sergio dal maso
|
lunedì 22 giugno 2015
|
tutti i nostri desideri
|
|
|
|
“Cedete a tutti i vostri desideri !” (slogan pubblicitario dei prestiti al consumo)
Cosa desideriamo realmente? Quali sono i nostri più intimi desideri? Nascono dall’anima o rispondono solamente a bisogni materiali?
Difficile uscire dalla sala dopo la visione dello splendido e toccante film di Philippe Lioret senza porsi domande di questo tipo, senza interrogarsi sulle scelte che quotidianamente ci troviamo di fronte.
Difficile non uscire commossi e turbati.
Tutti i nostri desideri punta dritto al cuore, ma lo fa con sincerità e discrezione, senza moralismi né retorica. Con un sobrio realismo e senza mai ricorrere a facili sentimentalismi riesce a far vibrare le corde dell’anima più nascoste, emozionare su temi delicatissimi come la malattia incurabile o socialmente complessi come l’aumento dell’impoverimento dei ceti popolari a causa della spirale dei prestiti al consumo.
[+]
“Cedete a tutti i vostri desideri !” (slogan pubblicitario dei prestiti al consumo)
Cosa desideriamo realmente? Quali sono i nostri più intimi desideri? Nascono dall’anima o rispondono solamente a bisogni materiali?
Difficile uscire dalla sala dopo la visione dello splendido e toccante film di Philippe Lioret senza porsi domande di questo tipo, senza interrogarsi sulle scelte che quotidianamente ci troviamo di fronte.
Difficile non uscire commossi e turbati.
Tutti i nostri desideri punta dritto al cuore, ma lo fa con sincerità e discrezione, senza moralismi né retorica. Con un sobrio realismo e senza mai ricorrere a facili sentimentalismi riesce a far vibrare le corde dell’anima più nascoste, emozionare su temi delicatissimi come la malattia incurabile o socialmente complessi come l’aumento dell’impoverimento dei ceti popolari a causa della spirale dei prestiti al consumo. Attorno ai drammi della malattia improvvisa e dei debiti familiari ruotano, infatti, le storie dei protagonisti del film. Storie di incontri apparentemente casuali che finiscono col cambiare la vita delle persone, i cui destini si incrociano e si sfiorano, uniti da un sentimento di vera amicizia e da forti idealità di giustizia. Dal senso di giustizia che anima Claire, bella e promettente giudice del Tribunale di Lione, nasce dapprima la volontà di aiutare a tutti i costi Celine, giovane madre di due bambini rovinata dagli interessi da usura sui prestiti contratti, poi il legame con il collega più anziano Stephane. Proprio il profondo e struggente rapporto di amicizia con l’esperto giudice diverrà un sostegno fondamentale per le due drammatiche battaglie che Claire si trova a combattere : quella contro lo strozzinaggio delle finanziarie e delle multinazionali del credito e quella, che purtroppo non si può vincere, contro la malattia incurabile, tragica e inaspettata. Malgrado la crudele scoperta del cancro che la condanna senza appello Claire decide di lottare fino in fondo contro entrambi i “mali”. Per le vicende giudiziarie si affida al collega Stephane, che riscopre gli ideali dimenticati e il coraggio di affrontare battaglie giuste anche se sembrano perse in partenza. Nell’affrontare la malattia, invece, Claire confida soprattutto in Celine: non lotta per se stessa ma per dare una speranza al futuro dei suoi bambini e alla sua famiglia. La cosa più bella del film è il complesso rapporto che nasce tra i due giudici Claire e Stephane. I loro sentimenti sono espressi con tatto e delicatezza, quasi con pudore.
L’umanità dei loro sguardi, la dolcezza delle mani che si accarezzano sul letto dell’ospedale, hanno davvero una intensità e una forza poetica che difficilmente si incontrano al cinema. Nel loro rapporto non c’è spazio per l’amore, probabilmente Claire riconosce in Stephane la figura paterna che non ha mai avuto. Tra loro c’è un’empatia fortissima, un sentimento tanto profondo e sincero che associarlo alla semplice amicizia appare riduttivo. Merito dei due straordinari interpreti: Marie Gillain (Claire), commovente e credibile in un ruolo molto difficile, e Vincent Lindon (Stephane), già ammirato nel precedente e altrettanto bello, Welcome, sempre di Philippe Lioret. Partendo dalle vicende individuali dei protagonisti, dalle loro storie intime e drammatiche, il regista francese riesce a dar vita a un cinema di denuncia coinvolgente e realistico, affronta temi sociali scottanti come l’immigrazione clandestina (nel precedente Welcome) o l’usura bancaria senza retorica né toni eccessivi, ma proprio per questo capace di lasciare il segno. Alcune scene, come per esempio la nuotata liberatoria nell’acqua gelida del lago, danno il senso della bravura registica di Lioret, a cui non servono virtuosismi e tecniche roboanti per emozionare e coinvolgere lo spettatore.
