el gato
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martedì 22 maggio 2012
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solo i francesi, così
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Credo che solo il cinema francese riesca a saper unire così dramma, ma anzi al limite della tragedia, passione civile(o sociale, se si vuole), denuncia anche politico-economica al"sistema del credito", con intelligente leggerezza. So di essere un esterofilo perso(anzi più "gallofilo")ma il cinema italiano, affrontando un tema come questo, sarebbe stato"greve", ossia o inutilmente"larmoyant"(lo è anche, ma con leggerezza e intelligenza, cioè tutt'altro che inutilmente, appunto"Toutes nos envies")oppure pletorico-bombastico. Produzioni RAI-Mediaset quasi sempre penose, in Italy, film"impegnati"che si "dannano" da soli(al di là di"Si può fare"e"Il divo"non credo ci sia nulla di memorabile, nell'accezione letterale del lemma), poco d'altro, mentre in Francia, quasi ogni anno, qualcosa di importante c'è, oltre la tradizione del polar e del noir, intendo.
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Credo che solo il cinema francese riesca a saper unire così dramma, ma anzi al limite della tragedia, passione civile(o sociale, se si vuole), denuncia anche politico-economica al"sistema del credito", con intelligente leggerezza. So di essere un esterofilo perso(anzi più "gallofilo")ma il cinema italiano, affrontando un tema come questo, sarebbe stato"greve", ossia o inutilmente"larmoyant"(lo è anche, ma con leggerezza e intelligenza, cioè tutt'altro che inutilmente, appunto"Toutes nos envies")oppure pletorico-bombastico. Produzioni RAI-Mediaset quasi sempre penose, in Italy, film"impegnati"che si "dannano" da soli(al di là di"Si può fare"e"Il divo"non credo ci sia nulla di memorabile, nell'accezione letterale del lemma), poco d'altro, mentre in Francia, quasi ogni anno, qualcosa di importante c'è, oltre la tradizione del polar e del noir, intendo. El gato(Eugen Galasso)
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alex2044
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lunedì 21 maggio 2012
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quando il cinema aiuta
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Dopo Welcome Philippe Lioret fa ancora centro. Tenero e sincero il film non scade mai nel melodramma. Vincent Lindon si dimostra un grande attore ,in questo momento ,forse, il migliore in Francia anche se nei premi gli vengono spesso preferiti attori più di cassetta ma lui sembra non farci molto caso. Marie Gillain è molto brava e molto credibile ed anche i comprimari sono all'altezza della situazione. Continua il momento magico del cinema francese che pur con qualche basso raggiunge quasi sempre livelli importanti di interesse e piacevolezza.
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donni romani
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martedì 15 maggio 2012
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emozioni sincere che toccano privato e sociale
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Dopo "Welcome" si ricostituisce la coppia Lioret - Lindon e anche questa volta il risultato è una pellicola profonda, sincera, amara e intensa che coniuga l'intimità più cruda con l'analisi sociale più veritiera. Claire, una giovane donna, giudice di professione, si trova in aula la madre di una compagna di scuola della figlia, in difficoltà con il pagamento di un prestito, aumentato a dismisura grazie alle clausole capestro imposte dagli istituti di credito. Aiutata dal collega Stéphane cercherà il modo di far arrivare la causa alla Corte Europea per dimostrare come la società moderna e i suoi perversi meccanismi legati al consumismo e alle difficoltà economiche create dalla crisi in atto possa distruggere persone oneste e privarle anche della dignità.
