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lilia
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domenica 26 febbraio 2017
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delusa dal regista.
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ho fatto la parte del film ero la sig maria ,mi promisero che sarei stata avvisata quando sarebbe uscito ma non è stato così ,comunque son venuta ugualmente e purtroppo ho capito avevano tagliato tutto.mi sono incontrata con il regista Lo cascio e mi ha promesso che mi avrebbe inviato il film .sono passati alcuni anni ma non mi è arrivato niente ,Forse si è dimenticato o pure .............non importa .Pazienza .saluti LILIA MUGNAINI .
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christo77
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sabato 14 novembre 2015
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tra il conato di vomito ed il colpo di sonno
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Beh, che ci si sbilanci a paragonare il film di Lo Cascio al capolavoro di Kafka mi sembra più che eccessivo, totalmente insensato. Posso anche capire il film impegnato, introspettivo, il cinema d'autore insomma, ma mi lascia esterefatto questo film basato sul nulla, senza capo ne coda. Si susseguono personaggi stereotipati come l'avvocato siciliano, o la bella ragazza ricca e ribelle.il capo fedifrago; personaggi che appaiono nel film dandoti l'impressione di una svolta, un qualcosa e sistematicamente scompaiono in un fiat. Neanche paragonabile ad un certo verismo in quanto surreale in molti tratti pur non volendolo essere: il collega che chiede la restituzione della fotocamera, l'avvocato palermitano che prima dell'arringa difensiva di quell'imputato si intrattiene negli archivi, poi in aula, poi nei corridoi del tribunale con Grassadonia .
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Beh, che ci si sbilanci a paragonare il film di Lo Cascio al capolavoro di Kafka mi sembra più che eccessivo, totalmente insensato. Posso anche capire il film impegnato, introspettivo, il cinema d'autore insomma, ma mi lascia esterefatto questo film basato sul nulla, senza capo ne coda. Si susseguono personaggi stereotipati come l'avvocato siciliano, o la bella ragazza ricca e ribelle.il capo fedifrago; personaggi che appaiono nel film dandoti l'impressione di una svolta, un qualcosa e sistematicamente scompaiono in un fiat. Neanche paragonabile ad un certo verismo in quanto surreale in molti tratti pur non volendolo essere: il collega che chiede la restituzione della fotocamera, l'avvocato palermitano che prima dell'arringa difensiva di quell'imputato si intrattiene negli archivi, poi in aula, poi nei corridoi del tribunale con Grassadonia . Insomma il nulla che sfocia nel vuoto assoluto. Ho passato più di 1 ora e mezza a chiedermi quando sarebbe finito questo strazio e a provare a svegliare mia moglie per renderla partecipe più alle mie sofferenze che a quelle di Grassadonia. Vorrei precisare infine che, in linea di principio non ci azzecca nulla l'incidente accorso al tizio e il valore dei suoi principi etici e morali, i quali non vengono in ogni caso intaccati da nessuno, ne tanto meno il suo passare da normale cittadino a imputato ne pregiudica lo stato sociale, in quanto gia insopportabile ed inviso a tutti di suo. Quindi se qualcuno riuscisse a spiegarmi il vero e "profondo" senso di tutto cio, ne sarei più che felice.
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homer52
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domenica 4 gennaio 2015
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la città ideale non è siena ma palermo
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Più che un film pare una rappresentazione teatrale con un grande Lo Cascio attorniato da altrettanti bravi attori. I dialoghi sono intensi, talora poetici e la trama ricalca gli angosciosi e surreali racconti kafkiani. In realtà la storia è alquanto realistica se si pensa a quanti fatti di cronaca nera si siano dipanati con analoghe caratteristiche nelle claustrofobiche aule dei nostri tribunali. Le paure e le suggestioni del personaggio si mescolano quindi alle ansie e alle miserie della nostra vita reale creando un groviglio di sensazioni angosciose che solo la figura dell'avvocato palermitano, saggio e grande conoscitore della nostra giustizia, riesce ad attenuare e a trasformare in un beffardo sorriso come quello di Lo Cascio nell'ultima scena del film.
