mario nitti
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mercoledì 17 agosto 2016
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capolavoro
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Alcune ore di interviste con, in primo piano, senza null’altro a distrarre lo spettatore, i volti di persone di tutto il mondo che rispondono a domande sulla vita, sulla morte, sull’amore, sul lavoro, sulla povertà, sul loro essere umani. Ognuna parla la sua lingua, quindi tutto è sottotitolato. Le interviste sono intramezzate da immagini, spesso rallentate, di pezzi di mondo. Sembra una presentazione fatta apposta per scoraggiare la visione, ma non è così. Il film è magnifico, profondo, splendido, sontuoso, conturbante… difficile trovare un aggettivo. Come frammenti di un puzzle questa galleria di volti e parole ci ricorda cosa significa essere uomini e ci invita a ripensare chi siamo e come viviamo il tempo che ci è concesso.
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Alcune ore di interviste con, in primo piano, senza null’altro a distrarre lo spettatore, i volti di persone di tutto il mondo che rispondono a domande sulla vita, sulla morte, sull’amore, sul lavoro, sulla povertà, sul loro essere umani. Ognuna parla la sua lingua, quindi tutto è sottotitolato. Le interviste sono intramezzate da immagini, spesso rallentate, di pezzi di mondo. Sembra una presentazione fatta apposta per scoraggiare la visione, ma non è così. Il film è magnifico, profondo, splendido, sontuoso, conturbante… difficile trovare un aggettivo. Come frammenti di un puzzle questa galleria di volti e parole ci ricorda cosa significa essere uomini e ci invita a ripensare chi siamo e come viviamo il tempo che ci è concesso. Capolavoro.
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flyanto
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giovedì 24 marzo 2016
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l'umanita' nella sua più vera essenza
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"Human" è il lunghissimo documentario della durata di più di tre ore (ma ne esiste anche una forma ridotta di poco più di due ore) che parla dell'umanità in generale. Il regista Yann Arthus-Bertrand ha impiegato più di due anni a girarlo, raccogliendo attraverso le sue interviste, tutte le testimonianze di svariati individui di differente sesso, età e nazionalità, in modo tale da poter dare un quadro completo e generale della condizione umana sul pianeta Terra ai nostri giorni. Le domande che egli ha rivolto ai moltissimi intervistati riguardano i generi più svariati e pertanto ciò che ne scaturisce è un insieme ed un'immensa varietà di risposte che rispecchiano ovviamene il modo di pensare, la condizione e le esperienze dei singoli.
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"Human" è il lunghissimo documentario della durata di più di tre ore (ma ne esiste anche una forma ridotta di poco più di due ore) che parla dell'umanità in generale. Il regista Yann Arthus-Bertrand ha impiegato più di due anni a girarlo, raccogliendo attraverso le sue interviste, tutte le testimonianze di svariati individui di differente sesso, età e nazionalità, in modo tale da poter dare un quadro completo e generale della condizione umana sul pianeta Terra ai nostri giorni. Le domande che egli ha rivolto ai moltissimi intervistati riguardano i generi più svariati e pertanto ciò che ne scaturisce è un insieme ed un'immensa varietà di risposte che rispecchiano ovviamene il modo di pensare, la condizione e le esperienze dei singoli. Così si affronta l'argomento del lavoro, della condizione economica, dell' amore in tutte le sue manifestazioni, della morte, della guerra, della libertà, della felicità, e moltissimi altri ancora. Quello che emerge da tutto ciò e colpisce maggiormente, ancor prima delle risposte e delle parole stesse usate, sono soprattutto le espressioni dei vari volti degli individui intervistati: volti quanto mai umani e soprattutto naturali e pertanto testimonianza diretta, sincera e veritiera del loro vissuto, felice o meno che esso sia stato. E quanto mai toccante è il differente modo di rispondere sui vari temi, ognuno quanto mai legittimo e pertanto accettabile, sebbene il più delle volte inaccettabile quando troppo doloroso ed ingiusto.
