flyanto
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lunedì 3 novembre 2014
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il tentativo di colmare le distanze in una calma p
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Film in cui si racconta di una donna a cui viene concesso dalla famiglia facoltosa del padre del suo bambino di circa 5 anni (ma non ne viene spiegato esattamente il motivo) di trascorrere soltanto 4 giorni in sua compagnia su di uno yacht prima della separazione definitiva da lui che durerà ben 11 anni. In questi soli 4 giorni la donna dovrà riconquistare per l'ultima volta prima del distacco finale l'affetto e l'amore del bambino che, almeno all'inizio, si dimostra fortemente avverso nei suoi confronti.
Questa pellicola, opera prima di Leonardo Guerra Seràgnoli, si distingue principalmente per la sua alquanto particolare trama che non è costituita da azioni od eventi eclatanti e straordinari, ma in una maniera molto minimalistica presenta soprattutto gli stati d'animo dei vari personaggi rappresentati in una situazione volutamente lasciata nell'ambiguità dal regista, ma che ai fini dell' atmosfera che egli vuole consegnare allo spettatore, poco importa.
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Film in cui si racconta di una donna a cui viene concesso dalla famiglia facoltosa del padre del suo bambino di circa 5 anni (ma non ne viene spiegato esattamente il motivo) di trascorrere soltanto 4 giorni in sua compagnia su di uno yacht prima della separazione definitiva da lui che durerà ben 11 anni. In questi soli 4 giorni la donna dovrà riconquistare per l'ultima volta prima del distacco finale l'affetto e l'amore del bambino che, almeno all'inizio, si dimostra fortemente avverso nei suoi confronti.
Questa pellicola, opera prima di Leonardo Guerra Seràgnoli, si distingue principalmente per la sua alquanto particolare trama che non è costituita da azioni od eventi eclatanti e straordinari, ma in una maniera molto minimalistica presenta soprattutto gli stati d'animo dei vari personaggi rappresentati in una situazione volutamente lasciata nell'ambiguità dal regista, ma che ai fini dell' atmosfera che egli vuole consegnare allo spettatore, poco importa. E così, in uno spazio ristretto, sia temporale che fisico come i quattro giorni di navigazione ed il lussuoso yacht su cui si svolge l'intera vicenda, si assiste via via all'evolversi del comportamento e del modo di agire della protagonista principale, cioè la madre del bambino, all'ostilità iniziale da parte del bambino nei suoi confronti ed alla freddezza più o meno maggiore degli animi e del comportamento, sia pure altamente professionale, dei vari componenti dell'equipaggio dello yacht.
Il film in generale risulta molto patinato come uno spot pubblicitario e sopratutto come evocatore di atmosfere (e qui si rivela la collaborazione alla sceneggiatura della scrittrice Banana Yoshimoto). E' recitato da attori, forse a noi poco noti, ognuno confacente al proprio ruolo e nel suo insieme tutto funziona in un equilibrio perfetto seguente un andamento dal fluire lento come, appunto, la serena navigazione dello yacht stesso della vicenda.
Molto particolare e suggestivo......
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piliz
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giovedì 20 novembre 2014
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l'eterna lotta
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Il segreto del successo di questa madre ‘Calaf’ che vuole raggiungere il cuore del suo piccolo ‘Turandot’ è d’ offrire, a chi possiede solo il gelo della obbedienza cieca e indifferente dei servi, il calore e la forza che dà l’affidamento alla proposta di un mondo fatto di mito, costume e racconto, basi di un profondo radicamento familiare. Il trovarsi di madre e figlio si celebrerà poi nella discesa, a due, sulla terra ferma, elemento forte e madre a fronte della ambigua liquidità dell’acqua nella quale è immerso lo yacht, a sua volta simbolo freddo e inaffidabile di potere. La conferma dell’essere andata a segno ed essere riuscita a raggiungere il cuore del suo piccolo Turandot, la madre l’avrà quando girandosi vede il bimbo che ha indossato la maschera che lei gli ha donato, esito questo rafforzato dall' omaggio imbarazzato ma potente di rispetto fattole dallo stesso capitano della barca che solo quattro giorni prima, nell’ attesa dell’arrivo dei due ospiti, aveva raccomandato al suo equipaggio: «noi dobbiamo solo far passare 4 giorni».
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Il segreto del successo di questa madre ‘Calaf’ che vuole raggiungere il cuore del suo piccolo ‘Turandot’ è d’ offrire, a chi possiede solo il gelo della obbedienza cieca e indifferente dei servi, il calore e la forza che dà l’affidamento alla proposta di un mondo fatto di mito, costume e racconto, basi di un profondo radicamento familiare. Il trovarsi di madre e figlio si celebrerà poi nella discesa, a due, sulla terra ferma, elemento forte e madre a fronte della ambigua liquidità dell’acqua nella quale è immerso lo yacht, a sua volta simbolo freddo e inaffidabile di potere. La conferma dell’essere andata a segno ed essere riuscita a raggiungere il cuore del suo piccolo Turandot, la madre l’avrà quando girandosi vede il bimbo che ha indossato la maschera che lei gli ha donato, esito questo rafforzato dall' omaggio imbarazzato ma potente di rispetto fattole dallo stesso capitano della barca che solo quattro giorni prima, nell’ attesa dell’arrivo dei due ospiti, aveva raccomandato al suo equipaggio: «noi dobbiamo solo far passare 4 giorni». Forte l’invenzione, un po’ lento lo sviluppo narrativo, ma forse era giusto così,certo non si tratta di un film di evasione.