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Più che un film pare una rappresentazione teatrale con un grande Lo Cascio attorniato da altrettanti bravi attori. I dialoghi sono intensi, talora poetici e la trama ricalca gli angosciosi e surreali racconti kafkiani. In realtà la storia è alquanto realistica se si pensa a quanti fatti di cronaca nera si siano dipanati con analoghe caratteristiche nelle claustrofobiche aule dei nostri tribunali. Le paure e le suggestioni del personaggio si mescolano quindi alle ansie e alle miserie della nostra vita reale creando un groviglio di sensazioni angosciose che solo la figura dell'avvocato palermitano, saggio e grande conoscitore della nostra giustizia, riesce ad attenuare e a trasformare in un beffardo sorriso come quello di Lo Cascio nell'ultima scena del film.
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enzo70
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lunedì 24 novembre 2014
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la surreale intransigenza della giustizia
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L’integralismo ambientalista e l’onestà intellettuale di un cittadino comune si scontra con l’integralismo della giustizia italiana, alla ricerca di un colpevole, anche se questo è il cittadino di cui sopra. Un film sotto le righe, non in senso diminutivo di questo intelligente lavoro di Lo Cascio, ma per una sua esplicita scelta narrativa. Un giovane architetto siciliano che vive a Siena viene accusato di un incidente che non ha commesso. Ma le prove delle sua colpevolezza stanno, purtroppo, nella sua innocenza, la solita realtà giudiziaria che prevale su quella di fatto, la ricerca del colpevole che sovrasta la difesa dell’innocente. L’architetto cerca nella giustizia lo strumento per chiarire la sua estraneità rispetto ai fatti, ma i vari avvocati che si succedono evidenziano che sono gli stessi fatti che lasciano presumere la colpevolezza.
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L’integralismo ambientalista e l’onestà intellettuale di un cittadino comune si scontra con l’integralismo della giustizia italiana, alla ricerca di un colpevole, anche se questo è il cittadino di cui sopra. Un film sotto le righe, non in senso diminutivo di questo intelligente lavoro di Lo Cascio, ma per una sua esplicita scelta narrativa. Un giovane architetto siciliano che vive a Siena viene accusato di un incidente che non ha commesso. Ma le prove delle sua colpevolezza stanno, purtroppo, nella sua innocenza, la solita realtà giudiziaria che prevale su quella di fatto, la ricerca del colpevole che sovrasta la difesa dell’innocente. L’architetto cerca nella giustizia lo strumento per chiarire la sua estraneità rispetto ai fatti, ma i vari avvocati che si succedono evidenziano che sono gli stessi fatti che lasciano presumere la colpevolezza. E così Lo Cascio in una riedizione dello storico processo di Kafka cerca conforto nella madre e nella cultura del compromesso da cui è sempre rifuggito. Perfetto Lo Cascio nel ruolo che si è ritagliato perfettamente addosso.
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gianleo67
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lunedì 5 maggio 2014
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gli incubi polanskiani dell'esordiente lo cascio
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Giovane architetto di origini palermitane trasferitosi a Siena per lavoro, conduce una vita semplice e scandita da piccole manie ecologiste: dalla raccolta dell'acqua piovana per la doccia ad un'ossessiva attenzione per il risparmio energetico. Coinvolto suo malgrado in un banale incidente d'auto, si ritrova ingiustamente accusato di omicidio colposo, iniziando un piccolo calvario fatto di ristrettezze economiche, discredito pubblico e requisitorie giudiziarie.
Scritto, diretto e interpretato dall'autore, questo inconsueto e bizzarro giallo metropolitano rappresenta l'esordio del bravo Luigi Lo Cascio sulle tracce di un'ispirazione polanskiana che traduce una suggestiva matrice letteraria (dalle immaginifiche e provocatorie contraddizioni delle 'città invisibili' di Calvino ai paradossi sociologici dei personaggi di Franz Kafka) nelle forme consuete (almeno per il cinema nostrano) del grottesco e dell'apologo morale, seguendo il suo personaggio lungo un percorso accidentato dove si fa stridente e insostenibile la contraddizione tra le aspirazioni della ragione (la città ideale appunto) e le imprevedibili trappole del caso e di una realtà sfuggente e ingannevole.