Il film-documentario di Arthus-Bertrand non esprime giudizi diretti, egli si limita solo ad esporre i vari casi, ma allo spettatore non può che non venire naturale porsi delle domande, riflettere e trarne delle conclusioni per le quali, forse, quasi sicuramente non si riesce il più delle volte a trovare, o è assai difficile, una benchè minima soluzione ma, sebbene non serva a cancellare tutte le ingiustizie del mondo, sicuramente "Human" riesce a smuovere la coscienza di ogni individuo e renderlo più sensibile verso i problemi che affliggono l'umanità del nostro pianeta.
Un capolavoro per sensibilità, immagini e contenuti altamente consigliabile
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kimkiduk
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martedì 5 settembre 2017
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da far vedere nelle scuole .... ma .....
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Siamo quasi all'assoluto per me. Di una bellezza sfolgorante. Di una intelligenza superiore. Di una intensità emotiva importante.
Sono rimasto 3h. a vederlo senza faticare e non è facile, ed ho pensato 3 ore e poi altre 3 dopo e ancora penso.
Ogni persona che appare ti dice qualche cosa, se analizzi le sue parole sembrano dette a te che guardi. Bellissimo cercare di capire la domanda fatta. Ogni pezzo di 10/15 minuti riguarda una domanda specifica.
Che bello guardare le facce delle persone, persone di tutto il mondo, persone vere che NON stranamente dicono cose importanti in modo importante più di tanti che in televisione ci vanno apposta.
Ci sono perle di saggezza a vagonate, ci sono sensazioni ed emozioni a secchi, si percepisce tutto dall'umiltà, alla vergogna, all'orgoglio, alla timidezza, alla gioia, alla felicità.
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Siamo quasi all'assoluto per me. Di una bellezza sfolgorante. Di una intelligenza superiore. Di una intensità emotiva importante.
Sono rimasto 3h. a vederlo senza faticare e non è facile, ed ho pensato 3 ore e poi altre 3 dopo e ancora penso.
Ogni persona che appare ti dice qualche cosa, se analizzi le sue parole sembrano dette a te che guardi. Bellissimo cercare di capire la domanda fatta. Ogni pezzo di 10/15 minuti riguarda una domanda specifica.
Che bello guardare le facce delle persone, persone di tutto il mondo, persone vere che NON stranamente dicono cose importanti in modo importante più di tanti che in televisione ci vanno apposta.
Ci sono perle di saggezza a vagonate, ci sono sensazioni ed emozioni a secchi, si percepisce tutto dall'umiltà, alla vergogna, all'orgoglio, alla timidezza, alla gioia, alla felicità. Nulla viene nascosto in uno schermo vuoto ma riempito da un volto sconosciuto, su un corpo sconosciuto, in un ambiente sconosciuto, in una lingua sconosciuta.
Importante è sempre cosa dice non chi è. Bellissimo.
Film che andrebbe fatto vedere nelle scuole e sono sicuro che per un'ora tutti si commuoverebbero e tutti direbbero bello, MA dopo sarebbe dura tenere per 3 h. molti attenti alle frasi.
Per questo è un film dedicato alla nicchia, che resterà solo a disposizione di mangiatori di film e attenti ricercatori di emozioni di immagini e frasi. Non vuol dire che chi, come me, lo ha visto è migliore, ma dico che la nostra società e il nostro modo di vivere ci rende spesso attenti solo per poco e non è colpa di nessuno e nemeno merito di chi ce la fa. Non siamo tutti uguali e questo film lo testimonia. Se ce la fate a vederlo sarete arricchiti altrimenti guardatelo almeno un pò fa bene lo stesso.
E se non leggerete attentamente dalle frasi il vero senso della vita, una delle domande fondamentali fatte, guardate le immagini, che tolgono il fiato.
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riccardo tavani
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venerdì 25 novembre 2016
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la fotografia come faccia umana di cielo e terra
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Nei suoi momenti più drammatici la collettività fa sempre ricorso alla fotografia. Vediamo campeggiare sulle facciate dei palazzi istituzionali grandi foto di persone uccise, scomparse, sequestrate nei tanti luoghi del mondo dov’è c’è chi fa e subisce la guerra e chi tenta di aiutare le popolazioni civili. Lo vediamo in questi giorni su tutti i social media e i siti internet con la foto di Giulio Regeni, torturato e massacrato al Cairo. Ossia anche un nuovo media elettronico, digitale, deve far ricorso a uno vecchio analogico – come la fotografia – per esprimere la buia drammaticità di ciò che è accaduto a quel nostro luminoso giovane.
