questo periodo importantissimo,perché è il confine tra il vecchio e il nuovo.
Una storia d'amore esasperata come suo solito,dialoghi accattivanti,paranoici dove una tremenda ansia sicuramente personale viene trasmessa agli attori,attraverso dei sogni forse irreali ,così come lui è,questa è la grande abilità professionale,qualsiasi attore sotto la sua regia da il meglio di se stesso,l'attore Jesse Eisenberg,bravissimo sembra il suo alter ego.
Fotografia curata in ogni fotogramma,ovattata come suo solito,luce e contrasti s'intersecano nel l'ambientazione,curata in ogni particolare,con delle riprese che si muovono in perfetta sintonia recitativa,Storaro non poteva fare di meglio.
Intelligentissima la trovata della voce fuori campo,dà continuità al film ,in una sceneggiatura scorrevole,senza pause non una sequenza inutile.
Bellissimi i riferimenti alle star di Hollywood,un omaggio gradito al publico,da parte di Allen.
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aquilareale4891
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lunedì 19 dicembre 2016
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un’opera politematica, spumeggiante e melanconica.
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Il ricco e movimentato quartiere di Los Angeles degli anni ’30 accoglie l’introverso e buffo Bobby Dorfman, emigrato dal bronx newyorkese in cerca di fortuna per intercessione dello zio Phil, a capo di un’agenzia artistica in cui le più grandi star s’incontrano e concludono affari. Questi, non felice della visita parentale, tanto da differire di giorno in giorno l’incontro di lavoro col nipote, gli propone de residuo l’unico posto disponibile: dovrà svolgere la mansione di fattorino. Così, immerso a capofitto nello sfarzo e nel traffico della “mecca del cinema”, il giovane, che di audacia e buone speranze sembra essere bene armato, presto conoscerà i trucchi del mestiere, grazie soprattutto a una seducente e disinibita Veronica, ragazza di fiducia dello zio facoltoso.
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Il ricco e movimentato quartiere di Los Angeles degli anni ’30 accoglie l’introverso e buffo Bobby Dorfman, emigrato dal bronx newyorkese in cerca di fortuna per intercessione dello zio Phil, a capo di un’agenzia artistica in cui le più grandi star s’incontrano e concludono affari. Questi, non felice della visita parentale, tanto da differire di giorno in giorno l’incontro di lavoro col nipote, gli propone de residuo l’unico posto disponibile: dovrà svolgere la mansione di fattorino. Così, immerso a capofitto nello sfarzo e nel traffico della “mecca del cinema”, il giovane, che di audacia e buone speranze sembra essere bene armato, presto conoscerà i trucchi del mestiere, grazie soprattutto a una seducente e disinibita Veronica, ragazza di fiducia dello zio facoltoso.
Cresciuto pure professionalmente, Bobby, che nel frattempo ha ottenuto il favore sentimentale di Vonnie – così chiama la giovane segretaria – progetta di andare via da New York. L’ambizioso piano viene però vanificato dallo zio, amante segreto di Vonnie, ancora fortemente innamorato di lei e disposto a lasciare la famiglia per condividere un sogno d’amore un po’ discusso. Si sa, le scelte in amore non sempre sottendono l’amore e si muovono talvolta sul terreno, eppure solido, della convenienza e della sicurezza sociale, a onta di un ideale volutamente non rincorso.
Dopo ogni delusione, la vita riprende e quella di Bobby lo fa con successo. La cogestione di un lussuoso locale notturno al centro della grande mela col fratello Ben, capo di una banda criminale, eleva a figura di spicco nell’imprenditoria americana l’ex fattorino, diviso con una buona dose di esuberanza tra la fremente ascesa sociale e l’impegno classico di una famiglia cui fa da contraltare il pensiero nostalgico di un passato meno danaroso ma forse più felice.
Il sadismo di Irrational Man dello scorso anno scongela un’opera politematica: l’amore perfetto rimasto incompiuto, la vaghezza di una potente quanto ipocrita alta società, la diversità di culto e la prepotenza, traducono una visione ancora giovane del regista “genio ribelle”, che i panni di Bobby sembra avere con forza voluto indossare. E lo si intuisce subito da quelle sferzanti e intriganti venature umoristiche che caratterizzano il personaggio principale e, ancora, da quella voglia di osservare e raccontare la vita da una prospettiva malinconica, in armonia, probabilmente, con la maturità dei tempi che conduce un po’ tutti a rimescolare le emozioni e le nostalgie del passato confidando in una loro reviviscenza.
