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muttley72
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sabato 12 ottobre 2013
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per i nostalgici degli anni '70 (io non lo sono)
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Per accontentare le volontà altrui (...e non è la prima volta) mi sono recato al cinema per vedere un film ("Anni felici") che non rientra nel genere da me preferito...
La storia è presto detta... negli anni '70 (...di cui oggi alcuni hanno, per vari motivi, molta nostalgia) una famiglia (romana) è composta da uno "pseudo-artista d'avanguardia" (che odia l'arte "convenzionale", ovvero anche quella "classica" poichè banale), di quelli per capirci che "pugnalano" la tela con lame e pennelli da pittore edile (o che producono, per provocare, la c.d. "merda d'artista"). Poi c'è la moglie (una casalinga che bada ai due figli) che è (gustamente) gelosa del marito (che va di tanto in tanto con le "facili" modelle del suo studio artistico).
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Per accontentare le volontà altrui (...e non è la prima volta) mi sono recato al cinema per vedere un film ("Anni felici") che non rientra nel genere da me preferito...
La storia è presto detta... negli anni '70 (...di cui oggi alcuni hanno, per vari motivi, molta nostalgia) una famiglia (romana) è composta da uno "pseudo-artista d'avanguardia" (che odia l'arte "convenzionale", ovvero anche quella "classica" poichè banale), di quelli per capirci che "pugnalano" la tela con lame e pennelli da pittore edile (o che producono, per provocare, la c.d. "merda d'artista"). Poi c'è la moglie (una casalinga che bada ai due figli) che è (gustamente) gelosa del marito (che va di tanto in tanto con le "facili" modelle del suo studio artistico). L'artista cerca (inizialmente invano) di affermarsi e di farsi apprezzare dalla critica.
Succede poi che la moglie, gelosa e stanca dei tradimenti, ceda alle "lusighe" di una "gallestica femminista e lesbica" (sembra un pò un clichè) durate un viaggio in Francia (per sole donne femministe e loro figli) e poi si separi dal marito per i giusti motivi (detti prima). Il tutto è visto e descritto dagli occhi di uno dei 2 figli (il più grande dei 2 figli piccoli della coppia), che è anche il "narratore fuori campo" durante il film. Nel film ci sono vari episodi di "vita vissuta" della famiglia ed alcuni momenti di ironia. gli attori sono in linea con quanto richiesto dal ruolo, sono sicuramente almeno discreti se non bravini.
Ora però mi chiedo il "senso" del film in questione...... E' forse quello di far rivivere ai "nostalgici" il (meraviglioso?) clima degli anni '70 italiani? E' il voler descrivere, attraverso gli occhi di un bambino, la "crisi" della propria famiglia (simile a quella di tante altre)? O è quello di voler ritrarre l'ambiente artistico d'avanguardia (con i famosi "capolavori d'arte moderna" presi in giro anche in celebri commedie da Totò e da Alberto Sordi...)?
Questo film non mi ha colpito, nè ha solleticato nulla in me... forse, perchè descrive tempi, movimenti artistici e situazioni che non mi piacciono e di cui dunque non ho affatto nostalgia, ma è solo un parere personale ed il mio voto di 2 stelle è quindi "di parte"...perchè il film in sè è realizzato decentemente, ma non mi piace il tema e non ne vedo la necessità. Infine alcune situazioni o personaggi come "la gallerista lesbica femminista straniera" (....che magari sarà anche esistita) sembrano un pò troppo ricadenti in un "clichè" scontato.
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bruno nasuti
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sabato 5 ottobre 2013
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la scoperta dell'egoismo
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è un film profondo che attraverso le vicende private di una famiglia propone una descrizione della deriva antropologica contemporanea.oggi si vive a tratti, cercando di riempire i propri vuoti cercando una serie infinita di soddisfazioni provvisorie (il localino,il sesso qua e là, l'hobby,il viaggio, il calcetto..).ebbene la conclusione del film tratteggia proprio questo stile di vita attraverso le parole del ragazzo - narratore:non il lieto fine del 'vissero insieme felici e contenti',ma 'si continuarono a frequentare sporadicamente' cercando altrove la 'quiete' che la relazione intensa e costante della coppia tradizionale (ancora viva fino a quell'anno 1974 evocato dall'inizio,l'anno del referundum sul divorzio!) metteva in discussione.
