fabio 3121
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giovedì 14 maggio 2020
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il coraggio di una ragazzina e della sua avvocata.
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il film è basato sulla storia vera di una ragazzina quattordicenne etiope di nome Hirut che mentre sta tornando a casa da scuola viene rapita da un gruppo di uomini a cavallo e, dopo essere stata stuprata dal suo “futuro sposo”, riesce a scappare e uccidere il predetto violentatore. La ragazzina quindi viene arrestata e, solo grazie all’intervento gratuito dell’avvocatessa Meaza Ashenafi, riuscirà a non essere condannata a morte per avere avuto il coraggio di reagire alla vile pratica del rapimento a scopo di matrimonio. La trama è semplice ma giunge diretta allo spettatore. L’avvocatessa (Meron Getnet) ha un viso dolce ma con la sua determinazione salverà la vita di una ragazzina che alla sua giovane età desiderava soltanto studiare e giocare con la sorellina più piccola.
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il film è basato sulla storia vera di una ragazzina quattordicenne etiope di nome Hirut che mentre sta tornando a casa da scuola viene rapita da un gruppo di uomini a cavallo e, dopo essere stata stuprata dal suo “futuro sposo”, riesce a scappare e uccidere il predetto violentatore. La ragazzina quindi viene arrestata e, solo grazie all’intervento gratuito dell’avvocatessa Meaza Ashenafi, riuscirà a non essere condannata a morte per avere avuto il coraggio di reagire alla vile pratica del rapimento a scopo di matrimonio. La trama è semplice ma giunge diretta allo spettatore. L’avvocatessa (Meron Getnet) ha un viso dolce ma con la sua determinazione salverà la vita di una ragazzina che alla sua giovane età desiderava soltanto studiare e giocare con la sorellina più piccola. Il film è arricchito da una bella colonna sonora e ha un finale a lieto fine. Il messaggio positivo della pellicola – che ha meritatamente vinto il premio del pubblico in diversi Festival del cinema – sta tutto nello sguardo emozionato e di speranza di Hirut all’ascolto della sentenza di assoluzione.
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ashtray_bliss
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lunedì 26 ottobre 2015
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difret-struggente e importante.
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Ottimo esempio di cinema indipendente africano che riesce in maniera bilanciata e certamente non ovattata a catturare e presentare un problema sociale rilevante- quello riguardante la violenza sulle donne- attraverso un'episodio realmente accaduto che nella sua spietatezza e brutalità è riuscito a scuotere le coscienze e servire da monito per una nazione intera. Prodotto e sponsorizzato da Angelina Jolie, sempre in prima linea su temi riguardanti le ingiustizie subite dai più piccoli e specialmente di sesso femminile nei paesi poveri del mondo, Difret è un film delicato, poetico e agrodolce che tuttavia riesce a risultare potente, struggente e incisivo nella sua disarmante linearità e semplicità.
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Ottimo esempio di cinema indipendente africano che riesce in maniera bilanciata e certamente non ovattata a catturare e presentare un problema sociale rilevante- quello riguardante la violenza sulle donne- attraverso un'episodio realmente accaduto che nella sua spietatezza e brutalità è riuscito a scuotere le coscienze e servire da monito per una nazione intera. Prodotto e sponsorizzato da Angelina Jolie, sempre in prima linea su temi riguardanti le ingiustizie subite dai più piccoli e specialmente di sesso femminile nei paesi poveri del mondo, Difret è un film delicato, poetico e agrodolce che tuttavia riesce a risultare potente, struggente e incisivo nella sua disarmante linearità e semplicità.
Il film infatti è scarno, essenziale e conciso sia in termini di scenografia che in termini di interpretazioni. Non ci sono eccessi narrativi o interpretativi è in questo si racchiude l'elemento vincente del film in questione. Il dramma-problema sociale fa da padrone risultando il vero 'protagonista' della pellicola, l'emento che ci cattura e ci catapulta in un'altra realtà e dimensione. Una realtà africana rurale, ardua e difficile dove le tradizioni valgono più della vita o dignità femminile. In tale contesto seguiamo la storia di Hirut, 14enne di un villaggio povero nella provincia della capitale Adis Abeba, che fatica per frequentare quotidianamente la propria scuola; un giorno sulla strada verso casa viene inseguta ed infine rapita da un gruppo di giovani uomini i quali beffardamente possono giustificare il reato in base alle leggi, non scritte, del proprio villaggio: Da quelle parti, infatti, è consuetudine rapire la futura sposa. Hirut, viene sequestrata e rinchiusa in un capanno per essere successivamente picchiata e violentata da quello che dovrebbe essere il futuro marito. Il giorno seguente la giovane tenta la fuga e scappando ruba il fucile di uno loro, poi in preda alla paura e con notevole istinto di sopravvivenza e autodifesa sparerà al suo aguzzino, uccidendolo.