Entusiasmante, poi, la descrizione dei luoghi, dal Central Park di Manatthan, dove la suggestiva malinconia dei protagonisti si dissolve in solo alcuni battiti di cuore, ai cangianti salotti della Cafè Society, in cui ogni dettaglio è studiato quasi ossessivamente. Persino una bettola, allestita con le quattro stagioni di Arcimboldo, diventa luogo di profondo interesse.
E infine le note dannatamente jazz che aprono il film e lo pervadono tutto. Senza dubbio la scelta musicale, azzeccata rispetto al contesto storico in cui i fatti si celebrano, rappresenta la parte più coinvolgente del lavoro, quasi che il regista ottuagenario volesse preparare a piè sospinto gli spettatori a un intenso calore umano, passeggero ma reale.
Nondimeno, un po’ di scetticismo rimane: a un certo punto, infatti, compresa l’evoluzione del film, è agevole anticipare il contenuto di quanto accadrà cosicché la mancanza di un effetto-sorpresa rischia di creare un generale appiattimento.
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stefano capasso
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domenica 6 novembre 2016
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crescere tra speranze e delusioni
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Woody Allen ambienta questa storia negli anni 30, tra Hollywood e New York e sceglie come protagonista Bobby, un giovane ebreo che sta cercando di costruire la sua vita. Sceglie di trasferirsi ad Hollywood dove lo zio che lavora nel cinema può offrirgli un lavoro, e li si innamora di Veronica. Ma le cose non sono cosi semplici come appaiono.
Bel film di intrattenimento, curato in tutto e che parla con lo stile tipico di Allen di storie di vita, amore, religione, morte, lavoro. Le cose con cui ogni persona fa i conti nel corso dell’esistenza e che generano speranze e delusioni. Tutti sono alle prese con quel bisogno di ricercare qualcosa di meglio, di più bello e duraturo, direi definitivo.
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Woody Allen ambienta questa storia negli anni 30, tra Hollywood e New York e sceglie come protagonista Bobby, un giovane ebreo che sta cercando di costruire la sua vita. Sceglie di trasferirsi ad Hollywood dove lo zio che lavora nel cinema può offrirgli un lavoro, e li si innamora di Veronica. Ma le cose non sono cosi semplici come appaiono.
Bel film di intrattenimento, curato in tutto e che parla con lo stile tipico di Allen di storie di vita, amore, religione, morte, lavoro. Le cose con cui ogni persona fa i conti nel corso dell’esistenza e che generano speranze e delusioni. Tutti sono alle prese con quel bisogno di ricercare qualcosa di meglio, di più bello e duraturo, direi definitivo. Ricerca che spesso fa perdere di vista le cose importanti che già ci sono. La crescita degli essere umani sta proprio nel cercare il giusto equilibrio tra queste due parti.
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tavololaici
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lunedì 3 ottobre 2016
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un film delizioso
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Che film delizioso, che film delizioso.
Era dai tempi di "Harry a pezzi" e di "Midnight in Paris" che non ne vedevo uno cosi' bello e convincente del sommo Allen.
E' incredibile si faccia un film di tale eleganza oggi.
Non una parola pesante, non un nudo, non un'esplosione.
E ironia a fiotti che con sublime leggerezza, e una colonna sonora delle sue, passa sopra tutte le tragedie della vita, le doppiezze dellle persone, la volgarità e le meschinità del mondo.
Da Oscar i dialoghi stupendi, brevi e densissimi, tra la coppia ebrea anziana in attesa della morte del marito " che intendeva protestare, duramente protestare" con la morte.
Una cura estrema di ogni piccolo particolare, ove tutto sembra, e diventa, prezioso.
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Che film delizioso, che film delizioso.
Era dai tempi di "Harry a pezzi" e di "Midnight in Paris" che non ne vedevo uno cosi' bello e convincente del sommo Allen.
E' incredibile si faccia un film di tale eleganza oggi.
