manganini
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venerdì 10 gennaio 2014
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non cadiamo in un equivoco.
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Questo non è un film sugli Agnelli, bensì su alcune modalità di gestione famigliare criticabili o meno, circa questo gruppo.
Non è un film su Edoardo Agnelli, men che meno su Giorgio, lo zio rimosso.
Ovvio che se si cerca un documentario sugli Agnelli, questo film non potrà soddisfare le aspettative.
In realtà, il regista sovrasta quella modalità di "rimozione del problema" ogni qual volta presentato in questa famiglia.
I problemi si chiamano, depressione e schizofrenia. Quelle malattie che mettono in pericolo e danno disagio tanto da diventare un'incombenza imprevedibile che non conosce regole e che mette in discussione qualunque cosa anche i sentimenti.
Il potere economico messo a rischio da elementi incotrollabili, prevale sopra ogni ragione e sentimento.
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Questo non è un film sugli Agnelli, bensì su alcune modalità di gestione famigliare criticabili o meno, circa questo gruppo.
Non è un film su Edoardo Agnelli, men che meno su Giorgio, lo zio rimosso.
Ovvio che se si cerca un documentario sugli Agnelli, questo film non potrà soddisfare le aspettative.
In realtà, il regista sovrasta quella modalità di "rimozione del problema" ogni qual volta presentato in questa famiglia.
I problemi si chiamano, depressione e schizofrenia. Quelle malattie che mettono in pericolo e danno disagio tanto da diventare un'incombenza imprevedibile che non conosce regole e che mette in discussione qualunque cosa anche i sentimenti.
Il potere economico messo a rischio da elementi incotrollabili, prevale sopra ogni ragione e sentimento. Ecco quindi il pezzo mancante.
Si cancellano così facilmente che nemmeno ci si ricorda più. Resta solo la memoria dei presenti e di quella missione di trasmissione di ricchezza che viene prima di tutto.
Il film è strutturato sul "dico" e "non dico", "posso" ma non "posso", lascia molto spazio all'immaginazione, e comunque non è male nel suo insieme, soprattutto durante la narrazione della Vio, oggi ultraottantenne, ieri giovane fidanzata di Giorgio Agnelli, il secondo fratello di Gianni, rimosso, che ricorda con ancora tutto il suo dolore, l'interruzione violenta di quella che era una relazione di due giovani privilegiati.
Non è un "anche i ricchi piangono", ma una descizione senza pietà di come gli Agnelli hanno vissuto e tutt'ora vivono i sentimenti.
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mariterossi
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sabato 15 giugno 2013
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un'occasione mancata
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Questo film è uscito a Milano nel luglio o agosto 2011 in prima visione. Mi ero ripromessa di vederlo, ma, il giorno dopo, non c'era già più. E non è una sorpresa. Questo film potrebbe essere un manuale su "come non fare un documentario".
Finalmente sono riuscita a vederlo grazie a una biblioteca, ma è stato veramente una delusione. Il materiale in possesso degli autori era interessante, gli spunti c'erano (la vita di Edoardo e Giorgio, le due "pecore nere" della Famiglia) ma la regia è sciatta e assolutamente anonima, come se il regista e gli autori avessero volutamente fare un ritratto il meno spettacolare possibile. Purtroppo, il risultato è che il documentario risulta assolutamente privo di qualsiasi interesse per lo spettatore.
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Questo film è uscito a Milano nel luglio o agosto 2011 in prima visione. Mi ero ripromessa di vederlo, ma, il giorno dopo, non c'era già più. E non è una sorpresa. Questo film potrebbe essere un manuale su "come non fare un documentario".
Finalmente sono riuscita a vederlo grazie a una biblioteca, ma è stato veramente una delusione. Il materiale in possesso degli autori era interessante, gli spunti c'erano (la vita di Edoardo e Giorgio, le due "pecore nere" della Famiglia) ma la regia è sciatta e assolutamente anonima, come se il regista e gli autori avessero volutamente fare un ritratto il meno spettacolare possibile. Purtroppo, il risultato è che il documentario risulta assolutamente privo di qualsiasi interesse per lo spettatore. Inoltre, lascia molti buchi nella storia, per chi non abbia letto altri libri sulla Famiglia.
Uno dei "testimoni", un certo Gelasio, è un personaggio estremamente vacuo e a tratti involontariamente comico.
Non comprendo perché sia così difficile fare un documentario interessante e intelligente in Italia, come quelli a cui ci ha abituato Michael Moore.
Gli unici momenti di qualche interesse sono il racconto del surreale aneddoto del pinguino, che - a un certo punto - vive di vita propria e comincia a ballare su una splendida colonna sonora durante i titoli di coda, mentre in sottofondo si sente la voce dell'Avvocato che dice che in Italia ci sono troppo poche auto rispetto al resto d'Europa. Un altro momento interessante è quando ci viene mostrato il museo di oggetti marchiati "Fiat" del Cavalier Graziano, unico momento che regala autentica commozione.
Immagino che il regista abbia voluto adeguarsi alla tipica riservatezza dei membri della famiglia Agnelli, ma il risultato è davvero deludente. Decisamente un'occasione mancata.