Quello che inizia da li in poi è una coraggiosa e importante battaglia legale in difesa della minore, per mano di Andenet, associazione noprofit di avvocatesse che presta servizi legali gratuitamente a donne in difficoltà. La difesa della minore la assume Meaza Ashenafati e con lei inizia una callosa battaglia contro pregiudizi e stereotipi verso le donne, tradizioni patriarcali difficili da estirpare e consigli del villaggio (costituiti da soli uomini) che essendo influenzati dalla tradizione condannano la giovane a morte. A causa di questa sentenza, Meaza decide di non far tornare la piccola nel villaggio in attesa del processo- ottenuto con estrema difficoltà trattandosi di una donna, seppur minore, che ha ucciso un uomo- con i conseguenti risvolti psicologici sulla piccola per via del brusco allontanamento dalla propria famiglia.
Grazie però alla tenacia di Meaza e alla perseveranza del suo gruppo no profit la battaglia legale e sociale di Hirut arriva ai livelli del Ministro della Giustizia il quale viene citato, in un disperato tentativo di ripristinare la giustizia e applicare le leggi in vigore, senza eccezioni di alcun tipo. L'esito sarà positivo, Hirut verrà assolta e la sua battaglia, il suo coraggio serviranno ad un Paese intero come esempio da tener presente per il futuro.
La sua storia ha aperto una strada senza precedenti nella giusta direzione: il rispetto delle leggi e il rispetto della dignità e dei diritti della donna, indistintamente dall'età o estrazione sociale.
Il film in tal senso parla prevalentemente per immagini, primi piani di donne segnate dal dolore, dalla paura ma anche dalla certezza che il futuro non è sempre nero e quindi la determinazione a lottare per diritti fondamentali prevale. Il resto delle immagini sono profuse di lirismo e poesia: Immagini dell'Etiopia rurale, della natura arida e fiera, delle immense distese di verde che avvolgono i possedimenti dei contadini.
La pellicola è delicata ma struggente, poetica ma importante e dal messaggio sociale più che significativo e denso di simbolismo: Qui non si parla di un unico caso isolato a lieto fine, si tratta di cambiare una nazione, un popolo intero, sradicando le convinzioni e tradizioni più integraliste e discriminanti verso le donne, le ragazze. Basta prevaricare contro il 'sesso debole' in nome di usanze e tradizioni. L'Africa è un continente intrinseco di fascino e contraddizione ma la svolta verso i diritti elementari degli esseri umani deve essere univoco e uniforme.
Da vedere e riflettere. 4/5
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writer58
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domenica 1 febbraio 2015
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mal d'africa
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"Difret", a suo modo, è un film esemplare. E' un esempio di cinema-verità, rappresenta uno spaccato della nuova cinematografia africana, porta in scena un tema molto attuale, anche fuori dal perimetro dei cosiddetti paesi in via di sviluppo: la violenza sulle donne prendendo a pretesto le tradizioni tribali che consentono a un uomo di rapire e violentare una ragazzina come viatico per il matrimonio, per precostituire un "fatto compiuto" che possa superare l'opposizione delle famiglia di origine. E' esattamente quello che succede in un villaggio etiope non troppo distante geograficamente dalla capitale, Addis Abeba: Hirum,14 anni, mentre torna da scuola, viene inseguita da un gruppo di uomini a cavallo, trascinata via a forza, sequestrata in una capanna, picchiata e violentata.
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"Difret", a suo modo, è un film esemplare. E' un esempio di cinema-verità, rappresenta uno spaccato della nuova cinematografia africana, porta in scena un tema molto attuale, anche fuori dal perimetro dei cosiddetti paesi in via di sviluppo: la violenza sulle donne prendendo a pretesto le tradizioni tribali che consentono a un uomo di rapire e violentare una ragazzina come viatico per il matrimonio, per precostituire un "fatto compiuto" che possa superare l'opposizione delle famiglia di origine. E' esattamente quello che succede in un villaggio etiope non troppo distante geograficamente dalla capitale, Addis Abeba: Hirum,14 anni, mentre torna da scuola, viene inseguita da un gruppo di uomini a cavallo, trascinata via a forza, sequestrata in una capanna, picchiata e violentata. Si ribella però alla violenza subita e, approfittando di un fucile dimenticato dal sequestratore-pretendente, fa fuoco e lo uccide. Arrestata con l'imputazione di omicidio, sarebbe sicuramente condannata a morte, se non venisse difesa da un avvocato di un'associazione legale che assiste le donne maltrattate (quasi l'omologo del Telefono Rosa in versione africana), la quale ingaggia una strenua battaglia contro le ideologie ancestrali del villaggio e l'ostilità delle forze di polizia e del procuratore, per strappare la sua assistita ad un verdetto che pare già scritto. Il film è apprezzabile come tematica e prospettiva ideale, un po' meno sul piano della realizzazione che appare abbastanza didascalica e "frontale". Forse penalizzato dal doppiaggio, non sfrutta appieno la carica drammatica della vicenda. La sequenza della "corte di giustizia" riunita sotto un albero, con i parenti dell'ucciso a chiedere vendetta mi è parsa poco efficace e faticosa, come se gli attori stentassero a rappresentare la parte loro assegnata. Più convincente la Getnet nella parte dell'avvocato e la Hagere nel ruolo di Hirum, anche se il rapporto tra di loro (dalla diffidenza iniziale fino alla piena solidarietà) mi è apparso trattato in modo un po' scolastico. In ogni caso, una discreta prova per un tema che affronta un tema scottante, molto diffuso anche in alcuni ambiti del nostro "emancipato" Occidente.