Non una parola pesante, non un nudo, non un'esplosione.
E ironia a fiotti che con sublime leggerezza, e una colonna sonora delle sue, passa sopra tutte le tragedie della vita, le doppiezze dellle persone, la volgarità e le meschinità del mondo.
Da Oscar i dialoghi stupendi, brevi e densissimi, tra la coppia ebrea anziana in attesa della morte del marito " che intendeva protestare, duramente protestare" con la morte.
Una cura estrema di ogni piccolo particolare, ove tutto sembra, e diventa, prezioso. I volti, le espressioni, specie delle persone che fan solo una piccola comparsa di pochi attimi, scelti con una attenzione e una cura straordinaria.
E poi la parte finale, gli ultimi preziosi attimi, che chi nella vita ha attraversato una esperienza come quella descritta nella sceneggiatura del film , ben comprende.
Grazie Woody-un grande autentico.
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liuk!
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mercoledì 15 marzo 2017
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raffinato
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Continua il ciclo "Liberty" di Woody Allen, sempre più raffinato ed elegante. Questo Cafè Society è una perla di stile, con meno humour rispetto ad altri lavori del regista ma maggiore profondità di sentimenti. Solamente un finale frettoloso, anche se amaramente splendido, probabilmente figlio di tagli in fase di montaggio, non gli permette di raggiungere lo status di capolavoro, ma gli elementi ci sarebbero tutti.
Prodotto complessivamente eccellente che non si può mancare di vedere.
Rimane una sola domanda insoluta: come fa il protagonista a preferire la Stewart alla Lively??
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samuel langhorne
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giovedì 6 ottobre 2016
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luci di hollywood , luci di woody
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Luci di Hollywood , luci di Woody
I film di Allen possono cambiare storia , personaggi e ambientazione eppure sono e saranno sempre attuali.
Non ho mai letto Shakespeare e aspettando che lo faccia , mi accontento di quello che dicono chi lo ha fatto , o chi lo recita ,
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Luci di Hollywood , luci di Woody
I film di Allen possono cambiare storia , personaggi e ambientazione eppure sono e saranno sempre attuali.
Non ho mai letto Shakespeare e aspettando che lo faccia , mi accontento di quello che dicono chi lo ha fatto , o chi lo recita ,
"Shakespeare è sempre attuale perché parla di sentimenti , di persone" .
Se è vero allora penso che Shakespeare e Allen siano , a loro modo , simili.
Entrambi non risentono del passare del tempo perché le relazioni umane non vanno fuori moda ma sono sempre il centro di tutto , ancora di più in un film .
La prima cosa che colpisce del film sono le luci , i colori della fotografia sono incredibili, caldi , sembra di essere lì , al sole della California .
E poi evidenziano quel sapore di ricordi che è ben richiamato anche dalla locandina , e dalla lacrima che vi è raffigurata. Di un colore di dorata nostalgia.
Tra Bobby e Vonny , dopo l'amicizia si fa posto l'amore , che come sempre nei film di Woody , e non solo , è tutto tranne che facile .
Eppure ne il tempo ne la vita lo sbiadiranno mai .
Figura simpatica e al tempo stesso profonda è quella del fratello di Bobby , gangster simpaticamente assassino , che prima di essere giustiziato si convertirà alla religione cristiana perché non può credere che sia tutto li e che finisca senza un dopo , nell'aldilà .
La società , la cafè society dipinta nel film , fatta di tanta apparenza e bei vestiti , del lusso più spinto manchevole di sentimento , e della fama fine a se stessa , e contrapposta alla famiglia ebrea , che invece ha con i suoi alti e bassi pensato sempre al focolare casalingo e a pregare un dio che non ha mai dato risposte , ma come dice la mamma del protagonista anche nessuna risposta è una risposta .
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maumauroma
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venerdì 7 ottobre 2016
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cafe' society
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Si puo' dire che da sempre, e in maniera piu' evidente negli ultimi anni, gli ingredienti che Woody Allen utilizza nella sua cinematografia siano in genere gli stessi: l'Ebraismo, con le sue regole morali, esistenziali e sociali, la ricerca affannosa di dare un significato profondo a questa nostra vita, il fastidioso problema dell' 'ineluttabilita' della morte e i sistemi che il genere umano ha messo in atto nei millenni per esorcizzarne la paura, l'Alchimia ormonale fra i sessi, con le conseguenti tempeste passionali e gli acrobatici giochi sentimentali che ne derivano, le ipocrisie della societa' travestite da false verita' che ogni giorni ci vedono coinvolti, le nevrosi che affligono l'homo sapiens fin dalla notte dei tempi.