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Dopo "Welcome" si ricostituisce la coppia Lioret - Lindon e anche questa volta il risultato è una pellicola profonda, sincera, amara e intensa che coniuga l'intimità più cruda con l'analisi sociale più veritiera. Claire, una giovane donna, giudice di professione, si trova in aula la madre di una compagna di scuola della figlia, in difficoltà con il pagamento di un prestito, aumentato a dismisura grazie alle clausole capestro imposte dagli istituti di credito. Aiutata dal collega Stéphane cercherà il modo di far arrivare la causa alla Corte Europea per dimostrare come la società moderna e i suoi perversi meccanismi legati al consumismo e alle difficoltà economiche create dalla crisi in atto possa distruggere persone oneste e privarle anche della dignità. Parallelamente alla sua lotta per far valere i diritti della parte più indifesa della società Claire deve affrontare una battaglia ben più crudele dal momento in cui le scoprono un tumore cerebrale in fase terminale. Nascondendo al marito le sue condizioni per non farlo soffrire prima del tempo Claire sceglie di portare sulle sue fragili spalle un peso disumano e il rapporto professionale con Stephane, un Vincent Lindon dimesso e intenso, trattenuto nell'esprimere i propri sentimenti verso una donna che non può accogliere altro che amicizia e conforto nel momento in cui sta distaccandosi con dolore dalla vita e proprio per questo tutto dedito ad esaudire l'ultimo desiderio di Claire, far accogliere la loro causa al Consiglio europeo, come se fosse un atto d'amore. Lioret sa mantenere un perfetto equilibrio fra emozione e riflessione, non scendendo mai nel sentimentalismo o nel pietismo, riuscendo a dare ai propri personaggi uno spessore umano e sociale che ce li fa sentire vicini, nei loro desideri come nelle loro paure, nei loro sentimenti confusi come nella frustrazione di fronte alle ingiustizie della vita. Molte le scene emozionanti e toccanti nella loro asciuttezza, alcune specchio della superficialità che spinge anche chi è già in grosse difficoltà economiche come la madre di Claire a comprare una Tv maxi schermo facendo ulteriori debiti solo perchè, risposta testuale e inquietante nella sua insensatezza " ce l'hanno tutti" e altre che lasciano senza fiato come quella che si svolge nel giardino della casa che Claire e il marito hanno comprato da poco. Lei è appena tornata dal'ospedale dove ha saputo che le restano solo pochi mesi di vita, lui ha appena piantato un ciliegio e le dice "vedrai che bello sarà fra due anni". Ecco, in questi due desideri così opposti e così antitetici, veder fiorire un ciliegio, e quindi implicitamente essere ancora vivi, ed avere un Tv ad alta definizione come tutti è racchiuso il senso del film, perchè è vero che noi siamo fatti della materia di cui sono fatti i sogni come ci ha insegnato Shakespeare, ma non tutti i sogni hanno lo stesso valore, e Lioret ce lo ricorda con una grazia ed una poesia lieve che colpisce nel profondo.
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francesco2
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martedì 15 maggio 2012
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ma convince davvero?
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Del regista francese Lioret si era già visto "Welcome!" Film magari sopravvalutato, ma efficace nel mettere in evidenza le contraddizioni della burocrazia francese (Francese?)
Qui, invece, se abbiamo ben capito, si mettono in (relativa) evidenza due aspetti della lotta e dell'ingiustizia. Quella sul piano sociale, dove ci si continua a battere contro la burocrazia stessa, la grettitudine morale e l'insensibilità; e quella sul piano personale, dove ci si pone ( Ma in maniera approfondita?) interrogativi sulla malattia, la condivisione -O meno- di certe scelte, il valore della vita. Del resto Lindon, già nell'interpretare "Welcome", affrontava una battaglia che "abbracciava" la sfera personale, dato il legame che si costruiva col ragazzo.
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Del regista francese Lioret si era già visto "Welcome!" Film magari sopravvalutato, ma efficace nel mettere in evidenza le contraddizioni della burocrazia francese (Francese?)
Qui, invece, se abbiamo ben capito, si mettono in (relativa) evidenza due aspetti della lotta e dell'ingiustizia. Quella sul piano sociale, dove ci si continua a battere contro la burocrazia stessa, la grettitudine morale e l'insensibilità; e quella sul piano personale, dove ci si pone ( Ma in maniera approfondita?) interrogativi sulla malattia, la condivisione -O meno- di certe scelte, il valore della vita. Del resto Lindon, già nell'interpretare "Welcome", affrontava una battaglia che "abbracciava" la sfera personale, dato il legame che si costruiva col ragazzo.
aAche il titolo -Italiano?- è, pare, tutt'altro che casuale: "Tutti i nostri desideri" è strettamente connesso a quanto si dice da oltre venticinque anni. Il mercato per assicurare (Ed assicurarsi!) prosperità ha bisogno di acquirenti, e questo, agli occhi di un uomo che gestisce gli istituti di credito, arriva a giustificare cmportamenti sleali ove un cittadino chieda denaro. A questi desideri si contrappongono quello, sì, della salute (Se non si rimpiange in questi momenti...), ma anche di una giustizia ed etica più alte ma che al contempo possano, nella quotidianità, essere applicate tenendo conto -Parzialmente- delle esigenze concrete delle persone. O persino la voglia di non mollare, da parte di chi è stato giocatore di rugby ma oggi continua a d insegnarlo, approfittandone anche per parlare di valori quali tenacia e gioco di squadra.