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Giovane architetto di origini palermitane trasferitosi a Siena per lavoro, conduce una vita semplice e scandita da piccole manie ecologiste: dalla raccolta dell'acqua piovana per la doccia ad un'ossessiva attenzione per il risparmio energetico. Coinvolto suo malgrado in un banale incidente d'auto, si ritrova ingiustamente accusato di omicidio colposo, iniziando un piccolo calvario fatto di ristrettezze economiche, discredito pubblico e requisitorie giudiziarie.
Scritto, diretto e interpretato dall'autore, questo inconsueto e bizzarro giallo metropolitano rappresenta l'esordio del bravo Luigi Lo Cascio sulle tracce di un'ispirazione polanskiana che traduce una suggestiva matrice letteraria (dalle immaginifiche e provocatorie contraddizioni delle 'città invisibili' di Calvino ai paradossi sociologici dei personaggi di Franz Kafka) nelle forme consuete (almeno per il cinema nostrano) del grottesco e dell'apologo morale, seguendo il suo personaggio lungo un percorso accidentato dove si fa stridente e insostenibile la contraddizione tra le aspirazioni della ragione (la città ideale appunto) e le imprevedibili trappole del caso e di una realtà sfuggente e ingannevole. Se è vero che il meccanismo narrativo appare talora pretestuoso e lacunoso, costellato di situazioni e personaggi che svicolano nel surreale o nel posticcio, è altrettanto vero che l'accumulo progressivo di vicissitudini grottesche alimenta ad arte un clima di sospetto e ambiguità che precipitano lo sgomento protagonista in un 'cul de sac' (per citare sempre l'autore polacco, così fisiognomicamente simile tra l'altro al nostro Lo Cascio) dove colpa e debolezza, casualità e volontà, razionalità e inconscio fanno emergere i fantasmi di una tara familiare ("Io mi domando e dico: ma picchì lassasti Palermo? Ma chi c'ha sta Siena più di Palermo?") da cui non si può sfuggire, nemmeno seguendo gli ostinati percorsi di una 'città a misura d'uomo' vagheggiata dall'idealismo di un ingenuo sogno ecologista. Punteggiato qua e là dalle esasperazioni di una sociologia del grottesco (dalla proditoria aggressività del pubblico ministero di origini meridionali all'eccentrica svagatezza dell'avvocato settentrionale, dalla sinuosa avvenenza della studentessa straniera all'arrancante goffaggine dell'ufficiale giudiziale) perfettamente funzionale allo sviluppo di un climax sospeso tra i reperti del reale e le astrazioni della metafora, ciò che conferisce credibilità al registro narrativo sono piuttosto gli spunti di un lucido onirismo che emergono inaspettati e improvvisi dai recessi di una coscienza scossa dalle infingarde contraddizioni del reale. Film a tesi ("La natura ventosa dei fatti rende impossibile che la vita ritorni così come è stata"), l'esordio nella regia dell'attore palermitano pare convincere a metà, incastrato com'è tra le ambizioni del soggetto ed i limiti della scrittura, ma mostrando anche una riuscita concezione della messa in scena e di un divertente registro tragicomico. Attori bravissimi tra cui spiccano l'istrionismo di abili teatranti come Aida e Luigi Maria Burruano e la salda presenza scenica di un ottimo caratterista come Massimo Foschi.
