no_data
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mercoledì 5 marzo 2014
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tutto un imbroglio
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Il film convince poco. A tratti è anche noioso. Vuole strappare il sorriso, ma non ci riesce. L'eterno rapporto edipico, marcatamente borghese, ha stufato. E' roba degli anni post '68. Ancora a rosolarci su questo tema? Basta! In mano a un Woody Allen, che conosce bene la psichiatria, la storia avrebbe preso un'altra piega. I dialoghi non sarebbero stati insipidi.
Alfonso Marchese
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jptre
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martedì 4 marzo 2014
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da non perdere
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Una commedia illustrata dai dialoghi raffinati e sagaci. Un utilizzzo molto intelligente del linguaggio filmico, in cui il presente, il passato e il futuro del protagonista sono una cosa sola. Il sapiente montaggio vi porta fuori e dentro il palcoscenico su cui Guillaume recita il periodo di formazione della sua vita (attenzione quando nella realtà filmica narrata egli veste l'abito di scena a teatro), scolpendo momenti di grande cinema, all'unisono con il respiro del mondo.
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panzi
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venerdì 21 febbraio 2014
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amandine
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La recensione pubblicata è circostanziata e ben fatta. Assai poco, se non nulla da aggiungere. Solo mi sembrava che il nome della donna di cui infine Guillaume s'innamora sia Amandine, non Albertine.
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fafia61
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sabato 15 febbraio 2014
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les garcons, et guillaume, a table!
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L'equivoco si crea già nel titolo, non tanto nella traduzione italiana, valida ma un po' troppo almodovariana, quanto in quello originale,"Les garcons, et Guilllaume, a table!".
Perchè i garcons, cioè i ragazzi, cioè i fratelli di Guillaume, sono i maschi, belli, sportivi, aitanti, pieni di muscoli, mentre lui, Guillaume appunto, non lo è.
Lui, per sottrarsi a quello sfarzo di virilità , si ritrova ad idealizzare le grandi donne (la principessa Sissy, sua nonna, sua zia, ecc.),ma, più di ogni altra cosa, si trova a compiacere e a idolatrare sua madre, alla quale vuole dimostrare di essere unico.
In questa perenne ricerca, e forzatura, Guillaume prova lui a diventare donna, imitando la madre in ogni sua sfumatura, in ogni sua caratteristica; per questo motivo, la famiglia lo considera effeminato e omosessuale.
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L'equivoco si crea già nel titolo, non tanto nella traduzione italiana, valida ma un po' troppo almodovariana, quanto in quello originale,"Les garcons, et Guilllaume, a table!".
Perchè i garcons, cioè i ragazzi, cioè i fratelli di Guillaume, sono i maschi, belli, sportivi, aitanti, pieni di muscoli, mentre lui, Guillaume appunto, non lo è.
Lui, per sottrarsi a quello sfarzo di virilità , si ritrova ad idealizzare le grandi donne (la principessa Sissy, sua nonna, sua zia, ecc.),ma, più di ogni altra cosa, si trova a compiacere e a idolatrare sua madre, alla quale vuole dimostrare di essere unico.
In questa perenne ricerca, e forzatura, Guillaume prova lui a diventare donna, imitando la madre in ogni sua sfumatura, in ogni sua caratteristica; per questo motivo, la famiglia lo considera effeminato e omosessuale.
Ma. nonostante trucchi e moine, principesse e svolazzi, la sua vera natura emergerà, in una sorta di coming out al contrario, in cui la storia prenderà una piega bizzarra e imprevedibile.
Guillaume Gallienne, dopo anni ed anni di successi soprattutto teatrali, esordisce alla regia cinematografica adattando il proprio spettacolo teatrale al grande schermo, e l'esordio non poteva essere dei più felici, visti gli straordinari successi in Francia e gli enormi riconoscimenti della critica internazionale.
Il film è soprattutto la storia di un ragazzo che, attraverso peripezie e avventure a volte grottesche, cerca di riaffermare la propria eterosessualità in un luogo, in un ambiente, in una famiglia che, invece, lo aveva già ampiamente catalogato come omosessuale.
Ma 'Tutto sua madre' è anche una ricerca sulla propria identità, su tutto ciò che c'è di vago e misterioso nella nostra adolescenza, e che, spesso, ci porta a smarrimenti, inganni, disorientamenti, a trovare risposte spiazzanti e complesse a quesiti semplici.
Il film si srotola, tutto, in questa perenne ricerca, intenerendoci, divertendoci, spiazzandoci, per finire poi proprio su quel palco, dove, Guillaume, dopo scene e scene di sofferenze e di incomprensioni, senza maschera e senza più trucco, vuole l'ultimo, meritato applauso.