Sia potenzialmente vero che su tutto questo bisognerebbe riflettere meglio, il film, nel suo abbinare il dramma sociale e quello personale, ha qualcosa, o più di qualcosa, che non convince. Il finale forse può essere letto a piacere, come un esercizio di didascalicismo, o come quel misto di rassegnazione e speranza che (contrad)distinguono la recitazione del bravo Lindon.
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luana
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martedì 15 maggio 2012
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drammone amaro sui nostri tempi
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Un concentrato, che non dà respiro, sulle disgrazie umane che non risparmiano nessuno.Se non è la malattia fisica è l'indigenza economica etc..etc..Una catena infinita di cui il regista stila una lista senza una qualche tregua.In questo inferno l'uomo si dibatte o lotta, con gli strumenti, se ci sono, che lui stesso si è costruito. E il diritto;la legge è uno di questi:fondamentale nel film in quanto legato all'idea di giustizia e dignità umana. Qualche volta si vince. Ma più spesso si perde. E quello che si perde è in definitiva il senso della vita che ci sfugge perchè manca quasi il tempo per pensarci.Il film parla sì di realtà dure e cerca di farlo in modo decoroso ma sinceramente, in questo dipanarsi lunghissimo e ripetitivo tutto è troppo finto; scontato e prevedibile e soprattutto sa troppo di manifesto di denuncia più che di racconto cinematografico.
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Un concentrato, che non dà respiro, sulle disgrazie umane che non risparmiano nessuno.Se non è la malattia fisica è l'indigenza economica etc..etc..Una catena infinita di cui il regista stila una lista senza una qualche tregua.In questo inferno l'uomo si dibatte o lotta, con gli strumenti, se ci sono, che lui stesso si è costruito. E il diritto;la legge è uno di questi:fondamentale nel film in quanto legato all'idea di giustizia e dignità umana. Qualche volta si vince. Ma più spesso si perde. E quello che si perde è in definitiva il senso della vita che ci sfugge perchè manca quasi il tempo per pensarci.Il film parla sì di realtà dure e cerca di farlo in modo decoroso ma sinceramente, in questo dipanarsi lunghissimo e ripetitivo tutto è troppo finto; scontato e prevedibile e soprattutto sa troppo di manifesto di denuncia più che di racconto cinematografico.Non ci sono momenti di una qualche bellezza o di riconsiderazione della vita alla luce di una morte imminente. Mi è sembrato un "Philadelphia" alla francese (dove in presenza della morte si parlava di diritto e soltanto di questo)con intermezzi di scene riciclate in modo sbiadito da "Love story" e da quel filone.Non basta l'ottimo e sempre adeguato attore Lindon.
TETRO.
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(di francesco2)
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[+] riconsiderazione della vita
(di angelo umana)
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(di luana)
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angelo umana
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martedì 15 maggio 2012
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vite che non sono la mia
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Può darsi che ci sia una sottile differenza tra il titolo italiano "Tutti i nostri desideri" e quello francese "Toutes nos envies": i desideri devono essere qualcosa di interiore che nessun denaro può comprare, le voglie, invece, spesso si soddisfano col denaro e, come dice la madre della protagonista Claire nel film (Marie Gillain), "Perché dovrei avere una tv minuscola? Ce l'hanno tutti così", ed ecco che un nuovo prestito rende possibile l'acquisto di un nuovo schermo, grande e al plasma, inutile come tante altre cose che non acquietano i bisogni interiori. Le banche e le finanziarie sono lì apposta, stilano contratti capestro con pubblicità accattivanti e lettere piccole che nessuno legge ("Vogliono i soldi!" dice l'avvocato della finanziaria), il denaro è facile, tutto sembra possibile e chi presta "guadagna sulle spalle di chi non ha soldi"; del resto così deve andare il mondo, dicono, il credito alimenta il consumo e il consumo sostiene il sistema (130 miliardi di euro di PIL in Francia generato dal credito al consumo).