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eugenio
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martedì 5 novembre 2013
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kafka a siena
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Anche le città apparentemente placide e tranquille nascondono inquietanti segreti e torbide ingiustizie, questa non è una novità. Lo è che un attore teatrale decida coraggiosamente di mostrarne gli assurdi meccanismi giudiziari in una vicenda dal sapore kafkiano.E’ il caso di “La città ideale” film d’esordio del palermitano Lo Cascio qui nei panni dell’architetto Michele Grassadonia emigrato a Siena allo scopo di ricercare quella tranquillità psicologica che da degno sostenitore delle cause ecologiste trova difficile applicazione nelle metropoli urbane. Siena- in questo senso- diviene il luogo a cui l’architetto desidera appartenere: amenità e soprattutto umanità (malgrado qualche titubanza dei colleghi che reputano Michele un’ecologista sui generis in quanto particolare sostenitore delle energie alternative) contraddistinguono il sito finchè eventi inaspettati muteranno quel mondo ovattato in un labirinto dalla difficile uscita.
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Anche le città apparentemente placide e tranquille nascondono inquietanti segreti e torbide ingiustizie, questa non è una novità. Lo è che un attore teatrale decida coraggiosamente di mostrarne gli assurdi meccanismi giudiziari in una vicenda dal sapore kafkiano.E’ il caso di “La città ideale” film d’esordio del palermitano Lo Cascio qui nei panni dell’architetto Michele Grassadonia emigrato a Siena allo scopo di ricercare quella tranquillità psicologica che da degno sostenitore delle cause ecologiste trova difficile applicazione nelle metropoli urbane. Siena- in questo senso- diviene il luogo a cui l’architetto desidera appartenere: amenità e soprattutto umanità (malgrado qualche titubanza dei colleghi che reputano Michele un’ecologista sui generis in quanto particolare sostenitore delle energie alternative) contraddistinguono il sito finchè eventi inaspettati muteranno quel mondo ovattato in un labirinto dalla difficile uscita.
Lo scontro con la dura realtà avviene con un tragico episodio. In una sera di pioggia, complice la scarsa visibilità Michele Grassadonia va a scontrarsi contro “un corpo non meglio precisato” cozzando poi verso una macchina in sosta. Michele si rende presto conto di non avere investito nessuno, si rimette alla guida della macchina ecologica ma pochi metri più avanti intravede un corpo riverso a terra. Curioso e poco attento si avvicina e scopre che l’uomo è ancora vivo. Sarà l’inizio di una disperata corsa alla salvezza non solo meramente giudiziaria ma morale. Il dubbio di aver travolto quell’uomo rivelatosi poi un dottore molto influente in città, dilania Michele che da accusatore di vizi “poco sani” dei suoi colleghi finirà da questi accusato. Chi ha letto Kafka non è foriero alle tematiche della giustizia. Come nel “Processo” si respirano nel film i toni epici di una lotta insensata contro la burocrazia retta da avvocati meschini o da tutori dell’ordine fin troppo veloci nell’insabbiare il caso trovando un capro espiatorio possibilmente debole e difficilmente difendibile tuttavia, nonostante le premesse interessanti ne “La città ideale”, la dicotomia di Michele che alterna spezzati di disturbi psichici a atti remissivi non è resa dall’attore con sufficiente empatia. Lo spettatore resta distante dalle azioni dell’architetto che non sembrano seguire una logica deduttiva, è disturbato dal filone dell’attrazione verso la giovane studentessa che condivide con Michele l’angusto appartamento.Lo Cascio con i suoi occhi spenti lascia trasparire ma non approfondisce lo smarrimento e la desolazione di un uomo illuso dalla città da lui stesso adorata dove il destino dell’uomo sembra essere affidato alle mani di fattorini incapaci di “riporre” al sicuro i nostri “faldoni” giudiziari.
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enterthemax
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sabato 7 settembre 2013
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la crescita ideale
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Forse la chiave di volta per compendere questo film è in un aforisma del gigante Carl Jung, che recita pressappoco così: tutto ciò che negli altri ci irrita può portarci alla comprensione di noi stessi.
Ma in realtà questo film di spunti ne ha tanti: dalla vacuità del nostro concetto di "fatto" (addirittura identificato - sofisticamente - con la parola, il Verbo) all'uranica, metafisica perfezione della città di Siena che, come in un dipinto di De Chirico, priva i propri cittadini della loro umanità (chiaramente Siena intesa come "città ideale", un po' come Palermo che è intesa come città ctonia, materna, ancestrale), passando per il simbolo onirico dell'Incubus, istruttivo ed allo stesso tempo illuminante e che, se accettato, costituisce una svolta per la crescita del personaggio.