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laulilla
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lunedì 18 luglio 2011
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un film mancato
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Ogni torinese, probabilmente, ricorda di aver incontrato casualmente, almeno una volta nella vita, un Agnelli: lungo le vie della città, in qualche negozio, o a scuola (il film non lo dice, ma è stata una consuetudine degli Agnelli l’iscrizione dei figli alla scuola pubblica), alla partita o al ristorante. Ogni torinese, inoltre ha provato nei confronti di questa famiglia un complesso sentimento, fatto di ammirazione, di fastidio, di avversione, talvolta anche di pietà, perché alle fortune economiche di questi imprenditori troppo spesso si sono affiancate sciagure e lutti dolorosi. Naturalmente, per i torinesi, come per tutti, gli Agnelli sono soprattutto i padroni della Fiat, che, avviando al lavoro industriale migliaia di italiani, è stata occasione di occupazione e di riscatto sociale.
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Ogni torinese, probabilmente, ricorda di aver incontrato casualmente, almeno una volta nella vita, un Agnelli: lungo le vie della città, in qualche negozio, o a scuola (il film non lo dice, ma è stata una consuetudine degli Agnelli l’iscrizione dei figli alla scuola pubblica), alla partita o al ristorante. Ogni torinese, inoltre ha provato nei confronti di questa famiglia un complesso sentimento, fatto di ammirazione, di fastidio, di avversione, talvolta anche di pietà, perché alle fortune economiche di questi imprenditori troppo spesso si sono affiancate sciagure e lutti dolorosi. Naturalmente, per i torinesi, come per tutti, gli Agnelli sono soprattutto i padroni della Fiat, che, avviando al lavoro industriale migliaia di italiani, è stata occasione di occupazione e di riscatto sociale. A Torino, comunque, la Fiat e gli Agnelli sono anche sinonimi di pensiero unico, della pesante visione (gravida di conseguenze), per la cui realizzazione le amministrazioni pubbliche si sono mobilitate, coinvolgendo tutti nei sacrifici necessari a evitare che, dal dopoguerra agli anni ’70, la massiccia immigrazione degli abitanti del Sud del nostro paese assumesse connotati di tragedia. Al di là del disagio, comunque la città è cresciuta, si è aperta alle novità e ha saputo costruire un modello di integrazione e di convivenza molto positivo. Solo con la crisi della Fiat, però, Torino ha potuto dotarsi di una metropolitana, perché all’automobile soltanto era stato affidato in quegli anni lo sviluppo dei trasporti, con pesanti conseguenze per il traffico e per la salute, minacciata dall’inquinamento e dalle polveri sottili più di ogni altra città italiana. Anche il volto di Torino è stato sfigurato e stravolto dallo sviluppo impetuoso e caotico, per il quale non era stata progettata: solo ora la città può nuovamente mostrarsi come la bella città che è, ricca di storia, di cultura, di umanità e non solo di Fiat. Gli argomenti per una docu-fiction, dunque, non mancavano: tutti molto intriganti e meritevoli di approfondimento. Il regista ha preferito trattare, invece, soprattutto il tema del “pezzo mancante”, cioè di quei rampolli della dinastia, che, privi dell’interesse necessario per dedicarsi al mondo degli affari di famiglia, hanno vissuto un po’ ai margini, coltivando hobby, studi ed attività creative, quali la scrittura, la poesia, il filosofare, nella più totale e disperata infelicità, con esiti molto tragici. Giovanni Piperno, anche affrontando il lato oscuro, la vena di “follia” che ha attraversato gli Agnelli, avrebbe avuto materia per un film di grande interesse. Purtroppo, però, così non è stato: la saga, degna dei Buddenbroock, è diventata un’inchiesta un po’ pettegola, un collage di vecchie interviste di Minoli, unite a quelle a personaggi dai nomi insoliti e cognomi chilometrici, di animazioni divertenti e carine, ma nulla di più: un po’ poco! Dopo che erano già passati i titoli di coda, é comparso sullo schermo l’invito a non abbandonare la sala, e a continuare la visione per soli 10 minuti (era per i soli torinesi?) durante i quali, l’ex sindaco Diego Novelli, (non molto visibile) ha detto alcune cose interessanti della città e dei suoi mutamenti. Il film dura, quindi 81 minuti, non i 71 che vengono annunciati sui giornali e sui siti web; l’immagine di Novelli, che pure è stato il primo sindaco a concepire lo sviluppo cittadino non solo in funzione della Fiat, non aggiunge molto a un film assai deludente.
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giovannispada
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sabato 9 luglio 2011
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una spoon river per vendere junk bond
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Che strano evento cinematografico. Dopo aver devastato in un nsecolo l'economia italiana ora la Fiat tenta di vendere la bufala del suo rilancio nel continente americano. Oramai piena di debiti l'azienda tenta di piazzare junk bond in giro per il mondo con tanto di spot con Eminem. Qui in Italia però c'è una crisi economica allarmante e pubblicizzare la finta opulenza non funziona. E allora si piange sul passato e con un po' di vittimismo - cinismo ci si redime.
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renato volpone
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venerdì 8 luglio 2011
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uno spaccato d'italia
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Intreressante quadro della storia d'Italia del novecento raccontata attraverso gli occhi della famiglia Agnelli e dei loro "vassalli". Il documentario racconta la vita , la sofferenza, le opere dell'Avvocato e della sua famiglia con grande garbo e maestria, lasciando profondi spunti di riflessione. Da non perdere. Piacevolissimo il montaggio anche con immagini animate a decoro di un mondo quasi da favola.
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heizo
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mercoledì 22 giugno 2011
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e' una vergogna! un film così importante
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E' una vergogna che un film così bello e così importante venga trasmesso in sole 2 sale in tutta Italia.
io sono a Firenze e in tutta la Toscana non viene trasmesso, solo in 2 sale a Torino e 2 sale a Roma è pazzesco!!!!
Heizo
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