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è un film profondo che attraverso le vicende private di una famiglia propone una descrizione della deriva antropologica contemporanea.oggi si vive a tratti, cercando di riempire i propri vuoti cercando una serie infinita di soddisfazioni provvisorie (il localino,il sesso qua e là, l'hobby,il viaggio, il calcetto..).ebbene la conclusione del film tratteggia proprio questo stile di vita attraverso le parole del ragazzo - narratore:non il lieto fine del 'vissero insieme felici e contenti',ma 'si continuarono a frequentare sporadicamente' cercando altrove la 'quiete' che la relazione intensa e costante della coppia tradizionale (ancora viva fino a quell'anno 1974 evocato dall'inizio,l'anno del referundum sul divorzio!) metteva in discussione.il film racconta la perdita dell'innocenza da parte delle enfatiche e generose generazioni dell'epoca.simbolicamente la sceneggiatura propone da una parte una famiglia intellettualistica (dedita alla ricerca della perfezione in ogni campo della vita,non solo -com'era evidente all'epoca -in quello della politica) caratterizzata da relazioni fredde e castranti,coi genitori gelidi tutori di modelli ideali capaci di generare un infinito senso di inadeguatezza (la ricerca del successo nel campo dell'arte con proposte improntate all'utopia modernistica del 'nuovo',della 'rivoluzione');dall'altra una famiglia di commercianti attenti ai sensi, alle cose, al presente, quindi ricca di relazioni umane e capace di densità affettiva.insomma da una parte l'utopia (identificata qui nell'arte,cioè nella sua sostanza estetica),dall'altra la realtà;da una parte il progetto che crea ansia,dall'altra l'immersione nel divenire delle cose.da una parte il padre,quindi, dall'altra la madre.e i bambini (ovvero gli adulti di oggi)a guardare e a imparare cosa si deve e cosa non si deve fare.tante scene divertenti,alcune commoventi,non fanno che guidare (per chi ha voglia e per chi ha gli 'occhiali' adatti)alla scoperta della progressiva e definitiva affermazione del cinismo.la macchina da presa del bambino vale come segno della capacità del cinema di raccontare attraverso vicende particolari situazioni generali..il film merita una partecipazione aggiore che non l'occhio specialistico e superficiale di cinefili capaci di ragionare solo in termini di inquadrature e montaggio.
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pepito1948
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lunedì 7 ottobre 2013
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assenza e felicità
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“Chi è?” domanda lei al marito separato guardando la sua ultima opera, una gigantesca donna di creta sdraiata nel laboratorio; “La tua assenza” è la risposta. E’ la chiave di volta che troveranno Guido –fascinoso performer convertitosi con apparente convinzione alla nuova arte concettuale- e Serena -moglie borghese, restia alle trasformazioni culturali in atto- per rendere possibile la prosecuzione di un rapporto in via di sfaldamento, impervio, conflittuale, torrentizio ai limiti dell’ insostenibilità: ma felice. Intimamente felice al di fuori degli stridori delle mediazioni quotidiane, cioè istintivamente produttivo di amore, sesso, attrazione panica, ma impossibile da vivere secondo uno schema convenzionale come una ordinaria convivenza con figli, con ruoli prefissati anche se influenzati dalle nuove tendenze figlie del ’68 e sperimentate nel corso degli anni ’70, in cui la storia è ambientata.
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“Chi è?” domanda lei al marito separato guardando la sua ultima opera, una gigantesca donna di creta sdraiata nel laboratorio; “La tua assenza” è la risposta. E’ la chiave di volta che troveranno Guido –fascinoso performer convertitosi con apparente convinzione alla nuova arte concettuale- e Serena -moglie borghese, restia alle trasformazioni culturali in atto- per rendere possibile la prosecuzione di un rapporto in via di sfaldamento, impervio, conflittuale, torrentizio ai limiti dell’ insostenibilità: ma felice. Intimamente felice al di fuori degli stridori delle mediazioni quotidiane, cioè istintivamente produttivo di amore, sesso, attrazione panica, ma impossibile da vivere secondo uno schema convenzionale come una ordinaria convivenza con figli, con ruoli prefissati anche se influenzati dalle nuove tendenze figlie del ’68 e sperimentate nel corso degli anni ’70, in cui la storia è ambientata. L’assenza –da tutte le convenzioni come la obbligatoria frequentazione di tutti i giorni ma anche dalle mode, dai miti e dagli slogan inneggianti alla riconquistata libertà di trasgredire partoriti dalla rivoluzione giovanile- è la formula (o il compromesso) che, sbarazzatasi di una convivenza divenuta ossessiva e lesiva dell’identità di entrambi, i due adotteranno per il futuro, improntando il rapporto alla saltuarietà d’incontri, all’accettazione delle molteplici esperienze dell’altro, ad una maturazione separata, come due linee spesso tangenti ma non coincidenti. E’ il figlio maggiore che, dopo tanti anni e come voce fuori campo, ne narra e testimonia l’e(in?)voluzione, sottolineando con il senno dell’adulto la perdita di un bene sacrificato alla conquista dell’assenza: la felicità appunto.