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Nei suoi momenti più drammatici la collettività fa sempre ricorso alla fotografia. Vediamo campeggiare sulle facciate dei palazzi istituzionali grandi foto di persone uccise, scomparse, sequestrate nei tanti luoghi del mondo dov’è c’è chi fa e subisce la guerra e chi tenta di aiutare le popolazioni civili. Lo vediamo in questi giorni su tutti i social media e i siti internet con la foto di Giulio Regeni, torturato e massacrato al Cairo. Ossia anche un nuovo media elettronico, digitale, deve far ricorso a uno vecchio analogico – come la fotografia – per esprimere la buia drammaticità di ciò che è accaduto a quel nostro luminoso giovane. La foto fissa qualcosa di una persona, di una situazione che va oltre il momento storico preciso che pure essa ritrae. L’immagine fotografica fissa e allo stesso tempo trascende il punto storico che inequivocabilmente ritrae.
Che cosa succede, però, quando la fotografia si fa cinema, come in questo grande affresco antropologico intitolato Human? Se ci pensiamo, la fotografia è già alla base del cinema. Questo, infatti, si compone di fotogrammi in movimento. Il filosofo francese Gilles Deleuze distingue, nel suo grande trattato sul cinema, tra immagine-movimento e immagine–tempo. La prima corrisponde al cinema improntato al rapido scorrere delle immagini, al ritmo serrato del montaggio. La seconda al rallentamento dell’immagine sullo schermo. E il rallentamento corrisponde appunto al tornare verso il fotogramma, la fotografia ferma. Quello che si sprigiona in questo secondo caso è un movimento più interno al pensiero e alla struttura intima del mondo. È proprio quell’andare oltre il punto storico che l’immagine incorpora in sé e trascende.
Yann Arthus-Bertrand è un grande fotografo francese che si è specializzato nelle foto dall’alto, aeree. Un giorno – ci racconta quando lo incontriamo al Cinema Farnese Persol di Roma – il suo elicottero ha un guasto ed è costretto a stare fermo tre giorni in uno sperduto villaggio tra le montagne. È ospite di una famiglia che durante la sua permanenza gli racconta tutta la propria drammatica vicenda esistenziale. Yann capisce che la sua fotografia deve scendere dal cielo e dare voce all’umano. Ecco il progetto di Human. Centinaia di fotografie di donne e uomini che parlano dei temi cruciali della nostra esistenza: guerra, miseria, fame, odio, amore, amicizia, senso della vita. Si passa da uno all’altro di questi capitoli di massima attraverso grandi riprese dall’alto di paesaggi naturali e umani. Riprese che scorrono lentamente, davvero vicine alla fissità spettacolare di una foto. E d'altronde cosa ci lascerebbero vedere, percepire se fuggissero veloci sullo schermo, al nostro occhio, alla nostra cine-coscienza? Esse sono delle vere e proprie sintesi, ricapitolazioni spaziali di quanto detto dall’umano e apertura verso nuove parole, pensieri, capitoli dell’esistenza. A parte l’ex presidente dell’Uruguay Pepe Mujica, tutte le altre persone che parlano sono dei grandi sconosciuti, dalle grandi parole e pensieri, però.
Ne esce un grandioso quadro d’insieme di tutta l’umanità e le terre abitate sotto il cielo, attraversate dalle acque, dai drammi, le tragedie, le speranze, le possibilità, la forza della testimonianza, il grido di aiuto, la certezza e la gioia dei legami e delle risorse sotterranee più intime.
Il prossimo progetto al quale Yann sta già lavorando è Woman, Donna, e seguirà in parte lo stesso metodo e percorso di Human.
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stefano capasso
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lunedì 5 dicembre 2016
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le questioni dell'uomo
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Yann Arthus-Bertrand racconta l’essere umano in questo docufilm molto denso. Intervistando diverse persone delle più disparate etnie ed età il regista cerca di dare risposte alle domande più antiche dell’uomo. Cosa è la felicità, cosa significa essere umani, qual è il significato della vita.