Mentre nello spettacolo teatrale l'attore, in una sorta di 'one man show', interpretava tutti i ruoli, qui, nel film, lascia per sè, oltre al suo ruolo, solo quello della madre.
E' proprio la madre, possessiva, ingombrante, cinica, spocchiosa, elegante, egocentrica, altezzosa, annoiata, a gettare sul figlio le sue delusioni e le sue inquietudini; ma è soprattutto la paura, forte e inequivocabile, della donna, che lui possa amare e idealizzare altre donne, a minare e scardinare tutto l'equilibrio familiare.
Era difficile, in una pellicola così delicata e contorta, così variegata e complessa, riuscire a mantenere una sorta di equilibrio e di compostezza.
Il rischio che si potesse scivolare nel grottesco, nella banalità, nella superficialità era grosso ma, salvo qualche piccolo incidente di percorso (il clistere di Diana Kruger nella clinica della Baviera si poteva, per es., evitare,così come certe forzature sui cavalli o su certe dimensioni anatomiche), il film rimane un piccolo gioiellino.
Strepitoso il finale, quando tutto, metafore e giravolte, finte e disorientamenti, si placa e si risolve, e tutto l'esito della vicenda si evidenzia su quel palco, dove il bravissimo attore, spiega e chiarisce l'ultimo enigma, l'ultimo risvolto.
Guillaume Gallienne ha fatto centro, dunque, regalandoci un'opera che è un perfetto equilibrio tra ironia e intimità, tra umorismo e riflessione, tra divertimento ed emotività.
Dispiace, quindi, che a vederla, fossimo solo in ventidue!!
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andrea marcon
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sabato 15 febbraio 2014
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perché dovrebbe interessarmi la tua autobiografia?
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Uno dei film più inutili della storia della cinematografia mondiale dopo "Alex l'ariete" (perché qui almeno un tentativo di recitazione c'è, anche se fastidiosamente mal riuscito). Recitare (qui addirittura in due, tre, cento ruoli) e contemporaneamente dirigersi, spesso porta a catastrofi megalomani autoreferenziali di proporzioni gigantesche (vedi ad es. il recente "Ti ho cercata in tutti i necrologi").
Avviso ai potenziali emuli: i cestini dei produttori cinematografici sono stracolmi di velleitarie sceneggiature palesemente autobiografiche: le vostre tristi vite non interessano a nessuno!
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eugenio
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martedì 11 febbraio 2014
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un’originale viaggio alla scoperta del proprio io
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In tempi di crisi si sa si taglia su tutto tentando di ridurre i costi all’osso, minimizzando su location “esotiche”, evitando l’inutile dispendio di un cast stellare fine a sé stesso e soprattutto distraendo lo spettatore senza nascondere un’acidula critica nei confronti di una società sempre più incapace di comprendere il diverso (gli ultimi brucianti suicidi di giovani ritenuti dal branco “gay” suonano come un amaro monito) e di accettarlo nella sua dignità umana. Un concetto che Guillame Gallienne conosce bene e che costituisce il cuore della sua pellicola al suo esordio nello scintillante mondo cinematografico.
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In tempi di crisi si sa si taglia su tutto tentando di ridurre i costi all’osso, minimizzando su location “esotiche”, evitando l’inutile dispendio di un cast stellare fine a sé stesso e soprattutto distraendo lo spettatore senza nascondere un’acidula critica nei confronti di una società sempre più incapace di comprendere il diverso (gli ultimi brucianti suicidi di giovani ritenuti dal branco “gay” suonano come un amaro monito) e di accettarlo nella sua dignità umana. Un concetto che Guillame Gallienne conosce bene e che costituisce il cuore della sua pellicola al suo esordio nello scintillante mondo cinematografico.
L’intento del novello cineasta è di adattare la piece teatrale "Les Garçons, et Guillaume, à table” da lui stessa scritta direttamente e tratto dalla sua personale esperienza autobiografica strutturandola come un monologo recitato dall’attore che si pone di intrattenere il pubblico (noi spettatori seduti dietro lo schermo/palco) attraverso il racconto di caratteristiciepisodi della propria esistenza sostenendo contemporaneamente il ruolo di protagonista, di madre, di scrittore e di altri bizzarri personaggi immaginari partoriti dalla sua “femminea” mentalità (come le nobildonne del ‘700 concepite dalla sua mente per trovare una controparte “immaginaria” alla sua distorta sessualità).
A discapito del lignaggio di appartenenza infatti (la sua famiglia, in particolare il padre, è assai poco clemente nei confronti di personalità poco mascoline) Gallienne è attratto dall’universo femminile che ha tra i suoi degni rappresentanti la madre dal carattere molto forte ma carente d’affetti che tuttavia è venerata dal ragazzo sino al punto da divenire un idolo capace di condizionare le sue scelte e azioni e le zuccherose e melense zie incapaci di comprendere le sue reali inclinazioni.