Se alla fine viene naturale interrogarsi sulla propria vita e sui propri desideri, il punto di partenza non può che essere l’umanità e il senso di giustizia di Claire e Stephane, con la consapevolezza che non potendo realizzare tutti i nostri desideri occorre scegliere per quali vivere e lottare, dando il giusto valore a ciò che conta veramente.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a sergio dal maso »
[ - ] lascia un commento a sergio dal maso »
|
|
d'accordo? |
|
filippo catani
|
venerdì 12 aprile 2013
|
due donne coraggiose
|
|
|
|
Lione. Una giovane donna svolge con passione e detrminazione il suo ruolo di giudice. Un giorno le capita di esaminare il caso della madre di una amichetta della figlia. La donna è accusata di insolvenza da parte di un istituto di credito. Il giudice solleverà allora un caso che si trascinerà fino alla corte di giustizia europea ma allo stesso tempo scoprirà di avere un cancro incurabile al cervello.
Davvero intenso ed emozionante questo film diretto da Philippe Lioret e magistralmente interpretato dai due protagonisti Lindon e la Gillain. Questo perchè il film muove su due piani emotivi; da una parte c'è la battaglia di una povera donna abbandonata dal marito rifugiatosi in Croazia per non pagarle gli alimenti e deve far fronte a due figli con quello che riesce a trovare.
[+]
Lione. Una giovane donna svolge con passione e detrminazione il suo ruolo di giudice. Un giorno le capita di esaminare il caso della madre di una amichetta della figlia. La donna è accusata di insolvenza da parte di un istituto di credito. Il giudice solleverà allora un caso che si trascinerà fino alla corte di giustizia europea ma allo stesso tempo scoprirà di avere un cancro incurabile al cervello.
Davvero intenso ed emozionante questo film diretto da Philippe Lioret e magistralmente interpretato dai due protagonisti Lindon e la Gillain. Questo perchè il film muove su due piani emotivi; da una parte c'è la battaglia di una povera donna abbandonata dal marito rifugiatosi in Croazia per non pagarle gli alimenti e deve far fronte a due figli con quello che riesce a trovare. Il tutto a causa di un ennesimo prestito contratto attraverso quelle pubblicità ingannevoli che promettono soldi quasi gratuitamente per poi far scoppiare interessi oltre il 20%. Ed è così terribile sentire l'avvocato di queste piovre velenose che elenca come questa donna possa utilizzare gli assegni familiari o lo stipendio per pagare la banca (e l'affitto e le bollette?). La donna dovrà così vivere l'umiliazione dello sfratto insieme ai propri figli. E poi c'è la giudice che si appassiona al caso riuscendo a coinvolgere un collega. Fa il suo lavoro con passione, è bella e intelligente e ha una splendida famiglia nonostante i suoi natali non siano stati dei più felici. La notizia dei pochi mesi da vivere getta la donna nel dolore ma allo stesso tempo sceglie di non curarsi e di nascondere la propria malattia ai familiari fino all'ultimo momento dimostrando una grande forza di carattere. Sarà allora il suo collega, stimato giudice ex giocatore e ora allenatore di rugby, a portare avanti l'istanza della signora fino alla Corte Europea. Insomma un film impegnato che riflette sul troppo potere degli istituti di credito con i loro contratti scritti in corpo 5 e allo stesso tempo sulle vicende di due donne che vengono tragicamente toccate dalla vita.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a filippo catani »
[ - ] lascia un commento a filippo catani »
|
|
d'accordo? |
|
paolo_89
|
martedì 19 febbraio 2013
|
sfiorato il confine del sentimentalismo
|
|
|
|
Quando ci chiediamo perchè i finanziamenti pubblici al cinema italiano sono pochi e vanno spesso nelle tasche sbagliate, dovremmo chiederci anche perchè quelli francesi sono così abbondanti, come se il governo d'oltralpe sperasse di aumentare progressivamente la qualità dei suoi prodotti. A volte ci riesce: Tutti i nostri desideri fa parte di quest'insieme, seppure abbia rischiato di scivolare fuori.