Luchetti inserisce la vicenda tumultuosa della coppia nell’anno del trionfo del referendum sul divorzio, visto come la vittoria della Resistenza contro la barbarie dell’Ancient Regime (il riferimento al manifesto dei fratelli Cervi); cioè in un momento foriero di inquietudine in cui l’onda espansiva dei fermenti sessantottini tende a scontrarsi con le prime disillusioni di una risacca culturale (che poi diventerà riflusso) e prelude all’avvio della degenerazione dello scontro armato. Inquietudine mista ad incertezza che si riscontra nei due giovani, l’uno proteso verso le idee, i principi e gli orientamenti artistici della rivoluzione, l’altra scettica verso prassi evolutive come il libero amore e le performance nudiste professate dal marito, rivelando posizioni tutt’altro che granitiche; saranno proprio le contraddizioni esplose nella coppia in questo clima a dare impulso a processi di trasformazione opposti (il distacco da mode o da impulsi acritici da una parte, il lasciarsi trascinare in esperienze relazionali trasgressive dall’altra) che porteranno alla scelta (per intima convinzione? per necessità? per viltà? per opportunità?) di un rapporto in cui l’assenza si depriva della felicità, come un LP che si rivela all'ascolto con l’antifruscio ma perde l’anima.
Il film, che parte in sordina come se il regista volesse aspettare per imporre il suo imprinting personale e rimandare il pathos di una storia in crescendo, è cucita su misura sui due attori protagonisti, che ci hanno abituato a ruoli contrassegnati da fragilità, difficoltà di vivere, ansia di sottofondo. Bravo Rossi Stuart, nel mostrare i suoi slanci e debolezze nell’intrico culturale in movimento di quegli anni (interessante è la figura del suo grillo parlante, un critico d’arte tutt’altro che fine intellettuale e con intonazioni popolareggianti). Bravissima Michaela Ramazzotti, la cui bellezza angolosa, sensualità penetrante e capacità interpretativa non cessano di stupire e ne fanno degna erede, anche per mancanza di concorrenti, della grande Monica Vitti. Molto ben centrate le figure sempre stimolanti e mai banali dei due figli, coprotagonisti fin dall’inizio dell’azione e della dinamica familiare.
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gabriele marolda
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lunedì 7 ottobre 2013
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saffo in famiglia
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Guido è un pittore-scultore che aderisce alla moda dell'arte concettuale e d’avanguardia in voga negli anni '70, più per sperimentare un modo apparentemente facile per avere successo che per intima convinzione.
Serena è la moglie giovane e bella, tenuta lontana dal mondo lavorativo del suo uomo. Presto scopre il vero motivo della sua esclusione: l’attrazione fisica, non solo artistica, di Guido per le sue modelle.
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Guido è un pittore-scultore che aderisce alla moda dell'arte concettuale e d’avanguardia in voga negli anni '70, più per sperimentare un modo apparentemente facile per avere successo che per intima convinzione.
Serena è la moglie giovane e bella, tenuta lontana dal mondo lavorativo del suo uomo. Presto scopre il vero motivo della sua esclusione: l’attrazione fisica, non solo artistica, di Guido per le sue modelle. Insoddisfatta del proprio ruolo subalterno inizia finalmente un proprio percorso culturale avvicinandosi alle idee del femminismo e trovando nell’amicizia per una donna, alla quale confida la propria inquietudine, ristoro ai propri struggimenti.
Presto e inconsapevolmente l’amicizia si trasforma in un delicato ma irrefrenabile trasporto amoroso svelatosi in un breve periodo di vacanza in Francia, proposto dall’amica, insieme ai due figlioletti.
L’autore si immedesima nel maggiore dei due ragazzini, all’epoca dei fatti narrati aveva solo nove anni, e descrive con profonda partecipazione psicologica la strana vita condotta in quegli anni dalla sua famiglia.
L'amore omosessuale ha ispirato non pochi registi sin dai primi anni del cinema, con limitazioni negli anni di regimi prettamente maschilisti. In quest'ultimo lavoro di Luchetti la vicenda esposta con coinvolgente forza narrativa non è il pretesto per costruirvi attorno una storia pruriginosa, al contrario, è una parentesi qualificante della vita di una giovane donna che trova in un'imprevedibile esperienza saffica la chiave dell'appropriazione della propria individualità e la forza di sottrarsi ad uno stato di totale sottomissione.
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alberto bognanni
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sabato 5 ottobre 2013
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anni felici. film felicissimo
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Davvero una bella storia. Pennellata con i caldi colori di una pellicola ormai in via d'estinzione. La semplicità della trama fa da contraltare alla complessità dei sentimenti che ne fanno parte. Non è mai stato facile descrivere le difficoltà dell'amarsi senza farsi del male e senza poter mai rinunciare alla propria libertà. Questo film ci è riuscito! Attori eccellenti. Regia delicata e al servizio della storia. Un film divertente, malinconico, commovente, ma mai retorico.Una bellissima sorpresa e per quanto mi riguarda il più bel film di Luchetti.
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mammut
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venerdì 4 ottobre 2013
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bel film
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E' proprio diverso dai film che siam abituati a vedere. si svolge tutto nell'anno 1974, prima-durante e dopo l'estate. Non era facile trovare vestiti, macchine d'epoca, telecamere e quant'altro. Non ho trovato difetti nel montaggio, anche gli interpreti, Rossi Stuart e la Ramazzotti veramente degni di un bel film italiano. Godibilissimo. Bravissimo Daniele Luchetti
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