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Si puo' dire che da sempre, e in maniera piu' evidente negli ultimi anni, gli ingredienti che Woody Allen utilizza nella sua cinematografia siano in genere gli stessi: l'Ebraismo, con le sue regole morali, esistenziali e sociali, la ricerca affannosa di dare un significato profondo a questa nostra vita, il fastidioso problema dell' 'ineluttabilita' della morte e i sistemi che il genere umano ha messo in atto nei millenni per esorcizzarne la paura, l'Alchimia ormonale fra i sessi, con le conseguenti tempeste passionali e gli acrobatici giochi sentimentali che ne derivano, le ipocrisie della societa' travestite da false verita' che ogni giorni ci vedono coinvolti, le nevrosi che affligono l'homo sapiens fin dalla notte dei tempi. E nonostante questa monotonia di temi, il grande regista americano ha sempre creato prodotti piacevoli e di qualita'. Non fa eccezione Cafe' Society, storia di una famiglia ebrea piccolo borghese di New York, e in particolare dell'ultimogenito Bobby Dorfmann, descritta attraverso le sua tormentata ricerca di amore e di successo nella vita, tra la Hollywood scintillante degli anni 30 e la Grande Mela pragmatica e malavitosa dello stesso periodo. Come in tutte le altre opere di Allen, il film si caratterizza per la sottigliezza e eleganza dei dialoghi, per le solite fulminanti battute, per la bellezza degli interni e dei costumi, per le affascinanti musiche jazz, per la splendida fotografia di Vittorio Storaro. Peccato solo per una sceneggiatura che si banalizza qua e la' e per momenti di noia che affliggono alcuni momenti del film. Tre stelle e mezzo
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patpat
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giovedì 20 aprile 2017
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raffinato, anche troppo
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Un film quasi perfetto, nelle scelte degli attori, nella fotografia, nelle scenografie, nei costumi,... forse anche troppo ben confezionato da risultare un po' artefatto, senza quelle sbavature che il più delle volte arricchiscono di anima le storie e i personaggi. Resta comunque un bel ritorno di Allen alle atmosfere jazz che tanto amiamo della sua cinematografia migliore.
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nerone bianchi
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giovedì 27 ottobre 2016
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opera galleggiante
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I film di Woody Allen sono opere galleggianti, sospese in tempi e luoghi al contempo reali ed irreali. Ogni inquadratura di questo film è un piccolo capolavoro di equilibri, di colori, di luce, come folgoranti sono i dialoghi tra i vari personaggi e imprevedibile è la trama, con i suoi intrecci e situazioni. Siamo certamente nella Hollywood degli anni trenta, quella ruggente dei primi divi, delle ville con l'immancabile piscina, dei party e dei capricci, ma altrettanto certamente siamo altrove, in un non luogo in cui tutti siamo almeno una qualche volta transitati. La vicenda è narrata con garbo e leggerezza, gli attori sono tutti straordinari, il ritmo del racconto non perde un colpo. E' il solito bel film di un regista che non ha mai deluso.
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I film di Woody Allen sono opere galleggianti, sospese in tempi e luoghi al contempo reali ed irreali. Ogni inquadratura di questo film è un piccolo capolavoro di equilibri, di colori, di luce, come folgoranti sono i dialoghi tra i vari personaggi e imprevedibile è la trama, con i suoi intrecci e situazioni. Siamo certamente nella Hollywood degli anni trenta, quella ruggente dei primi divi, delle ville con l'immancabile piscina, dei party e dei capricci, ma altrettanto certamente siamo altrove, in un non luogo in cui tutti siamo almeno una qualche volta transitati. La vicenda è narrata con garbo e leggerezza, gli attori sono tutti straordinari, il ritmo del racconto non perde un colpo. E' il solito bel film di un regista che non ha mai deluso.
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