zarar
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martedì 28 novembre 2017
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nessuno entrerà in quel quadrato
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Finalmente torna un’opera in cui si respira a pieni polmoni un grande specifico filmico. L’interazione di immagini, sonoro, inquadrature, recitazione, dialogo è totale e crea una tensione e un ritmo che non ti abbandonano dall’inizio alla fine del film. Il tema riflette l’approccio etico rigoristico di stampo protestante che avevamo già apprezzato in Forza maggiore: basta grattare appena la vernice di umanità, correttezza, buone intenzioni di cui ci rivestiamo tanto più quanto più siamo ‘civilizzati’, ben educati, ben integrati nella società, che si rivela la bestia che è in noi, le crudeltà di cui siamo capaci, delle cui conseguenze non siamo neppure consapevoli.
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Finalmente torna un’opera in cui si respira a pieni polmoni un grande specifico filmico. L’interazione di immagini, sonoro, inquadrature, recitazione, dialogo è totale e crea una tensione e un ritmo che non ti abbandonano dall’inizio alla fine del film. Il tema riflette l’approccio etico rigoristico di stampo protestante che avevamo già apprezzato in Forza maggiore: basta grattare appena la vernice di umanità, correttezza, buone intenzioni di cui ci rivestiamo tanto più quanto più siamo ‘civilizzati’, ben educati, ben integrati nella società, che si rivela la bestia che è in noi, le crudeltà di cui siamo capaci, delle cui conseguenze non siamo neppure consapevoli. Un simbolo la splendida, verissima battuta del passante frettoloso ed educato che dice: “No grazie”, a chi gli chiede un’elemosina. Quel che è peggio, per una specie di primitivo istinto di sopravvivenza, la società cospira per riannodare, ricucire, minimizzare, fagocitare tutti gli strappi di coscienza che una fugace lucidità genera nell’individuo. Il protagonista Christian (un bravo Claes Bang) è il curatore di un museo di arte contemporanea a Stoccolma. Il regista gioca da par suo a livello visivo e simbolico con le provocazioni di cui quest’arte è portatrice: mai come in questo caso abbiamo la percezione che non è l’oggetto, ma il significato che gli assegniamo che conta: una borsetta, persino una pila di ghiaia, assumono valenza simbolica se “li metto lì” e decido di renderli veicolo di un messaggio. L’evento intorno a cui ruota il film è la promozione di una mostra relativa ad un’opera appena acquisita: un quadrato recintato sul selciato (the square) così etichettato: questo quadrato è un "santuario di fiducia e altruismo”, all’interno del quale tutti hanno gli stessi diritti e doveri. Che dire? La quintessenza del patto sociale. Ma tanto più il significato che assegno è nobile e alto, tanto più appare consumato e piatto, al punto che solo un’immagine atroce, capace di parlare alla pancia – diremmo oggi – spregiudicatamente proposta da un’agenzia pubblicitaria, può attrarre l’ attenzione su di esso. Si sa già che ci sarà il rituale scandalo, le rituali prevedibili proteste, che il più sprovveduto magari ci rimetterà il posto, ma alla fine l’obiettivo di attrarre l’attenzione sarà perfettamente raggiunto proprio grazie a chi ha protestato di più. E non occorre scavare molto per capire che alla fin fine dietro al santuario di fiducia e altruismo c’è il business del museo. Parafrasando in modo un po’ atipico McLuhan , potremmo veramente dire che i mezzi usati diventano i veri, desolanti, messaggi. Di fronte a questo, la perfetta vanità degli sforzi di chi, pur riluttante, pur insicuro, tenterebbe di fare qualcosa di pulito: Christian, nei suoi intermittenti lampi di consapevolezza, ci prova e noi facciamo il tifo per lui: vuole riparare il torto fatto a un bambino a causa di una stupida iniziativa per recuperare qualcosa che gli è stato rubato e quando finalmente si decide, il bambino non è più rintracciabile; ammette le sue responsabilità per la bieca campagna pubblicitaria e il suo gesto è immediatamente svilito e finalmente del tutto ignorato. Non c’è veramente via d’uscita, e tutto è inghiottito dalle asettiche geometrie, dai flussi insieme convulsi e rituali del quotidiano, da un rimbombo aggressivo di rumori non significanti sullo sfondo. Resta come rifugio (un po’ troppo facile? Un po’ disperato?) lo sguardo innocente/indignato dei bambini.
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elgatoloco
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mercoledì 16 giugno 2021
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nonostante un handicap moralistico, film di qualit
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"The Square"(Nash Edgerton, scritto da Joel Edgerton con Matthew Dabner, 2008), film australiano, racconta di una fuga progettata da due amanti, dove la donna della"coppia clandestina"scopre che il suo coinvivente, che non è l'uomo dei suoi sogni, nasconde in casa una somma ingente, frutto di una rapina. IL furto attuato ai danni del malvivente porta a conseguenze tragiche, aggravate da altre azioni-reazioni a catena. Senza anticipare in alcun modo il finale, basterà dire che la conclusione della vicenda, costellata di ricatti e rivalse, non sarà quella progettata dai due, anzi essa si attuerà tragicamente. Film thriller, di suspense, pieno di colpi di scena intelligenti, continui, anzi"a ripetizion", "THe Square"dimostra sia una notevolissima capacità di scrittura nello screenplay, realizzayto da Joeel Edgerton con Dabenr, a partire da un soggetto scritto da Joel, sia una regia assolutamente conseguente, degna del miglior cinema asutraliano anni 1970-.
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"The Square"(Nash Edgerton, scritto da Joel Edgerton con Matthew Dabner, 2008), film australiano, racconta di una fuga progettata da due amanti, dove la donna della"coppia clandestina"scopre che il suo coinvivente, che non è l'uomo dei suoi sogni, nasconde in casa una somma ingente, frutto di una rapina. IL furto attuato ai danni del malvivente porta a conseguenze tragiche, aggravate da altre azioni-reazioni a catena. Senza anticipare in alcun modo il finale, basterà dire che la conclusione della vicenda, costellata di ricatti e rivalse, non sarà quella progettata dai due, anzi essa si attuerà tragicamente. Film thriller, di suspense, pieno di colpi di scena intelligenti, continui, anzi"a ripetizion", "THe Square"dimostra sia una notevolissima capacità di scrittura nello screenplay, realizzayto da Joeel Edgerton con Dabenr, a partire da un soggetto scritto da Joel, sia una regia assolutamente conseguente, degna del miglior cinema asutraliano anni 1970-.1980. Anche l'ambientazione natalizia è adeguata e per nulla"peregrina", in quanto funge da contrasto-contraddizione feconda con quanto si progetta e si attua da ogni parte, ossia da tutti gli attanti nel film stesso. ANche il commento musicale compreso il corto"Silent Night", eccettuata la canzone che scorre durante i titoli di coda, sembra essere in linea, ma"contrastivamente" , con lo spirito del fiilm che è decisamente altro rispetto a quanto un pubblico"Medio" potrebbe aspettarsi e qui il film si dimostra capace di conciliare(dialetticamente)l'effetto sorpresa e la suspense "progressiva", che alternativamente cresce e si sviluppa. Anche gli interpreti principali David RobertS, Claire van der Bloom , Anthony Hayes sono all'altezza di un film che ha solo il"torto"culturale di "dannare"gli amants maudtis... El Gato
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