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angelo umana
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lunedì 9 novembre 2015
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il sentire materno
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Riuscirà la giapponese mamma Naomi, a conquistare il suo riccioluto bambino Ken, che non rivedrà più nei successivi undici lunghi anni? Parteggiamo per lei. Non sappiamo perché ci sarà questo allontanamento, al figlio lei dice di aver fatto qualche errore. Il papà ricco e danaroso – lo immaginiamo americano - che non vediamo e che ha in custodia il bambino, li fa incontrare per quattro giorni nel suo yacht-veliero, accuditi dallo skipper e dal personale di servizio, dipendenti ovviamente fedeli e ossequiosi di questo papà e padrone.
Il bambino sembra "l'ultimo imperatore", ha una giovane nurse tutta per lui, alla mamma dapprima non si avvicina, una perfetta estranea, si scopre poi la vera ragione: "Allora vai via vero?", ha paura di perderla un'altra volta e così è spiegato il suo risentimento iniziale.
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Riuscirà la giapponese mamma Naomi, a conquistare il suo riccioluto bambino Ken, che non rivedrà più nei successivi undici lunghi anni? Parteggiamo per lei. Non sappiamo perché ci sarà questo allontanamento, al figlio lei dice di aver fatto qualche errore. Il papà ricco e danaroso – lo immaginiamo americano - che non vediamo e che ha in custodia il bambino, li fa incontrare per quattro giorni nel suo yacht-veliero, accuditi dallo skipper e dal personale di servizio, dipendenti ovviamente fedeli e ossequiosi di questo papà e padrone.
Il bambino sembra "l'ultimo imperatore", ha una giovane nurse tutta per lui, alla mamma dapprima non si avvicina, una perfetta estranea, si scopre poi la vera ragione: "Allora vai via vero?", ha paura di perderla un'altra volta e così è spiegato il suo risentimento iniziale. Tra lei e il figlio il muro invalicabile del personale di servizio e solo sguardi lontani.
Nella sua corsa contro il tempo la mamma sperimenta le sue arti, gli parla nella lingua madre, si mostra naturale e discreta e il bambino le si avvicina . La cifra del film è il sentire intuitivo e sentimentale tra i due. Siamo ospitati anche noi spettatori in questo veliero di prima classe, magione galleggiante nel canale di Otranto, prigione dorata e disciplina amorevole per questo bambino.
Della mamma gli resterà una scampagnata a terra loro due soli e complici, l’unica notte, l’ultima, dormita nello stesso letto e una maschera nipponica che lei gli aveva portato in dono e sembra legarlo a sé per sempre. Film elegante e di solo sentire, le parole contano poco, con il tocco di Banana Yoshimoto che ha collaborato alla sceneggiatura.
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stefano capasso
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lunedì 21 marzo 2016
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il faticoso risanamento della ferita materna
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Ho visto questo film alla rassegna CINEMENTE – Cinema e Psicanalisi al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Questa opera prima di Leonardo Guerra Seragnoli si caratterizza sin dalle prime inquadrature per un forte senso estetico di ispirazione orientale. E’ la storia di Naomi, una mamma che per ragioni legate alla sua saluta psicologica perde la possibilità di avere contatti con suo figlio Ken fino a quando questo non diventerà maggiorenne. Il bambino ha 7 anni e prima di questa difficile separazione Naomi ha la possibilità di passare con il figlio 4 giorni su una grande barca a vela di proprietà del padre del bambino.
È un percorso difficile e riparativo della grande ferita data dalla mancanza della figura materna.
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Ho visto questo film alla rassegna CINEMENTE – Cinema e Psicanalisi al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Questa opera prima di Leonardo Guerra Seragnoli si caratterizza sin dalle prime inquadrature per un forte senso estetico di ispirazione orientale. E’ la storia di Naomi, una mamma che per ragioni legate alla sua saluta psicologica perde la possibilità di avere contatti con suo figlio Ken fino a quando questo non diventerà maggiorenne. Il bambino ha 7 anni e prima di questa difficile separazione Naomi ha la possibilità di passare con il figlio 4 giorni su una grande barca a vela di proprietà del padre del bambino.
È un percorso difficile e riparativo della grande ferita data dalla mancanza della figura materna. Affidato al padre e ad una serie di persone che lavorano per lui Ken ha perso il contatto con la parte intuitiva e affettiva: ha abbandonato il mondo delle possibilità e dei sogni per seguire il regime fatto di regole che l’istanza paterna può offrire. Un lento lavoro di riavvicinamento consente alla mamma di rompere l’isolamento dorato del bambino che è simbolicamente rappresentato dallo yacht in mezzo al mare per portarlo a contattare la terraferma, la natura: l’istanza materna. La separazione lascerà intatta questa ritrovata esperienza di contatto con la figura materna “buona”.
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