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Può darsi che ci sia una sottile differenza tra il titolo italiano "Tutti i nostri desideri" e quello francese "Toutes nos envies": i desideri devono essere qualcosa di interiore che nessun denaro può comprare, le voglie, invece, spesso si soddisfano col denaro e, come dice la madre della protagonista Claire nel film (Marie Gillain), "Perché dovrei avere una tv minuscola? Ce l'hanno tutti così", ed ecco che un nuovo prestito rende possibile l'acquisto di un nuovo schermo, grande e al plasma, inutile come tante altre cose che non acquietano i bisogni interiori. Le banche e le finanziarie sono lì apposta, stilano contratti capestro con pubblicità accattivanti e lettere piccole che nessuno legge ("Vogliono i soldi!" dice l'avvocato della finanziaria), il denaro è facile, tutto sembra possibile e chi presta "guadagna sulle spalle di chi non ha soldi"; del resto così deve andare il mondo, dicono, il credito alimenta il consumo e il consumo sostiene il sistema (130 miliardi di euro di PIL in Francia generato dal credito al consumo).
La giudice Claire, che fin da bambina è stata animata dal bisogno degli altri mettendosi in "Vite che non sono la mia" (è il libro da cui il film è tratto), cerca di proteggere Céline, madre di due bambini coetanei dei suoi, quasi strozzata dalle rate di debiti contratti dal marito che l'ha abbandonata. I bisogni di cui ci circondiamo le devono apparire irrilevanti quando apprende di avere un tumore alla testa. "Avevo promesso un cane ai miei bambini e non avranno più una madre". "Questo è ingiusto per una donna che ama la Giustizia" viene detto nel film e le sembrerà irrilevante pure ciò che le promette il marito Christophe, ignaro della malattia, "Tra due anni questo albero ci darà almeno 5 chili di ciliege". Chissà perché, il film fa pensare ad una certa somiglianza tra le terapie palliative che la medicina propone - e che Claire rifiuta - e il credito concesso facilmente, che sembra allungare la vita o almeno farla più bella.
Quando sa di perdere tutto conosce Stéphane, Vincent Lindon, magistrato più anziano che si impegna a continuare la causa contro le banche iniziata da Claire. Per lei che non vede suo padre da quando aveva due anni ("Buongiorno, sono tua figlia. Cosa avrebbe cambiato?" dice di aver pensato quando lo rintraccia dopo averlo tanto cercato, senza presentarglisi), Stéphane è affidabile e rassicurante: è con lui che assapora gli ultimi giorni di vita, vede una partita di rugby, cosa mai fatta prima, e con lui fa una tanto desiderata nuotata nel lago dove andava da adolescente con la sorella.
Il regista Philippe Lioret, avvicinabile ai Dardenne e a Ken Loach per le realtà che racconta, ci presenta un'altra storia presa dai drammi tipici di oggi, che appaiono quasi normali perché abitualmente riportati dalla cronaca, col solito garbo, in modo quasi neutrale, ma lo fa mettendo più carne al fuoco a confronto di "Welcome", rispetto al quale è meno "scarno". E' un film comunque ottimo ma da occhi lucidi, con temi per i quali è facile prendere partito, solo un poco appesantito dagli argomenti numerosi e da qualche aspetto "eroico" come le immancabili vittorie della class action contro le banche e della squadra di rugby allenata da Stéphane. Indimenticabile il "passaggio di consegne" tra Claire e Céline, che con Christophe formerà una nuova famiglia, cosa realmente accaduta ad un'amica di Lioret.
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[+] emmanuel carrère ... il fatto quotidiano 8-6-2013
(di angelo umana)
[ - ] emmanuel carrère ... il fatto quotidiano 8-6-2013
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renato volpone
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lunedì 14 maggio 2012
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claire e l'umana sofferenza
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Claire, una donna giudice che lotta per difendere una ragazza dallo strozzinaggio delle banche, ma anche una donna che lotta contro la malattia, che decide di rinunciare alle cure invasive contro il cancro rifiutando pochi mesi di vita in più. Una donna che ama profondamente, una donna che vive fino alla fine. Intorno a lei due uomini: il compagno che la ama come ogni uomo dovrebbe fare con la propria donna, e sthephane, il magistrato, che l'aiuta nella sua causa, nella difesa degli ideali in cui crede. Il film è un crescendo di emozioni, un tormento interiore, quasi un non capire il perché Claire si tiene tutto dentro, ma intimamente lo si percepisce, lo si capisce e lo si condivide.