[+]
Quando ci chiediamo perchè i finanziamenti pubblici al cinema italiano sono pochi e vanno spesso nelle tasche sbagliate, dovremmo chiederci anche perchè quelli francesi sono così abbondanti, come se il governo d'oltralpe sperasse di aumentare progressivamente la qualità dei suoi prodotti. A volte ci riesce: Tutti i nostri desideri fa parte di quest'insieme, seppure abbia rischiato di scivolare fuori.
La protagonista è Claire, un giovane magistrato alle prese con una causa apparentemente persa in partenza: un istituto di credito se la prende con Cèline, madre sola di due bambine e indebitata fino al collo anche a causa della pubblicità ingannevole che questi istituti fanno, apparendo giustamente come degli squali. Claire e Cèline, comunque, si conoscono anche al di fuori del tribunale: le loro figlie frequentano la stessa scuola, motivo per il quale Claire prende a cuore il caso della donna e ragion per cui conosce il suo collega Stéphane, in passato impegnato anche lui in processi del genere. Il dramma principe della storia, però, è un altro: a poco tempo dall'inizio del film Claire scopre di avere un tumore al cervello, per il quale esistono solo due rimedi: la chemioterapia, per allungarle la vita di qualche mese; la morte, per porre fine prematuramente ma più dignitosamente all'agonia. Claire preferisce la seconda e decide di nascondere tutto al marito, che non crede capace di reggere alla notizia, e imbarcarsi in un'odissea cui tiene testa per molto tempo. Un segreto del genere, però, bisogna pur condividerlo con qualcuno. Tutti i nostri desideri è ispirato al romanzo Vite che non sono la mia (Emmanuel Carrère) e racconta come desiderare fortemente di cambiare il mondo, nel proprio piccolo, possa spingere le persone a lottare al di sopra delle loro apparenti possibilità. Il confine tra umanità e realismo dei personaggi e melensaggine è sottile, difficile da individuare, ma in questo caso non viene attraversato. I dialoghi, infatti, non sono mai sopra le righe: semmai peccano talvolta di un'imitazione della routine che annoia, pur essendo una precisa scelta di stile. Claire e il suo prezioso compagno d'avventure Stéphane, poi, come gli altri personaggi, sono costruiti a tutto tondo e risentono in modo credibile delle svolte della storia, accompagnata da una regia funzionale e discreta. Il rapporto nato tra i due racchiude l'essenza del film: non tutti i nostri desideri possono avverarsi, ma ce ne sono alcuni su cui abbiamo un potere che neanche immaginiamo.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paolo_89 »
[ - ] lascia un commento a paolo_89 »
|
|
d'accordo? |
|
giugy3000
|
mercoledì 3 ottobre 2012
|
desideravo di piu' da p.lioret
|
|
|
|
Ciò che mi ha spinto a noleggiare questo dvd è stato non tanto il tema attuale della crisi in cui ormai versa l'Occidente, dove si parla di gente che non ha soldi e che si rivolge agli "strozzini moderni", ovvero gli istituti di credito, ma prettamente la voglia di rivedere sullo schermo l'accoppiata vincente di "Welcome", ovvero Philippe Lioret e Vincent Lindon, mostro di bravura dei copioni drammatici. Avevo adorato come pochi quel film dove con estrema maestria si ritraeva un affresco dell'immigrazione al mondo oggi, il tutto visto con gli occhi di un adolescente testardo e pieno di speranze.