Dall’orientamento sessuale disturbato, Tutto sua madre ripercorre e analizza la ricerca della propria identità sessuale, il rapporto di amore-odio con la madre attraverso una sceneggiatura che fa uso di continue divagazioni distraendo lo spettatore dal suo preciso obiettivo: le inesauribili sfaccettature di un’educazione sentimentale lunga quanto la vita stessa (qui riprodotta sul palco) unica ma dai cammini e scelte infinite.
Osserviamo quindi il complicato cammino verso la maturità dell’adolescente Gallienne (molto abile a quaranta anni a interpretare il ruolo dell’adolescente “omosessualmente lesbico”) fatto di esperienze estive in Europa (contrariamente ai dettami del padre che vorrebbe facesse sport come i forzuti fratelli) : l’apprendimento della sivigliana sulle note di Julio Iglesias, il tè delle cinque a Londra dove conosce e si innamora in un collegio del nuotatore Jeremy, l’esonero dal servizio militare dopo il tentato suicidio per un amore non concesso, le peregrinazioni in Baviera da artisti psichici post-moderni del massaggio, l’iscrizione al corso di nuoto e di equitazione per vincere le sue paure.
Tutto ciò sarebbe stato poco credibile senza l’utilizzo di inquadrature d’avanguardia che fanno uso di frequenti cambi di ruolo (dal palco di un teatro al lettino di uno psicologo, dal viaggio in Spagna alla danza macabra in piscina mentre il corpo affonda sempre di più …) privi di un apparente ordine cronologico e talune volte permeati da un umorismo demenziale.
Gli eventi- raccontati in maniera di flusso di coscienza con sapiente ironia senza mai inveire o giudicare la deviazione sessuale del protagonista costruiscono un inverosimile canto alla femminilità, delicato e complesso, spiazzante e dalle forza visiva a tratti dirompente. Per quanto assurde siano le “prove” di Gallienne nel disperato tentativo di affermarsi psicologicamente al di là del blocco della forma imposto dal teatro, queste si traducono in assoluta quanto semplice verità, in intima e sofferta crisi con la conoscenza più profonda verso una nuova comprensione dello stato di coscienza interiore.
Affrontare i propri fantasmi, le proprie limitatezze, sottoporsi a diverse prove che possano mettere in luce il nostro io è scelta coraggiosa e atto d’amore verso noi stessi, verso il profondo macrocosmo interiore di latente umanità che nascondiamo.
Innovativo e intelligente, delicato, privo di rabbiosa vendetta o discriminazione e mai volgare, Tutto sua madre è un film che mescola sapientemente researche con demenzialità, sesso con psicologia.
Vita ma non forma che si spezza diventando nuovamente vita. Lo aveva detto Pirandello ottant’anni fa, Gallienne lo ricorda. Grazie.
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drumtaps
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domenica 2 febbraio 2014
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..delicato ma poco..salato
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...godibile per la trama ben tessuta e per la delicatezza con cui affronta un tema difficile come quello della esubernza materna che sfocia senza volerlo, in un rapporto malato con uno dei figli, protagonista del film.Mai volgare, riesce a far sorridere e pensare, ma il ritmo non è a volte ben cadenzato con dei momenti tirati al limnite della noia ( la scena in piscina ad esempio).In generale un buon film, ma privo di acuti da renderlo indimenticabile.
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drumtaps
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domenica 2 febbraio 2014
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..delicato ma poco..salato
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...godibile per la trama ben tessuta e per la delicatezza con cui affronta un tema difficile come quello della esubernza materna che sfocia senza volerlo, in un rapporto malato con uno dei figli, protagonista del film.Mai volgare, riesce a far sorridere e pensare, ma il ritmo non è a volte ben cadenzato con dei momenti tirati al limnite della noia ( la scena in piscina ad esempio).In generale un buon film, ma privo di acuti da renderlo indimenticabile.
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ralphscott
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sabato 1 febbraio 2014
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tenero e buffo
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Situazioni esileranti e momenti di poesia,sequenze che inteneriscono (la lunga scena in piscina,ad esempio). Il film in sè,invece,è decisamente gracile. La spiegazione all'agire di Guillaume che lo stesso ci fornisce verso l'epilogo,inoltre, non mi convince e sa di forzatura:la madre voleva una femmina e lui voleva distinguersi dagli altri,questo ci dice. Il periodo spagnolo del ragazzo è la parte migliore:si ride di gusto,mentre Inglesias ci canta in francese.
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