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Forse la chiave di volta per compendere questo film è in un aforisma del gigante Carl Jung, che recita pressappoco così: tutto ciò che negli altri ci irrita può portarci alla comprensione di noi stessi.
Ma in realtà questo film di spunti ne ha tanti: dalla vacuità del nostro concetto di "fatto" (addirittura identificato - sofisticamente - con la parola, il Verbo) all'uranica, metafisica perfezione della città di Siena che, come in un dipinto di De Chirico, priva i propri cittadini della loro umanità (chiaramente Siena intesa come "città ideale", un po' come Palermo che è intesa come città ctonia, materna, ancestrale), passando per il simbolo onirico dell'Incubus, istruttivo ed allo stesso tempo illuminante e che, se accettato, costituisce una svolta per la crescita del personaggio.
Perchè di CRESCITA si sta parlando, di individuazione: non è - come ricorda il savio, barbuto avvocato - un essere umano colui che non accetta la propria natura sotterranea, inconscia, anche crudele (come "crudeli" sono i ragni, i coccodrilli che dipinge la bella inquilina, anch'essa simbolo di sensualità).
La realtà è sporca, come il fango che traborda dalle tasche, dall'anima di Michele durante la sua unica, vera confessione.
Una crescita in quanto la perfezione non esiste, non fa parte della natura, non può essere logicamente dimostrata, ma solo dialetticamente dedotta: esattamente come la Verità. Nel momento in cui il serafico, inumano architetto accetta questa natura ambivalente del proprio Sè, precipitando dalla spirale di ingiustizia trascendentale che lo sta per dissolvere (anzi, negando la perfezione che sta alla base dell'idea di giustizia), finalmente ritorna umano tra gli umani, parte di quella gigantesca catena che compone la nostra specie. Ed è, finalmente, salvo.
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filippo catani
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martedì 13 agosto 2013
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e' possibile essere diversi?
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Siena. Un architetto vive la sua vita all'insegna del più convinto e rigido ecologismo: niente macchina, poca luce, doccia con l'acqua piovana e raccolta dei rifiuti per strada o dei mozziconi di sigaretta. Una sera, alla guida di una macchina rigorosamente elettrica, si imbatte in qualcosa di strano per strada e urta una macchina; in un primo momento, dopo aver lasciato i suoi dati, riparte poi torna indietro per vedere cosa ci fosse in mezzo alla strada ma trova un uomo accasciato sul ciglio della strada. L'uomo gli presterà i primi soccorsi ma la sua storia non convincerà la polizia stradale che lo indagherà.
E' possibile essere diversi dalla massa nel nostro paese?.
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Siena. Un architetto vive la sua vita all'insegna del più convinto e rigido ecologismo: niente macchina, poca luce, doccia con l'acqua piovana e raccolta dei rifiuti per strada o dei mozziconi di sigaretta. Una sera, alla guida di una macchina rigorosamente elettrica, si imbatte in qualcosa di strano per strada e urta una macchina; in un primo momento, dopo aver lasciato i suoi dati, riparte poi torna indietro per vedere cosa ci fosse in mezzo alla strada ma trova un uomo accasciato sul ciglio della strada. L'uomo gli presterà i primi soccorsi ma la sua storia non convincerà la polizia stradale che lo indagherà.