[+]
Ciò che mi ha spinto a noleggiare questo dvd è stato non tanto il tema attuale della crisi in cui ormai versa l'Occidente, dove si parla di gente che non ha soldi e che si rivolge agli "strozzini moderni", ovvero gli istituti di credito, ma prettamente la voglia di rivedere sullo schermo l'accoppiata vincente di "Welcome", ovvero Philippe Lioret e Vincent Lindon, mostro di bravura dei copioni drammatici. Avevo adorato come pochi quel film dove con estrema maestria si ritraeva un affresco dell'immigrazione al mondo oggi, il tutto visto con gli occhi di un adolescente testardo e pieno di speranze. Avevo quindi aspettative molto alte, come quelle che ripongo in tutti i registi che mi emozionano tanto...e questa volta mi sono trovata dinanzi ad un prodotto nettamente inferiore della pellicola del 2009. Non più un bambino come protagonista, ma una giovane madre giudice dall'infanzia difficile, vissuta fra un padre assente e una madre sempre assillata dai creditori perchè desiderosa di beni che non si poteva permettere. La vita di Claire cambia però quando nello stesso giorno si trova di fronte ad un caso di circovenzione di una giovane madre sola da parti di alcuni creditori e contemporaneamente scopre di avere un cancro al cervello per cui non vi esistono cure. Il cammino delle due donne si incrocia in una bellissima lotta combattiva per ottenere "tutti i loro desideri" sul piano salutistico, magistraturale e famigliare. Degna di nota positiva anche la piega che prende poi verso il finale la vicenda personale ed intima tra il marito di Claire e questa giovane donna, a cui quest'ultima decide di destinare il destino della sua vita, facendola entrare nel ruolo di sua "sostituta". Detto questo però trovo moltissimi elementi contrari per reputarlo un film non completamente riuscito. Nonostante il bel visino di Marie Gillain (che avevamo già visto in Coco-Avant Chanel) la protagonista femminile è priva di spessore ma ricca di troppi ed ingiustificati silenzi, svolge atti quasi ridicoli durante i suoi ultimi giorni e pare un'eroina dei fumetti. Il bravissimo Lindon svolge qui il ruolo di co-protagonista, ma non brilla di luce propria come in "Welcome", non si emoziona, non comprende e pare una marionetta trovatasi nella trama per errore da cui non può più tirarsi indietro. Le vicende giudiziarie e d'avvocati in stile Erin Brovovich mancano di battute taglienti e peccano di un'alternanza andirivieni di successi/insuccessi troppo frequenti e in taluni casi soporiferi. Non c'è colonna sonora presente e possente che tenga le fila di una vicenda così cruda e sentita e purtroppo il finale di famigliola ristabilita ed allargata con tanto di cane non aiuta a uscire la pellicola dalla rete mélo in cui si era impigliata dalla terza inquadratura. Lioret può dare di più, lo ha dimostrato. Fa rabbia vedere che ha fatto un passo indietro anzichè avanzare.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a giugy3000 »
[ - ] lascia un commento a giugy3000 »
|
|
d'accordo? |
|
aldot
|
mercoledì 8 agosto 2012
|
intenso
|
|
|
|
Un film intenso, ben fatto, mai retorico. Cattura l'attenzione per tutta la sua durata. Bravi gli interpreti in particolare Vincent Lindon. Seppur il tema della malattia che qui si unisce a quello della lotta per un'ingiustizia sociale non sia certo originale, viene però svolto con profondità e intelligenza.
|
|
[+] lascia un commento a aldot »
[ - ] lascia un commento a aldot »
|
|
d'accordo? |
|
dodix2003
|
mercoledì 13 giugno 2012
|
speravo meglio
|
|
|
|
Avevo visto Welcome e l'avevo trovatto davvero un BELLISSIMO pugno nello stomaco. In altre parole, un film molto duro ma bello, da ricordare come uno dei migliori film negli ultimi tempi.
Speravo qui in una cosa analoga.
Il tema dello strozzinaggio da parte delle società di credito al consumo é tra l'altro stimolante e interessante.
Invece mi sono ritrovato con un MEDIOCRE pugno nello stomaco. Sempre in altre parole: decisamente eccessivo e ridondante lo "sfruculiare" morbosamente attorno alla malattia...
A mio parere, pur ben recitata, un'occasione perduta.
|
|
[+] lascia un commento a dodix2003 »
[ - ] lascia un commento a dodix2003 »
|
|
d'accordo? |
|
olgadik
|
sabato 9 giugno 2012
|
un intreccio tra istanze sociali e personali
|
|
|
|
Dopo Sister, eccoci al reincontro con Philippe Lioret, ottimo autore di Welcome e di altre opere semisconosciute da noi. Come spesso accade nella sua produzione, l’autore mescola insieme il tema sociale e la storia individuale, facendolo con una autenticità e una scorrevolezza particolari. Non si può parlare di leggerezza perché la storia è quella di una malata di cancro consapevole di dover morire, ma il regista la racconta con toni normali, senza enfasi strappalacrime e con grande rispetto della dignità dell’essere umano. I suoi personaggi sono spesso collocati in situazione straordinarie, se non di emergenza, eppure continuano a tessere la loro vita, le relazioni quotidiane, le problematiche del lavoro.