Un’opera corposa, lunga, che spesso emoziona per l’onesta e la partecipazione degli intervistati e per la bellezza delle immagini che scorrono tra i vari frammenti. La camera che inquadra in primo piano su sfondo nero la persona che risponde restituisce con grande impatto emotivo la sua esperienza di vita, rendendoci partecipi della sua storia e dei suoi sentimenti.
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Yann Arthus-Bertrand racconta l’essere umano in questo docufilm molto denso. Intervistando diverse persone delle più disparate etnie ed età il regista cerca di dare risposte alle domande più antiche dell’uomo. Cosa è la felicità, cosa significa essere umani, qual è il significato della vita.
Un’opera corposa, lunga, che spesso emoziona per l’onesta e la partecipazione degli intervistati e per la bellezza delle immagini che scorrono tra i vari frammenti. La camera che inquadra in primo piano su sfondo nero la persona che risponde restituisce con grande impatto emotivo la sua esperienza di vita, rendendoci partecipi della sua storia e dei suoi sentimenti. Dall’uomo della tribù africana all’ex marine americano le aspirazioni, le domande e le risposte sono molto simili tra loro.
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nerone bianchi
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martedì 22 marzo 2016
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il mosaico della vita
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I primi dieci minuti di questo coraggioso film sono travolgenti, le immagini della carovana che si muove sulla cresta di una gigantesca duna di sabbia sono tra le cose più belle in assoluto nel campo del documentario sul pianeta, quando poi compare la scritta HUMAN sul costone della duna, si toccano corde profonde e l'emozione vola alta. Uguale dicasi per la prima intervista, quella ad un ergastolano, ritratto in primo piano, su sfondo nero, con nessuna domanda posta da qualcuno, una sorta di intimo colloquio con il pubblico, una mano tesa a chiedere comprensione e aiuto. Questi primi dieci minuti sono imponenti, devastanti, ammutoliscono. Poi il film va avanti offrendo blocchi tematici di interviste, si parla di felicità, di miseria, di omofobia, di disperazione, alternando ad ogni blocco delle immagini davvero pregevoli del mondo in cui viviamo e soprattutto della specie dominante che lo abita.
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I primi dieci minuti di questo coraggioso film sono travolgenti, le immagini della carovana che si muove sulla cresta di una gigantesca duna di sabbia sono tra le cose più belle in assoluto nel campo del documentario sul pianeta, quando poi compare la scritta HUMAN sul costone della duna, si toccano corde profonde e l'emozione vola alta. Uguale dicasi per la prima intervista, quella ad un ergastolano, ritratto in primo piano, su sfondo nero, con nessuna domanda posta da qualcuno, una sorta di intimo colloquio con il pubblico, una mano tesa a chiedere comprensione e aiuto. Questi primi dieci minuti sono imponenti, devastanti, ammutoliscono. Poi il film va avanti offrendo blocchi tematici di interviste, si parla di felicità, di miseria, di omofobia, di disperazione, alternando ad ogni blocco delle immagini davvero pregevoli del mondo in cui viviamo e soprattutto della specie dominante che lo abita. La discarica di Nairobi (almeno credo che quella fosse) con le sue onde di spazzatura è cosa di grande impatto, come pure i due ragazzi che galoppano nelle sterminate pianure della Mongolia, o la torre umana della Catalogna, ma tutto il resto non è da meno, voli e immagini che colpiscono ed anche molto in profondità. Il problema del film è la sua ipnotica ripetitività, è vero che gli argomenti delle interviste cambiano ma la dinamica è la stessa e dopo un po' il gioco non riesce più a creare la magia dei primi minuti, il gioco diventa chiaro e di conseguenza l'attenzione scende, le parole dei visi che sfilano davanti ai nostri occhi non bastano da sole a tenere alta l'attenzione e qualcosa sbanda, peccato, davvero peccato, a quel punto bisognava forse introdurre qualche elemento di novità nel racconto, qualcosa che lo sostenesse. Resta comunque un grande progetto, un affresco su quella bizzarra specie a cui tutti apparteniamo e sul luogo in cui sono andati ad abitare.
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