E' possibile essere diversi dalla massa nel nostro paese?. La risposta dell'esordiente regista Lo Cascio è forse ma assolutramente no se si ha a che fare con la giustizia. Nella vita di tutti i giorni lo si può fare ma il contrappasso da pagare è quello della derisione di conoscenti e colleghi di lavoro che ti portano così a un progressivo isolamento interrotto sporadicamente dalla partecipazione a manifestazioni ambientaliste. Con la giustizia invece non è possibile: un cellulare pieno di scotch e l'uso di determinate parole possono metterti su un brutto binario (per esempio usare la parola incidente quando non si è sicuri che ci sia stato). Insomma basta trovare un poliziotto zelante e un pubblico ministero ancora di più e la tenaglia si stringe attorno al tuo collo per una giustizia che sa essere implacabile in questi piccoli casi. Ed è proprio in questa denuncia che si fa forte il richiamo ai grandi film d'impegno civile che hanno fatto la storia del cinema italiano e in special modo a quel Detenuto in attesa di giudizio che come il nostro protagonista veniva fagocitato in un incubo senza fine. Michele Grassadonia originario di Palermo con problemi in famiglia pensava di aver trovato in Siena la sua città ideale. Purtroppo si dovrà ricredere. Ecco l'unico neo si può riscontrare nella vicenda che lega il protagonista a una studentessa universitaria infelice: insomma rallenta il racconto e non offre niente di più di quanto non dia già il film in se stesso. Ottima la prova di Lo Cascio nella doppia veste di attore e regista esordiente ed ha anche avuto l'accortezza di scegliere un valido cast e un ottimo soggetto per un filone di cinema che sta tornando con fatica negli ultimi anni.
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nicell
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giovedì 8 agosto 2013
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ossessione contemporanea
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Un uomo ossessionato dall'ambientalismo, perde pian piano di vista la realtà e si ritrova in un incubo kafkiano: quello dell'Italia contemporanea. Film difficile, coraggioso, stilisticamente ricercato, con qualche sbavatura narrativa e qualche eccesso di simbolismo psicanalitico. Un bel film.
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pensierocivile
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sabato 3 agosto 2013
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kafka e sorrentino
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Michele vive a Siena, la città ideale per un candido, inadatto all'aggressività sociale quotidiana, fuggito da Palermo per incompatibilità, col pallino dell'ecologismo esasperato e sperimentale. Lo Cascio disegna alla perfezione un personaggio tanto distante dalla realtà, da divenire persino perfido nella sua persecuzione su colleghi e amici che tendono a non rispettare le regole del vivere civile. Quando però la situazione si ribalta, Michele rivela tutta la propria inadeguatezza alla "lotta" per la sopravvivenza; Lo Cascio invece trae forze nuove dai confronti tra il suo personaggio e un mondo sconosciuto, quello della giustizia, del sospetto, del gioco delle parti, conduce il protagonista ad una esasperazione controllata e sembra poter concludere al meglio l'impresa di una grande opera prima.
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Michele vive a Siena, la città ideale per un candido, inadatto all'aggressività sociale quotidiana, fuggito da Palermo per incompatibilità, col pallino dell'ecologismo esasperato e sperimentale. Lo Cascio disegna alla perfezione un personaggio tanto distante dalla realtà, da divenire persino perfido nella sua persecuzione su colleghi e amici che tendono a non rispettare le regole del vivere civile. Quando però la situazione si ribalta, Michele rivela tutta la propria inadeguatezza alla "lotta" per la sopravvivenza; Lo Cascio invece trae forze nuove dai confronti tra il suo personaggio e un mondo sconosciuto, quello della giustizia, del sospetto, del gioco delle parti, conduce il protagonista ad una esasperazione controllata e sembra poter concludere al meglio l'impresa di una grande opera prima. Invece, dopo una prima parte molto intensa e grigia, smette di raccontare e comincia a riflettere e ricamare sui vari personaggi. Scelta non proprio azzeccata perché non tutti sostengono al meglio "il palcoscenico" : Foschi è piuttosto in difficoltà, Santagata si salva di tanto in tanto, l'accento di Herlitzka è inascoltabile, almeno Burruano illumina il finale. Lo Cascio attore è perfettamente a suo agio col Lo Cascio regista, semplice ed essenziale: meno convinvente è il Lo Cascio sceneggiatore, forse un po' da sfrondare dalla volontà di evocare e sentenziare, da certi "sorrentinismi" tipo le arringhe da creare lavando i piatti o i passaggi di faldoni del finale, comunque il livello è già alto.
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