[+]
Dopo Sister, eccoci al reincontro con Philippe Lioret, ottimo autore di Welcome e di altre opere semisconosciute da noi. Come spesso accade nella sua produzione, l’autore mescola insieme il tema sociale e la storia individuale, facendolo con una autenticità e una scorrevolezza particolari. Non si può parlare di leggerezza perché la storia è quella di una malata di cancro consapevole di dover morire, ma il regista la racconta con toni normali, senza enfasi strappalacrime e con grande rispetto della dignità dell’essere umano. I suoi personaggi sono spesso collocati in situazione straordinarie, se non di emergenza, eppure continuano a tessere la loro vita, le relazioni quotidiane, le problematiche del lavoro. Claire (Marie Gillain) è una giovane magistrata; vive e lavora a Lione e la sua esistenza scorre tra affetti, difficoltà e gioie come quella di tutti, finché non scopre di avere un tumore cerebrale incurabile. Proprio nello stesso periodo il suo lavoro le presenta una causa di argomento purtroppo molto attuale oggi. Una donna con due bimbe piccole, compagne di scuola dei figli di Claire, è stata sfrattata perché, indebitata con un istituto di credito “usuraio”, non sa più dove trovare i soldi per l’affitto. Per essere aiutata a fare chiarezza, la magistrata chiede la collaborazione di un giudice più esperto e maturo di lei, un po’ routinario nel mestiere ma al fondo aperto e sensibile. Tale incontro cambierà la vita dei due, perché non solo si ritroveranno a collaborare con entusiasmo ed energia, ma diverranno sodali e amici, sviluppando un sentimento profondo e limpido. Pur senza implicazioni sessuali, la carica affettiva che Stephane (Vincent Lindon) le comunica, spinge Claire a metterlo al corrente del suo segreto: un cancro incurabile. La donna infatti ha scelto di non dire nulla ai suoi familiari perché teme di traumatizzare il marito, dolce e immaturo, e perché i figli sono troppo piccoli. Il fardello sarà perciò condiviso con il nuovo amico, al quale lei affida anche la realizzazione di piccoli-grandi desideri vitali: la nuotata fuori stagione, il tifo alla partita di rugby, qualche bicchiere di vino in più. Concentrandosi sulla realtà esterna a lei e sugli altri con i loro bisogni, Claire arriva, con una serie di sfumature, gesti particolari, semplici occhiate, quasi a “preparare” un dopo-lei per i suoi cari. Dalla malattia nasce una spinta appassionata e altruista e in qualche modo il dramma acquista una sua positività. Pur con qualche cadutina nel banale, la sceneggiatura, ellittica e non ridondante, è tale da tenere lo spettatore in tensione sulla storia, anche se sa bene come andrà a finire. Marie Gillain (la ricordiamo in Harem Suarè) e Vincent Lindon, che con le rughe in aumento cresce anche in pacata intensità, insieme a figure secondarie tutte credibili, danno vita a un racconto nel quale la denuncia sociale, non urlata ma netta, si sposa con le strane alchimie dei sentimenti e con la pietas ineludibile del caso.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a olgadik »
[ - ] lascia un commento a olgadik »
|
|
d'accordo? |
|
goldy
|
lunedì 4 giugno 2012
|
non c'è baricentro
|
|
|
|
Il problema dei prestiti e dell'usura possiedono una preganza di significato che da soli possono rappresentare soggetto di tematica per un film. Perchè aggiungerci anche il dramma personale del giudice donna? Non ci sta, non aggiunge nulla anzi sottrae e sminuisce l'attenzione e la necessità di denuncia chje leggi ciniche e subdole invece gridano a gran voce. .
|
|
[+] lascia un commento a goldy »
[ - ] lascia un commento a goldy »
|
|
d'accordo? |
|
pepito1948
|
giovedì 31 maggio 2012
|
abnegazione e lotta sociale
|
|
|
|
Non è facile, davanti a film come questo, sfuggire a condizionamenti pregiudiziali, visto che fa parte del filone del cinema d’impegno civile, quindi nobile per definizione e chi è sensibile a queste tematiche può avere difficoltà a distinguerne la forza di trascinamento ideologico ed emotivo dalla qualità artistica. Qui i temi di fondo sono due: la lotta agli abusi verso chi è povero quindi indifeso e oggetto di sopraffazione da parte dei potenti di turno (rappresentati dalle società finanziarie, che per i loro prestiti impongono contratti-capestro) e la malattia, quella degenerativa che non perdona. Due nemici ostici, l’uno difficile ma non impossibile da combattere, l’altro inesorabile.
