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gianleo67
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mercoledì 16 maggio 2012
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sbiadita elegia di una strage
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Le tragiche vicende della strage di Marzabotto vissute attraverso la storia di una piccola comunità di contadini delle valli bolognesi e centrate sulla figura di una bambina (divenuta) muta che attende la nascita del suo nuovo fratellino con una attesa carica di amore e di speranza per il futuro. La narrazione di Diritti vorrebbe assecondare uno stile di asciutto realismo sociologico utilizzando elelmenti convenzionali: l'accuratezza dell'ambientazione storica, una precisa collocazione geografica, l'uso rigoroso di uno stretto dialetto romagnolo.L'obiettivo è centrato solo in parte e comunque soffre di una certa esteriorità della messa in scena e dello sviluppo drammaturgico.
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Le tragiche vicende della strage di Marzabotto vissute attraverso la storia di una piccola comunità di contadini delle valli bolognesi e centrate sulla figura di una bambina (divenuta) muta che attende la nascita del suo nuovo fratellino con una attesa carica di amore e di speranza per il futuro. La narrazione di Diritti vorrebbe assecondare uno stile di asciutto realismo sociologico utilizzando elelmenti convenzionali: l'accuratezza dell'ambientazione storica, una precisa collocazione geografica, l'uso rigoroso di uno stretto dialetto romagnolo.L'obiettivo è centrato solo in parte e comunque soffre di una certa esteriorità della messa in scena e dello sviluppo drammaturgico. Si offre un certo schematismo tanto nella definizione dei diversi caratteri quanto dei 'gruppi sociali' cui questi appartengono siano essi i poveri contadini delle valli romagnole,l'arroganza sprezzante delle istituzioni fasciste, la ferocia irridente dell'esercito e degli ufficiali nazisti, finanche la caritatevole premura dei parroci di campagna.E' come se l'attenzione e la cura per l'ambientazione riducessero i personaggi a sfocate figure di contorno o meglio elementi necessari ma statici della cornice narrativa. Anche i dialoghi appaiono sovente improntati ad una imbarazzante ingenuità programmatica disvelando punti di vista preconcetti o semplicisticamente ideologici: il giudizio che esprime la popolazione locale sul senso della guerra o sul ruolo dell'esercito tedesco,l'impatto emotivo sui bambini delle atrocità commesse tanto dall'una che dall'altra fazione in campo, l'atteggiamento di patetica condiscendenza di certi sfollati 'cittadini', etc. Alcune scene o elementi narrativi sfiorano il ridicolo o il risibile come quella dei bambini che giocano alla 'fucilazione', piuttosto che la maschera grottesca con cui si dipinge il malvagio voltagabbana che transita dalle fila dei partigiani a quelli dell'esercito crucco, ovvero l'ufficiale medico nazista che salva dalla massa di corpi di cui ha fatto strage quello di una giovane donna che a suo dire 'rassomiglia alla moglie' e che si mette amorevolmente a curare. Perfino alcuni spunti interessanti come lo sviluppo intimista nella descrizione della piccola (e brava) protagonista femminile e l'elemento simbolico (diremmo cristologico) rappresentato dalla speranza per il nascituro fratellino non sono adeguatamente valorizzati dall'attenzione registica e dallo sviluppo della storia, ora piatta ora banalmente scontata e comunque eccessivamente lunga. Peccato in quanto il tragico lirismo preannunciato dal drammatico piano sequenza che apre ( e chiude) la storia sconta una esito molto al di sotto delle pur legittime aspettative sull'autore. Sbiadito.
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notedo
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mercoledì 16 febbraio 2011
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lupo non sa comandare
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Al termine di questa rappresentazione si rimane in silenzio,con l'imbarazzo di doverlo commentare. Pur meritandolo, questo film fu rifiutato alla mostra di Venezia. Non sono chiare le motivazioni. A differenza di altre ricostruzioni di avvenimenti tragici,da un puntodi vista cinematografico,la significatività va al di la del cinema. L'umanità del mondo contadino è la stessa che abbiamo rivissuto con Olmi ma le modalità sono diverse. Più che voler evidenziare la ferocia nazista traspare una velata condanna del comportamento, coraggioso ma di scarsa temerità, dei contadini partigiani ,"Lupo non sa comandare", causa di tante disgrazie alla popolazione.
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Al termine di questa rappresentazione si rimane in silenzio,con l'imbarazzo di doverlo commentare. Pur meritandolo, questo film fu rifiutato alla mostra di Venezia. Non sono chiare le motivazioni. A differenza di altre ricostruzioni di avvenimenti tragici,da un puntodi vista cinematografico,la significatività va al di la del cinema. L'umanità del mondo contadino è la stessa che abbiamo rivissuto con Olmi ma le modalità sono diverse. Più che voler evidenziare la ferocia nazista traspare una velata condanna del comportamento, coraggioso ma di scarsa temerità, dei contadini partigiani ,"Lupo non sa comandare", causa di tante disgrazie alla popolazione.
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marcello desideri
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venerdì 27 maggio 2011
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film lento su tematica importante
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Vado controcorrente, ma per me questo film è noioso. Un film, ricordiamocelo, deve essere un'opera di intrattenimento e quindi gradevole e piacevole per lo spettatore. L'uomo che verrà, nelle sue due lunghe ore, spesso va a rilento e i pur interessanti volti autoctoni, non sanno imprimere il giusto interesse alla storia. Un film a mio avviso arido, con pochissima musica, asciutto, uno stile documentaristico, se vogliamo. Non c'è il sogno, il viaggiare con la fantasia. Per questo, il lavoro appare didascalico e poco interessante, a parte le scene finali delle sparatorie, che movimentano il ritmo compassato.
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