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fabiofeli
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sabato 31 gennaio 2015
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il coraggio di cambiare. davvero.
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Hirut (Tizita Hagere) è una adolescente etiope di 14 anni, che ha un buon profitto a scuola. Mentre torna a casa dopo le lezioni viene sequestrata da un gruppo di giovani. Il ragazzo che la costringe a salire sul suo cavallo segue una usanza della regione africana: l’ha rapita per costringerla a sposarlo. Infatti, nonostante la resistenza della ragazza, la sera stessa la picchia e la violenta. Il giorno dopo Hirut si impossessa del fucile del suo “promesso sposo” dimenticato nella stanza di prigionia e cerca di fuggire. Il ragazzo e i suoi amici la rincorrono e la circondano; lei dice al giovane di non avvicinarsi e, quando lui lo fa, gli spara uccidendolo. Gli amici del morto la catturano e la portano dalla polizia.
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Hirut (Tizita Hagere) è una adolescente etiope di 14 anni, che ha un buon profitto a scuola. Mentre torna a casa dopo le lezioni viene sequestrata da un gruppo di giovani. Il ragazzo che la costringe a salire sul suo cavallo segue una usanza della regione africana: l’ha rapita per costringerla a sposarlo. Infatti, nonostante la resistenza della ragazza, la sera stessa la picchia e la violenta. Il giorno dopo Hirut si impossessa del fucile del suo “promesso sposo” dimenticato nella stanza di prigionia e cerca di fuggire. Il ragazzo e i suoi amici la rincorrono e la circondano; lei dice al giovane di non avvicinarsi e, quando lui lo fa, gli spara uccidendolo. Gli amici del morto la catturano e la portano dalla polizia. Sanno che la “giustizia” del villaggio, amministrata in seduta plenaria da tutti gli uomini del posto, condannerà a morte la giovane. Meaza Ashenafi (Meron Getnet), facente parte di una associazione di avvocatesse che tutelano i diritti delle donne, deve combattere contro i pregiudizi e lo stesso Ministro della Giustizia etiope, che permette che i consigli di villaggio scavalchino i tribunali. I suggerimenti e l’influenza di un anziano giudice sono preziosi per Meaza, ma la battaglia è disperata: è in discussione l’età di Hirut, in assenza di una vera anagrafe, e a mala pena fanno testo i certificati di battesimo. L’affidamento ad una casa-famiglia fornisce a Hirut, pur preda di nostalgia per la famiglia, un ambiente favorevole in un momento difficile. Riuscirà a scampare alla ingiusta condanna a morte? Se sarà assolta riuscirà ad emanciparsi dall’ambiente rurale nel quale è vissuta adattandosi alla più moderna, ma completamente nuova vita cittadina, diventando un esempio positivo per la sorella minore e per tutte le donne dominate, maltrattate, offese e ingiustamente uccise? …
La storia è vera e conosciamo l’esito della vicenda al termine del film. Il regista etiope ha studiato cinematografia negli Stati Uniti. Nelle interviste precisa che la parola Difret significa coraggio e cambiamento, ma anche stupro. Il suo filmare è essenziale, con dialoghi scarni; narra soprattutto con le immagini, valorizzate dalla espressività degli attori principali: da un lato la mobilità dei volti femminili, dall’altro quelle dei volti maschili, quasi tutte tetragone ed ostinate o addirittura incredule che si possano mettere in discussione usanze ataviche. Laggiù c’è molto da cambiare e molta strada da fare per la parità tra i sessi. Ma è giusto ricordare che anche in Italia vigeva l’usanza della “fuga per amore” con conseguente “matrimonio riparatore” e che perfino l’”omicidio per onore” veniva punito con soli 7 anni di reclusione (e molti sconti). Il memorabile “Divorzio all’italiana” (1961) di Germi con Mastroianni, Sandrelli e Daniela Rocca trattava, appunto, l’omicidio per onore in chiave di commedia. E in Italia negli ultimi tempi c’è stata una intollerabile ondata di violenza maschile (per amore?!?) nei confronti delle donne. Su questo dobbiamo riflettere, mentre guardiamo le belle immagini del mondo pastorale etiope. Anche qui serve il “coraggio di cambiare”. Un buon film da vedere.
Valutazione ***
FabioFeli
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melania
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sabato 31 gennaio 2015
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bellissimo !
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Un film profondo che tutti dovrebbero guardare !!!!
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enrique
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domenica 25 gennaio 2015
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uno spaccato africano
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"Difret - Il coraggio per cambiare" è un film per tutti. Discreto, affascinante, profondo, duro e commovente, uno spaccato africano. La fotografia ti fa venir voglia di partire per l'Etiopia. La musica è un piacere per le orecchie. La macchina da presa è come un cannone e come un cannone centra con precisione espressioni e azioni. La sceneggiatura è semplice e d'effetto, così come l'interpretazione degli attori, spontanea e diretta.
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