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Claire, una donna giudice che lotta per difendere una ragazza dallo strozzinaggio delle banche, ma anche una donna che lotta contro la malattia, che decide di rinunciare alle cure invasive contro il cancro rifiutando pochi mesi di vita in più. Una donna che ama profondamente, una donna che vive fino alla fine. Intorno a lei due uomini: il compagno che la ama come ogni uomo dovrebbe fare con la propria donna, e sthephane, il magistrato, che l'aiuta nella sua causa, nella difesa degli ideali in cui crede. Il film è un crescendo di emozioni, un tormento interiore, quasi un non capire il perché Claire si tiene tutto dentro, ma intimamente lo si percepisce, lo si capisce e lo si condivide. Gli argomenti trattati, tutti, sono delicati e il regista è molto bravo a sfiorarli affondandoci dentro, ottime le interpretazioni. Da non perdere, ma muniti di fazzoletti.
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[+] 5 volte donna
(di angelo umana)
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flyanto
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lunedì 14 maggio 2012
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la lotta sociale portata avanti da due giudici di
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Film tratto da un romanzo di Emmanuel Carrére in cui viene raccontata la battaglia sociale portata avanti da due giudici francesi attraverso la narrazione delle loro vite e e dei loro problemi individuali. Sotto certi aspetti il film rasenta il mélo e la soluzione finale personalmente mi sembra un pochino inverosimile, in ogni caso il film risulta gradevole soprattutto per la descrizione del sincero e stretto rapporto professionale nonchè di amicizia instaurato tra i due protagosnisti.
[+] infatti.....
(di francesco2)
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gianmaria.silv
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martedì 13 settembre 2011
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intenso. profondo. commovente.
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Dopo aver diretto con maestria ed equilibrio un film difficile sull'immigrazione come "Welcome", Lioret ci riprova con un tema forse ancor più difficile che mette insieme il tema della morte, degli affetti familiari e dell'amore. Fin dalla prima proiezione alla "Mostra del cinema di Venezia" è sembrato evidente che il livello di qualità raggiunto in "Welcome" è rispettato e probabilmente superato con questo intensissimo film che parla di una giovane madre magistrato che si trova a lottare in tribunale contro i soprusi delle agenzie di credito e nella vita personale contro un male incurabile. Le due lotte si fondano con armonia in una sola, dove la risoluzione dell'importante vertenza giudiziaria diventa anche una possibile via di fuga dai problemi personali.
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Dopo aver diretto con maestria ed equilibrio un film difficile sull'immigrazione come "Welcome", Lioret ci riprova con un tema forse ancor più difficile che mette insieme il tema della morte, degli affetti familiari e dell'amore. Fin dalla prima proiezione alla "Mostra del cinema di Venezia" è sembrato evidente che il livello di qualità raggiunto in "Welcome" è rispettato e probabilmente superato con questo intensissimo film che parla di una giovane madre magistrato che si trova a lottare in tribunale contro i soprusi delle agenzie di credito e nella vita personale contro un male incurabile. Le due lotte si fondano con armonia in una sola, dove la risoluzione dell'importante vertenza giudiziaria diventa anche una possibile via di fuga dai problemi personali. Questo lungometraggio ci mette di fronte a molti temi difficili come l'accanimento terapeutico, la mancanza e la ricerca degli affetti familiari e i diritti civili. Nonostante la complessità di questi temi, Lioret riesce a guidarci in un difficile percorso che ci aiuta a riflettere sulla morte e sul nostro lascito alla future generazioni. Un film importante anche per quello che non dice e che non finisce con i titoli di coda. L'applauso prolungato e la standing ovation di una sala gremita è il giusto tributo ad un'opera importante; le lacrime di commozione di Marie Gillain a fine proiezione sono state quelle di tutti gli spettatori che guardando questo film hanno aperto il proprio cuore oltre che i propri occhi.
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