[+]
Non è facile, davanti a film come questo, sfuggire a condizionamenti pregiudiziali, visto che fa parte del filone del cinema d’impegno civile, quindi nobile per definizione e chi è sensibile a queste tematiche può avere difficoltà a distinguerne la forza di trascinamento ideologico ed emotivo dalla qualità artistica. Qui i temi di fondo sono due: la lotta agli abusi verso chi è povero quindi indifeso e oggetto di sopraffazione da parte dei potenti di turno (rappresentati dalle società finanziarie, che per i loro prestiti impongono contratti-capestro) e la malattia, quella degenerativa che non perdona. Due nemici ostici, l’uno difficile ma non impossibile da combattere, l’altro inesorabile. Protagonista è un magistrato donna e madre (Claire), che prende a cuore la vicenda di una ragazza-madre (Stephanie), la quale, oberata dai debiti, rischia di perdere la casa per l’impossibilità di pagare l’affitto. Dopo il primo effimero successo giudiziario, Claire si rivolge ad un collega disposto a darle una mano ed a continuare con lei un’azione che ben presto travalica l’ambito del singolo caso per trasformarsi in guerra a tutto campo contro una categoria di malfattori, spietatamente decisi a far valere ad ogni costo contratti vessatori per massimizzare i propri profitti. Ma Claire scopre di non avere molto tempo a disposizione e sceglie quindi di concentrare la sua residua vita sull’obiettivo sociale; l’alleanza tra i due giudici si stringe generando idee, strategie, mosse e contromosse che alla fine produrranno gli effetti sperati. Lioret gestisce i due temi della lotta sociale e della malattia spostando progressivamente il focus emotivo e narrativo dalla prima alla seconda, attenuando i rapporti in campo a favore della crescente relazione tra i due protagonisti, non univocamente etichettabile ma connotata da un misto di amicizia, solidarietà, complicità, empatia e forse incipiente ma inconfessabile (viste le circostanze) amore. E lo fa con un certo equilibrio, cercando soprattutto di evitare facili sentimentalismi sempre in agguato quando c’è di mezzo un così temuto avversario come il degrado psico-fisico dell’uomo. Il finale, seppure nella annunciata tragedia, è un messaggio di speranza ed un monito a non rinunciare a lottare contro le ingiustizie e le angherie dei vari Golia, battibili con la tenacia ed il coraggio e soprattutto con la solidarietà dei giusti. Fin qui nulla da dire. Ma Lioret è anche il regista di quel magnifico film che è Welcome -anche questo su un tema socialmente rilevante come il dramma della xenofobia verso i migranti e con lo stesso protagonista Vincent Lindon- magistrale esempio di cinema nobile fatto di pochi mezzi, dialoghi ed immagini essenziali ma che colpiscono a fondo, ritmo incalzante, assenza di qualsiasi rottura narrativa o pausa inutile. I nostri desideri, se si prescinde per un momento dall’adesione spontanea verso le lotte affrontate, è un film “normale”, dove i dialoghi non esulano dallo standard medio, non ci sono invenzioni stilistiche particolari, la recitazione è accettabile ma non memorabile. E soprattutto è assente quell’aura sublime che si respira in Welcome dall’inizio alla fine, che si chiama poesia. In ogni caso, anche se il film non è all’altezza della migliore cinematografia francese che anche negli ultimi tempi ci ha deliziato, ben vengano film come questo, che ci ricordano che certi ideali universali sono connaturati ad una visione democratica del mondo e perciò imprescindibili. Sempre.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a pepito1948 »
[ - ] lascia un commento a pepito1948 »
|
|
d'accordo? |
|
astromelia
|
lunedì 28 maggio 2012
|
romanzato all'eccesso
|
|
|
|
sicuramente il libro affronterà il tema con più profondità e meno sceneggiatura,ma nel complesso del film trovo eccessiva la trama descritta,improbabile pensare che una storia intrinseca di malagiustizia e malattia possa veicolare tra bagni ghiacciati e sortite ospedaliere,trattandosi di un tema così delicato dovrebbe essere approfondito col coraggio dell'amara verità e sofferenza,mettici pure la bugia alla fine e abbiamo combinato un'inverosimile e pretenziosa commedia all'americana sui generis...
|
|
[+] lascia un commento a astromelia »
[ - ] lascia un commento a astromelia »
|
|
d'accordo? |
|
|